TRISSINO, Leonardo
– Nacque a Vicenza tra il 1467 e il 1470, terzogenito di Bartolomeo e di Franceschina Iebeto, come è possibile dedurre da un atto notarile siglato il 20 dicembre 1490 per la vendita di un terreno in Vancimuglio, secondo cui Trissino sarebbe stato di età compresa tra i 20 e i 25 anni (Bortolan, 1892, p. 5).
Secondo Luigi da Porto, contemporaneo e concittadino di Trissino, già nel 1492 si sarebbe recato alla corte francese di Carlo VIII al seguito dell’ambasciatore Francesco Cappello (Clough, 2014, p. 401). Pare tuttavia più verosimile che l’amicizia tra Cappello e Trissino si sia consolidata dopo il 1504, in occasione della missione dell’ambasciatore veneziano presso la corte imperiale ove si trovava, come si vedrà, anche Trissino. Nel 1493 sposò Tommasina Trento, figlia di Giacomo e di Angela Trissino, che gli diede alcune figlie, una delle quali, Franceschina, sarebbe andata in sposa a un giovane della famiglia Valmarana (Bortolan, 1892, p. 6). Ben presto la sua disastrosa situazione economica obbligò Trissino a chiedere aiuto al suocero Giacomo Trento, cui diede da amministrare i suoi beni in cambio dell’estinzione dei debiti contratti, che ammontavano a circa mille ducati. Il 2 gennaio 1495 Trissino fu protagonista del ferimento del giureconsulto vicentino Giovanni Loschi, che morì alla fine del mese di febbraio, come riportato negli atti del Consiglio dei Giudici di cui Loschi era membro (Bortolan, 1892, pp. 7 s.; Clough, 2014, p. 395).
Trissino fu allora bandito da Vicenza e da tutti i territori veneziani, mentre la sua famiglia passò sotto la tutela del suocero, che a partire dal 1496 dovette accollarsene il mantenimento. Per ragioni non chiare, intorno al 1500 Trissino istigò il cugino Pietro Trissino a intentare una lite con Trento per la riscossione di alcuni affitti relativi alla gestione dei suoi poderi per gli anni 1498-1500. La lunga controversia che ne seguì spiega la scelta del suocero di ingiungere ai suoi eredi il pagamento della dote della figlia Tommasina riscattandola dai beni del marito per un valore pari a mille ducati (Bortolan, 1892, pp. 6 s.).
Costretto all’esilio, Trissino si rifugiò presumibilmente a Trento e poi a Mantova, città nelle quali firmò due procure a favore del cugino Pietro, la prima datata 16 giugno 1498 e la seconda 6 giugno 1499. Si conservano inoltre alcune missive indirizzate tra il 1500 e il 1501 sempre a Pietro, nelle quali Leonardo gli chiedeva insistentemente denaro, specificando che suo fratello Vincenzo avrebbe dovuto farsi carico della consegna. Il 25 agosto 1500, in particolare, il fuggiasco specificò di trovarsi ospite di Giacomo Artusio a Brunico e di avere urgente bisogno di soldi che, come registrato nel libro di spese della famiglia, gli furono effettivamente consegnati nel mese di ottobre (Bortolan, 1892, pp. 9 s.). Sempre in quel torno di tempo Trissino entrò in contatto con il nobile Paolo di Liechtenstein (ibid., pp. 13 s.; Clough, 2014, p. 395), e per suo tramite si guadagnò il favore della corte imperiale. Durante una battuta di caccia Trissino avrebbe conosciuto l’imperatore Massimiliano d’Asburgo, che ne avrebbe magnificato le doti venatorie e lo avrebbe nominato cavaliere.
Nei Diari di Marino Sanudo è registrata la prima incursione militare di Trissino ai danni della Repubblica di Venezia e della sua città natale. Secondo l’allarmata relazione del podestà di Vicenza alla Serenissima, il 6 febbraio 1508 alcune migliaia di fanti tedeschi avevano raggiunto il territorio vicentino terrorizzando gli abitanti. Alla testa di queste truppe, annota Sanuto, ci sarebbe stato, tra gli altri, proprio Trissino (Bortolan, 1892, pp. 10 s.).
Nel gennaio del 1509 con la formazione della Lega di Cambrai in funzione antiveneziana i territori della Serenissima divennero teatro di guerra e oggetto di conquista da parte delle diverse forze in campo: il 29 maggio 1509 Rovigo fu occupata dal duca di Ferrara Alfonso I d’Este, mentre il 5 giugno i rettori veneziani abbandonarono Padova a seguito della richiesta, inviata da Trissino, di resa della città alle milizie imperiali. Alcune fonti, tra cui Pietro Bembo (1552, pp. 112 s.), sottolineano che i vicentini stessi avrebbero chiesto l’intervento di Trissino per offrirgli il governo della città. Altri, come Luigi da Porto e Girolamo Priuli, precisano invece che sarebbero state le famiglie Trissino e Trento a pregare Leonardo perché si muovesse alla volta di Vicenza che, nel timore di subire rappresaglie, si sarebbe facilmente arresa agli Asburgo (Guérin Dalle Mese, 1983, p. 167 nota 206; Clough, 2014, p. 395). In ogni caso, dopo la capitolazione di Verona dei primi di giugno del 1509 il Consiglio di Vicenza decise di eleggere sedici oratori, tra cui furono scelti anche alcuni membri della famiglia Trissino, perché manifestassero al loro concittadino la volontà di consegnare la città all’imperatore (Guérin Dalle Mese, 1983, p. 168 nota 208). Essi lo raggiunsero a Malo, in casa del cognato Marco Muzzan (che aveva sposato la sorella di Trissino, Paola) e, nonostante la constatazione dell’esigua forza militare al comando di Trissino, portarono a compimento l’incarico (Zamperetti, 1989, p. 70). Nel pomeriggio del 5 giugno 1509 Trissino entrò a Vicenza con un manipolo di soldati senza incontrare resistenza, e ricevette le chiavi della città dai deputati ad utilia. Il giorno seguente il condottiero manifestò tutto il suo rancore antiveneziano con l’abbattimento e la distruzione del leone di San Marco nella piazza centrale: «In Vicenza, a ore 21, Lunardo da Dresseno per nome dell’imperatore [...] fe la entrada de Vicenza con circa 80 persone a pié [...] et el zorno seguente el detto Lunardo fe romper et buttar per terra el S. Marco che era in la colonna de Vicenza» (Zamperetti, 1989, p. 67; Clough, 2014, pp. 256, 396 s.).
