Spagnola, letterature di lingua
Spagna
Nell'ambito della narrativa, l'inizio del nuovo millennio si è aperto nel segno dell''assenza' a causa della scomparsa di alcune figure di riferimento che hanno dominato la scena letteraria spagnola dagli anni del dopoguerra, contribuendo a rinnovarla in modo determinante: G. Torrente Ballester (1910-1999), C.J. Cela (1916-2002), J.M. Gironella (1917-2003), C. Laforet (1921-2004), C. Martín Gaite (1925-2002); altrettanto doloroso è stato il prematuro silenzio di due voci significative degli anni della democrazia come quelle di J. Benet (1927-1993) e M. Vázquez Montalbán (1939-2003). Accanto al vuoto lasciato da questi autori, in una sorta di avvicendamento generazionale, si è consolidato il ruolo svolto da scrittori ormai affermati in Spagna e all'estero, il cui rilievo è riconosciuto da critica e istituzioni accademiche: Á. Pombo (n. 1939), J.M. Merino (n. 1941), L.M. Díez (n. 1942: con la recente trilogia El reino de Celama, 1996-2002), E. Mendoza (n. 1943), L. Landero (n. 1948), J.J. Millás (n. 1946: Papel mojado, 2000), E. Vila-Matas (n. 1948: Bartleby y compañía, 2000, trad. it. 2002; Doctor Pasavento, 2005), R. Chirbes (n. 1949), J. Marías (n. 1951), R. Montero (n. 1951: La loca de la casa, 2003, trad. it. 2004), A. Pérez Reverte (n. 1951), A. Soler (n. 1956: El camino de los ingleses, 2004), A. Múñoz Molina (n. 1956, il più giovane membro della Real Accademia: Sefarad, 2001, trad. it. 2002). Si tratta in molti casi di autori che partono dalla propria tradizione letteraria (o da quelle straniere, sempre meno estranee) con la consapevolezza di doverla superare, nella linea di una ricerca che muove da linguaggi e strutture ereditate (realismo, sperimentalismo, fantastico) che si avvertono ormai inadeguati. Saldo appare anche il successo dei più giovani A. Grandes (n. 1960), B. Gopegui (n. 1963: La conquista del aire, 1998, trad. it. 2003; El lado frío de la almohada, 2003, trad. it. 2005), A. Orejudo (n. 1963: Ventajas de viajar en tren, 2000), C. Ruiz-Zafón (n. 1964: La sombra del viento, 2001, trad. it. 2004), L. Etxebarría (n. 1966: Beatriz y los cuerpos celestes, 1998, trad. it. 1999; Un milagro en equilibrio, 2004, trad. it. 2006), L. Silva (n. 1966), R. Loriga (n. 1967: Tokio ya no nos quiere, 1999, trad. it. 2000; El hombre que inventó Manhattan, 2004), J.M. de Prada (n. 1970: La tempestad, 1997, trad. it. 1998; Las esquinas del aire, 2000, trad. it. 2001), autori che coltivano l'inventiva formale con il racconto fantastico, la descrizione del quotidiano, l'universo intimo femminile, la difficoltà di essere adulti in un mondo in rapida trasformazione. Questa breve e non esaustiva rassegna di nomi e titoli sembra già sufficiente a testimoniare la vitalità di cui gode la narrativa spagnola di inizio millennio che, di fatto, a partire dal 1990, si è caratterizzata per una smisurata varietà dell'offerta. Tuttavia, la quantità di libri pubblicati e l'ipertrofia di tendenze narrative contrastano con i bassi indici di lettura. Si è assistito a una massificazione e a un processo di commercializzazione della letteratura che non sempre ha avuto a che vedere con la qualità delle opere pubblicate (Gullón 2004): l'offerta narrativa è enorme e i titoli si susseguono con rapidità; i romanzi sono sostenuti da campagne pubblicitarie che vedono la stampa alleata degli editori; l'abbondanza di premi letterari e di fiere librarie, inoltre, favorisce la commercializzazione e la distribuzione dei libri così che, spesso, il romanzo si propone come un prodotto effimero, in cui l'involucro conta più del contenuto (non sorprende, dunque, il proliferare di edizioni ricercate, non di rado arricchite da illustrazioni). La funzione critica del romanzo scompare, fagocitata dal mercato editoriale. La commercializzazione trova, infine, un valido sostegno nella complementarietà tra romanzo e trasposizione cinematografica: tra i molti esempi, si ricordino il premiatissimo Soldados de Salamina (2001, trad. it. 2002; adattato per il cinema per la regia di D. Trueba nel 2003) di J. Cercas (n. 1962) o Carreteras secundarias (1996, trad. it. 