FIAMMINGA, LETTERATURA
. Sebbene non sia sempre possibile distinguere la letteratura propriamente fiamminga da quella dei Paesi Bassi del Nord (v. belgio: Letteratura; olanda: Letteratura; paesi bassi: Letteratura), che hanno comunione di tradizione e di lingua, tuttavia in certe epoche l'uno dei due paesi ha svolto un'azione più importante, e, nella loro cultura degli ultimi secoli, si può constatare una differenza di mentalità.
Se si pensa che negli ultimi secoli del Medioevo le città fiamminghe, economicamente assai floride, hanno esercitato una grande influenza sulla civiltà occidentale, è facile ammettere che dovettero avere anche un'adeguata vita letteraria. Troviamo, infatti, i primi monumenti letterarî, segnati da un originale significato artistico, nella regione dell'Est, nel Limburgo, sulla grande via commerciale che viene dal Reno. Proprio qui appare verso il 1170 Enrico di Veldeke (v.), che fu, tra l'altro, autore d'una Eneit derivata da un romanzo francese e di poesie liriche d'ispirazione provenzale. Sebbene si servisse del suo dialetto limburghese, era orientato verso la Germania: lo si trova a Metz e nella Turingia, dove esercita una grande influenza sui poeti tedeschi di quest'epoca, che lo considerano loro maestro. Enrico è infatti la prima personalità d'artista in mezzo ai poeti popolari e agli umili scrittori di opere devote, e la sua opera ha un'azione mediatrice tra la cultura romanza e quella germanica. Tuttavia soltanto agl'inizî del secolo XIII la produzione letteraria si sviluppa largamente, e proprio nelle Fiandre, dove i comuni cominciano a svolgere una fecondissima attività. Appunto i dialetti fiamminghi servirono di base alla formazione d'una lingua letteraria generale; e proprio le Fiandre per tre secoli tennero il centro della vita letteraria, mentre i Paesi Bassi del Nord non vi parteciparono che in misura secondaria. E poiché le Fiandre durante il secolo XIII appartenevano politicamente alla Francia, è naturale che ne subissero anche l'influenza letteraria. La poesia cavalleresca si riconnette alle canzoni di gesta e ai romanzi cortesi della "lingua d'oil"; ma alcune opere hanno un carattere originale, come il Walewein e soprattutto Carel ende Elegast, che è tra questa letteratura narrativa un modello di stile e di gusto. Tuttavia in questi comuni essenzialmente borghesi, dove la vita è in prevalenza economica e politica, il genere cavalleresco decade rapidamente. Il popolo si riconosceva meglio nel roman de Renard, la cui versione fiamminga è in gran parte originale, tanto che per le sue qualità artistiche è considerata il capolavoro dell'epopea animalesca in Europa. Abbonda la poesia religiosa: vi si distingue una Vita di Nostro Signore (Van den Leven Ons Heren), che ha la seduzione della primitiva semplicità pittorica, rinarrando il dramma evangelico come se si fosse svolto nella vecchia città di Bruges o di Gand. Tuttavia la maggior parte di questa produzione è improntata a uno spirito mistico, come si rivela con tono puro e profondo in una Vita di Santa Lutgarda. Singolare importanza ha la figura di una certa misteriosa Hadewych, che nei suoi versi e nella sua prosa ha tradotto la propria vita interiore con accenti di grande bellezza poetica. Ma chi riassume le diverse correnti letterarie di quest'epoca è Giacomo Van Maerlant. Per il suo spirito soprattutto borghese e comunale, egli è tipico rappresentante della sua società: cominciò con poemi cortesi, che presto abbandonò per seguire le tendenze concrete e realistiche della sua indole. Egli volle soprattutto divulgare il sapere scientifico presso la borghesia che non leggeva più il latino: le sue enciclopedie abbracciano il mondo della natura, della storia, della morale e della religione. Ma anziché in queste compilazioni didattiche la sua personalità si afferma più compiutamente nelle liriche - composte di strofe di 13 versi ciascuna - che costituiscono per la raffinatezza della forma e la vigoria del contenuto una delle più belle realizzazioni artistiche della poesia occidentale. La sua opera didascalica suscitò un gran numero d'imitatori per tutto il sec. XIV, l'epoca appunto in cui la borghesia consolida ancora la sua potenza politica, mentre nelle lotte contro il re di Francia comincia a crearsi una coscienza