Les parapluies de Cherbourg
(Francia/RFT 1963, 1964, colore, 83m); regia: Jacques Demy; produzione: Mag Bodard per Parc/Madeleine/Beta; sceneggiatura: Jacques Demy; fotografia: Jean Rabier; montaggio: Anne-Marie Cotret, Monique Teisseire; scenografia: Bernard Evein; costumi: Jacqueline Moreau; musica: Michel Legrand.
Prima parte. La partenza. Novembre 1957. La storia di Guy e di Geneviève si svolge a Cherbourg, piccola città portuale della Normandia. Guy, impiegato in un'officina meccanica, abita in un modesto appartamento con la madrina paralitica, accudita dalla giovane e volonterosa Madeleine. Geneviève, invece, lavora con la madre, vedova, in un negozio di ombrelli, chiamato Les parapluies de Cherbourg. Come tutti i giovani innamorati, Guy che ha vent'anni e Geneviève che ne ha diciassette fanno progetti per il futuro: si sposeranno, avranno bambini, venderanno ombrelli, secondo lei, o avranno una stazione di servizio, secondo lui. Purtroppo madame Emery, la madre di Geneviève, certamente non approverebbe il matrimonio, sia perché la ragazza è troppo giovane sia perché le verrebbe a mancare un aiuto in negozio. Una tratta da pagare entro pochi giorni costringe madame Emery a vendere un suo collier; nel negozio del gioielliere un giovane mercante di diamanti, Roland, si offre di comprarlo a un prezzo più che buono, gesto dettato più dal fascino di Geneviève che dal valore del gioiello. Per evitare che la madre si faccia illusioni, Geneviève le confessa la sua relazione con Guy. Madame Emery, furiosa, proibisce alla ragazza di vedere il suo innamorato. Ma non è la sola notizia triste. Guy deve partire per il servizio militare: destinazione l'Algeria che è in piena guerra contro la Francia. L'addio si consuma prima al bar, dove ha luogo uno straziante duetto, poi nella camera da letto di Guy, dove i due innamorati fanno l'amore per la prima volta. Terzo tempo dell'addio: la mattina dopo, alla stazione, dove lei canta "ti aspetterò per tutta la vita" e gli grida "je t'aime" mentre il treno se ne va.
Seconda parte. L'assenza. Tra il gennaio e l'aprile 1958, mesi scanditi da puntuali didascalie, le cose precipitano. L'unica notte d'amore ha dato i suoi frutti: Geneviève è incinta. Questa situazione, la mancanza di notizie da parte di Guy e l'assidua ma dolce corte di Roland minano le sue certezze. Quando finalmente arriva una lettera di Guy, le notizie non sono buone: dovrà stare via ancora a lungo e l'Algeria è piena di pericoli. Le insistenze della madre e l'incertezza del futuro convincono la ragazza ad accettare la domanda di matrimonio di Roland, disposto ad amare il bambino come se fosse suo. Subito dopo il matrimonio i due sposi partono. Li osserva in disparte Madeleine.
Terza parte. Il ritorno. Tra il marzo del 1959 e il dicembre del 1963. Guy ritorna dalla guerra: è stato ferito a una gamba, zoppica leggermente. Il negozio di ombrelli non c'è più. La madrina lo informa degli avvenimenti: dopo il matrimonio di Geneviève, la madre ha raggiunto la figlia a Parigi. Disperato, deluso, Guy riprende a fare il meccanico, ma non è più quello di un tempo. È diventato litigioso, si lascia andare volentieri all'alcol, frequenta prostitute. Al suo ritorno a casa, una mattina, Madeleine l'informa che la madrina è morta quella notte stessa. Dopo il funerale, Guy ha la forza di chiedere a Madeleine di restare ancora un po' per aiutarlo a riprendersi. Con la sua pensione di invalidità e quello che gli ha lasciato la madrina, Guy compra una stazione di servizio e si rimette a lavorare. Poi chiede a Madeleine di sposarlo. Quattro anni dopo, Natale del 1963: Guy e Madeleine hanno un bambino, sono una famiglia felice. Una lussuosa auto si ferma alla stazione di servizio di Guy. Dall'auto esce Geneviève, per fare benzina. I due si riconoscono. Guy l'invita a entrare per stare al caldo. In ufficio lei gli dice di essere solo di passaggio e gli chiede se vuole vedere la piccola, che è in auto. No, Guy non vuole vederla. Geneviève se ne va. Intanto ritorna Madeleine col bambino. Guy si perde a giocare nella neve col figlioletto.