Al pari di quanto avvenne in altre città del Dominio veneto, il patriziato vicentino non osteggiò quindi l’impresa di Trissino, nella speranza di sottrarsi ai veneziani, che avevano affidato al patriziato lagunare i più importanti uffici di governo nelle diverse città del contado, privando di fatto l’aristocrazia locale delle sue antiche prerogative (Zamperetti, 1989, pp. 67 s., 71; Guérin Dalle Mese, 1983, pp. 167-176; Clough, 2014, pp. 287 s.). Anche a Schio, per esempio, Trissino poté contare sull’appoggio di un drappello di notabili che lo avevano raggiunto a Bolzano per perorare una maggiore autonomia per la propria città (Zamperetti, 1989, p. 69).
Accompagnato da un manipolo di giovani aristocratici vicentini, Trissino partì poi alla volta di Padova, che conquistò senza alcuna difficoltà. Il già citato Luigi da Porto, che aveva preso parte all’iniziativa, descrive con queste parole (non aliene da una punta di sarcasmo, dettato fors’anche dall’antica rivalità tra le due famiglie) il disinvolto governo di Trissino a Vicenza e a Padova: «Dona provvisioni, conferma feudi [...] per la qual cosa molti nobili della Marca Trevigiana e del Friuli ancora sono venuti a tuor da lui investiture delle loro terre e giurisdizioni [...]. Delle quali cose messer Leonardo con gli amici alle volte si ride, meravigliando che così d’ogni gran cosa s’abbia ricorso a lui, come se quasi lo stesso imperator fosse» (Clough, 2014, pp. 399 s.; Sanuto, 1879-1903, VIII, col. 354; Bonardi, 1902). Il suo governo fu, tuttavia, di breve durata: Padova venne riconquistata dalle truppe veneziane il 17 luglio 1509, nonostante il tentativo di resistenza di Trissino.
Il 19 luglio egli fu condotto a Venezia e incarcerato; morì il 3 febbraio 1511 e fu sepolto nella chiesa di S. Francesco della Vigna (Rumor, 1997).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Capi dei Dieci, Lettere, 1502, n. 409; 1507, n. 321; Capi dei Dieci, reg. 223, nn. 10, 12; Capi dei Dieci, Misti, reg. 29, c. 129v; Senato, Terra, reg. 12, c. 83r; Archivio di Stato di Vicenza, Archivio della famiglia Trissino, sub data 1467-1511; Vicenza, Biblioteca civica, Archivio Trissino, Libro provvisioni, 1, b. 794.
P. Bembo, Della historia vinitiana, Venezia 1552, pp. 112 s.; M. Sanuto, I Diarii, a cura di F. Stefani - G. Berchet - N. Barozzi, I-LVIII, Venezia 1879-1903, VIII, coll. 347, 354, 366 s.; P. Zanetti, L’assedio di Padova dell’anno 1509 in correlazione alla guerra combattuta nel Veneto dal maggio all’ottobre, in Nuovo Archivio veneto, II (1891), pp. 5-168 (in partic. pp. 155-160); D. Bortolan, L. T. celebre avventuriero, ibid., III (1892), pp. 5-46; A. Bonardi, I padovani ribelli alla Repubblica di Venezia, anni 1509-1530, in Miscellanea di storia veneta, s. 2, VIII (1902), pp. 333 s.; G. Priuli, I diarii di Girolamo Priuli: aa. 1499-1512, a cura di R. Cessi, Bologna 1938-1941, pp. 11 s., 15; J. Guérin Dalle Mese, Una cronaca vicentina del Cinquecento, Vicenza 1983, pp. 166-176; S. Zamperetti, Poteri locali e governo centrale in una città suddita d’antico regime dal dopo Cambrai al primo Seicento, in Storia di Vicenza, III, 1, L’età della Repubblica veneta, Vicenza 1989, pp. 67-113 (in partic. pp. 67-80); S. Rumor, Il blasone vicentino descritto e storicamente illustrato, Vicenza 1997, p. 191; L. Fiorentini, Una famiglia e le sue carte. Inventario del fondo Trissino di contrà Riale (1224-1798), tesi di laurea, Università degli studi di Verona, a.a. 2000-01; S. Zamperetti, I 5000 fanti di L. T. Venezia e il suo dominio di terraferma alla luce di Agnadello, in Ateneo veneto, s. 3, CXCVII (2010), 9, 1, pp. 65-101; C.H. Clough, Luigi Da Porto, Lettere storiche 1509-1513, Costabissara 2014, pp. 214-216, 222, 251, 256, 277, 287 s., 395-406.