FILEMONE, lettera a
È la più breve tra le lettere di S. Paolo (25 versetti in tutto), pure, come dice A. Sabatier, per vivezza e profondità di sentimento, "essa brilla come una perla della più squisita finezza nel ricco tesoro del Nuovo Testamento".
Paolo, in carcere, e Timoteo rivolgono il saluto iniziale a Filemone, ad Appia e Archippo (secondo Teodoro di Mopsuestia, la moglie e il figlio) e alla Chiesa, che è nella sua casa; ringraziando Dio per la fede di Filemone e per il suo amore cristiano e la sua carità (vv.1-7). Perciò Paolo, ormai vecchio e in catene per Gesù Cristo, prega Filemone per lo schiavo Onesimo, che l'apostolo ha rigenerato nella fede e mandato a lui; avrebbe desiderato di trattenerlo presso di sé, ma non ha osato, senza il consenso di Filemone: questi l'accolga dunque ora non come schiavo, ma come un fratello, come Paolo stesso; e, se gli ha recato qualche danno o gli deve qualche cosa, lo imputi all'apostolo, che glielo renderà (vv. 8-19). Paolo è certo dell'obbedienza di Filemone e spera che le sue preghiere gli renderanno possibile di rivederlo; intanto lo saluta, con Epaira, Marco, Aristarco, Demade e Luca (vv. 20-25).
Questi ultimi personaggi, e Onesimo, sono nominati in Colossesi, IV, 9-14: Epafra e Onesimo proprio come abitanti a Colosse. Dal complesso di questi dati è facile arguire che lo schiavo Onesimo fosse fuggito dalla casa di Filemone, dopo aver commesso qualche grossa mancanza (con molta probabilità un furto); e che Paolo, dopo averlo convertito, allorché Tichico, suo coadiutore, fece ritorno alla chiesa di Colosse, rimandasse con lui lo schiavo, munendolo però di una breve lettera per il padrone; appunto la nostra. Gli stretti rapporti con Colossesi (anche IV, 3, per la prigionia di Paolo) impongono di adottare la medesima soluzione per le questioni della data e del luogo di composizione, specie per coloro che non mettono in dubbio l'autenticità di Colossesi. Ma quella di Filemone non è stata contestata che da pochissimi critici radicali delle scuole di Tubinga o olandese (Van Manen, F. C. Baur). Oggi essa si può dire universalmente riconosciuta. Più notevole è il fatto che un biglietto di carattere così strettamente personale sia stato incluso nella collezione delle lettere dell'apostolo. Ma gli dava un valore non contingente il principio che lo ispirava e che implicitamente minava alle basi l'istituto della schiavitù. Anche in Filemone, come altrove (p. es. I Corinzî, VII, 21 e 24), Paolo non combatte apertamente l'istituto, su cui si fondava tutta l'organizzazione sociale dei suoi tempi; ma indica la via da seguire, imponendo al cristiano Filemone di amare lo schiavo cristiano Onesimo come un fratello.
Bibl.: v. colossesi; M. Meinertz, Der Philemonbrief und die Persönlichkeit des Apostels Paulus, Düsseldorf 1921.