LEONE Toscano
Di origine pisana e fratello più giovane di Ugo Eteriano, nacque probabilmente nella prima metà del XII secolo. L. risiedette a Costantinopoli in un periodo nel quale la presenza di pisani, genovesi e veneziani in Oriente, e in particolare a Costantinopoli, era sempre più consistente.
Durante il regno di Manuele I Comneno (1143-80), pur tra alterne vicende, crebbe la presenza di Pisa, sia dal punto di vista economico e politico, sia da quello culturale, come testimoniano anche i viaggi a Costantinopoli compiuti da Burgundione da Pisa.
Non si ha alcuna notizia sulla formazione e gli studi di L., né dove lui e il fratello abbiano appreso il greco. L'arrivo di L. e di Ugo a Costantinopoli va collocato intorno al 1160.
Le vicende legate alla controversia teologica sul versetto evangelico "Il Padre mio è più grande di me" (Giovanni, 14, 28), aperta agli inizi del 1166 da Demetrio di Lampe e nella quale Ugo Eteriano ebbe un ruolo importante, forniscono una coordinata cronologica sicura. La decisione di Manuele I, presa tra il 1162 e il 1166, di togliere ai Pisani il loro quartiere a Costantinopoli (R.-J. Lilie, Handel und Politik: zwischen dem byzantinischen Reich und den italienischen Kommunen Venedig, Pisa und Genua in der Epoche der Komnenen und der Angeloi [1081-1204], Amsterdam 1984, pp. 457-459) non è utile invece come termine ante quem del soggiorno in Oriente di L. e Ugo; per questa ragione il 1161 come anno dell'inizio della loro permanenza a Costantinopoli, più volte proposto (Dondaine, 1952, p. 80; Classen, 1955, p. 342) sulla base di questo evento, non può essere accettato.
L. è attestato dalle fonti quale traduttore presso la Cancelleria imperiale ("imperialis aule interpres" o "imperalium epistolarum interpres") per il periodo 1171-82. Con questo incarico - per il quale sono noti i nomi di altri occidentali nel XII secolo - L. accompagnò l'imperatore Manuele I nella campagna militare in Anatolia del 1176 contro il sultano Kilidij Arslan. Grazie a questa posizione, L. ebbe influenza sull'imperatore tanto da riuscire a far liberare il fratello Ugo, imprigionato dall'esattore del Fisco bizantino Astaforte nel 1177.
A fianco dell'attività ufficiale di traduttore presso la Cancelleria imperiale, L. si dedicò agli studi. Nella seconda metà degli anni '70 scrisse un trattato sulle eresie dei Greci, il De haeresibus et praevaricationibus Graecorum, evidentemente collegato alla produzione controversistica e teologica di Ugo. Al 1176 risale la traduzione dell'Oneirocriticon attribuito ad Ahmed Ibn Sīrīn, l'"interprete dei sogni del califfo al Mamûn", dedicata al fratello. Per questo lavoro L. ricorda di essersi avvalso dell'aiuto del nipote Fabrizio.
La scelta di questa opera non fu casuale, ma il segno dell'interesse da parte bizantina, e in particolare della corte imperiale, verso i testi occulti, astrologici e magici. Qualche anno prima (1169), sempre a Costantinopoli, Pascale Romano aveva tradotto dal greco in latino un libro ermetico sulla confezione degli amuleti, le Ciranidi. Pascale era anche l'autore di una chiave dei sogni, il Liber thesauri occulti (1165), per la quale aveva utilizzato testi greci, tra i quali Artemidoro e lo stesso Ahmed Ibn Sīrīn.
Tra il 1177 e il 1178 vide la luce la traduzione di L. della Liturgia di Giovanni Crisostomo su richiesta di Ramón de Moncada, siniscalco di Aragona, inviato a Costantinopoli dal re Alfonso I per negoziare il matrimonio di Eudocia, nipote di Manuele I, con Ramón Berengar, fratello di Alfonso. La richiesta di Ramón de Moncada va accostata a quelle analoghe, presentate da occidentali, nel corso del XII secolo, a Mosè del Brolo, Pascale Romano e Ugo Eteriano.
Sopravvissuto al massacro degli occidentali dell'aprile 1182, che preludeva alla salita sul trono imperiale di Andronico I Comneno, L. era ancora a Costantinopoli agli inizi del 1183, quando ricevette la lettera di papa Lucio III del 7 dic. 1182 che gli annunciava la morte del fratello Ugo, da poco nominato cardinale di S. Angelo. Il pontefice raccomandava al suo corrispondente il latore della lettera, Fabrizio nipote dello stesso L., che era incaricato di una missione presso la corte imperiale. Inoltre, Lucio III chiedeva a L. informazioni circa gli avvenimenti costantinopolitani della primavera precedente. Questa è l'ultima attestazione conosciuta di Leone. Non è noto se egli sia morto qualche tempo dopo a Costantinopoli o abbia fatto ritorno in Italia.
