LERNA (Λέρνα)
Località dell'Argolide, corrispondente all'odierna Pyloi, a 10 km circa a S di Argo.
Menzionata da Pausania (ii, 15, 5; 36, 6 e 37) che indica la sua esatta posizione nella regione, e da altre fonti letterarie, la località fu abitata pressoché ininterrottamente dall'età neolitica sino in epoca romana. Al tempo della visita di Pausania L., che già si presentava come una rovina, conservava visibili alcuni edifici: resti di una costruzione nota dalla tradizione come il Palazzo di Ippomedonte, e numerosi santuarî, la cui esistenza ci è confermata anche dal rinvenimento di iscrizioni: un tempio di Dioniso con la figura in legno del dio nei pressi della fonte di Anfiarao (Paus., ii, 36-37); il santuario di Demetra Pròsymna (Paus., loc. cit., e I.G., iv, 666). Provenienti dalla località sono alcuni monumenti sporadici, raccolti già nel secolo scorso presso il museo di Argo: una testa femininile forse di Demetra (Ath. Mitt., iv, 1879, p. 149 e ibid., viii, 1883, p. 195 ss., tav. x) e alcune iscrizioni (I.G., iv, 664-7). L'esatta identificazione dell'abitato preistorico con la collina artificiale presso il villaggio di Pyloi, è dovuta all'esplorazione del 1909 di A. Frickenhaus e W. Müller, che ne dettero notizia negli anni immediatamente successivi; ma scavi sistematici avvennero solo dal 1952 al 1957 per opera della Scuola Archeologica Ainericana di Atene, sotto la direzione di J. L. Caskey. Seguirono nel 1958 e 1959 brevi investigazioni in occasione dello studio definitivo del complesso (non ancora completato) e alla conservazione dei monumenti in situ (materiali nel museo di Corinto).
La collina artificiale di L. (m 180 E-O × 16o N-S; altezza m 5,50 sul piano di campagna) esplorata mediante controllati saggi stratigrafici, ha rivelato immediatamente al di sopra del terreno vergine uno stanziamento preistorico di epoca neolitica (Lerna I), caratterizzato da tombe a pozzo e ceramica monocroma per lo più di colore nero; raramente attestata in questo periodo è la ceramica decorata con motivi rettilinei paralleli.
A fasi neolitiche più recenti (Lerna II) appartiene un altro stanziamento, rinvenuto a livello superiore al precedente, caratterizzato dalla presenza di case di forma rettangolare, con ambienti di minime dimensioni, i cui muri si innalzano con breve zoccolo su fondazioni di piccole pietre. Le forme più tipiche della ceramica di queste fasi, qualitativamente finissima, sono tazze e coppette, decorate o interamente in rosso, o con fasce di linee parallele su fondo risparmiato, o - negli strati più recenti - in nero con motivi incisi. Tale ceramica nel suo complesso trova i confronti più vicini nella produzione di Corinto e di altri centri argolici; minori sono le affinità con quella delle regioni interne del Peloponneso. In questo periodo è attestata anche la produzione locale di figurine femminili in terracotta, probabilmente intese come simbolo della fertilità.
Le attestazioni di vita all'inizio del periodo Elladico Antico (E. A. I) paiono assenti; subito dopo però (Lerna III) la località si presenta come una cittadella difesa da possenti mura. Gli edifici nell'interno del giro di fortificazioni sono di maggiori dimensioni rispetto ai precedenti, e più sapientemente costruiti. Non sono attestate sepolture. Tra le forme ceramiche si vanno imponendo gli askòi e le slanciate "salsiere" monocrome. Documentati sono i primi contatti con la produzione cicladica. Il possente impianto delle mura, rinforzato da torri rotonde, dovette rimanere in uso per un lungo periodo, come appare chiaro da numerose ricostruzioni e da rifacimenti; tale impianto venne demolito immediatamente prima, o proprio in conseguenza del progetto di costruzione di un ampio edificio palaziale, databile al maturo Elladico Antico (E. A. II), edificio noto col nome - dato ad esso dagli scavatori - di Casa delle Tegole. Connesso strettamente con l'erezione di questo edificio è anche il rinvenimento di ceramica dell'Elladico Antico associata con materiale neolitico: si tratta infatti di terreno di riporto, necessario per impiantare le fondamenta del palazzo, articolato in lunghi corridoi e ampî ambienti quadrati e rettangolari. I muri, che si conservano per una altezza di circa cm 