PILLA, Leopoldo
PILLA, Leopoldo. – Nacque a Venafro (Isernia) il 20 ottobre 1805 da Nicola, medico e naturalista, e da Anna Macchia, sua seconda moglie. Alla morte di Anna, nel 1818 Nicola sposò una parente della moglie, Nicolina Macchia, con cui Leopoldo visse rapporti burrascosi.
Il padre conosceva bene diversi protagonisti della vita scientifica napoletana, tra cui Nicola Covelli e Matteo Tondi. Era in particolare amico di Nicola Santangelo, dal 1831 ministro dell’Interno. Quando nel 1819 Pilla fu mandato a studiare a Napoli, venne accolto nella casa di Covelli, dove rimase per tre anni, e dal 1825 prese a studiare mineralogia con Tondi. Non appena i suoi interessi si diressero verso la vulcanologia e la geologia, al pari del padre organizzò nel suo appartamento una collezione mineralogica che era fiero di mostrare ai naturalisti di tutta Europa in visita nella capitale partenopea.
In attesa di un’opportunità di lavoro socialmente più gratificante, Pilla prestava servizio all’ospedale militare di Napoli; si lamentava spesso della scarsa paga e di un lavoro ben al di sotto delle sue ambizioni scientifiche e sociali. Prese a frequentare circoli scientifici e letterari, tra cui quello di Basilio Puoti, e menava vanto della sua cultura letteraria. Conobbe Gioacchino Rossini e fu amico di Antonio Ranieri, ma non è certo che abbia mai incontrato Giacomo Leopardi.
Dal 1830 tenne un diario intimo, che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto costituire il fondamento empirico per una ‘economia delle passioni’. Le scarne annotazioni concernenti ogni giorno della sua vita si chiudevano con una valutazione numerica del benessere e del malessere quotidiano, per poi passare a valutazioni numeriche mensili e annuali (Notizie storiche della mia vita quotidiana a cominciare dal 1mo gennaro 1830 in poi, Venafro 1996). Tra le carte Pilla conservate presso la Biblioteca Universitaria di Pisa, sono rimaste tavole sinottiche mensili in cui l’autore annotava ogni sorta di esperienza quotidiana, dal cibo all’attività sessuale, dai dolori alle gioie. La sincerità imbarazzante del diario non deve tuttavia trarre in inganno. Come spesso accade agli ipocondriaci, l’attenzione ossessiva verso il proprio stato fisico ed emotivo – altro tratto che aveva in comune con il padre Nicola – lo portava a essere molto reticente sulla realtà che viveva. Così, parlando della peggiore ‘tempesta ipocondriaca’ della sua vita che nel 1836 lo portò sull’orlo del suicidio, ometteva di soffermarsi sul fatto che l’amico Arcangelo Scacchi aveva corteggiato con successo la figlia del chimico Filippo Cassola, di cui Pilla era innamorato. Negli anni pisani non diceva una parola a proposito della nascita del figlio illegittimo Leopoldo Nocentini, che riconobbe poche ore prima di morire a Curtatone.
Al fine di aiutare il figlio, nel 1831 Nicola Pilla lo raccomandò al suo vecchio amico Santangelo. Questi lo incaricò di una missione scientifica a Vienna, per studiare il colera e le misure lì prese per contrastare l’epidemia. Pilla ne approfittò per redigere un opuscolo, Osservazioni geognostiche che possonsi fare lungo la strada da Napoli a Vienna (Napoli 1834). Una malattia non meglio specificata lo costrinse ad abbandonare la missione, cosa che non fece piacere al ministro.
Nel corso degli anni Trenta, alla ricerca di un dignitoso incarico universitario, Pilla moltiplicava le sue iniziative, cercando di sfruttare al massimo l’interesse nazionale e internazionale per i fenomeni del vulcanismo e un periodo di attività particolarmente drammatica del Vesuvio. Compiva escursioni sul vulcano, accompagnando a volte illustri geologi stranieri, come nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1836, quando salì a vedere la bocca eruttiva con Otto Wilhelm Hermann von Abich, il geologo tedesco di cui rimase amico per tutta la vita (Gita al Vesuvio, in Il Progresso, 1838, vol. 19, pp. 230-241). Si impegnava in conferenze, teneva corsi privati di geologia (Prospetto di un insegnamento di geologia in Napoli, ibid., 1837, vol. 18, pp. 129-135) e realizzava imprese editoriali non sempre coronate da successo, tra cui lo Spettatore del Vesuvio e dei Campi Flegrei (1832-1833), edito insieme a Cassola, cui fece seguito un Bullettino geologico del Vesuvio e dei Campi Flegrei (1834) che usciva a periodicità intermittente nel Progresso di Giuseppe Ricciardi. Pubblicava inoltre studi di notevole interesse sui recenti progressi della geologia, in cui mostrava di conoscere bene la scena scientifica europea, come ad esempio il Cenno storico sui progresso della orittognosia e geognosia in Italia (in Il Progresso, 1832, vol. 2, pp. 37-78; 1832, vol. 3, pp. 165-234).
