LEONI, Leone
Nacque a Verona intorno al 1560. In assenza di documenti circa la sua formazione si può ipotizzare che, come chierico veronese, abbia frequentato la prestigiosa scuola degli accoliti. Per quanto attiene alla sua formazione musicale, è lo stesso L. ad affermare di essere stato discepolo di Sebastiano Torsi detto Pigna, musicista molto apprezzato nei ridotti dei nobili veronesi.
Il libretto della tragedia Tamar, di soggetto biblico, rappresentata a Vicenza nel 1586 con i cori posti in musica dal L., testimonia la sua presenza a Vicenza in quell'anno e forse già nel 1585, quando nella città berica fervevano i preparativi per la fastosa recita dell'Edipo tiranno, con i cori musicati da Andrea Gabrieli, che avrebbe inaugurato il teatro degli Accademici Olimpici (3 marzo 1585).
È verosimile che sia stato il mecenate veronese Mario Bevilacqua, il quale si serviva di questo promettente giovane per le esecuzioni musicali nel suo ridotto, a presentarlo ai responsabili delle musiche dell'Accademia Olimpica, di cui era membro, affinché fosse assunto fra i quindici del coro. Angelo Ingegneri, che aveva attivamente partecipato alla messa in scena dell'Edipo, prevedeva che il coro fosse composto da quindici persone anziane "e venerande di presenza": in verità, secondo la lettera-relazione di Antonio Riccoboni testimone oculare, era formato da "putti e da donne giovani" (Gallo). La sua presenza attiva alla rappresentazione dell'Edipo giustificherebbe il successivo debutto musicale del L., che avvenne non nel campo del madrigale o del mottetto, ma in un genere tutto nuovo come la composizione dei cori per una tragedia.
Il 30 apr. 1588 il L. chiese al capitolo e al vescovo di essere investito della cappellania di S. Giacomo in duomo e, ottenutane l'idoneità, ricevette il beneficio il giorno del conferimento degli ordini di lettore e di esorcista, avvenuto a Vicenza il 26 giugno 1588; il 29 dello stesso mese fu ordinato accolito. Per ricevere gli ordini minori il L. si era presentato con le lettere "dimissorie" rilasciate il 24 apr. 1587 dal vicario del vescovo di Verona Pietro Stridonio.
La sua ordinazione sacerdotale, che dovrebbe essere avvenuta nel 1588 nella città natale, non può essere documentata, in quanto i registri delle ordinazioni fino al 1604 andarono perduti con l'alluvione del 1882; e d'altra parte il registro Collazioni ss. ordini (1578-1592) della curia vicentina non riporta né la sua ordinazione sacerdotale, né quella diaconale e suddiaconale e neanche la costituzione del patrimonio (beneficio o pensione) fissato in 40 ducati annui per la diocesi di Vicenza, che il L., come tutti gli ordinandi al suddiaconato, avrebbe dovuto far registrare in curia vescovile per il suo sostentamento.
L'elezione a maestro di cappella del duomo avvenne il 29 giugno 1588, giorno della sua ordinazione ad accolito, e fu ratificata nella seduta capitolare del 4 ott. 1588. Accanto all'incarico di maestro di cappella, il giovane L. svolse un'intensa attività in seno alla prestigiosa Accademia Olimpica. Nel 1590 aderì alla Confraternita del Divino Amore istituita dal vicentino Gaetano Thiene. Nel 1606 subì una scomunica per non avere osservato l'interdetto di Paolo V contro la Serenissima, in quanto continuò, come altri sacerdoti della cattedrale, a celebrare la messa; il sabato 28 apr. 1607 si recò a Venezia per essere assolto.
Durante il lungo servizio svolto alla guida della cappella del duomo ebbe incomprensioni e delusioni nei rapporti con il capitolo vicentino. Il 6 luglio 1593, indirizzando una supplica ai canonici, rivendicava aumenti salariali mai percepiti e il suo malcontento è dimostrato dal desiderio, espresso nelle dediche delle sue composizioni, di abbandonare Vicenza per una sistemazione più importante. Nel 1604 chiese e non ottenne l'investitura dei benefici della cappella di S. Pietro in duomo. Per questi motivi, forse, non dedicò alcuna pubblicazione alle autorità ecclesiastiche vicentine, preferendo personaggi laici locali con i quali ebbe certamente rapporti più gratificanti, o alti prelati come il principe-vescovo di Salisburgo, quello di Trento e il vescovo di Verona.
