LEPIDODENDRACEE (lat. scient. Lepidodendraceae; dal greco λεπίς "scaglia" e δενδρον "pianta")
La famiglia delle Lepidodendraceae, della classe Lycopodiales, comprende esclusivamente forme fossili: la maggior parte erano grandi alberi, alti fino quasi quaranta metri. Il genere Lepidodendron Sternberg, che si può assumere come tipo della famiglia, va dal Devoniano al Permiano e presenta una distribuzione cosmopolita; nelle flore permo-carbonifere dell'Emisfero australe è rappresentato nell'Argentina e nel Brasile; altri resti d'incerta determinazione sono stati menzionati anche nella serie del Karroo dell'Africa meridionale. Le sue specie avevano un tronco eretto, ramificato solo nella parte terminale, con una densa corona di rami dicotomi e rivestiti di foglie disposte secondo una complessa fillotassi spirale o verticillata. Le foglie sono talora lunghe e strette come quelle delle Graminacee, ma di consistenza rigida; altre volte sono corte, piccole e ricurve, come quelle di varî generi di Conifere viventi. Esse sono contrassegnate dall'impronta del nervo, o costola mediana, che è carenata sulla superficie dorsale, e a breve distanza ai due lati di essa si osservano due stretti solchi longitudinali, che contengono gli stomi. Alla base il fusto si ramificava in organi sotterranei recanti numerose radicelle, ai quali è stato dato il nome di Stigmaria. Negl'individui adulti le foglie si distaccavano dal fusto principale e dai rami più vecchi, lasciando sulla superficie le loro basi, le quali vengono a disegnare sulle improntite dei fusi figure più o meno complicate, importanti per la differenziazione delle numerose specie descritte. Ciascuna di queste basi fogliari - o cuscinetti - ha un contorno romboidale e costituisce un tronco di piramide molto appiattito, la cui sommità rappresenta la superficie secondo la quale la foglia si è distaccata, ossia la cicatrice fogliare propriamente detta. I cuscinetti fogliari erano più alti che larghi e divisi spesso longitudinalmente da una carena epidermica mediana in due porzioni alquanto convesse e recanti in alto due tubercoli. La cicatrice fogliare, subcircolare o a forma di losanga, è alla sua volta munita di tre cicatricole interne generalmente poste nella sua parte inferiore, delle quali le due laterali puntiformi sono meno accentuate della cicatricola mediana. La cicatricola centrale è prodotta dalla traccia del fascio fibro-legnoso della foglia e le due laterali rappresentano le tracce di due cordoni di parenchima nettamente distinti dai tessuti circostanti. Il tessuto speciale di questi due cordoni, che provengono da una massa iniziale unica, è stato da C.E. Bertrand indicato col nome di parichnos. Immediatamente al disopra della cicatrice fogliare si osserva una piccola depressione puntiforme, che rappresenta il posto già occupato dalla ligula.
Con la distruzione graduale della corteccia i caratteri sopra descritti vengono più o meno completamente obliterati e i varî aspetti che possono assumere i fusti a seconda del grado di distruzione sono indicati con i nomi di Bergeria Presl., Aspidaria Presl., Knorria Sternberg.
Il fusto delle Lepidodendraceae è sempre monostelico, con legno primario centripeto, che si può estendere fino al centro, come nel Lepidodendron pettycurense Kidston, o formare un anello includente il midollo parenchimatico, come nel Lepidodendron Veltheimii Sternberg. In molte specie di Lepidodendron si constata un considerevole sviluppo di legno secondario centrifugo, costituito da tracheidi e raggi midollari con un'accentuata disposizione radiale degli elementi.
Le fruttificazioni delle Lepidodendraceae, situate per lo più alla fine dei rami, sono state descritte sotto diversi nomi generici, dei quali il più comune Lepidostrobus Brongniart. La struttura di questo corrisponde nei suoi caratteri essenziali a quella di un cono di Licopodiacea: l'asse, anatomicamente analogo a un rametto vegetativo, reca numerosi sporofilli disposti spiralmente, ciascuno dei quali è munito di uno sporangio allungato, molto grande e aderente per quasi tutta la sua lunghezza sulla faccia ventrale o superiore dello sporofillo. Appare assai probabile che tutti i Lepidostrobus fossero eterospori, coi macrosporangi e microsporangi situati o su coni separati o su regioni diverse dello stesso cono. Non è raro trovare nel Carbonifero inferiore di Pettycur delle macrospore del Lepidostrobus Weltheimianus che hanno conservato il loro protallo; una di queste macrospore mostra ancora sulla superficie di un frammento di protallo un archegonio, avente una struttura simile a quella che si osserva nel genete Selaginena.
Un altro genere di fruttificazione riferito alle Lepidodendraceae è Spencerites Scott del Carbonifero medio e superiore, probabilmente omosporo, quantunque il numero degli esemplari conosciuti sia troppo esiguo per potere affermare ciò in modo sicuro.