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LESOTHO

di Carlo Della Valle, Salvatore Bono - Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1979)
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LESOTHO

Carlo Della Valle
Salvatore Bono

. Già protettorato britannico con il nome di Basutoland (VI, p. 366; App. III, 1, p. 207), il L. costituisce dal 1966 un regno indipendente nell'àmbito del Commonwealth. Su 30.355 km2, secondo una stima del 1973, vivevano 1.130.500 ab. (37 ab. per km2), appartenenti, quasi per intero, al gruppo etnico dei bantu.

La capitale, Maseru, già sede del residente britannico, che nel 1956 aveva solo 1600 ab., nel 1971 ne contava 29.049.

Meno del 12% della superficie è a seminativi e colture legnose agrarie, ma più dell'82% a prati e pascoli permanenti, onde il rilevante patrimonio zootecnico: 1,6 milioni di ovini, 970.000 caprini e 490.000 bovini nel 1974 (nel 1959, rispettivamente, 1,3 milioni, 595.000 e 387.000). La produzione di lana nel 1975 fu di 15.000 q.

Nell'economia agricola predomina il granturco: nel 1975, su 121.000 ha se ne raccolse un milione di q (nel 1962 erano stati 60.000 q, da 9000 ha). Poi frumento per 510.000 q, su 84.000 ha, e orzo per 30.000 q su 5000 ha.

Nel settore estrattivo, nel 1974, si ebbero diamanti per 11.000 carati e pietre pregiate varie; modeste quantità di amianto e manganese completano il quadro delle industrie estrattive.

Nel quadriennio 1970-73, nel commercio con l'estero le importazioni sono più che raddoppiate in valore, da 22,8 a 60,5 milioni di rand sudafricani (il L. fa parte del territorio doganale della Repubblica Sudafricana) e così pure le esportazioni (da 3,7 a 8,8 milioni di rand). Fra i principali prodotti esportati, il bestiame, i diamanti, il mohair e la lana.

Un tronco ferroviario di circa 2 km collega Maseru alla linea sudafricana Durban-Bloemfontein. Al margine occidentale del paese si sviluppano rotabili per quasi 1000 km, di cui meno di 215 catramati, e una strada si spinge per 130 km nell'interno montuoso. Vi sono poi 550 km di strade vicinali verso punti di commercio e missioni. Aeroporto principale a Maseru.

Storia. - Nel L., in applicazione della costituzione del 1959 ebbero luogo nel 1960 le elezioni per il Consiglio legislativo, attraverso un complesso sistema indiretto: il Basutoland Congress Party (BCP), fondato nel 1952 da Ntsu Mokhelhe con orientamento progressista e panafricano, ottenne 30 dei 40 seggi; 5 ne ebbe il Marema Tlou Party (MTP), costituito nel 1957 quale espressione delle autorità tradizionali; 1 il Basutoland National Party (BNP), conservatore moderato, mentre 4 seggi andarono a indipendenti. Nel Consiglio esecutivo, embrionale governo, venne però assicurata una maggioranza conservatrice, sostenuta dal Paramount Chief, la massima autorità tradizionale dei Basuto, che non intendeva assumere il ruolo di sovrano costituzionale.

Circa il futuro costituzionale del L. si espressero in modo contrastante i vari partiti (nel 1961 si era formato il B. Freedom Party, BFP, fuso nel dicembre 1962 con l'MTP nel Marema Tlou-Freedom Party, MTFP); nel 1964 venne concordata con il governo britannico una nuova costituzione che sarebbe entrata in vigore dopo le nuove elezioni politiche, previste per il 1965, a loro volta seguite, dopo ancora un anno, dall'accesso all'indipendenza. Nelle elezioni dell'aprile 1965, svoltesi in un clima di tensione, prevalse il BNP (31 dei 60 seggi), guidato dal capo tradizionale Leabua Jonathan (che aveva ricevuto sostegno finanziario e organizzativo dal Sudafrica); il BCP ottenne 25 seggi e l'MTFP 4. L. Jonathan formò il governo mentre il Paramount Chief divenne re col nome di Moshoeshoe II; esercitando pressioni sul senato (assemblea dei capi tradizionali) in una prova di forza con gli altri organi costituzionali, il re si oppose invano al previsto accesso all'indipendenza, proclamata il 4 ottobre 1966. Un ulteriore tentativo di Moshoeshoe fu stroncato dall'energica reazione del primo ministro, il quale, arrestato il re con i leaders di opposizione, lo costrinse a recedere. Da allora il primo ministro andò rafforzando la posizione del governo nei confronti del re, i cui poteri in seguito a innovazioni legislative furono ulteriormente ridotti. Per il persistente contrasto con il governo, il re - venendo meno alla funzione di promotore e di simbolo dell'unità nazionale - si trovò più volte dalla parte dell'opposizione. Questa prevalse nelle elezioni del gennaio 1970 (il BCP ottenne 35 seggi su 60) ma il premier Jonathan reagì con un colpo di stato (sospensione della costituzione, arresto degli oppositori, abdicazione del re) mantenendo il controllo del paese con l'impiego risoluto della forza. Consolidata la propria posizione Jonathan restituì gradualmente libertà agli oppositori e sul finire del 1972 sostituì alcuni ministri.

Nel marzo 1973 egli ha creato un'Assemblea provvisoria costituente di 86 membri; ma la sua composizione ha suscitato il risentimento delle opposizioni, che nel gennaio 1974 hanno provocato disordini e violenze, stroncati da un ritorno del governo alla maniera forte (a numerosi oppositori sono state inflitte dure condanne). Fra il 1975 e il 1976 Jonathan ha avviato una riconciliazione con i superstiti esponenti dell'opposizione. Il governo Jonathan ha ampliato la partecipazione del L. alle attività dell'OUA e le relazioni bilaterali con molti stati africani (al fine di stabilire rapporti più stretti con il Botswana e lo Swaziland è stata creata nel 1973 una Commissione consultiva); d'altra parte, pur attraverso momenti di crisi (come nel settembre 1973, quando venne proibita l'emigrazione di lavoratori del L., e nella prima metà del 1975) ha mantenuto i legami con il Sudafrica, sostegno essenziale per il regime; negli ultimi anni sono stati rafforzati anche i rapporti con paesi socialisti, come la Iugoslavia, la Cina popolare, il Mozambico.

Bibl.: J. Halpern, South Africa's hostages: Bechuanaland, Basutoland and Swaziland, Harmondsworth 1965; Lord Hailey, South Africa and the high commission territories, Londra 1965; J. E. Spence, Lesotho: the politics of dependence, ivi 1967; J. H. Proctor, Building a constitutional monarchy in Lesotho, in Civilisations, XIX (1969), pp. 64-83; B. M. Kakhetla, An african coup under the microscope, Londra 1973.

Vedi anche
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