BROGNA, Leonora
Con questo nome e sovente anche con il diminutivo, di Brognina è ricordata nelle fonti una dama di compagnia della marchesa di Mantova, Isabella d'Este. Forse di nobile famiglia come altre dame di Isabella d'Este, dovette nascere nella seconda metà del secolo XV e fu per lunghi anni tra i principali ornamenti della corte di Mantova, nella quale primeggiò per la superba bellezza e la spregiudicatezza della sua vita galante. Era già una delle dame predilette dalla marchesa nel 1494: nel dicembre di quest'anno ella infatti incaricò l'ambasciatore mantovano a Venezia, Giorgio Brognolo, di acquistare per lei "una croxetta de diamanti cum qualche perla pendente, de precio de 130 fin in 150 ducati, che fusse vistosa e bella". La sua presenza nelle cronache mondane della corte mantovana acquistò però rilievo solo nel decennio successivo. Del febbraio del 1511 è una sua lettera a Federico Gonzaga, scritta "nel camarino da bagno... presente Madama", per informarlo scherzosamente sui trascorsi del carnevale mantovano, non senza una punta invitante e divertita di malizioso compiacimento. Nell'estate del 1512 fu tra i suoi corteggiatori il Bibbiena, giunto a Mantova al seguito di Giuliano de' Medici, che restò per lungo tempo avviluppato nella smagliante rete galante delle dame di Isabella. I suoi maggiori successi li colse durante il carnevale dell'anno successivo, quando seguì la sua signora a Milano, dove il nipote Massimiliano Sforza, da poco restaurato nel ducato, l'aveva chiamata per conferire fasto e splendore alla sua corte. Della B. s'innamorò allora, con improvvisa irrefrenabile passione, il rappresentante imperiale a Milano, Matteo Lang, vescovo di Gurk, che alla sua bellezza offrì in pubblico generoso olocausto la sua stessa dignità ecclesiastica. Ma il Lang non fu certo la sola vittima illustre delle sue grazie, nel corso del carnevale, milanese del 1513: presto gli si affiancò, con impeto non minore, il viceré di Napoli Raimondo de Cardona. La sera stessa del 25 gennaio, a un ricevimento in casa Brunoro, l'intraprendente vescovo di Gurk poté provare quanto pericoloso fosse il rivale spagnolo che non lesinò doni ed omaggi.
Il soggiorno milanese della marchesa Isabella, fitto di cene, di balli e di tornei, si risolse così in un vero e proprio trionfo per la B., che seppe imporre alla rozza e incomposta irruenza dei suoi ammiratori le regole raffinate di un gioco brillante di sapore squisitamente madrigalesco. Come riferì il cortigiano mantovano Amico Maria Della Torre il 6 febbraio al principe Federico, neanche il duca di Milano si trattenne dal partecipare a questo gioco, intrecciando con il Lang e il Cardona uno scherzoso terzetto finemente concertato dalla B., "si che hormai si canta più di bellezze di la B. che non fece col suo dire Petrarcha di Laura". Il Cardona, più capace del Lang di piegarsi alle regole cortesi imposte dalla dama di Isabella, ebbe facile vittoria del suo più ruvido e inesperto rivale. Questa soluzione della schermaglia galante del carnevale milanese riuscì assai poco gradita, oltre che al Lang, agli altri numerosi spasimanti mantovani della Brogna.
La sola nota decisamente stonata in questo quadro fu introdotta inopportunamente dal marchese Francesco Gonzaga, che giudicò indecorosa la condotta milanese della B. e ne scrisse sdegnato alla marchesa. Al rimprovero del marito, Isabella rispose con signorile distacco che il soggiorno alla corte del nipote aveva "acquistato mille amici a Vostra Signoria et a me", ma a marzo inoltrato dovette rientrare a Mantova. In effetti le irrefrenabili passioni scatenate dalla B. ebbero, oltre a quello mondano, un brillante esito politico, dato che il Cardona preferì riservare alle grazie della dama di Isabella quelle cure che avrebbe richiesto l'impresa contro il fratello di lei, Alfonso d'Este, già sollecitata insistentemente dal pontefice Giulio II.