nazionale. Si fa luce uno spirito più individuale, più critico, più indipendente, che non può appagarsi di romanzi aristocratici e fantastici, ma richiede un contenuto più positivo. Il più in vista tra i poeti della scuola del Maerlant, che si sentono investiti d'una missione sociale e moralizzatrice, è indubbiamente Giovanni Boendale, che rispetto al maestro rappresenta bene la differenza delle due epoche. Il Maerlant era un appassionato idealista, il Boendale è più vicino allo spirito empirico dei commercianti: egli ragiona e dà lezioni di saggezza pratica. Fortunatamente la vera poesia si continua nei racconti popolari in versi, nei fabliaux e nelle innumerevoli canzoni, che costituiscono uno dei tesori più ricchi dell'antica letteratura fiamminga. La vena religiosa non ha per nulla perduto il suo vigore: il suo più prezioso gioiello è la nota leggenda di Suora Beatrice, la cui composizione si riporta generalmente a quest'epoca. Ma la grande figura di questo periodo è Giovanni van Ruusbroec; i suoi trattati mistici sono tra i più importanti monumenti della prosa fiamminga, e in essi l'ascensione dell'anima a Dio è descritta con inesauribile ricchezza d'immagini e con penetrante profondità d'analisi. Ruusbroec ebbe un'influenza considerevole, specialmente sui mistici spagnoli e su quel movimento religioso che doveva svilupparsi a principio del sec. XV nei Paesi Bassi del Nord e produrre l'Imitazione di Cristo. Negli ultimi anni del sec. XIV e nei primi del seguente sorgono le prime composizioni di teatro profano, su temi analoghi a quelli dei romanzi cavallereschi. Esse costituiscono i primi monumenti che di questo genere ci siano rimasti nella letteratura europea e posseggono una fine soavità lirica; ciascuna di esse è accompagnata da una farsa assai gustosa. Il sec. XV, così importante nel campo della pittura, presenta dal punto di vista letterario una generale decadenza. Per spiegare i motivi, si è soliti riferirsi all'influenza francesizzante dei principi - i duchi di Borgogna - che del resto non fu molto profonda; ma forse sarebbe meglio ricercarne le cause, da una parte nella diffusione dell'umanesimo che spingeva i migliori intelletti a esprimersi in latino, e dall'altra nel fatto che la cultura e la letteratura, penetrando negli strati più popolari della società, guadagnavano piuttosto in estensione che in profondità di pensiero e d'arte. Complessivamente questo periodo, che si protende fino alla seconda metà del sec. XVI, è caratterizzato dalle "Camere di Retorica", corporazioni di borghesi e di artigiani, che costituiscono centri d'attività letteraria e organizzano concorsi di poesia, fino nelle più piccole città di provincia. Una precettistica puramente formale viene a sostituire la libera creazione artistica. La produzione dei rhetorijckers è enorme, ma nessuna figura si solleva sul livello comune. Essa comprende un gran numero di canzoni, di refereinen spesso pedanteschi, e di composizioni teatrali generalmente rappresentate nella piazza pubblica - farse, drammi, misteri, miracoli, moraliteiten - dove si compiaceva il gusto didascalico dell'epoca. Ebbe fortuna e sopravvive l'Elckerlyc ("Ciascuno"), un'allegoria che riprende con efficacia rappresentativa il tradizionale motivo dell'uomo chiamato a giudizio dalla Morte e liberato da tutto ciò che lo tiene legato alla vita terrena. Il sec. XVI infonde a questa letteratura la passione delle polemiche religiose, allorché vengono a contrasto gl'ideali della Riforma e la tradizione cattolica. Nella prima metà del secolo, la poetessa Anna Bijns difende con ardore la fede tradizionale e lancia le sue violente satire contro protestanti e calvinisti. Nella seconda metà, Marnix van Sint-Aldegonde, d'origine francese, muove un'aspra critica contro la Chiesa nella vivace prosa del suo Biëncorf der H. Roomsche Kercke (L'alveare della Chiesa Romana), capolavoro d'erudizione presentata in una forma ironica. Frattanto la ribellione alla tirannia spagnola dettava le accese e vigorose canzoni dei gueux. Nello stesso tempo lo spirito umanistico penetra nella letteratura popolare, e G. van der Noot, che si dichiara discepolo del Petrarca e del Ronsard, inaugura la forma più castigata della poesia del Rinascimento, che pretende servire soprattutto la pura bellezza.