1998; arrivato sugli schermi per la regia di E.M. Lázaro nel 1997) di I. Martínez de Pisón (n. 1960). Da tempo, d'altronde, la narrativa ha fatto propri i modelli del cinema e della cultura di massa, imponendo sul mercato generi come il romanzo d'avventura, il thriller e, soprattutto, il poliziesco, con la figura del detective che passa da un testo all'altro, come nei romanzi di A. Giménez Bartlett (n. 1951) Ritos de muerte (1996; trad. it. 2002) e Serpientes en el paraíso (2002; trad. it. 2003), e di L. Silva (n. 1966) La flaqueza del bolchevique (1997; adattato per il cinema nel 2003 per la regia di M.M. Cuenca), El alquimista impaciente (2000; trad. it. 2001), La reina sin espejo (2005). Se con Mendoza e Vázquez Montalbán il romanzo storico e il poliziesco rappresentavano un modo critico di leggere la storia e la società, rispondendo a motivazioni politiche ed etiche, nei primi anni del 21° sec. tali generi sembrano aver abdicato al ruolo di interpreti vigili della realtà.
È diminuito l'entusiasmo nei confronti dell'iperrealismo della generación x (J.A. Mañas, n. 1971; R. Loriga, n. 1967), formata da scrittori nati attorno agli anni Sessanta, cresciuti nell'era del benessere, ma anche della disoccupazione, della diffusione dell'eroina e dell'AIDS, che hanno raccontato un mondo giovanile in contrasto con la società, segnato da individualismo, scetticismo e delusione; il loro linguaggio realista, violento e provocatorio è stato ormai assimilato dalla tradizione letteraria. Non è declinata, invece, la fortuna del romanzo storico, sia per la sua funzione didattica, sia perché mostra l'evoluzione di una determinata cultura e contribuisce a rafforzarne l'identità. Se alla fine del Novecento la moda del romanzo storico s'inquadrava nell'ambito della postmodernità e rispondeva all'esigenza di ancorarsi a qualcosa di noto e stabile (il passato) contro l'indeterminatezza e i movimenti ideologici del presente, nei primi anni del nuovo secolo è sembrata prevalere la ricerca di connessioni che stabilissero legami con il passato (Gullón 2000): protagonisti dei nostri tempi, per capire la propria realtà, si avvalgono della parola di personaggi del passato, e il romanzo presenta la ricostruzione storica in un'ottica contemporanea, analizzando le questioni antiche (per es., l'identità catalana o l'omosessualità in La tierra fértil, 1999, di P. Díaz-Mas, n. 1954) con sensibilità moderna. Di fatto, a partire dagli anni Ottanta del 20° sec. si è assistito a una fioritura di romanzi storici, scritti da prospettive diverse e interessati a ogni epoca del passato; basti ricordare, oltre al già citato La tierra fértil, titoli di autori appartenenti a più generazioni: El hereje (1998) di M. Delibes (n. 1920); Las visiones de Lucrecia (1996) di J.M. Merino (n. 1941); La liberta (1999) di L. Ortiz (n. 1943); En el último azul (1994) della scrittrice catalana C. Riera (n. 1949); Reconstrucción (2005; trad. it. L'incisore di Lione, 2005) di A. Orejudo (n. 1963). Nell'ambito del romanzo storico, un tema che continua ad attrarre scrittori (e cineasti) è quello della guerra civile. Tuttavia, la semplificazione imposta dal mercato e la distanza con cui autori più giovani (che hanno conosciuto la guerra solo sui libri) si avvicinano al tema comportano il rischio di una certa banalizzazione sentimentale, rispetto alla necessità di ricostruzione storica e del recupero della memoria attraverso storie intime e particolari narrate sullo sfondo del conflitto, peculiari degli anni del ritorno alla democrazia, come in La voz dormida (2002; trad. it. Le ragazze di Ventas, 2005) di D. Chacón (1954-2003) o nel già citato Soldados de Salamina di Cercas. Non sono mancati comunque scrittori che hanno affrontato il tema in un'ottica nuova: oltre a Vila-Matas (El viaje vertical, 1999) e a J. Marías (Tu rostro mañana. 