Letter from an Unknown Woman
(USA 1948, Lettera da una sconosciuta, bianco e nero, 90m); regia: Max Ophuls; produzione: John Houseman per Rampart; soggetto: dal racconto Brief einer Unbekannten di Stefan Zweig; sceneggiatura: Howard Koch, Max Ophuls; fotografia: Franz Planer; montaggio: Ted J. Kent; scenografia: Russel A. Gausman, Ruby R. Levitt; costumi: Travis Banton; musica: Daniele Amfitheatrof.
È notte, a Vienna. Una carrozza si ferma, scende un uomo. I due accompagnatori gli chiedono se accetterà la sfida a duello lanciatagli da un ufficiale. L'uomo li congeda con una battuta: non ama alzarsi all'alba. Entra in casa, annunciando al domestico la loro imminente partenza: bisogna fare i bagagli in fretta. Il domestico gli consegna una lettera. L'uomo è Stefan Brand, ex pianista prodigio ormai in declino. Apre la lettera: "Quando leggerai questa lettera potrei essere morta…". Chi gli scrive è Lisa, e la lunga lettera ripercorre una storia d'amore, che però lei sola ha vissuto: è la storia della vita di Lisa, la storia del suo amore per Stefan. Lisa, figlia di un portiere, ricorda il trasloco del pianista nel palazzo, lei ancora ragazzina; le notti passate ad ascoltarlo suonare; il primo ingresso nel suo appartamento. Ricorda gli anni passati lontano, a Linz, il suo rifiuto di sposare un sottotenente, il ritorno a Vienna come modella presso una casa di moda, le notti passate davanti alla casa di Stefan. Poi, una sera, l'incontro: lui si accorge finalmente di lei. Una notte passata a danzare valzer, una passeggiata al Prater, poi la sua improvvisa partenza per Milano, per suonare alla Scala. La promessa di un ritorno, mai avvenuto. Nella lettera Lisa lo rende partecipe della sua gravidanza e della nascita di un bimbo che porta il suo nome. Anni di stenti e poi, quando il figlio compie nove anni, la decisione di sposare un colonnello, per il bene del piccolo. Ricorda che il destino esiste, che ogni cosa è decisa. Forse è per questo che una sera lo ritrova, a teatro. Speranzosa, tormentata, decide di lasciare il marito. Ma al primo incontro lui non ricorda, la tratta come una delle tante donne che ha sedotto, come una sconosciuta. Lisa accompagna alla stazione il figlio, diretto al collegio, e su una carrozza contraggono il tifo. Il bimbo muore, e la lettera di Lisa si interrompe improvvisamente su una macchia di inchiostro. Sono le suore dell'ospedale ad aver spedito la lettera: prima di morire, in preda alla febbre, Lisa aveva spesso sospirato il suo nome. Scoccano le cinque. Due carrozze attendono Stefan in strada: in una si trova l'ufficiale che lo ha sfidato, ed è l'ex marito di Lisa. Stefan Brand si infila il cappotto, scende le scale, sale sulla sua carrozza e s'avvia al duello e alla morte.
Max Ophuls lasciò l'Europa nei primi anni Quaranta, rifugiandosi in America. Ma se in Europa il nome di Ophuls era più che conosciuto, per le regie teatrali e cinematografiche, in America doveva ricominciare da zero. Grazie a Douglas Fairbanks Jr. realizzò nel 1947 The Exile (Re in esilio); dell'anno successivo è invece Letter from an Unknown Woman, tratto da un racconto di Stefan Zweig. In una Vienna invernale, ricostruita fedelmente in studio, Ophuls realizza un film di estrema crudeltà, un "cristallo temporale" (G. Deleuze) interamente basato sul meccanismo innescato dalla lettura di una lettera. Attraverso una serie di salti temporali incatenati come un diadema, Ophuls costruisce la storia di una 'svista amorosa', e lo fa servendosi di procedimenti formali tipicamente hollywoodiani, l'uso della voce over unito a quello del flashback. La lettera da questa sconosciuta, che giunge al pianista Stefan Brand, non ricompone solo i ricordi di una vita segnata dallo scacco dell'invisibilità, della solitudine, ma si palesa dunque come racconto, narrazione. La storia ci viene narrata, audacemente, dalla voce di una sconosciuta, ormai defunta, svanita, simile a quella macchia informe sulla carta, che interrompe la fluida grafia della missiva.
Ophuls riesce ad aprire una breccia all'interno della rigida struttura produttiva hollywoodiana: Letter from an Unknown Woman risulta autentico film d'autore, come ben testimoniano la sua struttura circolare o di vera e propria spirale, i lunghi carrelli fluidi a seguire i personaggi, gli ampi movimenti del dolly. La messa in scena di Ophuls s'avvicina a un passo di danza, di quei valzer che spesso compaiono nei suoi film e che nella loro figura sinuosa e circolare arrivano ad esplicitare uno stato di ebbrezza e di vertigine. Così i movimenti, le traiettorie circoscritte dalla macchina da presa compongono qui una partitura visiva di estremo virtuosismo, come certe volute barocche. Una vera hybris sembra accompagnare i movimenti di macchina, a segnare il tragitto ascendente dei personaggi: le scale sono soluzione scenografica che si fa figura, e trova un pertinente correlativo nei dialoghi del film. Lisa chiede a Stefan: "Si scala una montagna, e poi?", e Stefan risponde: "E poi si scende". Qui il film esplicita la sua figura principe, quella di un'ascesa a cui corrisponde l'inevitabile caduta. Meglio, l'ascesa rende emozionante (e sconcertante) la vista di ciò che cade. Questione di gravità.
Similmente a Liebelei (Amanti folli, 1933), Letter from an Unknown Woman rende palpabile tale vertigine romantica. Esemplari in questo senso due sequenze del film, perfettamente speculari: nella prima Lisa sale le scale e attende che Stefan rientri per dichiarargli il suo amore, ma questi ritorna in compagnia di un'amante. A Lisa non resta che osservarlo. La macchina da presa la inquadra (ripida plongée e profondità di campo) attonita, mentre osserva le due figure varcare la soglia dell'appartamento. La seconda, anni dopo, ci mostra nello stesso luogo (sempre attraverso la verticalità della plongée sulle scale) l'identica situazione. Solo che ora è Lisa a entrare nell'appartamento con Stefan. Il posto sul pianerottolo, al piano superiore, a fianco della macchina da presa, quel luogo che aveva segnato la sua prima delusione amorosa è ora vuoto. Estremo cinismo di Ophuls: resta la macchina da presa a sottolineare uno scarto di posizione avvenuta. Lisa non lo comprende, ma noi sappiamo che ora, schiacciata dallo sguardo della macchina da presa, lei è diventata una delle numerose prede di questo seduttore in frac. Il cuore di Letter from an Unknown Woman ruota dunque attorno a una doppia svista amorosa. Quella di una donna, convinta di essere destinata a un uomo che lentamente si rivela nient'altro che un gelido collezionista, un mostro. Quella di un uomo che giunge a un atto di coscienza. La macchia nera d'inchiostro che Stefan scorge sulla carta è l'immagine che gli schiude ‒ infine ‒ una memoria.
Interpreti e personaggi: Joan Fontaine (Lisa Berndle), Louis Jourdan (Stefan Brand), Mady Christians (Frau Berndle), Marcel Journet (Johann Stauffer), John Good (tenente Leopold von Kaltnegger), Carol Yorke (Marie), Art Smith (John, il maggiordomo), Howard Freeman (Herr Kastner), Otto Waldis (portiere), Leo B. Pessin (Stefan da piccolo).
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