MARTINENGO, Leopardo
– Nacque a Brescia l’11 febbr. 1804 da Lodovico, figlio di Leopardo, e dalla nobile veneziana Cecilia Michiel.
Ebbe due sorelle: Giustina, nubile, che morì nel 1896, e Maddalena, che andò in sposa al veneziano Luigi Donà dalle Rose con il quale ebbe i figli Lodovico e Antonio.
Ultimo discendente maschio del ramo da Barco dei Martinengo, poteva fregiarsi del titolo di conte di Barco che, dalla fine del XV secolo, aveva accompagnato il cognome di quella particolare discendenza della famiglia, che a Barco, nei pressi di Orzinuovi, possedeva l’originario nucleo delle proprietà del casato.
Orfano di padre nel 1817, perse la madre nel 1838: rimasto celibe e occupatosi della vendita del castello di Barco, il M. (di cui presso i Musei civici di Brescia si conserva un ritratto, opera del pittore Modesto Faustini) concludeva così la discendenza più colta e raffinata dei conti di Barco, che dal XVII secolo si era distinta per una spiccata propensione al collezionismo, alla raccolta di dipinti, medaglie e di materiale librario.
Il M. visse prevalentemente nel suo palazzo a Venezia e nella villa di Valsanzibio, nel Padovano, a eccezione di un soggiorno bresciano tra il 1859 e il 1866. Tale preferenza per la terra veneziana era dovuta senz’altro ai legami con la famiglia Michiel e con i Donà dalle Rose; tuttavia determinanti furono anche le scelte di studio, che lo portarono ad approfondire la filosofia a Venezia e le materie giuridiche all’Università di Padova, nonché la sua intensa attività politica, che lo vide fra i primi patrizi a riconoscere la nuova Repubblica provvisoria di Venezia, dopo lo scoppio della rivoluzione nel 1848. Il 4 apr. 1848 un decreto del governo provvisorio della Repubblica lo nominava, insieme con G. Reali e N. Chiereghin, rappresentante della Provincia di Venezia all’interno della Consulta delle Provincie venete unite. In particolare il M. fu chiamato a ricoprire il ruolo di segretario, con G. Tedeschi e G. Freschi, e a fornire, in un’apposita commissione voluta dalla Consulta e composta da commissari scelti dalla medesima tra i consultori di ciascuna provincia, un contributo importante allo studio di una nuova legge elettorale che venne emanata con decreto il 3 giugno successivo.
Il carattere schietto e al contempo cordiale, ricordato anche da N. Tommaseo (Zorzi, p. 251), l’essere «arrabbiato repubblicano», ma «sufficientemente equanime da riscuotere la piena confidenza delle avverse tendenze, non solo per stima personale, ma anche per naturale moderazione» (Cessi, in La Repubblica veneta nel 1848-49, p. 8) fecero del M. un uomo politico riflessivo, adatto a svolgere attività di delicata diplomazia, nel momento in cui si profilava la necessità di prendere una decisione circa la soluzione unitaria con la Lombardia e il Piemonte e si apriva lo scontro, a ben guardare più sul versante delle procedure da adottare che nel merito, tra l’orientamento repubblicano e quello «fusionista». In particolare, con una lettera dell’11 maggio 1848, Daniele Manin comunicava al M. la decisione del governo provvisorio di inviarlo a Sommacampagna, nel Veronese, affidandogli l’incarico di rappresentare gli interessi e i bisogni delle province venete al campo del re Carlo Alberto.
Conscio delle difficoltà insite in tale compito, già più volte tentato da altri colleghi, il M. accettò comunque di svolgere la missione i cui esiti, insieme con il sentimento di profonda inquietudine che lo accompagnò nella permanenza a Sommacampagna, restano ampiamente documentati dalle lettere dal campo conservate nel suo carteggio personale. Consapevole della necessità di un’unione «politica e morale» di tutte le forze nazionali, come repubblicano era convinto che questa «unità d’azione dovesse realizzarsi non per iniziativa unilaterale e autoritaria di governo, ma per spontanea e visibile espressione della volontà popolare» (ibid., p. 10). Pur non escludendo la possibilità di un’unione con la Lombardia ed eventualmente anche con il Piemonte, il M. riteneva che una decisione di tale portata dovesse essere presa con il voto del popolo. Per tale motivo aveva ampiamente sostenuto la convocazione di un’assemblea veneta e di un’assemblea lombarda, interpreti del sentimento popolare, alle quali demandare, in sede separata, ogni decisione sulla questione. Nelle votazioni per la nomina dei nuovi ministri, seguite all’approvazione da parte dell’Assemblea veneta dell’ipotesi d’immediata fusione con gli Stati sardi e la Lombardia, il M. risultò eletto con 109 voti.