1. Fiebre y lanza, 2002, trad. it. 2003; 2. Baile y sueño, 2004), A. Trapiello (n. 1953: Días y noches, 2000). D'altro canto, il romanzo storico ha allargato i propri limiti cronologici inglobando epoche recenti, così che, accanto a storie sulla guerra civile o sulla dittatura, si trovano vicende ambientate negli anni della transizione e della riconciliazione nazionale: ne sono esempi Francomoribundia (2003) di J.L. Cebrián (n. 1944) sulla transizione; la trilogia sulla guerra civile e il dopoguerra di R. Chirbes (n. 1949: La larga marcha, 1996, trad. it. 2001; La caída de Madrid, 2000, trad. it. 2002; Los viejos amigos, 2003, quest'ultimo sul golpe fallito di Tejero del 1981, gli attentati dell'ETA e i contro-attentati dell'antiterrorismo); i romanzi di Trapiello sull'epoca postfranchista (El buque fantasma, 1992; La malandanza, 1996; Los amigos del crimen perfecto, 2003, trad. it. 2004, ancora sul tentativo di golpe del 1981). Tra le tendenze peculiari dei primi anni del 21° sec., si può registrare il predominio nel romanzo, soprattutto degli scrittori nati dopo il 1968, di un punto di vista soggettivo (la novela del yo). Sono scrittori cresciuti o anche nati nella Spagna democratica, multilingue e multiculturale delle autonomie, in grado di dominare il computer e i nuovi mezzi di comunicazione: a differenza di chi li ha di poco preceduti (la già citata generación x), più che contaminare la scrittura con i linguaggi della comunicazione (TV-movies, pubblicità, video musicali) cercano territori esclusivi della letteratura. Da qui l'esigenza di offrire al lettore esperienze vissute, riflessioni intime, una percezione personale della realtà nei suoi dettagli più insignificanti, trasmessa da un io narrante che consente al lettore una facile identificazione: G. Martínez (n. 1971), autore di romanzi sul tema del viaggio (Diablo de Timanfaya, 2000; Hora de Times Square, 2002); E. Rico (n. 1972), che vede nella soggettività l'unica sicurezza in un mondo che ha perduto utopie e certezze (Los amantes tristes, 2000; La muerte blanca, 2002); B. Riestra (n. 1970), che coltiva una scrittura pseudoautobiografica (El tiempo de las cerezas, 2002); E. Freire (n. 1974), autrice di un romanzo intimista (Donde siempre es octubre, 1999); T. Montesinos (n. 1972), attento alla ricerca sperimentale con complessi giochi di voci che si sovrappongono (Solos en los bares de noche, 2002).
Letteratura latino-americana. - Nel romanzo latino-americano, è significativa l'opera del cileno R. Bolaño (1953-2003: Los detectives salvajes, 1998, trad. it. 2003; 2666, 2004), uno dei narratori più innovativi nel tessere intrecci e peripezie, dalla scrittura febbrile e torrenziale, in cui una prosa apparentemente diretta nasconde elementi di sottile complessità. Il tema della memoria e dell'esilio e la ricostruzione della storia del Cile negli anni della dittatura sono al centro di La burla del tiempo (2004) di M. Electorat (n. 1960), mentre S. Gómez (n. 1962) racconta l'intreccio tra scrittura e vita in La obra literaria de Mario Valdini (2002). L'autobiografia e la storia drammatica del proprio Paese, scosso dalla violenza del narcotraffico e della guerriglia, la follia e la realtà, si fondono nei romanzi del colombiano F. Vallejo (n. 1942: La virgen de los sicarios, 1994, trad. it. 1999; El desbarrancadero, 2001), così come la storia del Paese e la militanza politica nutrono anche la narrativa della connazionale L. Restrepo (n. 1950: La multitud errante, 2001; Delirio, 2004, trad. it. 2005). Il racconto epico della sopravvivenza nelle città dei Caraibi, nell'affollato mondo della malavita che spesso si tinge di giallo caratterizza la narrativa dei cubani J. Latour (n. 1940: Mundos sucios, 2002), L. Lunar (n. 1958: Que en vez de infierno, encuentres gloria, 2003) e P. Merino (n. 1962: Quinta de la caridad, 2004); si tinge di giallo anche l'opera dell'argentino-messicano R. Díez (n. 1940) con il romanzo Papel picado (2004; trad. it. Foglie nel vento, 2006) e, in Argentina, merita attenzione E. Berti (n. 1964: La mujer de Wakefield, 2000; Todos los Funes, 2004). Particolarmente feconda la produzione narrativa in Messico, che si caratterizza per l'eterogeneità di tendenze, come dimostrano le voci di M. Bellatín (n. 1960), D. Toscana (n. 1961), L.H. Crosthwaite (n. 1962), A. Cadena (n. 1963), E.A. Parra (n. 1965), J. Volpi (n. 1968), J.J. Rodríguez (n. 1970).
