CAPPIELLO, Leonetto
Figlio di Carlo e di Irene Terreni, nacque a Livorno il 9 apr. 1875. Nel 1892 espone due dipinti alla Promotrice di Firenze, ma rivela il suo più genuino temperamento di grafico e caricaturista pubblicando nel 1896, nella sua città natale, un album di schizzi di figura, Lanterna magica. Deciso a dedicarsi totalmente all'attività artistica, si trasferisce nel 1898 a Parigi, dove - pare in seguito a un incontro con G. Puccini, che lo incoraggia e lo introduce nell'ambiente - incomincia una fortunata collaborazione, come caricaturista, al periodico Le Rire. Ottiene un rapido successo, che gli frutta altre importanti collaborazioni (a Le Figaro, Le Gaulois, Le Journal, Le Cri de Paris, La Revuye des théâtres, ecc.). Nel 1899 pubblica un felicissimo album di diciotto caricature a colori, Nos actrices, per le edizioni della Revue blanche, con prefazione di Marcel Prévost. L'anno dopo modella spiritose statuette in ceramica con i medesimi soggetti: alcune di queste (Yvette Guilbert) saranno poi acquistate dal Museo Carnavalet. Altre sue raccolte di disegni escono nel 1902 (Gens du monde, numero speciale di L'Assiette au beurre dell'8 novembre) e nel 1905 (Soixantedix dessins, Paris, Maison Flony). Nel frattempo il C. inizia la produzione di quei cartelloni pubblicitari cui è principalmente affidata la sua fama.
Il primo è quello parigino, creato per il giornale Le Frou-frou, del 1899, nel gusto di Toulouse-Lautrec. Dei successivi, disegnati sia per committenti e tipografie francesi sia per committenti italiani (questi, stampati per lo più dalle Officine grafiche Ricordi di Milano), si menzionano quelli che hanno costituito modelli esemplari per la grafica pubblicitaria europea, introducendo - dopo i giovanili riccheggiamenti di Chéret (Stagione balneare di Livorno, 1901: il bozzetto a pastello è conservato nella Pinacoteca di Livorno; serie per i magazzini Mele di Napoli, 1903-05) e di Steinlen - soluzioni espressive e temi inediti e perentori: Chocolat Klaus (1903), Thermogène (1909), Vermouth Cinzano (1910), Fernet Branca (1911), Mistinguett - Casino de Paris (1920), Bitter Campari (1921), La Merveilleuse (1923), O Cap (1929), Kub (1931), Dubonnet (1932). Il Museo civico di Treviso (racc. Salce), il museo del Castello Sforzesco di Milano (Civica racc. stampe Bertarelli), la coll. Labò (Genova), la Bibliothèque nationale e la biblioteca del Musée des arts décoratifs di Parigi conservano serie - incomplete - dei suoi manifesti.
L'inizio dell'attività di cartellonista coincide press'a poco con l'abbandono, da parte del C., della caricatura; egli continua però a coltivare altre specialità, in particolare la decorazione di ambienti, con inserti di grandi pannelli pittorici (1907, casa Dreyfus a St.-Germain; 1912, Galéries Lafayette di Parigi: decorazione, completa di vetri, tappeti, ecc., nelle sale da tè, di lettura e nel fumoir): attività ripresa ampiamente dopo la prima guerra mondiale. Durante la guerra era stato richiamato in Italia e aveva collaborato, oltre che ai consueti giornali e periodici, a La Baïonnette e Fantasio, preparando anche sei acqueforti di soggetto militare. Nel 1935 decora con un amplissimo affresco il caffè Dupont-Barbès a Parigi.
Come pittore di cavalletto, il C. eseguì soprattutto ritratti: del cognato Paul Adam, 1908, ora nel Museo di Arras; di H. de Régnier, esposto al Salon del 1910 e ora al Jeu de Paume; della Moglie con i due figli, ora nella Civica Pinacoteca "G. Fattori" di Livorno (riprodotto in Baratti); di Sacha Guitry, in costume da Pierrot, 1921; l'Autoritratto per gli Uffizi, 1928. Inoltre il C. disegnò arazzi per i Gobelins e Beauvais (esemplari nel Mobilier national di Parigi, e nel museo di Vesoul), e vasi per Sévres; illustrò vari libri, lasciando incompiuta la serie di illustrazioni per A. Rimbaud. Nel 1932 preparò le scene per la tournée americana del ballerino Léonide Massine.
Il C., che aveva sposato Suzanne Meyer, pittrice, nel 1930 è naturalizzato francese. Morì a Cannes, ancora in piena attività, il 3 febbr. 1942.
