FRANCHETTI, Leopoldo
Nacque a Livorno il 31 maggio 1847 da Isacco -fratello minore di Abramo, nominato barone dal re di Sardegna Vittorio Emanuele II nel 1858 e a sua volta nel 1891 insignito del titolo baronale dal re d'Italia Umberto I - e da Elena Tedeschi in una ricca famiglia di proprietari terrieri. Compiuti gli studi classici a Parigi, nel 1865 si iscrisse alla facoltà di legge dell'università di Pisa, ove ebbe come docente P. Villari e come compagno di studi S. Sonnino.
Dopo la laurea, per studiare il funzionamento dei grandi sistemi amministrativi, il F. si recò in Inghilterra e in Germania. Al ritorno pubblicò il saggio Dell'ordinamento interno dei comuni rurali in Italia (Firenze 1872), nel quale poneva in risalto i benefici del sistema inglese fondato sul decentramento e sull'autogoverno, auspicando l'applicazione di tale sistema in Italia.
Nell'autunno del 1873 e in quello del 1874, il F. perlustrò a cavallo le province continentali del Mezzogiorno per verificare di persona una realtà che si sosteneva fosse conosciuta meglio dai viaggiatori stranieri che dalla classe dirigente italiana. Ne trasse il volume Condizioni economiche ed amministrative delle provincie napoletane (ibid. 1875). Nel 1876 ampliò il campo della sua inchiesta, compiendo con il Sonnino un viaggio in Sicilia, dal quale scaturirono i due volumi de La Sicilia nel 1876 (ibid. 1877). L'esigenza di approfondire lo studio dei problemi della società italiana spinse il F. e il Sonnino a dar vita alla Rassegna settimanale.
Edita a Firenze dal 6 genn. 1878 al 29 giugno 1879, la rivista ebbe tra i suoi collaboratori P. Villari, L. Masi, A. Herzen, A. D'Ancona, D. Comparetti, R. Fucini, F. Martini, P. Molmenti, A. Bartoli, R. Bonghi, G. Fortunato, G. Barzellotti. I vari temi - dalla politica estera alla politica doganale, dai rapporti Stato-Chiesa alle questioni di amministrazione e finanza locale, dall'emigrazione alla scuola e alla magistratura - erano trattati in un'ottica riformista, denunciando le situazioni di ingiustizia e le responsabilità della classe dirigente.
Nel 1882 il F. venne eletto alla Camera dei deputati per la XV legislatura nel collegio di Perugia I, dove fu riconfermato per la XVI e la XVII legislatura. Dalla XVIII e fino alla XXII legislatura rappresentò alla Camera il collegio di Città di Castello. Non rieletto nel 1904, il 4 apr. 1909 venne nominato senatore. Dichiaratosi liberale monarchico, legato alla Destra ma aperto nei confronti del Centro, nel corso della lunga attività parlamentare il F. manifestò una grande autonomia.
Ripetute furono le sue denunce degli sprechi, dei favoritismi, del consumo improduttivo che, a suo giudizio, impedivano il risanamento delle finanze e la formazione del risparmio nazionale. Le sue critiche e battaglie erano rivolte contro quei gruppi che facevano prevalere i loro interessi particolari su quelli della collettività.
Fautore del libero scambio contro i protezionismi parassitari, il F. non volle tuttavia conferire alla battaglia liberista il valore di una battaglia morale. In campo economico rifuggiva dalle dispute teoriche e preferiva rifarsi alle situazioni concrete e ai dati di fatto e su questo terreno espresse una dura opposizione alla politica finanziaria del ministro A. Magliani, culminata nell'intervento alla Camera del 16 giugno 1897.
La nota dominante dell'attività parlamentare del F. fu la continua e accorata difesa delle ragioni dei contadini, che egli riteneva trascurati dai politici, malgrado costituissero la maggioranza della popolazione lavoratrice. L'attenzione ai problemi delle masse rurali portò il F. a farsi sostenitore del suffragio universale e di una politica di espansione coloniale. Per il F. la colonizzazione dei territori doveva infatti andare a beneficio della piccola proprietà coltivatrice. Dopo la spedizione di Massaua e l'occupazione, nel 1889, dell'altopiano eritreo, il F. si oppose perciò fermamente all'ipotesi di assegnare la massima parte dei terreni a pochi grandi concessionari che avrebbero poi utilizzato la mano d'opera indigena.