70, costruiti in mattoni crudi di cm 36 × 13 su zoccolo di pietre, presentano tutti una larghezza costante di cm 90. Due sono gli accessi principali: a N e ad O. All'accesso del lato N segue un piccolo vestibolo che immette in un lungo corridoio (orientazione E-O) dal quale si accede al corpo centrale dell'edificio, composto di tre ampî ambienti rettangolari (orientazione N-S). Un corridoio parallelo e in tutto simile a quello della parte N, occupa la parte S della casa, comunicante, mediante una scala, col piano superiore, ora completamente perduto. Nella parte E del lato S un accesso di dimensioni minori di quelli di N e O immette in un piccolo vano rettangolare, sprovvisto di comunicazioni con gli altri ambienti del palazzo. Le tegole che si sono rinvenute in gran numero (e che hanno dato il nome alla casa), rettangolari e piatte, sono in parte di schisto blu-grigiastro, e in parte di impasto fittile rosso mattone-rosso bruno, con presenza di numerose particelle di pietra. All'apparente semplicità della pianta si contrappongono alcune soluzioni architettoniche di così raffinata eleganza - le ritmiche sporgenze, ad esempio, presenti in entrambi i lati dei corridoi, che movimentano le superfici - da definire il periodo a cui la casa appartiene solo cronologicamente primitivo. L'edificio, che non trova nessuno stretto parallelo nelle contemporanee strutture sinora note sul continente greco, si innalzava indifeso e isolato nella pianura: distrutte infatti erano le opere difensive che avevano precedentemente protetto lo stanziamento. Non è stato trovato alcun altro edificio contemporaneo al palazzo: probabilmente questo dovette accogliere tutti gli abitanti della località. La ceramica connessa con la Casa delle Tegole (numerosi sono i frammenti di grossi pithoi; più scarsa la ceramica di piccole dimensioni) è caratterizzata dalla tipica forma della "salsiera" e dalla preferenza per decorazioni monocrome. Attestati sono i contatti e gli influssi con l'ambiente di Troia e delle Cicladi, non solo nel campo della ceramica, ma anche per i sigilli (che in più offrono anche derivazioni dall'ambiente minoico), che però - come quelli contemporanei della vicina Asine - conservano alcuni caratteri proprî, indizio di una produzione locale. La Casa delle Tegole subì una distruzione improvvisa: sopra la zona centrale dell'edificio fu tracciato con pietre un grande cerchio, ad indicare che le rovine dovevano essere conservate. È impossibile stabilire il valore del simbolico avvertimento: se cioè l'impedimento di costruire sopra i resti del palazzo distrutto fosse indizio di venerazione o di esecrazione rispetto al luogo. Di certo si può osservare che l'avvertimento fu rispettato: costruzioni sopra il palazzo sono databili in un periodo alquanto posteriore, all'incirca alla fine dell'Elladico Medio.
Con la distruzione violenta della Casa delle Tegole si nota una interruzione nella sequenza delle abitazioni e dei tipi ceramici, indizio probabile di un nuovo stanziamento, con cui va connesso l'abbattimento del palazzo. Le case delle ultime fasi dell'Elladico Antico (E. A. III = Lerna IV) sono di dimensioni alquanto piccole, caratterizzate per lo più dalla presenza di absidi; nell'interno delle case absidate le divisioni in vani sono sempre in direzione perpendicolare all'asse maggiore. Le tombe, ad eccezione di qualcuna di fanciullo, sono assenti. La produzione ceramica, che vede ancora importazioni da Troia, dalle Cicladi e, nelle ultime fasi, anche da Creta, si mostra completamente diversa da quella precedente: nel repertorio delle forme scompare la "salsiera", sopravvive invece, ma in minor misura, l'askòs; viene introdotta la tazza a doppia ansa. Nel campo della decorazione, si hanno ancora numerosi vasi monocromi (ceramica iniziale minia grigia), ma la preferenza è data a una decorazione a fasce di linee parallele, dipinte in scuro sul fondo chiaro del vaso; tale decorazione presenta somiglianze con quella dei più recenti strati neolitici; e ciò - negli scavi di altre località - aveva fatto supporre una continuità, se non addirittura un'identificazione delle due classi ceramiche che qui invece appaiono chiaramente connesse con due periodi ben differenziati tra loro.