Iniziò a collaborare a importanti riviste europee, in particolare il Bulletin de la Société géologique de France e il Neues Jahrbuch für Mineralogie, Geognosie, Geologie, und Petrefaktenkunde di Karl Cäsar von Leonhard e Heinrich Georg Bronn. Alcune sue memorie, lette all’Académie des sciences di Parigi, vennero poi pubblicate o riassunte nei Comptes Rendus dell’Accademia. Le porte delle più influenti riviste europee del tempo gli erano state aperte, tra gli altri, dal tedesco Leopold von Buch e dal francese Léonce Élie de Beaumont, che avevano visitato la sua collezione, su consiglio di Abich. Il prezzo da pagare fu un mutamento radicale di rotta teorica. Sino ai primi anni Trenta Pilla concordava con il padre sull’idea che i terreni e i coni vulcanici si formavano per l’accumularsi di successive colate laviche, in tempi molto lunghi. I due illustri ospiti lo convinsero invece che i coni vulcanici erano il frutto di azioni improvvise e parossistiche, che si svolgevano in tempi molto rapidi. In termini tecnici, Pilla passò da un moderato uniformismo a un radicale catastrofismo.
La reputazione che si era fatta nel campo della geologia gli valse commesse da parte di imprese private, come la Sebezia, e di influenti imprenditori, come il generale Vito Nunziante, che gli affidò l’istruzione scientifica del figlio Alessandro. Santangelo lo incaricò di diverse missioni di prospezione mineraria. Alla fine degli anni Trenta, Pilla era divenuto il massimo esperto partenopeo nella ricerca di nuovi giacimenti minerari e di carbone fossile, che mancava nel territorio del Regno.
Alla morte di Tondi, nel novembre del 1835, Pilla ritenne di poter aspirare alla sua successione. Tuttavia, solo nell’estate del 1841 gli venne offerta la supplenza della cattedra di Tondi, senza stipendio. Pilla mobilitò allora Abich, von Buch e de Beaumont, al fine di ottenere lettere di raccomandazione da parte di François Arago e di Alexander von Humboldt, all’epoca veri principi della scienza europea. Le tanto sospirate lettere arrivarono a Napoli nel novembre del 1841, ma sortirono l’effetto desiderato non tanto nella capitale partenopea, quanto a Firenze. Nel giro di tre mesi le prospettive di carriera di Pilla subirono un’inaspettata e drammatica accelerazione. Il granduca Leopoldo II era convinto che la Toscana nascondesse tesori di carbone fossile simili a quelli della nativa Sassonia, in particolare a Monte Bamboli. Scontento dei suoi geologi, e del fedele Paolo Savi, secondo lui capaci solo di disquisire, Leopoldo II si mise alla ricerca di un geologo esperto in tecniche di prospezione mineraria. Offrì a Savi la possibilità di scegliere se intendesse dedicarsi esclusivamente alla geologia applicata o preferisse la zoologia. Savi scelse opportunamente la zoologia. Impressionato dalle lettere di Humboldt e Arago e dal rapporto favorevole di Carlo Matteucci, il 4 dicembre 1841 il granduca volle conoscere Pilla di persona. Il 27 dicembre Savi scriveva a Pilla a nome del granduca, offrendogli la cattedra di geologia a Pisa.
L’accoglienza dell’ambiente scientifico pisano fu all’apparenza cordiale. Pilla pubblicava in rapida sequenza studi sui terreni della Toscana, avanzando tesi opposte a quelle di Savi. Pisa era una delle rare università in cui l’uniformismo di Constant Prévost e di Charles Lyell aveva fatto presa: Savi era un convinto anti-catastrofista, all’opposto di Pilla. Il serrato confronto sul carbone fossile di Monte Bamboli si concluse con una mezza sconfitta per Pilla. Questi sosteneva le tesi gradite al granduca; Savi ripeteva al contrario che si trattava di ottima lignite, in bacini di limitate dimensioni e spessore. Il botanico Filippo Parlatore, inviato dal granduca a studiare le tracce fossili nella miniera, concluse che non vi era traccia di piante del carbonifero: il deposito era di lignite, di dubbia utilità industriale. Inoltre, l’appoggio di Pilla alle tesi francesi care al granduca, sul diritto dello Stato a eseguire prospezioni anche contro il parere dei proprietari terrieri, suscitò una vera levata di scudi contro Pilla, trattato alla stregua di uno straniero che veniva a turbare la pace della Toscana agraria. Nel 1843 il granduca, forse stanco delle dispute teoriche, decise di far arrivare dalla Sassonia Theodor Haupt come suo consigliere delle miniere e non fece mistero della sua irritazione verso Pilla. Questi soffrì nel 1844 la sua seconda ‘tempesta ipocondriaca’ senza che nel diario si facesse alcun riferimento alle difficoltà scientifiche.