Nel 1610, con le generose offerte dei fedeli raccolte durante la quaresima predicata da fra Fedele da San Germano, si costituiva a Vicenza la Pia Opera dell'Incoronata, con lo scopo di cantare le litanie alla Madonna in tutti i sabati dell'anno e nelle feste a lei dedicate; la disponibilità finanziaria permise l'istituzione di una cappella musicale, che venne affidata alla direzione del Leoni. Grazie alla Pia Opera in cattedrale si sperimentarono le nuove musiche, composte dal L. e da altri musicisti operanti in città, per voci soliste, coro, strumenti ad arco e a fiato, e organo.
Il L. morì a Vicenza il 24 giugno 1627 e fu sepolto, come era suo desiderio, nel pavimento della cattedrale a capo della scala del coro. Nel testamento aveva nominato suoi eredi universali i canonici e i mansionari della cattedrale i quali, dopo avere fatto l'inventario dei beni, rinunciarono all'eredità.
La copiosa attività compositiva si può dividere in due periodi artistici ben distinti: la produzione profana, che si estende dal 1586 al 1602 (218 madrigali e 4 canzonette), e quella sacra, dal 1606 al 1622 (142 tra mottetti, salmi e messe), composta secondo il nuovo stile.
Composizioni (tutte stampate a Venezia, tranne diversa indicazione): Il primo libro de madrigali a 5 voci (1588); Bella Clori. Secondo libro de madrigali a 5 voci (1591); Il terzo libro de madrigali a 5 voci (1595); Penitenza. Primo libro de madrigali spirituali a 5 voci (1596); Il quarto libro de madrigali a 5 voci (1598); Bell'alba. Quinto libro de madrigali a 5 voci (1602); Di pastorali accenti, madrigale a 6 voci, in Il trionfo di Dori (1592); D'un lauro all'ombra, madrigale a 6 voci, in Madrigali pastorali. Il bon bacio (1600); Io per la via del sangu'e della morte, madrigale a 5 voci, in Parte delli pietosi affetti di Angelo Grillo (1598); 2 canzonette in Il primo libro delle canzonettea 3 voci di Costantino Baselli (1600); 2 canzonette in Il secondo libro delle canzonettea 3 voci, dello stesso Baselli (1600); Sacri fiori. Mottetti a 2, 3 e 4 voci per cantar nel organo, libro primo (1606); Sacrarum cantionum liber primus cum duplici partitura organi (1608); Sacri fiori. Secondo libro de motetti a 1, 2 e 3 voci per cantar nel organo con una messa a 4 voci (1612); Omnium solemnitatum psalmodia a 8 voci (1613); Prima parte dell'aurea corona ingemmata d'armonici concerti a 10 con 4 voci e 6 strumenti in lode della Santissima Incoronata di Vicenza (1615); Sacri fiori. Quarto libro de motetti a 1, 2, 3 e 4 voci, con il basso per sonar nell'organo (1622). In convertendo, salmo a 5 voci, in Sacra omnium solemnitatum psalmodia vespertina (1592); Dum canerent arguto, mottetto a 6 voci, in Hortus musicalis, liber tertius (München 1609); Agnus Dei, per 2 cori e 4 voci, in Responsoria hebdomadae sanctae (1612); Aperi mihi mea sponsa, mottetto a 2 voci, in Il primo libro de motetti a 1, 2, 3, e 4 voci, raccolti da don Stefano Corradini (1624); messa a 12 voci (3 cori) super Ab Austro veniet (Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, Musiksammlung, 16707b). Un libro di composizioni sacre del L., quasi certamente contenente inni, di proprietà dell'Archivio capitolare del Duomo di Vicenza, risulta perduto.