La produzione teatrale spagnola e latino-americana
Il teatro spagnolo della fine del Novecento ha raccolto e sviluppato, radicalizzandole, alcune delle tendenze formali e delle scelte tematiche che si erano imposte negli anni Ottanta. Il teatro attuale presenta infatti molti dei tratti riconducibili allpostmoderna: frammentazione dell'azione drammatica, decostruzione del personaggio, assenza di messaggi espliciti, impossibilità di fornire risposte e soluzioni ai mali del presente, tecniche intertestuali e metateatrali, consonanza con il linguaggio del cinema e dei videoclip, appello alla partecipazione del pubblico nella costruzione di senso del testo teatrale, attenzione alla realtà urbana contemporanea (Floeck 2004). Autori della prima generazione di drammaturghi della Spagna postfranchista, come J. Sanchis Sinisterra (n. 1940), J.M. Benet i Jornet (n. 1940), J.L. Alonso de Santos (n. 1942), F. Cabal (n. 1948) o I. Amestoy (n. 1949) hanno contribuito alla formazione di nuovi autori grazie anche alla loro attività di promotori e animatori di laboratori e scuole teatrali. Accanto a questi luoghi di formazione e al lavoro di compagnie d'avanguardia ormai consolidate, come La fura del Baus, Els Comediants, Els Joglars, T de Teatre, La Cuadra de Sevilla, si è imposta la realtà dei teatri alternativi che promuovono la messa in scena di opere di autori giovani esclusi dai grandi circuiti dei teatri nazionali, interessati piuttosto a una programmazione di successo e di facile commercializzazione. Gli autori dei teatri alternativi, pur partendo sempre da un testo, lavorano in collaborazione con registi, attori, tecnici e scenografi, per sviluppare il testo e portarlo alla sua realizzazione definitiva che nasce dunque sulla scena ed è il risultato di un processo dialettico tra testo e rappresentazione. Spesso, pertanto, il testo è sottoposto a successive riscritture e revisioni a seconda degli attori e del regista che lo mettono in scena, o del luogo della rappresentazione. L'atto performativo prevale sul testo drammatico, lo amplia fino a svilupparne tutte le potenzialità tramite il linguaggio del corpo e dei segni non verbali.
A partire dagli anni Novanta nel teatro si è assistito a una mescolanza di temi attinenti alle sfere del privato e del sociale: i rapporti interpersonali, la ricerca d'identità, le crisi psicologiche, il sesso e i suoi tabù si proiettano spesso su uno sfondo più ampio in cui problemi sociali, come la droga, la violenza, la xenofobia e il razzismo, alimentano e aggravano la solitudine esistenziale, l'incapacità di comunicare, la marginalità e l'esclusione del singolo. In primo piano si trovano i drammi del vivere quotidiano di personaggi, spesso giovani, che si muovono in periferie degradate e opprimenti, come in Noches de amor efímero (1991) di P. Pedrero (n. 1957), in cui la notte diventa lo spazio, transitorio e fugace, per la realizzazione di incontri impossibili tra personaggi alla ricerca di sé e dell'altro; o ancora in Lista negra (1994) di Y. Pallín (n. 1965), cinque frammenti sull'emarginazione e la frustrazione giovanili, storie di violenza sessuale, razzismo e xenofobia, le cui vittime pagano il prezzo dell'indifferenza e della paura circostanti; altrettanto frammentato Mane, Thecel, Phares (1997) di B. Ortiz de Gondra (n. 1965), diciotto sequenze indipendenti che propongono, in un'allucinata velocità, scene di violenza slegate tra loro, apparentemente senza logica se non quella della tragicità senza risposte del vivere moderno. Storie di personaggi proiettate su uno sfondo urbano, minato da una violenza brutale, spesso esercitata in gruppo e senza una spiegazione, mostrata in tutta la sua agghiacciante crudezza e che lo spettatore riesce a sopportare solo grazie al distanziamento prodotto dall'introduzione di elementi comici o grotteschi che rendono tollerabile l'orrore, come accade nelle opere di S. Belbel (n. 1963: Carícies, 1991; Despres de la pluja, 1993; El temps de Planck, 1999; La sangre, 2001), di R. García (n. 1964: Notas