LESIONE
. S'intende nel diritto privato verificarsi una lesione quando in un negozio giuridico bilaterale vi ha una sproporzione grave fra prestazione e controprestazione, in modo che un contraente trae dal negozio stesso un vantaggio non normale a danno dell'altro. Il diritto romano classico non si preoccupava di questa eventualità: se la validità del negozio giuridico non poteva essere impugnata per vizio del volere, quel diritto non si preoccupava delle conseguenze d'ordine economico-pratico che dal negozio stesso scaturivano. Espressione del pensiero classico è la massima: naturaliter concessum est quod pluris sit minoris vendere. Ma il diverso clima spirituale, in cui si svolse il diritto postclassico giustinianeo, portò a notevoli innovazioni su questo punto. Con la interpolazione di alcuni testi, particolarmente di due rescritti dioclezianei (Cod., IV, 44, de rescind. vend., 2 e 8), l'imperatore Giustiniano stabilì il nuovo principio che, quando un oggetto fosse stato comperato per meno della metà del suo giusto valore, il venditore avesse la facoltà di ottenere la rescissione della compravendita, a meno che il compratore non fosse disposto a corrispondere la differenza tra il prezzo effettivamente pagato e il giusto prezzo (id quod deest iusto pretio).
Si introdusse, così, la facoltà di rescissione per la cosiddetta lesione enorme. Questa facoltà di rescissione è stata estesa ad altri negozî (aestimatio dotis, transazione, divisione), anzi, il principio legislativo non dubbio, per quanto implicito, nella compilazione giustinianea è che tutti i contratti onerosi siano rescindibili per causa di lesione. La sola questione, che può sorgere, è se l'altezza della lesione debba essere negli altri contratti la medesima che nella vendita: nella transazione si parla genericamente di lesione immodica, nella divisione è rilevata soltanto la disuguaglianza (quod inaequaliter factum est).
Nel diritto italiano la rescissione per lesione enorme (ultra dimidium) è conservata nella compravendita, limitatamente al caso della compravendita di immobili (art. 1529 cod. civ.); può aver luogo anche nella permuta, quando però si è convenuto a carico di uno dei permutanti un rifacimento in denaro che supera il valore dell'immobile da lui dato in permuta (art. 1554 cod. civ.). Al di fuori di questi casi è ammessa la rescissione quando uno dei coeredi o dei condomini provi di essere stato leso nella divisione dell'eredità o della cosa comune oltre il quarto (articoli 1038, 684 cod. civ.). Ma il principio generale, implicito nella legislazione giustinianea, non è sopravvissuto nel codice civile italiano: è stato invece esplicitamente formulato nell'art. 1133 del cod. civ. per la Colonia Eritrea e anche nel progetto italo-francese di codice delle obbligazioni e dei contratti.
Bibl.: Ch. Thomasius, Diss. ac., Halle 1773-1780, III, p. 643; O. Gradenwitz, in Bull. ist. dir. rom., 2 (1889), p. 14; E. Albertario, Iustum pretium e iusta aestimatio, in Bull. ist. dir. rom., 31 (1921), p. 1 segg.; S. Solazzi, L'origine della rescissione per lesione enorme, ibid., p. 51 segg.; E. Albertario, Elementi romano-classici e elementi romano-giustinianei nel nostro diritto delle obbligazioni, in Studi in onore di C. Vivante, Roma 1931.