Si riprese presto e a partire dal 1845 mise in campo una serie di progetti ambiziosi, volti a iscrivere la geologia italiana e toscana nel libro d’onore della geologia europea. La proposta di identificare un ‘terreno etrurio’ da inserire nella lista dei ‘terreni’ riconosciuti dalla geologia dell’epoca non incontrò molti favori, ma suscitò l’interesse di Lyell e di Sir Roderick Impey Murchison, di Henri Coquand e di molti autorevoli rappresentanti della geologia francese, con cui Pilla intratteneva una corrispondenza. Alle riunioni degli scienziati italiani, cui assisteva la crema della geologia europea, si faceva notare per le sue proposte teoriche. Non partecipò alla riunione di Padova del 1842, se non per le sedute finali, in quanto fermato e respinto alla frontiera dalle guardie austriache. Pilla fu sconvolto dal trattamento subito e distrusse molti fascicoli del diario per l’annata in corso.
Il riconoscimento internazionale, l’affetto di diversi allievi, tra cui Silvestro Centofanti, suo biografo (Pisa, Biblioteca Universitaria, Mss. 739) ed Ezio De Vecchi, furono salutari per Pilla. Prese a studiare con passione la paleontologia: la vecchia geologia mineralogica era sorpassata e la datazione degli strati non seguiva più criteri litologici, bensì paleontologici. Gli anni pisani furono caratterizzati da un susseguirsi di pubblicazioni e di progetti. Particolarmente interessanti erano le Notizie geologiche sopra il carbon fossile trovato in Maremma (Firenze 1843); il Breve cenno sulla ricchezza minerale della Toscana (Pisa 1845); il Saggio comparativo dei terreni che compongono il suolo d’Italia (Pisa 1845); la Distinzione del Terreno Etrurio tra’ piani secondari del Mezzogiorno di Europa (Pisa 1846); Alcune osservazioni circa la dottrina delle cause geologiche attuali esposta dal Sig. Lyell ne’ suoi ultimi Principii di Geologia, in Museo di letteratura e di filosofia, 1846, vol. 9, pp. 265-280; 1847, vol. 12, pp. 77-108, 305-337; ilTrattato di Geologia diretto specialmente a fare un confronto tra la struttura fisica del settentrione e mezzogiorno di Europa (I-II, Pisa 1847-1851).
Nel 1847 progettò un lungo viaggio di studio nelle capitali scientifiche dell’Europa settentrionale, redigendo persino puntigliose annotazioni sugli indumenti adatti ai climi che avrebbe incontrato. La tempesta politica del 1848 relegò per la prima volta la sua ipocondria a un ruolo secondario. Pilla, rimasto politicamente poco attivo fino al tardo 1847, adorava le notti al bivacco, a istruire reclute e a discutere di Italia. Era attivo nel battaglione napoletano e partì con i volontari toscani per la guerra. Non si faceva illusioni, come scriveva all’amico Coquand: le sue fosche previsioni si avverarono puntualmente. Ebbe il tempo, prima di morire colpito da una scheggia a Curtatone, nella mattina del 29 maggio 1848, di consegnare a un amico una lettera in cui dava disposizioni testamentarie a favore del figlio.
Savi e il successore di Pilla, Giuseppe Meneghini, non fecero più parola del collega defunto. Neppure per ricordare un eroe del Risorgimento, quando, dopo l’Unità, il gesto sarebbe stato apprezzato.
Fonti e Bibl.: Per una descrizione del Fondo Pilla conservato presso la Biblioteca Universitaria di Pisa si veda il sito a cura del SIUSA, Sistema informativo unificato per le Soprintendenze archivistiche, Archivi di personalità, Censimento dei fondi toscani tra ’800 e ’900, http://siusa.archivi. beniculturali.it/ (16 giugno 2015).
F. Ippolito, L. P., in Bollettino storico pisano, s. 3, XVIII (1949), pp. 93-105; A. Scherillo, Ricordo di L. P., in Memorie della Società geologica italiana, 1988, vol. 41, pp. 1344-1351; C. Principe, La figura di L. P. vulcanologo, in La situazione delle scienze al tempo della ‘Prima riunione degli scienziati italiani’, Pisa 1989, pp. 131-146; G. Monsagrati, Vita, passioni e morte di L. P. venafrano, in L. P. scienziato e martire del Risorgimento, s. l. 1992; P. Corsi, La scuola geologica pisana, in Storia dell’Università di Pisa, II, Pisa 2001, t. 3, pp. 889-927; A. Sorbo, L. P.: un intellettuale nel Risorgimento, Isernia 2003; P. Corsi, Fossils and reputations. A scientific correspondence: Pisa, Paris, London, 1853-1857, Pisa 2008, passim; L. P. 1805-2005, Atti del Convegno… 2005, a cura di A. Sorbo, Venafro 2009; P. Corsi, L. P., in Enciclopedia italiana, VIII Appendice, Il contributo italiano al pensiero scientifico, a cura di A. Clericuzio - S. Ricci, Roma 2013, pp. 431-434.