Nelle intenzioni di Isabella il ritorno a Mantova doveva segnare la definitiva conclusione della vicenda milanese della Brogna. Dello stesso parere non fu invece il Cardona, che non volle e non seppe rassegnarsi alla rinuncia. La marchesa ebbe non poca difficoltà a resistere agli assalti sempre più insistenti e impetuosi del viceré, che tra il marzo e il giugno intrecciò con lei uno scambio epistolare. Nel maggio Isabella fu tolta dall'imbarazzo da un'insospettabile crisi di coscienza che indusse la B. a ritirarsi in un monastero, insieme con un'altra dama di corte, con il fermo proposito di farsi monaca. Alle proteste del viceré poté ora contrapporre la volontà inflessibile della B., pur condividendo maliziosamente il rimpianto "che in gli monasterii se doveriano rechudere solamente le layde et restare le belle et leggiadre dove potessero essere vedute". L'improvvisa vocazione religiosa della B. non era destinata però a reggere alla prova del tempo. Il Cardona finì infatti col trovare per suo conto la via del monastero di Goito, dove la B. si era ritirata.
La fama della sua avvenenza aveva messo però radici assai profonde negli ambienti della corte milanese e quando nell'ottobre del 1515 s'insediò a Milano, in conseguenza della vittoria di Marignano, il più galante dei sovrani del tempo, il re di Francia Francesco I, non mancò di allettarlo vivamente. A conoscenza del rifugio claustrale della B., il re cristianissimo non poté resistere alla tentazione di distrarla dalle cure dell'anima per restituirla ai piaceri del mondo. Incaricò il vescovo di Nizza, Girolamo de Arsago, di andarla a trovare nel monastero di Goito, per convincerla a seguirlo a Milano e in caso di resistenza per condurvela con la forza. La delicata missione ebbe come sua prima tappa d'obbligo la corte mantovana, dove il marchese Francesco fu ben lieto di consentire graziosamente al capriccio del re di Francia. Fu facile per l'Arsago costringere la B. a seguirlo; non gli riuscì invece di impedirle di rivelare la propria identità a un gruppo di gentiluomini spagnoli, incontrati nel corso del viaggio, che si assunsero con entusiasmo il compito di liberarla a suon di legnate dalla tutela, non desiderata e tanto meno richiesta, dello sfortunato vescovo. Nel bagaglio del quale fu trovato un falso breve pontificio diretto a persuadere la B. ad abbandonare il Cardona per il re di Francia, con la garanzia dell'assoluzione papale da questo nuovo peccato.
Restituita alla protezione del Cardona, con vivo disappunto di Francesco I che non perdonò al malcapitato vescovo di Nizza la disavventura subita. la B. gli restò, a quanto è lecito supporre, fedele.
La morte di Francesco Gonzaga (29 marzo 1519), al quale era invisa per i suoi trascorsi galanti, le permise di ritornare al servizio della marchesa Isabella, della quale restò per tutta la vita la dama più intima e fidata. In tale qualità la ricordò in varie lettere il Castiglione: in una da Toledo del 20 luglio 1525, invitando scherzosamente Isabella, in quel momento a Roma, a compiere un pellegrinaggio a Santiago, accennò alla sicura opposizione della B., "per il desiderio che ha de tornar a Mantua". Questo desiderio non poté essere appagato tanto presto: a Roma, dove fu lodata ancora fra i principali ornamenti della "carretta" della marchesa, restò fino al maggio del 1527, subendo la tragica esperienza del sacco della città.
Dell'eccezionale favore goduto dalla B. resta una testimonianza assai significativa in un dispaccio indirizzato da Girolamo da Sestola alla sua signora il 24 genn. 1532, per chiedere il temporaneo invio a Ferrara di un ritratto, oggi perduto, di Isabella bambina, donato a suo tempo alla B. che lo conservava ancora. Questa è l'ultima notizia che ci resta di lei. La data della sua morte non è nota.
Fonti e Bibl.: B. Castiglione, Lettere inedite e rare, a cura di G. Gorni, Milano-Napoli 1969, pp. 35, 94; A. Luzio-R. Renier, Mantova e Urbino. Isabella d'Este ed Elisabetta Gonzaga nelle relazioni famigliari e nelle vicende politiche, Torino 1893, pp. 203, 226, 258; Id., Il lusso diIsabella d'Este marchesa di Mantova, in Nuova antol., 16 luglio 1896, p. 297; A. Luzio, Iritratti di Isabella d'Este, in Emporium, XI (1900), p. 344; Id., Isabella d'Este e la corte sforzesca, in Arch. stor. lomb, s. 3, XV (1901), pp. 160 ss., 167, Id., Isabella d'Este e il sacco di Roma,ibid., s. 4, X (1908), pp. 13, 85, 367; Id., Isabella d'Este di fronte a Giulio II negli ultimi tre anni del suo pontificato,ibid., XVIII (1912), pp. 399 ss., 402 s., 406, 422 ss., 436 ss.