Tornato a risiedere a Brescia dopo l’annessione della Lombardia, con r.d. del 24 maggio 1863 fu nominato senatore del Regno: se nei primi anni dalla nomina la sua attività in Senato fu assidua, in seguito l’età avanzata lo costrinse a una minore frequenza; ne approfittò per riservare molte cure all’amministrazione del patrimonio familiare.
Nel testamento il M. nominava eredi i nipoti Antonio e Lodovico. Una serie di legati riguardava alcune istituzioni di rilievo del panorama culturale veneziano e bresciano. Lasciava, infatti, al Museo Correr di Venezia e alla sua biblioteca l’armeria appartenuta alla famiglia Michiel e una raccolta completa di romanzi, sottolineando nel legato come proprio il romanzo fosse servito «a diffondere que’ sentimenti e que’ desideri di dignità nazionale e di patria indipendenza che nella generalità giacevano dormigliosi e sopiti» (Arch. di Stato di Venezia, Notai, Atti, n. 2409/2173). Legava, poi, al Comune di Brescia il palazzo che era stato dimora cittadina della sua famiglia, affinché in questo edificio potessero essere trasferite le raccolte di oggetti d’arte della città. All’Ateneo bresciano donò la collezione di «istrumenti e oggetti matematici» di famiglia. Tra i beneficiari figurava anche la Biblioteca Queriniana di Brescia cui vennero legati i volumi e i manoscritti dell’antica libreria dei Martinengo da Barco.
Il M. morì nella residenza di Valsanzibio, sui colli Euganei, il 6 ag. 1884.
Fonti e Bibl.: Gran parte dei manoscritti sulla famiglia Martinengo da Barco è conservata a Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Provenienze Diverse, Leopardo Martinengo; circa i lasciti all’Ateneo e al Comune di Brescia vedasi, presso l’Archivio di Stato di Brescia, Arch. stor. dell’Ateneo, b. 88 bis. L’atto di battesimo, che conferma la data di nascita fornita da P. Guerrini (altri, tra i citati in seguito, propongono il 21 dic. 1805), è conservato presso l’Arch. parrocchiale della chiesa di S. Afra in Brescia, Registro battezzati, XV (1779-1806), p. 351. Si rinvia inoltre a: Raccolta per ordine cronologico di tutti gli atti, decreti, nomine ecc. del governo provvisorio della Repubblica veneta…, Venezia 1848, I, pt. 1ª, p. 346; E. Guazzo, Venezia negli anni 1848-49, Milano 1865, p. 193; C.A. Radaelli, Storia dell’assedio di Venezia negli anni 1848 e 1849, Napoli 1865, pp. 427, 429; A. Errera, Daniele Manin e Venezia, 1804-1853, Firenze 1875, pp. 69 s., 209, 455, 459, 522; P. Guerrini, Una celebre famiglia lombarda. I conti di Martinengo, Brescia 1930, pp. 230 s.; Lettere dal campo (dal carteggio del co. Leopardo Martinengo), a cura di R. Cessi, in La Repubblica veneta nel 1848-49, Padova 1949, I, Documenti diplomatici, pp. 1-240 (in cui l’attività politica e diplomatica del M. risulta ampiamente documentata); C. Spellanzon, Storia del Risorgimento e dell’Unità d’Italia, Milano 1951, pp. 80, 498; Storia di Brescia, Brescia 1964, III, p. 1008; IV, pp. 410, 955; G. Panazza, La Pinacoteca e i Musei di Brescia, Bergamo 1968, p. 101; A. Ferretti Torricelli, Catal. degli strumenti scientifici delle collezioni dei Civici Musei di storia e arte e dell’Ateneo di Brescia, in Aspetti della società bresciana nel Settecento (catal.), Brescia 1981, p. 199; A. Zorzi, Venezia austriaca, 1798-1866, Bari 1985, pp. 94, 246, 251, 325; M. Zane, Nomi e cognomi: strategie dell’identità e scelte onomastiche dei nobili Martinengo di Brescia, in Incontri di storia bresciana… 1992, Brescia 1993, pp. 87 s.; S. Onger, I fondi manoscritti e bibliografici, in Biblioteca Queriniana, Brescia, a cura di A. Pirola, Fiesole 2000, p. 75; F. Lechi, Le dimore bresciane in cinque secoli di storia, I, I castelli, Brescia 1991, p. 306; V, Il Seicento, ibid. 2002, p. 98; 1848-49: costituenti e costituzioni. Daniele Manin e la Repubblica di Venezia, a cura di P.L. Ballini, Venezia 2002, pp. 177-179, 184; I senatori del Regno, Roma 1932, p. 121; Enc. bresciana, a cura di A. Fappani, VIII, Brescia 1991, pp. 296, 298.