Ranke, Leopold von
Storico tedesco (Wiehe, Turingia, 1795-Berlino 1886). Studiò teologia e filosofia all’univ. di Lipsia, dove apprese i fondamenti del metodo filologico e della critica delle fonti. Indirizzatosi alla ricerca storica, redasse la sua prima opera, Geschichten der romanischen und germanischen Völker von 1494 bis 1535 (1824), la cui pubblicazione gli valse la cattedra di storia all’univ. di Berlino. Pose mano alle «relazioni» degli ambasciatori veneti, che utilizzò per primo e che costituirono il fondamento di Fürsten und Völker von Südeuropa (1827). Conservatore e avverso alle idee di sovranità popolare e di parlamentarismo, R. si proponeva di mediare tra il concetto romantico di nazionalità e la realtà della lotta politica tra gli Stati, appoggiando in merito al problema dell’unità tedesca una formula di tipo federale sotto la guida della Prussia. Consigliere del re di Prussia, tornò poi al lavoro storiografico e pubblicò Die römischen Päpste, ihre Kirche und ihr Staat im 16. und 17. Jahrhundert (3 voll., 1834-36; trad. it. 1862). Svolse ricerche in molti archivi europei, dalle quali derivarono: Deutsche Geschichte im Zeitalter der Reformation (5 voll., 1839-43); Neun Bücher preussischer Geschichte (1847-48); Französische Geschichte, vornehmlich im 16. und 17. Jahrhundert (4 voll., 1852-56) ed Englische Geschichte, vornehmlich im 16. und 17. Jahrhundert (7 voll., 1859-68). Nel 1867 R. iniziò la pubblicazione delle sue opere complete. Dopo il 1870 tornò alla storia prussiana: pubblicò studi sulla guerra dei Sette anni (1871), sulla genesi dello Stato prussiano (1873), rielaborò i Neun Bücher (1874). Più che ottantenne, iniziò l’ultima opera, la Weltgeschichte, che portò fino alla morte di Ottone I (6 voll.; i voll. 7-9 uscirono completati dagli allievi). Per l’equilibrio del giudizio e l’arte del narrare, R. è una delle figure più rappresentative dello spirito europeo del sec. 19° e il maestro riconosciuto della storiografia tedesca. Convinto che lo storico dovesse non giudicare, ma solo descrivere le tendenze dominanti di ogni epoca, e avverso a costringere la complessità degli eventi in uno schema di interpretazione totale, respinse la filosofia della storia hegeliana. La storiografia di R., pur animata da idee religiose e morali, resta un modello di capacità interpretativa dei personaggi e dei fatti politici, specie riguardo ai rapporti di forza internazionali: soprattutto sulla base delle relazioni diplomatiche, tracciò la genesi del sistema di equilibrio delle grandi potenze nella storia d’Europa.