VENIER, Leonardo
– Nacque a Venezia, probabilmente nell’ultimo decennio del XIV secolo, figlio unico di Marco di Francesco; ignoto è il nome della madre.
Nulla sappiamo della sua giovinezza, che possiamo presumere dedicata al commercio (la famiglia possedeva l’isola di Citera, nell’Egeo), benché le testimonianze in tal senso riguardino solo un omonimo, figlio di Pietro; forse un parente, dal momento che il 9 aprile 1427 Venier presentava alla Balla d’oro un altro figlio di costui, Giovanni, già orfano, affermando di riconoscere in un documento la grafia di Pietro (Archivio di Stato di Venezia, Avogaria di Comun, Balla d’oro, reg. 162, c. 170r).
Un anno dopo, nel 1428, Venier sposò Cecilia Loredan di Giorgio, cugina dei ‘grandi’ Loredan che ebbero un ruolo preminente al comando dell’armata marittima, spostando la sua residenza dalla periferica parrocchia di S. Giovanni in Bragora a quella centrale di S. Maria Zobenigo.
Gli esordi della carriera politica sono documentati dal 1430, quando venne eletto savio agli Ordini per il semestre ottobre-marzo del 1431, carica che ricoprì anche fra marzo e settembre del 1432 e del 1433; la presenza nel Collegio gli fu però ostacolata da due appartenenti allo stesso casato, Sante e Delfino Venier, per cui all’inizio del 1434 accettò di recarsi ambasciatore in Romagna (il 26 febbraio si trovava a Faenza), dove Venezia cercava di inserirsi nei contrasti tra le signorie locali e lo Stato pontificio; poiché era papa Eugenio IV, il veneziano Gabriele Condulmer, il Senato lo appoggiò contro le velleità indipendentistiche di Bologna, e il 19 maggio informò Venier che a tal fine avrebbe inviato in Romagna due dei suoi migliori condottieri, Erasmo Gattamelata e Brandolino Brandolini. Dopo un frequente spostarsi fra Bologna, Faenza e Imola, Venier fu sostituito da Paolo Contarini e il 4 dicembre 1434 poté tornare a Venezia, dove fu savio agli Ordini per i semestri aprile-settembre del 1436 e del 1437, quindi divenne savio di Terraferma dall’aprile del 1439, ma il proseguimento della carriera nel Collegio gli fu impedito dalla presenza di un Alvise Venier, che gli subentrò nel saviato di Terraferma per il secondo semestre dello stesso 1439. Pertanto Leonardo dovette ripiegare su nomine di minor prestigio e fu patrono all’Arsenale nel 1439-40, quindi (10 luglio 1440) venne eletto ufficiale alle Rason Nove. Tuttavia, appena un mese dopo, il 13 agosto, fu inviato a Ferrara per trattare con il legato pontificio e successivamente (1° settembre) con il marchese di Mantova, al fine di concordare la pace tra il Comune veneziano e il duca di Milano. Eletto senatore il 14 settembre dello stesso 1440, il 29 ottobre Venier era nuovamente a Ferrara e poi (6 novembre) a Mantova per distogliere Gonzaga dall’alleanza con Filippo Maria Visconti; il 9 dicembre si trovava ancora a Ferrara, dove a Nicolò III stava per succedere il figlio Leonello, rimasto vedovo da poco.
Pertanto il duca di Milano aveva proposto a Leonello d’Este un nuovo matrimonio con la propria figlia Bianca Maria, peraltro già promessa a Francesco Sforza; compito di Venier fu quello di sventare un’eventuale alleanza tra Milano e Ferrara, che sarebbe risultata pregiudizievole alla Repubblica.