Il trattato De haeresibus et praevaricationibus Graecorum è inedito, eccetto l'ultimo capitolo (Dondaine, 1952, pp. 126 s.); la prima parte del trattato, che descrive gli errori e i costumi dei Greci, è utilizzata dall'Anonimo domenicano del 1252 (in J.-P. Migne, Patr. Graeca, CXL, coll. 544-550; su di esso si veda soprattutto A. Dondaine, "Contra Graecos". Premiers écrits polémiques des dominicains en Orient, in Archivum fratrum praedicatorum, XXI [1951], pp. 322-384 e R.-J. Loenertz, Autour du traité de fr. Barthélemy de Constantinople contre les Grecs, ibid., VI [1936], pp. 361-371). La seconda parte, dedicata alle dodici ragioni dello scisma tra Greci e Latini, fu riassunta nel XIII secolo da Humbertus de Romans, Opus tripartitum, II, 12 (edito in P. Crabbe, Secundus tomus conciliorum omnium, tam generalium quam particularium, Ioannis Quentel, Coloniae Agrippinae 1551, p. 994).
Della traduzione dell'Oneirocriticon è stato edito il prologo in Haskins, 1924, pp. 217 s. L'opera, il cui originale arabo risaliva al X secolo, circolava in greco già dall'XI secolo (cfr. S.M. Oberhelman, Two marginal notes from Achmet in the Cod. Laurent. Plut. 87, 8, in Byzantinische Zeitschrift, LXXIV [1981], pp. 326 s.). La versione di L. fu utilizzata da un anonimo compilatore per completare il terzo libro del Liber thesauri occulti di Pascale Romano (Collin-Roset, p. 139) e conobbe una notevole diffusione manoscritta (F.X. Drexl, Achmetis Oneirocriticon, Leipzig 1925, pp. VIII s.; Dondaine, 1952, pp. 122 s.). Essa fu anche alla base della versione italiana (Venezia 1546) e di quella francese (Parigi 1552).
La traduzione della Liturgia di Giovanni Crisostomo (in Jacob, 1966, pp. 134-162) è una testimonianza preziosa per la storia e l'evoluzione della liturgia bizantina, in particolare per il rito della preparazione delle offerte eucaristiche (proskomide). Il vescovo Guglielmo d'Otranto portò in Italia una copia di questa versione della Liturgia di Crisostomo da Costantinopoli e chiese quindi a Nicola/Nettario d'Otranto di tradurre la Liturgia di s. Basilio (ante 1198): cfr. Jacob, 1966, pp. 126-128; J.M. Hoeck - R.J. Loenertz, Nikolaos-Nektarios von Otranto, Abt von Casole. Beiträge zur Geschichte der ost-westlichen Beziehungen unter Innozenz III. und Friedrich II., Ettal 1965, pp. 74-82; Jacob, 1967.
L. collaborò in diverse occasioni con Ugo Eteriano: il I libro del trattato De minoritate et aequalitate Filii hominis ad Deum Patrem di Ugo, contenente gli interventi nella disputa sul versetto giovanneo, fu edito da L. sia in greco sia in latino (secondo quanto afferma lo stesso L. nel prologo della traduzione dell'Oneirocriticon: in Haskins, 1924, p. 217; v. anche Ugo Eteriano nella Lettera a Pietro di Vienna e nella chiusa del I libro (Dondaine, 1958, pp. 482 s.). L. contribuì anche alla stesura dell'opera maggiore di Ugo, il De sancto et immortali Deo (in J.-P. Migne, Patr. Lat., CCII, col. 274) quasi sicuramente per cura dello stesso L., come dimostrato dalla provenienza "orientale", e in specie costantinopolitana, di alcuni codici del XII secolo contenenti il trattato (da segnalare in particolare il Sanctae Crucis, plut. XXIII dextr., 3, della Biblioteca Laurenziana di Firenze, recante la nota di possesso del patriarcato di Costantinopoli e con una copia della lettera di papa Lucio III a L. sul foglio di guardia). In alcuni autorevoli manoscritti (come il citato Laurenziano) il trattato di Ugo è accompagnato da una spiegazione in forma di scoli che sembra risalire se non all'Eteriano stesso a qualcuno della sua cerchia (forse L. stesso o il nipote Fabrizio; cfr. Dondaine, 1952, pp. 104 s.). Sembra infine che Ugo si valse dell'aiuto del fratello anche per la redazione del trattato De anima corpore iam exuta ("exhortatione atque adiutorio dilecti fratris mei Leonis", in J.-P. Migne, Patr. Lat., CCII, col. 167).
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