LEOPOLDO II granduca di Toscana
Nato a Firenze il 3 ottobre 1797, dal granduca Ferdinando III e dalla principessa Luisa Amalia delle Due Sicilie, morto a Roma la notte dal 28 al 29 gennaio 1870. Invasa dai Francesi (1799) la Toscana, egli seguì il padre nell'esilio in Germania, dapprima a Salisburgo, poi a Würzburg, quando (1801) Ferdinando III, avendo rinunziato ai suoi diritti in Toscana, fu investito colà del titolo granducale. Tornò a Firenze con la restaurazione del 1814, e salì al trono il 18 giugno 1824. Conservò nelle loro cariche di segretario di stato e di direttore della segreteria di stato il Fossombroni e il Neri Corsini, fidi consiglieri del padre e nominò (15 novembre 1824) il Cempini consigliere di stato e direttore della segreteria delle finanze.
Fin dai suoi primi atti mostrò di voler governare i suoi sudditi con mitezza, e di voler promuovere opere di pubblica utilità e migliorare l'amministrazione, la finanza e l'istruzione. Nel 1828 fece iniziare i giganteschi lavori di bonifica della Maremma senese e grossetana, provvedendo a un tempo alla costruzione e al miglioramento delle strade di comunicazione fra le provincie del granducato che ne difettavano; e incoraggiò con utili provvidenze le industrie, specialmente quelle del borace (prodotto allora non raccolto in altro paese d'Europa), del rame e del ferro.
Gli avvenimenti politici del 1830 e 1831 non ebbero sensibili ripercussioni in Toscana; tuttavia L. ritenne opportuno di esonerare dalla carica di presidente del Buon Governo il vecchio Puccini e di sostituirlo dapprima col Ciantelli, che però non fece buona prova, perché troppo reazionario e ligio alla politica austriaca, quindi col Bologna (1832). Rimasto vedovo (24 marzo 1832) della granduchessa Marianna Carolina principessa di Sassonia, da lui sposata nel 1817, e morta senza lasciargli un erede maschile, il 7 giugno 1833 sposò la principessa Maria Antonia delle Due Sicilie, dalla quale il 10 giugno 1835 ebbe un figlio, Ferdinando.
Negli anni seguenti L. fece ampliare il porto di Livorno, riordinò i tribunali civili e criminali (1838), riformò gli studî universitarî (1839-40), permise che in Toscana si tenessero i congressi scientifici (v. Congressi scientifici, XI, p. 147), il primo dei quali fu tenuto a Pisa nel 1839, assistendo egli stesso alla seduta inaugurale (2 ottobre); infine, diede il suo appoggio alla costruzione di strade ferrate, la prima delle quali, tra Pisa e Livorno, fu inaugurata nel 1844, e le altre, da Pisa a Pontedera, a Empoli, a Firenze, tra il 1845 e il 1848. Morto il Fossombroni, L. gli diede per successore Neri Corsini, che tenne la carica di segretario di stato per pochi mesi (fino al 25 ottobre 1845) e fu sostituito dal Cempini, che, per essere uomo estraneo alla politica, ritenne il portafoglio delle finanze, affidando quello degli esteri al Hombourg.
Intanto sopraggiungevano i "tempi nuovi" e L., al pari degli altri sovrani d'Italia, concesse una costituzione, preceduta da una legge di riforma della stampa (6 maggio 1847) e da un motu proprio per la riforma della Consulta (31 maggio); e poiché le agitazioni popolari crescevano in proporzione delle accordate riforme, L. fu costretto a un totale cambiamento nel ministero, che fu affidato a Cosimo Ridolfi (27 settembre), e a sopprimere la presidenza del Buon Governo. Il 3 novembre 1847 egli sottoscrisse la lega doganale con la Santa Sede e coi regni di Napoli e di Sardegna; e poiché nei due ultimi era stato promulgato lo statuto, il 17 febbraio 1848 ne seguì l'esempio, facendo il 3 marzo pubblicare la legge elettorale. Dichiarata dal Piemonte la guerra all'Austria, ordinò il 29 marzo che un corpo d'operazione fosse spinto tra Modena e Reggio per agire di concerto con le truppe sarde. Il 26 giugno successivo inaugurò le assemblee legislative; e dopo i disastri della guerra in Lombardia, non poté frenare i tumulti di piazza e il trionfo del partito democratico che per bocca del Montanelli invocava la Costituente. Alle dimissioni del Ridolfi tennero dietro quelle del Capponi; in seguito ai tumulti di Livorno, mandati a sedare da Leonetto Cipriani, avvenne la nomina a governatore della città del Montanelli (5 ottobre 1848), il quale succedette al Capponi al governo, con la proclamazione della Costituente (27 ottobre). Nonostante quelle critiche condizioni, Leopoldo rimase ancora al suo posto, e il 12 gennaio 1849 inaugurò la nuova sessione delle assemblee, che erano in gran parte costituite di uomini del partito democratico.
D'animo mite e incline alle nuove idee liberali, egli aveva conquistato una certa popolarità anche per l'atteggiamento di resistenza all'invadenza austriaca assunto, specie col Fossombroni, dal suo governo; e aveva secondato senza resistenza il formarsi di un regime costituzionale in Toscana. Ma spaventato, specialmente delle imposizioni dei partiti estremi capitanati da Guerrazzi e Montanelli, cambiò improvvisamente la sua condotta politica, appoggiandosi alle forze della reazione. Il 27 gennaio egli partì per Siena col pretesto di raggiungervi la famiglia, e colà il 6 febbraio andò il Montanelli per indurlo a tornare alla reggia; invece, il giorno dopo lasciò Siena e, imbarcatosi a Porto Santo Stefano, raggiunse Pio IX a Gaeta. Tornò in Toscana (28 luglio 1849), dopo che gli Austriaci, da lui chiamati, l'ebbero occupata. Gli altri dieci anni di regno di L. trascorsero tranquillamente. Nel maggio del 1855 gli Austriaci abbandonarono definitivamente la Toscana, che rimase a ogni modo sempre sotto l'influenza del gabinetto di Vienna. Quando il Piemonte dichiarò guerra all'Austria, non accettando l'ultimatum del 15 aprile, L. fu interrogato (24 aprile) se volesse unirsi nel conflitto, staccandosi dall'Austria, ma l'offerta cadde senza una risposta. Tre giorni dopo, una rivoluzione, del resto assai pacifica, organizzata da due partiti che avevano idee politiche assai diverse, ma che allora si fusero per le fortune d'Italia e che erano capitanati da Bettino Ricasoli e da Giuseppe Dolfi, decise il granduca ad abdicare ai suoi diritti al trono in favore del figlio Ferdinando e a lasciare la Toscana per andare in esilio in Austria. Nel novembre del 1869 si recò a Roma ove si spense.
Bibl.: G. Baldasseroni, L. II, ecc., Firenze 1871.