Il passaggio tra l'Elladico Antico e l'Elladico Medio non è ancora completamente chiaro. Il periodo Elladico Medio (Lerna V) si presenta con caratteri meno impressionanti di quelli immediatamente precedenti, sebbene lo stanziamento Elladico Medio a L. fosse ampio e molto prospero. Nell'architettura domestica continuano i tipi di case rettangolari o absidate, con divisioni interne in ambienti. Le tombe, a fossa o a pozzo, si rinvengono nell'interno dell'abitato, sebbene non manchino anche necropoli periferiche. Le sepolture degli adulti sono generalmente del tipo a fossa, delimitata da lastre o rozze pietre; quelle dei bambini consistono invece in una semplice buca. Nelle fasi iniziali dell'Elladico Medio è attestato nella ceramica l'uso di minia grigia e minia nera; quasi assente è la tecnica a Matt-malerei che si ritroverà poi abbondantemente nelle fasi successive. Una produzione ceramica locale presenta una decorazione che si richiama ai contemporanei tipi minoici, consistente in linee e spirali policrome (per lo più bianco opaco e rosso arancio) su fondo scuro; più raramente su fondo chiaro. Come a Micene, Berbati e Asine, anche qui compare la tipica verniciatura nera lucente che ricopre interamente la superficie chiara del vaso. Continuano le importazioni e le derivazioni dalle Cicladi e da Creta.
La fase di passaggio tra l'Elladico Medio e l'Elladico Tardo (Lerna VI) è segnata da due tombe a fossa di tipo regio, simili alle tombe del Circolo B di Micene, e a quella singola di Berbati, di datazione leggermente anteriore. Rinvenute allo stesso livello, alla distanza di m 5 tra loro, nell'area della Casa delle Tegole, entrambe le tombe sono di forma rettangolare (circa m 3 × 1,50), recinte da pietre, con pavimento di piccoli ciottoli; già aperte in antico (probabilmente in epoca micenea) si presentarono alla nuova apertura da parte degli scavatori prive di deposizioni, colmate interamente con un riempimento di ossa di animali e ceramica consistente in minia grigia, minia gialla e Matt-malerei in piccole quantità. Il riempimento, che non offre alcuna stratificazione, comprende per la maggior parte materiale fine del tipo Elladico Medio che dovette perdurare anche nell'Elladico Tardo I; la presenza di materiale Elladico Tardo III può offrire un probabile indizio sull'epoca dell'apertura delle tombe; apertura che dovette avvenire in uno stesso momento col riempimento (frammenti di uno stesso vaso si trovano sia nell'una sia nell'altra tomba) e che probabilmente. non ebbe carattere di violazione, ma avvenne da parte degli stessi familiari dei defunti che per qualche motivo asportarono le ossa degli antenati trasferendole in altro luogo. Alcuni graffiti presenti sulla ceramica di periodo Elladico Medio sia delle tombe sia sporadica, mostrano una dozzina di segni uguali ad alcuni caratteri della scrittura detta lineare A.
La fase Elladico Tardo II è molto poco attestata. Abitazioni delle fasi Elladico Tardo III A e III B (Lerna VII) sono localizzate in determinate zone dello stanziamento preistorico di Lerna. Completamente assente è la fase Elladico Tardo III C.
Sebbene gli strati superficiali della collina siano stati più sconvolti dei sottostanti, pure è attestato un perdurare di vita attraverso il periodo geometrico (la ceramica è di tipo argivo), arcaico, classico ed ellenistico. Il forno tardoromano rinvenuto sul pendio del colle è forse da considerarsi isolato, non connesso cioè a uno stanziamento nella località.
Bibl.: W. Müller, in Klio, X, 1910, p. 390 s.; A. Frickenhaus-W. Müller, in Ath. Mitt., XXXVI, 1911, p. 24; Boethius, in Pauly-Wissowa, XII, 1924, c. 2085, s. v. Manca ancora la pubblicazione sistematica dello scavo, che è descritto in rapporti annuali ad opera di J. L. Caskey, in Hesperia, XXIII, 1954, p. 3 ss.; XXIV, 1955, p. 25 ss.; XXV, 1956, p. 147 ss.; XXVI, 1957, p. 142 ss.; XXVII, 1958, p. 125 ss.; XXVIII, 1959, p. 202 ss.; in Am. Journ. Arch., LVII, 1953, p. 105; in Ill. London News, 12, i, 1957; in Archaeology, VI, 1953, p. 99 ss.; VII, 1954, p. 28 ss.; VIII, 1955, p. 116 ss.; XIII, 1960, p. 130 ss. Oltre a ciò hanno gli studî definitivi di J. L. Caskey-M. Eliot, A Neolithic Figurine from Lerna, in Hesperia, XXV, 1956, p. 175 ss.; M. C. Heath, Early Helladic Clay Sealings from the House of the Tiles at Lerna, in Hesperia, XII, 1958, p. 81 ss.; J. L. Caskey, The Early Helladic Period in the Argolid, in Hesperia, XXIX, 1960, p. 285 ss.