La ricezione delle musiche del L. è testimoniata dalle numerose ristampe delle sue composizioni sia sacre sia profane e dalla insistita presenza dei suoi mottetti policorali nelle ponderose raccolte pubblicate tra il 1605 e il 1643 a Copenaghen, Strasburgo, Norimberga, Monaco, Lipsia, Ingolstadt, Treviri e Dresda. A quasi un secolo dalla sua morte Giuseppe Ottavio Pitoni nella sua Guida armonica inserì quale "Essempio del Secondo Stile num. 4" alcune misure del mottetto Vide Domine a 8 voci del L.; è questa l'ultima traccia lasciata dal musicista prima di scomparire dai repertori musicali.
Nella produzione madrigalistica, che caratterizza il suo primo periodo artistico, il L. si rivela compositore di alta scuola, particolarmente attento al rapporto testo-musica e, anche se non si avverte un diretto coinvolgimento nell'atmosfera innovatrice della vicina Venezia, si nota in alcuni madrigali una ricerca di nuovi mezzi espressivi che saranno poi applicati alla produzione sacra. Si veda, ad esempio, Vorei, vorei scoprire del quarto libro, un madrigale dalla struttura atipica dove la parte del canto [cantus] ripete ostinatamente l'ultimo verso "ma non lo posso dire" che si contrappone in un divertito dialogo alle altre voci che espongono il testo poetico completo. Sempre in un madrigale del quarto libro, Fugge quest'empia fiera, vi è un altro ostinato suggerito dalle ultime parole del verso conclusivo "ostinata traccia". I due madrigali, insieme con Dimmi Clori gentil perché non ami del quinto libro, nel quale il L. assegna alle due voci superiori le parti virtuosistiche dal carattere onomatopeico di "Usignolo alla lontana" e di "Risposta in ecco [sic] all'usignolo nascosto di lontano", possono essere indicati quali sperimentazioni di madrigale rappresentativo. Un'applicazione della tecnica rappresentativa si trova nel mottetto policorale Beata es Virgo Maria dell'Aureacorona, dove dal doppio coro toglie la voce dell'altus del secondo coro per farla sentire "da lontano" accompagnata da un chitarrone o da un organo. Un madrigale a 9 voci Il ciel vi faccia lieti almi pastori risulta essere la prima applicazione in L. della tecnica policorale, tecnica che adotterà frequentemente nella produzione sacra. Si tratta di un dialogo tra due cori asimmetrici, differenziati nel timbro e nel registro vocale. La struttura è bipartita, con due sezioni ben caratterizzate.
Il secondo periodo è esclusivamente rivolto alla musica sacra ed è caratterizzato dal completo mutamento dello stile che lo porterà a compiere quel salto di qualità tanto da essere affiancato ai compositori più rappresentativi della nuova musica e da venire citato insieme con Claudio Monteverdi, Carlo Gesualdo da Venosa e Lodovico da Viadana negli "esempi moderni applicati a parole volgari, et latine" che Adriano Banchieri inserisce nella Cartella musicale (1613). Anche Athanasius Kircher nella sua Musurgia universalis (1650) illustrando la figura retorica dell'Antitheton, sive Contrapositum prende come esempio un mottetto del L., Ego dormio, et cor meum vigilat.
È nella produzione sacra che il L. contribuì in maniera incisiva all'evolversi delle forme musicali. Con i mottetti dell'Aurea corona raggiunse l'apice della sua produzione artistica; è senz'altro da considerarsi la silloge più interessante per la varietà di voci e strumenti impiegati e per le radicali innovazioni stilistiche e strutturali introdottevi, già peraltro riscontrabili nei primi due libri di mottetti.
Per quanto concerne la ricerca sulle fonti dei testi poetici dei madrigali e delle canzonette, si è indagato sulla produzione di autori locali, considerando che un suo madrigale inserito nella silloge Il trionfo di Dori utilizza un testo della vicentina Maddalena Campiglia, ma senza apprezzabili risultati. Il L. pose in musica poesie di Pomponio Montenaro di Verona e di Valerio Belli di Vicenza e di altri autori, le cui rime furono pubblicate a Venezia, Padova e Ferrara, città che avevano stretti legami con Vicenza. Al presente, ancora una considerevole parte di testi utilizzati dal L. è da considerarsi adespota.
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