Il 19 giugno 1890 il F. venne nominato dal governo Crispi commissario per la colonizzazione e guidò una missione in Eritrea incaricata di effettuare alcuni esperimenti agrari, ma si dimise poco dopo in seguito a contrasti insorti con il governatore militare A. Gandolfi. Il F. si trovò per questo al centro di polemiche giornalistiche e dovette battersi in duello con il direttore della Tribuna A. Luzzatto rimanendo ferito. Benché dimissionario, il F. proseguì i suoi esperimenti che consentirono ad alcuni nuclei di contadini italiani di insediarsi sull'altopiano e mettere a coltura, con buoni risultati, i terreni loro assegnati.
Il F. si impegnò in numerose iniziative di carattere educativo, sociale e filantropico. Dal 1898 al 1901 a Roma si occupò di una colonia agricola sorta sui terreni municipali accanto a Villa Glori con l'obiettivo di addestrare giovani bisognosi al mestiere di coloni e di capi operai agricoli. Collaborò con il Bonghi, L. Luzzatti, G. Semeria e altri alle attività umanitarie dell'Unione per il bene, dove conobbe la sua futura moglie Alice Hallgarten, che si occupava dei fanciulli abbandonati o liberati dal carcere.
Subito dopo il matrimonio, nel 1890, ispirato dalla moglie, il F. diede vita nella sua tenuta di Città di Castello a un laboratorio per la tela umbra, dove trovarono lavoro 50 operaie, e alle scuole della Montesca e di Rovigliano, frequentate dai figli dei contadini. In queste scuole venivano sperimentati metodi didattici innovativi, che adattavano l'insegnamento alle caratteristiche e alle esigenze dell'ambiente rurale.
Nel 1904 il F. venne nominato relatore della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla marina, istituita per far luce sulle commesse e sulle facilitazioni che la società Terni aveva ottenuto dall'amministrazione della marina. Il F. si batté per far emergere la verità e renderla pubblica, tacendo solo quegli aspetti che avrebbero potuto nuocere alla difesa nazionale, essendo convinto che la reticenza e la copertura delle responsabilità avrebbero impedito la necessaria opera di risanamento.
I risultati delle indagini, raccolti in cinque volumi, comprovarono infatti che, mentre un ristretto gruppo di industriali, affaristi e funzionari traeva profitti illeciti, le condizioni della marina erano tali da prefigurare un sicuro disastro in caso di guerra.
Nel 1910 il F., che nel frattempo era stato nominato presidente dell'Istituto per le case popolari, accettò la presidenza dell'Associazione per gli interessi del Mezzogiorno d'Italia, animata da G. Malvezzi, U. Zanotti Bianco, T. Gallarati Scotti, A. Fogazzaro, G. Fortunato e altri.
In occasione della guerra di Libia, tornò a ridestarsi in lui l'antica passione per le colonie, malgrado fosse molto deluso per i risultati, a suo dire disastrosi, a cui aveva portato l'immaturità delle classi dirigenti italiane nella gestione della politica coloniale. Dopo aver guidato, nel 1913, una spedizione incaricata di compiere indagini economico-agrarie in Tripolitania si mantenne assai cauto sulla possibilità di uno sfruttamento agrario di quelle terre caratterizzate da un clima e da una natura sfavorevoli. Già contrariato per l'insistenza con cui si perseguiva la colonizzazione delle zone più torride della Somalia, il F. suggerì più tardi un'espansione italiana nei territori dell'Asia Minore.
Quando l'Italia intervenne nella prima guerra mondiale il F. visse "mesi irrequieti, pieni di passione, per quanto nel suo intimo roso dal risentimento di non essere chiamato ad una funzione direttiva in quell'ora eccezionale" (Zanotti Bianco, p. XCVIII).
Morì a Roma il 4 nov. 1917, lasciando il suo patrimonio a un istituto di beneficenza e le sue molte proprietà agricole ai contadini che vi lavoravano.
Tra le opere del F.: Sulla colonizzazione agricola dell'altipiano eritreo, Roma 1890; La missione di Franchetti in Tripolitania, Milano 1914; Mezzogiorno e colonie, a cura di U. Zanotti Bianco (che vi premise il Saggio storico sulla vita e attività politica di L. F.), Firenze 1950.
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