Letteratura e Cinema
letteratura e cìnema. – Fin dalla nascita del cinema (1895), il rapporto con la letteratura è stato di reciproca influenza sul piano dell'immaginario, con un progressivo fluire di ingegni creativi dall'una all'altro. Se il cinema ha attinto da generi, opere e personaggi letterari (si pensi a celebri trasposizioni come A clockwork orange da A. Burgess di S. Kubrick, 1971; Querelle de Brest da J. Genet di R.W. Fassbinder, 1982; Fahrenheit 451 da R. Bradbury di F. Truffaut, 1966; Morte a Venezia da T. Mann di L. Visconti, 1971; e in tempi più recenti No country for old men da C. McCarthy di J. ed E. Coen, 2007), anche la letteratura è stata fortemente influenzata dalla tecnica espressiva cinematografica. Il maggior punto di confluenza tra le due arti è la sceneggiatura, partitura scritta del film di cui la regia è la realizzazione in immagini: le specificità della scrittura filmica, il procedere per scene il cui senso scaturisce dal rapporto contestuale tra elemento dialogico-verbale (caratterizzato dalla referenzialità conversazionale) e immagini visive e sonore, articolato in sequenze attraverso la sintesi ellittica del montaggio, con simultaneità e salti in avanti e indietro nel tempo del racconto (flashforward e flashback), hanno ispirato lo stile di molti narratori: tra i primi, nel secolo scorso, gli statunitensi J. Dos Passos (The 42nd parallel, 1930) e F. Scott Fitzgerald (Tender is the night, 1934). Intreccio a sé stante è quello con la letteratura fiabesca (Grimm, Perrault, Collodi), trasposta in film d'animazione dagli anni Trenta del Novecento dalla casa di produzione Disney. Se l'influenza dell'avanguardia letteraria sul cinema è evidente in collaborazioni come quella tra lo scrittore austriaco P. Handke e il regista tedesco W. Wenders (Der Himmel über Berlin, 1987), o tra il regista francese A. Resnais e i connazionali M. Duras (Hiroshima, mon amour, 1959) e A. Robbe-Grillet (L'année dernière à Marienbad, 1961), diversi scrittori affermati hanno scelto la regia cinematografica per esprimere parte del proprio immaginario: l'italiano P.P. Pasolini, il russo V. Šukšin, il cileno A. Jodorowski, e più recentemente lo statunitense P. Auster (The inner life of Martin Frost, 2007). Numerosi film hanno come tema la letteratura (dalle biopic, biografie di scrittori, a opere in cui il processo di scrittura è parte integrante del racconto, come Prospero's book di P. Greenaway, 1991; L'ultima tempesta), più rari sono i casi in cui il cinema è oggetto di narrazione letteraria. Opere di rilievo in tal senso sono Diario di Serafino Gubbio operatore di L. Pirandello (1915), riflessione sul cinema come macchina capace di catturare l'anima degli attori al di là delle loro intenzioni, e The last tycoon di F. Scott Fitzgerald (1941), racconto dell'esperienza dello scrittore come sceneggiatore a Hollywood; di diverso tenore la fantasmagoria dell'argentino O. Soriano Triste, solitario y final (1967), vita immaginaria del comico O. Hardy dopo la morte della spalla storica S. Laurel. Frequente il caso di scrittori affermati che nell'ultimo decennio si sono cimentati nella sceneggiatura: gli statunitensi D. Eggers (Where wild things are, di S. Jonze, 2008) e C. Palahniuk (Fight club di D. Fincher, 2004), i britannici N. Hornby (An education di L. Scherfig, 2009), H. Kureishi (The mother di R. Michell, 2003) e I. Welsh (The acid house di P. McGuigan, 1998), o i francesi M. Houellebecq (anche regista, con La possibilité d'une île, 2008) e E. Carrére (L'adversaire di N. Garcia, 2002), spesso coautori di film tratti dalle proprie opere. Se nello scorso secolo in Italia scrittori come C. Zavattini con V. De Sica (Miracolo a Milano, 1948), o E. Flaiano (La dolce vita, 1960) e T. Guerra (Amarcord, 1973) con F. Fellini, hanno connotato lo stile dei registi, nel nuovo secolo appare minore l'influenza di narratori-sceneggiatori come F. Piccolo (nei film di N. Moretti Il Caimano, 2006, e Habemus Papam, 2011), o D. Starnone (La febbre di A. D'Alatri, 2005, Signorinaeffe di W. Labate, 2007). Tra gli sceneggiatori, uno dei più innovativi sul piano stilistico è lo statunitense Charlie Kaufman (n. New York, 1958), che ha imposto una tecnica narrativa come la storia nella storia in Adaptation (2002; Il ladro di orchidee) di S. Jonze e Ethernal sunshine of the spotless mind (2004; Se mi lasci ti cancello) di M. Gondry, usata anche da D. Lynch in The Inland empire (2006; L'impero della mente) e da C. Nolan in Inception (2010).