de cocina, 1994; After sun, 2000; ¡Haberos quedado en casa, capullos!, 2000) e di Ortiz de Gondra (Dedos, 1996). Talora questa violenza ha cause politiche (La sangre, per es., tocca il tema del terrorismo), talora le tragedie individuali si inquadrano in una cornice storica (come in Vanzetti, 1996, e in La construcción de la catedral, 1998, di L. Araújo, n. 1956; o in ¡Santiago (de Cuba) y cierra España!, 1999, di E. Caballero, n. 1957; o ancora in Cartas de amor a Stalin, 1999, di J. Mayorga, n. 1965) o sociale (l'immigrazione in La mirada del hombre oscuro, 1991, di I. del Moral, n. 1957), ma il tema centrale è sempre la rappresentazione di un problema individuale. Pur trattandosi di un teatro che non rifugge l'impegno politico e a volte si attesta su posizioni 'politicamente scorrette', non si offre mai una soluzione a questioni politiche o sociali, né si propone di cambiare la sorte della collettività. Tale vuoto di senso è costruito anche attraverso azioni drammatiche incoerenti ed ellittiche, prive di nessi spazio-temporali logici, di rapporti di causa e effetto; scene frammentarie affastellate in cui dialoghi brevi e veloci si susseguono in un linguaggio colloquiale diretto che riproduce i ritmi frenetici della metropoli. Altrettanto frammentati, fragili psicologicamente e privi di un'identità chiara sono i personaggi, spesso senza nome e senza una storia alle spalle (Matando horas, 1991, di García; Libración, 1994, di L. Cunillé, n. 1961; Los restos de la noche, 1996, e Los motivos de Anselmo Fuentes, 1997, di Pallín; La antesala, 2000, di M. Sánchez, n. 1962). Anche il linguaggio, apparentemente mimetico nella sua fedeltà ai gerghi giovanili e alle mode, ha perso il potere di comunicare e di percepire la realtà attraverso la parola. Il risultato è un teatro ambiguo, pieno di spazi vuoti, di dispersioni di senso che chiamano in causa il pubblico, investito del compito di ricostruire i frammenti, colmare gli interstizi, trovare un significato.
Tendenze analoghe si registrano anche nel teatro latinoamericano attuale. Il drammaturgo argentino E. Pavlovski (n. 1934), per es., pur non rifuggendo temi d'attualità e impegno critico, attento alla storia politica del Paese e al ruolo della memoria, aderisce all'estetica postmoderna sia con il suo frammentarismo sia con il ricorso all'intertestualità nella costruzione allusiva e ambigua che respinge possibili interpretazioni univoche e monolitiche. La memoria storica e personale, il recupero della festa popolare mescolato con le tendenze di rinnovamento teatrale degli ultimi anni caratterizza anche il lavoro del cileno A. Pérez (1964-2002) o della portoricana R.L. Márquez. Accanto a questi autori attivi sin dagli anni Settanta, il teatro latino-americano ha visto il fiorire di nuove drammaturgie in cui, non di rado, la sperimentazione procede di pari passo con una rivalutazione del testo e dove la ricerca di nuovi linguaggi si insedia su una forte preoccupazione sociale. Nella fiorente scena ispanoamericana, si possono ricordare, senza pretese di esaustività, tra gli autori più giovani, i venezuelani X. Moreno (n. 1959) e G. Ott (n. 1963); i messicani X. Escalante (n. 1964), F. González Mello (n. 1967) e D. Olguín (n. 1963); gli argentini M. Bertuccio (n. 1961), L. Cano (n. 1966), B. Cappa (n. 1969), J. Daulte (n. 1963), R. Spregelburd (n. 1970) e A. Tantanian (n. 1966); l'uruguayano Á. Ahunchaín (n. 1962). Autori che spesso coniugano la scrittura teatrale con la pratica del teatro in qualità di attori o registi, fondatori o collaboratori di compagnie e gruppi di ricerca, e che spesso svolgono, in America come in Spagna e nel resto d'Europa, attività docente nell'ambito di scuole di teatro e università. Infine, la moltiplicazione di festival e di premi letterari ha favorito enormemente, dagli anni novanta del 20° sec., la circolazione dei giovani drammaturghi, l'allestimento delle loro opere al di fuori delle frontiere nazionali, la possibilità di pubblicazione incentivata proprio dai premi dedicati al teatro.