Fra i molti riconoscimenti tributatigli, in Francia e in Italia, si ricorda la decorazione della Legion d'onore (1914), della quale nel 1928 era commendatore. In quest'ultima occasione gli artisti pubblicitari francesi gli tributarono un Hommage (in Vendre, febbraio 1928, riprodotto in Viénot, pp. 793 s.).
Il C. partecipò a moltissime mostre. A Parigi fu regolarmente dal 1908 al Salon des humoristes (e così poi a quello analogo di Copenaghen); dal 1910 al Salon national; e dal 1920 al Salon de la publicité. Nel 1922 la Biennale di Venezia gli dedicava una personale con sessanta opere (Catal., pp. 125-127), e un'altra mostra egli teneva a New York. Nel 1926, a Milano, alla prima, mostra del Novecento italiano, espose, nel vestibolo, sei opere (Catal., p. 17); e nel 1936 partecipava alla Triennale di Milano. Nel 1939 gli era riservata una sala all'Exposition de l'affiche nel Musée des arts décoratifs a Parigi; la stessa esposizione ne presentava opere al Musée Galliera nel 1943, dopo la morte dell'artista. Una retrospettiva fu organizzata nel 1947 al Musée des arts décoratifs. Altre si ebbero nel 1960 a Livorno, nella Casa della cultura, a cura del comune; nel 1961 a Lione (Festival de Lyon, Musée de Lyon); e nel 1964 ancora a Parigi nella Bibliothèque nationale.
Il C. fu grafico nato, con un'eccezionale vena umoristica e una singolare capacità di sintesi (da Caran d'Ache passata attraverso le stampe giapponesi), che lo pongono, oltre che tra i maggiori caricaturisti "mondani" tra Otto e Novecento (da lui appresero, fra gli artisti italiani, soprattutto Nasica e Golia), tra gli inventori del cartellonismo moderno: applicò con chiarezza il principio che la suggestione dell'immagine è legata alle sue qualità formali e stilistiche e non ai suoi valori illustrativi. Tutta la restante produzione del C., pur rivelando - al pari di quella grafica - intelligente e rapida assimilazione delle varie correnti figurative e di gusto (dall'espressionismo al cubismo, dal futurismo e affini - specie l'orfismo - al cosiddetto stile 1925, che egli stesso contribuì a determinare), si mantiene a un livello disimpegnato, ai limiti della gratuità, interessando comunque per l'applicazione alla pittura di cavalletto, e soprattutto all'affresco, del tono e dei caratteri propri del manifesto, in un ribaltamento antiaccademico del purismo maturato dopo la guerra.
Fonti e Bibl.: Oltre ai cataloghi delle mostre citate si veda: U. Ojetti, Le caricature di C. in La lettura, 1901, n. 2, pp. 122-128; J. Gaetier, Les débuts de C., in Le Temps (Parigi), 4 genn. 1903; H. Bataille, in Le Figaro, 20 magg. 1903; P. Misciatelli, C. ritrattista e decoratore, in Vita d'arte, II (1909), n. 13, pp. 1-15; A. Soffici, Ital. all'estero (C.), in La Voce, 1909, 33, pp. 135 s. (ristampato in Scoperte e massacri, Firenze 1919, pp. 177-182); U. Ojetti, in Corr. della Sera, 1º luglio 1921; P. Baratti, L. C., in Liburni Civitas, XV (1942), pp. 154-165; J. Viénot, L. C., sa vie et son oeuvre, Paris 1946 (con prefazione di J. Cocteau, numerose riproduzioni, elenchi delle persone "caricaturate" e delle opere nelle collezioni pubbliche); L. Fiumi, Li ho veduti a Parigi, Milano 1960, ad Ind.; D. Villani, Storia del manifesto pubblicitario, Milano 1964, pp. 129, 132 s., 143-54; G. Veronesi, in Il manifesto ital. nel centenario del manifesto litografico (catal.), Milano 1965, pp. 25-27; Grafica Ricordi (catal.), Roma 1967, pp. n. n.; Arte in Italia 1915-1935 (catal.), Firenze 1967, p. 13; R. Bossaglia, Grafica ital. del Liberty, in Critica d'arte, n.s., XC (1967), p. 25; M. Leva Pistoi, L'Art Nouveau nella grafica italiana, in Il conoscitore di stampe, 1972, n. 9, p. 21; G. Lise, in Settant'anni di manifesti ital. nella raccolta delle stampe Bertarelli (catal.), Milano 1972, pp. 21-37, 70; L. Menegazzi, Il manifesto italiano…, Milano s.d., ad Indicem (raccolta Salce); U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 552 (con bibl.); H. Vollmer, Künstlerlexikon des XX. Jahrh.s, I, p. 386 (con bibl.); Dictionnaire de biographie française, VII, ad vocem.