Rimpatriato nel marzo del 1441, il 15 ottobre 1442 risultava eletto ambasciatore a Firenze, dove si trovava il papa, cui Sforza aveva strappato alcune città marchigiane; poi il 21 febbraio 1444 il Senato inviò Venier, «qui fuit hactenus orator noster in Florentia» (Archivio di Stato di Venezia, Senato Secreti, reg. 16, c. 66v), a Siena, sostituendolo con Nicolò Canal. Qui Venier avrebbe dovuto indurre alla pace il cardinal camerlengo Ludovico Scarampi Mezzarota, operando in unione a Canal che lavorava per rinsaldare l’alleanza tra Firenze e Venezia e difendere l’indipendenza di Lucca. Il 10 giugno 1444 Venier era ancora a Siena, ma il 6 luglio si trovava a Firenze, dove il Senato inviò anche Federico Contarini quale ambasciatore a papa Eugenio IV, per concordare la partecipazione veneziana alla lega antiturca.
Venezia infatti operava su due fronti, quello italiano e quello orientale, dove il pontefice era riuscito a unire il voivoda della Transilvania, Giovanni Hunyadi, la Francia, l’Ungheria e l’impero bizantino per approfittare della congiuntura che vedeva il sultano Murad II impegnato nell’Anatolia contro il ‘Gran caramano’ Ibrahim Beg. Sarebbe toccato a Venezia, che aveva aderito alla ‘crociata’, bloccare gli stretti con la flotta comandata da Alvise Loredan, mentre il cardinal legato Giuliano Cesarini doveva guidare le forze della lega sino ad Adrianopoli: compito di Venier era di collaborare ad armonizzare i movimenti e i tempi della flotta con quelli dell’armata terrestre, ma, come è noto, gli sforzi dei principi cristiani si sarebbero infranti a Varna, l’11 novembre 1444.
Intanto, sin dal 23 agosto Venier, il quale un mese prima aveva rifiutato di recarsi in missione presso Sigismondo Malatesta, aveva sollecitato il rimpatrio, che gli fu consentito alla fine di settembre; il soggiorno a Venezia fu però di breve durata, perché il 3 novembre fu nuovamente incaricato di recarsi ambasciatore a Firenze, dove giunse il 31 gennaio 1445, per confermare l’alleanza con Venezia e Lucca contro Filippo Maria Visconti. Qualche mese dopo era di nuovo in patria, dove fu savio di Terraferma per il secondo semestre del 1445, poi il 19 luglio 1446 fu eletto ambasciatore presso Sforza, il cui aiuto era necessario a Venezia che contendeva Cremona a Visconti; tornato a Venezia a fine anno, il 26 febbraio 1447 figura testimone di un atto pubblico a palazzo ducale. In base ai meriti acquisiti gli sarebbe spettato un posto nel Collegio, ma tale riconoscimento gli fu impedito dalla contemporanea presenza, tra i savi, di altri due appartenenti al casato Venier, per cui ancora una volta dovette servire fuori della sua città e il 15 ottobre 1447 ricevette le commissioni per un’ambasceria a Firenze, al fine di realizzare la pacificazione di Sforza con il papa e di assicurare a quest’ultimo la disponibilità di galere veneziane da impiegare contro i musulmani. Alla fine di gennaio del 1448 fu raggiunto da Federico Contarini, che di lì a poco lo sostituì; il 10 ottobre Venier entrò savio di Terraferma, ma contemporaneamente fu incaricato di recarsi a Trento per incontrare il duca d’Austria, Sigismondo, che reclamava la restituzione di Rovereto; il 16 novembre il Senato promise a Sigismondo una consistente fornitura di truppe e cavalli, ma niente più, ordinando a Venier di non prolungare oltre il soggiorno nel Trentino.