Jacques Demy aveva lavorato a lungo con Paul Grimault, il più grande creatore di disegni animati francese, ed era il suo approccio dolce e mite con la realtà quello che si portava dentro quando girò il suo primo lungometraggio, Lola (Lola, donna di vita, 1961), una variante di straordinaria finezza alle Notti bianche dostoevskijane. Il film avrebbe dovuto essere interamente cantato, un vero film-opera che non poté realizzarsi per via di un budget troppo ridotto. L'idea del film-opera costituì la vera ossessione di Demy, che, nel corso della sua carriera, riuscì a realizzarne due: Les parapluies de Cherbourg e Une chambre en ville (1982), mentre Les demoiselles de Rochefort (Josephine, 1967) costituisce piuttosto un omaggio al musical americano.
Uno sguardo sul mondo filtrato dall'armonia è probabilmente la chiave per entrare nell'universo tenero e insolito di Jacquot di Nantes. Da questo punto di vista Les parapluies de Cherbourg risulta il suo film più emblematico e compiuto. La storia struggente e delicata di Guy e Geneviève è la storia di un sogno che svanisce per ragioni indipendenti dalla volontà di ciascuno, perché la vita è una progressiva sottrazione, si finisce sempre per perdere. Non c'è tragedia in questo: la storia non procede per lacerazioni, pianti, grida, o gesti eroici, ma lentamente, quasi dolcemente, in una consunzione impercettibile ma letale. La rigorosa scansione del film in segmenti temporali precisi ‒ molto più dettagliati di quanto riportato nella trama ‒ costituisce proprio il tentativo di cogliere la Storia in flagrante, nel momento stesso in cui opera contro la vita. Non c'è differenza tra la guerra d'Algeria, che allontana Guy da Geneviève, e una tratta recapitata improvvisamente a madame Emery, tra Roland, che si trova per caso dal gioielliere nel momento stesso in cui entrano Geneviève e sua madre, e la presenza di Madeleine al capezzale della madrina morente proprio mentre Guy trascorre la notte con una prostituta: sono semplicemente le mani che la Storia passa sulle nostre vite. Solo l'arte, o l'artificio, solo l'assoluta innaturalità, rende accettabile il lavoro devastante della Storia. Questo è il senso del film-opera, della parola cantata, qui spesso con esiti straordinari grazie alla musica di Michel Legrand; ed è anche il senso dei colori con cui è fotografata, alterata, modificata, esaltata la cittadina normanna di Cherbourg, che diviene volta a volta un décor, uno stato d'animo, una quinta, un set cinematografico.
Con Les parapluies de Cherbourg, Demy conquistò la Palma d'oro a Cannes e cinque nominations all'Oscar, e lanciò definitivamente come grande star internazionale Catherine Deneuve, qui al suo primo ruolo da protagonista. Nessuna fortuna invece per il nostro Nino Castelnuovo, tuttavia perfettamente in parte.
Interpreti e personaggi: Catherine Deneuve (Geneviève Emery), Nino Castelnuovo (Guy), Anne Vernon (ma-dame Emery), Marc Michel (Roland Cassard), Ellen Farner (Madeleine), Mireille Perrey (zia Elise), Jean Champion (Aubin), Pierre Caden (Bernard), Jean-Pierre Dorat (Jean), Bernard Fratet (apprendista nella stazione di servizio), Michel Benoist (cliente nel negozio di ombrelli), Dorothée Blank (ragazza nel caffè), Jane Carat (Ginny), Harald Wolff (Dubourg).
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