La produzione poetica spagnola e latino-americana
Il panorama lirico spagnolo, negli ultimi trent'anni del 20° sec., ha rivelato una particolare vitalità, evidente nelle molteplici correnti che lo hanno attraversato e che la critica ha tentato di sistematizzare coniando etichette come neosurrealismo, neoromanticismo, poesia epica, poesia sensualista. In tale panorama, folto e spesso confuso, si è imposta la dicotomia che vede contrapporsi la poética del silencio alla poesía de la experiencia. La prima si basava su testi prevalentemente brevi, su un'estetica della selezione e della sottrazione che rifuggiva ridondanze, formule, aneddoti, enfasi e amplificazioni; il verso breve e l'essenzialità del componimento contrastavano con la densità espressiva. Gli anni Ottanta hanno rappresentato l'epoca di maggior fortuna di tale tendenza che, ancora nei primi anni del 21° sec., ha fatto sentire la propria voce, nonostante una certa stanchezza e ripetitività, nell'opera di poeti come J.A. Valente (1929-2000), J.M. Ullán (n. 1944), A. Sánchez Robayna (n. 1952), J. Siles (n. 1951). La poesía de la experiencia difendeva, invece, un linguaggio più ancorato alla realtà; attenta alla comunicazione e con un interesse spiccato per la vita quotidiana, ha goduto di particolare favore presso il pubblico negli anni Novanta (tra gli altri, L. García Montero, n. 1958; F. Benítez Reyes, n. 1960; L. Muñoz, n. 1966). Rispetto a questo panorama, una nuova proposta proviene da due giovani poeti, A. Krawietz (n. 1970) e F. León (n. 1970: Tiempo eterno, 2002), curatori dell'antologia La otra joven poesía española (2003) in cui dodici poeti prendono le distanze dalla lirica realista della mimetica rappresentazione del quotidiano e difendono una concezione trascendente della poesia come conoscenza, in cui la lingua diventa strumento di indagine, un modo per penetrare ldi ciò che non è visibile. Oltre ai due curatori si possono ricordare M. López (n. 1965: El estilita, 1998), A. Méndez Rubio (n. 1967: Trasluz, 2002; Por más señas, 2005), J. Doce (n. 1967: Hormigas blancas, 2005), G. Ramírez (n. 1971: El lugar, 2000), R.J. Díaz (n. 1971). Altre voci interessanti: J.V. Piqueras (n. 1960), J.M. Micó (n. 1961), E. Moga (n. 1962), N. Barrios (n. 1962), S. Pujol (n. 1959), A. Salas (n. 1965), L. Castro (n. 1966), J. Fernández Gonzalo (n. 1982).
Tra le personalità più interessanti della poesia sudamericana, spicca quella dell'argentino D. Samoilovich (n. 1949: Las encantadas, 2003), direttore del Diario de poesía, rivista che è punto d'incontro e dibattito delle nuove tendenze; i suoi versi, nella linea del neobarocco e della poesia oggettiva, segnano la sintesi e il superamento di tali correnti. Nel variegato panorama sudamericano, si ricordano inoltre i colombiani S. Mutis Durán (n. 1951) e M.Y. Sánchez (n. 1956), l'uruguayano E. Espina (n. 1954), il peruviano O. Gonzales (n. 1962), l'argentino F. Casas (n. 1965). In Messico, le problematiche della letteratura postmoderna trovano ampio spazio: i giovani poeti (A. D'Aquino, n. 1959; M. Baranda, n. 1962; G. Vélez, n. 1964; C. Faesler, n. 1967; J. Hebert, n. 1972; H. Bravo Varela, n. 1979; L.F. Dávalos, n. 1982) riflettono lo scetticismo e la mancanza di speranza caratteristica di una generazione che, vittima di fallimenti e frustrazioni, ha perso illusioni e speranze dopo gli sconvolgimenti politici degli ultimi vent'anni, dalla caduta del muro di Berlino al crollo delle Twin Towers. Collocata nel presente, senza rimpianti verso il passato ma senza guardare al futuro, si muove in un mondo che la tecnologia ha reso sconfinato e al contempo immediato, in cui l'ironia si rivela uno dei pochi modi ancora possibili di guardare la realtà.
bibliografia
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