Il 10 ottobre 1449 gli fu affidata una nuova e più impegnativa missione presso la Repubblica ambrosiana, con cui Venezia aveva da poco sottoscritto un’alleanza. A Milano avrebbe dovuto accompagnarlo Francesco Zane, che però riuscì a evitare lo spinoso incarico accusando cattiva salute. La situazione era complessa: da un lato stavano i milanesi e i veneziani, dall’altro Francesco Sforza; tutto lasciava presumere che Venezia fosse a un passo dalla conquista della Lombardia, così a lungo perseguita. Tuttavia Sforza seppe resistere, notificando sprezzantemente a Venier che «res non in legationibus mittendis, sed in viribus consisteret» (G. Simonetta, Rerum gestarum..., a cura di G. Soranzo, 1932-1959, p. 319); contava infatti sull’irrisolutezza del comandante delle truppe venete, Sigismondo Pandolfo Malatesta, che sostava in Brianza senza tentare di rompere l’assedio con cui Sforza aveva ridotto Milano alla fame. Il 10 gennaio 1450 il Senato scrisse a Venier di avere inviato soccorsi, che però non giunsero; il 10 febbraio annunciò il prossimo arrivo di Bartolomeo Colleoni in appoggio a Malatesta, ma il 26 febbraio, in una Milano ormai stremata, scoppiò una congiura, guidata da Giovanni Stampa e altri filosforzeschi, nel corso della quale Venier venne ucciso.
Finì in tal modo il sogno così a lungo perseguito dal doge Francesco Foscari e sull’uccisione di Venier cadde il silenzio. Solo più di due anni dopo, il 5 marzo 1452, il Senato stanziò 1000 ducati d’oro per la sua famiglia, che si trovava «in maxima paupertate» perché a Milano Venier aveva servito «sine salario vel utilitate aliqua [...] ut alias semper fecit» (Archivio di Stato di Venezia, Senato Terra, reg. 2, c. 135r).
Fonti e Bibl: Archivio di Stato di Venezia, Misc. Codd., s. 1, 20, Storia veneta: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de’ patritii..., VII, p. 245; Avogaria di Comun, Balla d’oro, reg. 162, c. 170r; Segr. alle voci, Misti, reg. 4, cc. 28v, 102r, 117v, 132r, 136v, 137v, 159r; reg. 5, c. 36v; Senato misti, reg. 58, cc. 82r, 184v; reg. 59, cc. 5v, 162r; reg. 60, cc. 5v, 142v; Senato Secreti, reg. 12, c. 195v; reg. 13, cc. 49v, 66r, 71r, 85r, 87r, 89v-90r, 93v-94r, 97v, 104v, 105v-106r, 123r, 126v, 257v; reg. 15, cc. 35v, 40r, 49v, 50v, 51v, 54rv, 57r, 144v-145r, 150v, 156r, 158v-159r; reg. 16, cc. 1r-2r, 5v, 6r-7r, 9v, 11v, 12v, 14v, 16v, 17v-18r, 21r, 25rv, 33r, 50v, 55rv, 59r, 65rv, 66v, 70v, 76v-77r, 82v-83r, 97v-98r, 103, 109v, 143v-144r, 155v-156r, 158r, 159v; reg. 17, cc. 37v, 38v-39v; reg. 18, cc. 53v, 65r, 67v, 130v, 135rv, 136rv, 140v, 147v, 151r, 155rv, 162r; Senato Terra, reg. 2, c. 135r; Notarile testamenti, b. 1149/290 (è il testamento della moglie Cecilia, 1445); Venezia, Biblioteca del civico Museo Correr, Cod. Cicogna, 3635: A.F. Bon, Collezione genealogica, storica, araldica della veneta patrizia famiglia Venier [...] 1803, c. 90r. Marci Antonii Sabellici Historiae rerum Venetarum, in Degl’istorici delle cose veneziane..., I, Venezia 1718, p. 686; I libri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, V, Venezia 1901, pp. 4, 106; G. Simonetta, Rerum gestarum Francisci Sfortiae commentarii, in RIS, XXI, 2, a cura di G. Soranzo, Bologna 1932-1959, pp. 171, 319, 335, 339.
F. Cognasso, Il ducato visconteo e la Repubblica Ambrosiana (1392-1450), in Storia di Milano, VI, Milano 1955, pp. 443, 447; F. Rossi, L’Arsenale: i quadri direttivi, in Storia di Venezia, VI, Dal Rinascimento al Barocco, a cura di G. Cozzi - P. Prodi, Roma 1994, p. 635; G. Gullino, L’elmo di Gattamelata, in Studi veneziani, n.s., LXXII (2015), pp. 193-230 (in partic. pp. 198, 212, 230).