Ma questa evoluzione spirituale fu soffocata dalla vittoria spagnola nelle provincie belghe e dalla separazione dai Paesi Bassi del Nord (Anversa cade nel 1585). Da quest'epoca i due popoli, fiammingo e olandese, svilupperanno la loro cultura ciascuno su basi differenti: mentre nel Nord, al principio del sec. XVII, si affermerà una ricca e fiorente civiltà, nelle Fiandre, invece, in preda alla decadenza economica, impoverite dall'emigrazione in Olanda degli spiriti più indipendenti e mortificate dal dominio degli ordini religiosi, la vita intellettuale andrà sempre più esaurendosi. Tuttavia una tradizione letteraria, per quanto debolissima, persiste ancora ad Anversa, fino all'epoca di Rubens. Vi si distingue Guglielmo Ogier, che mette in una serie di commedie realistiche i sette peccati capitali; e verso la fine del secolo, Michele de Swaen, l'ultimo poeta classico, scrive un buon dramma liturgico, De Menschwordingh (L'incarnazione).
Il sec. XVIII segna il completo letargo della letteratura fiamminga, in seguito alle incessanti guerre che devastano il paese e all'influenza francese che si fa sempre più invadente fino a imporsi sotto Napoleone. L'annessione ai Paesi Bassi del Nord (1815) rimette in onore la lingua popolare; ma per poco, poiché la rivoluzione del 1830, che dà l'indipendenza al Belgio, provoca una sistematica reazione del governo centrale contro la lingua fiamminga, bandita dalla vita ufficiale. Tuttavia, proprio da questo momento assistiamo a una rinascita della letteratura fiamminga, che, di pari passo con l'azione sociale e politica del movimento nazionalista, animato dagl'ideali romantici, si sviluppa rapidamente: press'a poco dalla pubblicazione del romanzo storico De Leeuw van Vlaenderen (Il leone di Fiandra, 1838) di H. Conscience (v.). Accanto a lui, C.-L. Ledeganck, P. Van Duyse, G.M. Dautzenberg, e altri ancora restaurarono la dignità della poesia, mentre al romanticismo succedeva un realismo più oggettivo, come nella poesia di G. van Beers, che ritraeva la vita degli umili, e nei romanzi di G. Sleeckx, che reagiva al sentimentalismo idillico di E. Conscience.
Il più grande poeta di questa seconda generazione, che è considerato il maggiore di tutta la letteratura fiamminga, rimase a lungo incompreso: G. Gezelle (1830-1899), la cui ispirazione religiosa, come quella di S. Francesco ch'egli tradusse, investe tutta la natura d'uno stesso fervente amore. Ma la politica francesizzante del governo, perseguita dopo il 1830, fa sentire i suoi effetti soprattutto tra il 1860 e il 1890: i nomi dei poeti A. Rodenbach e P. de Mont, dei romanzieri V. Loveling e R. Stijns passano in secondo piano rispetto agli scrittori fiamminghi che si servono della lingua francese: C. Decoster, G. Rodenbach, E. Verhaeren, Van Lerberghe, M. Maeterlinck, e tanti altri. Soltanto attorno al 1890 il progresso del movimento fiammingo permetteva l'affermarsi d'una nuova pleiade di scrittori (intorno alla rivista Van Nu en Straks), che segnano gl'inizî d'un vero rinnovamento, caratterizzato nel suo insieme da un'intellettualità più larga e più raffinata. Lo stesso Gezelle, ormai vecchio, fu conquistato da questa nuova primavera; e la produzione artistica divenne presto assai ricca: tra i nomi più importanti, vanno ricordati i romanzieri G. Buysse e S. Streuvels e i poeti P. Van Langendonck e C. Van de Woestyne, il migliore dopo G. Gezelle. Accanto a loro, i prosatori E. De Bom, H. Teirlinck, M. Sabbe, L. Baekelmans (v.), A. Vermeylen, il drammaturgo A. Hegenscheidt. Nella generazione del dopoguerra - in maggioranza di tendenza espressionistica - si distinguono soprattutto i racconti di F. Timmermans, i romanzi psicologici del Roelants, i versi di Marnix Ghysen e di Van Ostayen, il teatro simbolico di H. Teirlinck.
Bibl.: J. Stecher, Histoire de la littérature néerlandaise en Belgique, Bruxelles 1886; G. Kalff, Geschiedenis der nederlandsche letterkunde, voll. 7, Groninga 1906-1912; J. te Winkel, De ontwikkelingsgang der nederlandsche letterkunde, voll. 5, Haarlem 1908-1921; P. Hamelius, Introduction à la littéerature française et flamande de Belgique, Bruxelles 1921; A. de Ridder, La littérature flamande contemporaine, Anversa e Parigi 1923; La letteratura olandese e fiamminga 1880-1924, Antologia a cura di G. Prampolini con prefazione di G. Prezzolini, Roma 1927; A. Vermeylen, Geschiedenis der vlaamsche letterkunde, in Vlaanderen door de eeuwen heen, 2ª ed., Amsterdam 1932.