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LEONE III papa, santo

di Raffaello Morghen - Enciclopedia Italiana (1933)
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LEONE III papa, santo

Raffaello Morghen

Oriundo di povera famiglia, si diede alla vita ecclesiastica e fece carriera nell'amministrazione della Curia pontificia nella quale raggiunse l'alto ufficio di vestararius, ottenendo in pari tempo il titolo presbiteriale di S. Susanna. Alla morte di Adriano I fu innalzato alla cattedra pontificia dal clero romano in opposizione ai desiderî della nobiltà laica che aveva dominato sotto il precedente pontefice (26 dicembre 795).

Come papa egli rappresentò appunto gl'ideali e gl'interessi dell'aristocrazia ecclesiastica in un momento particolarmente importante della storia del papato, e, senza che gli si possa sempre attribuire l'iniziativa nelle vicende alle quali la sua figura fu intimamente legata, gli avvenimenti del suo pontificato ebbero ripercussioni incalcolabili nella storia posteriore della Chiesa: L. fu il primo papa eletto dopo il crollo del regno longobardo (774) e a lui specialmente incombeva la grave responsabilità di determinare e fissare in gran parte le nuove posizioni che la Chiesa veniva ormai prendendo sia di fronte a Bisanzio, sia di fronte al forte stato franco, che esercitava, già di fatto, un predominio su tutto l'Occidente. E nelle relazioni del papato con Carlo, "patrizio dei Romani", pure improntate esteriormente alla massima cordialità, non erano mancati atteggiamenti di prudente diffidenza e piccoli attriti, e aveva dominato spesso il sentimento ancora confuso, ma vivissimo in ambedue le parti, di dover salvaguardare per l'avvenire diritti e posizioni essenziali. Segni sintomatici dell'insanabile contrasto insito nella natura stessa dei due poteri.

Appena salito alla cattedra di S. Pietro, quantunque nell'elezione non avesse influito minimamente il re, L. sentì il dovere di partecipare la sua nomina a Carlo, promettendogli obbedienza e fedeltà e inviandogli le chiavi della confessione di S. Pietro e il vexillum di Roma. Carlo rispose delimitando, un po' semplicisticamente, l'ambito dei due poteri: spettava a lui proteggere la Chiesa e difendere la fede; spettava al papa pregare per aiutare l'opera del re. Forte della sua potenza politica, il re franco si atteggiava a capo politico e, nel senso della tradizione imperiale, anche religioso della società cristiana, mentre al papato, che si andava ormai completamente staccando da Bisanzio, conveniva per il momento accettare, sotto tutti i riguardi, la protezione franca. Ma proprio in quel periodo di tempo L. faceva decorare il triclinio lateranense, da lui fatto costruite, col famoso mosaico nel quale da una parte Cristo, dall'altra S. Pietro erano rappresentati nell'atto di dare il pallio a Silvestro e a Leone e il gonfalone a Costantino e a Carlo. La donazione di Pipino si ricollegava così idealmente alla donazione di Costantino, di cui già si era elaborato il falso "constitutum", e tendeva a porre logicamente i due poteri su un piede di parità.

Il complotto dei nobili romani contro L., scoppiato il 25 aprile 795, venne ad accentuare per il momento la sua posizione d'inferiorità rispetto al re: il papa assalito e preso prigione durante la processione delle litanie maggiori, malmenato e ferito, riuscì a sfuggire ai suoi nemici con l'aiuto del duca di Spoleto, e a rifugiarsi a Paderborn presso Carlo che lo fece riaccompagnare con ogni onore a Roma nell'autunno 799. Però, a Roma, prima i suoi delegati, poi il re stesso accolsero le accuse di adulterio e di spergiuro che i nobili romani avevano scagliato contro Leone, e si assunsero in certo modo l'ufficio di giudici, quantunque il papa rimanesse sempre nel pieno esercizio della sua autorità e a nessun patto figurasse nel processo come accusato. Si uscì dalla strana situazione quando il 23 dicembre 799 L., salito l'ambone della basilica di S. Pietro, alla presenza di Carlo, dei nobili e del clero, procedé "spontaneamente" a quella purgatio per sacramentum che, pur circondata di tutte le riserve possibili, perché non costituisse un precedente per l'avvenire, mostrava chiaramente l'influenza che Carlo aveva ormai acquistato sul papato.

Si venne così alla coronazione imperiale del Natale 800 (v. carlomagno), senza dubbio concordata prima dalle due curie, regia e papale, in tutti i suoi particolari, nonostante il parere contrario - ma posteriore - del cronista Eginardo. Tanto il re franco che L. non dovettero dare, sul principio, all'atto dell'incoronazione per mano del pontefice, un' importanza maggiore di quella che ebbe la coronazione di Pipino a re dei Franchi fatta per mano di Stefano II: solo le proteste di Bisanzio e il subito affermarsi del concetto che solo la coronazione pontificia poteva conferire la rinnovata potestà imperiale, avrebbero dato origine alla dichiarazione di Carlo, raccolta da Eginardo, che egli era stato colto di sorpresa. Sta però di fatto che L., nel Natale dell'800, pose, sia pure senza averne precisamente coscienza, le basi della concezione teocratica del papato.

Dopo l'800, buone in genere furono le relazioni di L. con l'imperatore. Solo nell'809 egli dové resistere energicamente contro l'invadenza franca anche nel puro campo dogmatico, quando respinse l'inclusione nel simbolo Niceno della formula della processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio (Filioque) decisa nel concilio di Aix-la-Chapelle. Ma negli ultimi anni della sua vita, quando nuove rivolte di nobili romani misero in pericolo il suo potere, solo con l'aiuto dei missi di Ludovico il Pio poté ristabilire l'ordine in Roma con sanguinose repressioni.

L. III legò il suo nome pure a importanti affermazioni dogmatiche della Chiesa con la condanna definitiva dell'adozianismo (sinodo romano del 799) nella persona di Felice, vescovo d'Urgel, già condannato dal sinodo di Ratisbona del 792.

L. morì il 12 giugno 816 e il suo nome fu inserito nel Martirologio romano nel 1673.

Bibl.: Liber Pontificalis, ed. Duchesne, Parigi 1886-1892; Ph. Jaffé, Regesta pontificum romanorum, Lipsia 1881; G. D. Mansi, Conciliorum Collectio, Venezia 1869; L. Halphen, Études critiques sur l'histoire de Charlemagne, Parigi 1921; L. Duchesne, Les premiers temps de l'État pontifical, 3ª ed., Parigi 1911; C. Bayer, L'élection de L. III et la revolte de Romains de 799, in Annuaire de la Fac. des lett. de Lyon, Parigi 1883; E. Amann, in Dictionn. de théologie catholique, vol. IX, p. I, pag. 304, Parigi 1926.

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santo
santo agg. e s. m. (f. -a) [lat. sanctus, propr. part. pass. di sancire «sancire, rendere sacro», in rapporto etimologico con sacer «sacro», essendo anche questo connesso con sancire]. – 1. agg. a. In origine, equivalente di sacro, riferito...
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