SINISGALLI, Leonardo
– Nacque a Montemurro (Potenza) il 9 marzo 1908 da Vito che, emigrato in America, esercitò il mestiere di «designer per una grande fabbrica di abiti standard» (Accrocca, 1960, p. 389) e al rientro si trasformò in agricoltore, e da Carmela Lacorazza.
Frequentò le scuole elementari in paese ed ebbe come maestro don Vito Santoro che ne scoprì il precoce talento. Continuò gli studi dapprima a Caserta e poi a Benevento, conseguendo la maturità nell’istituto Dalla Porta alla Pignasecca di Napoli con risultati eccellenti: «il primo classificato tra tutti gli studenti del Sud» (ibid.).
Nel 1925 s’iscrisse alla facoltà di matematica dell’Università di Roma, dove ebbe come maestri scienziati illustri (Tullio Levi-Civita, Luigi Fantappié, Guido Castelnuovo, Francesco Severi). Superato il biennio propedeutico, ricevette l’invito di Enrico Fermi a frequentare l’istituto di via Panisperna; preferì, tuttavia, l’amicizia con Scipione (Gino Bonichi), Mario Mafai, Libero De Libero, Arnaldo Beccaria, Giuseppe Ungaretti.
Nel 1927 pubblicò a proprie spese Cuore, plaquette frutto del ‘bagno crepuscolare’ che aveva caratterizzato la prima formazione. Presto ripudiata e senza effettiva circolazione, fu in qualche modo recuperata negli ultimi anni di vita del poeta. Nel 1932 conseguì la laurea in ingegneria industriale. Nel 1934, su consiglio di Cesare Zavattini, partecipò ai Littoriali della cultura e dell’arte e a Firenze fu proclamato primo littore per la poesia, seguito da Attilio Bertolucci. Telesio Interlandi non gradì la premiazione di poesie disimpegnate e si scagliò contro questo risultato, elogiando invece il testo sulla bonifica dell’Agro pontino del terzo classificato, Pietro Ingrao. Nel 1936 uscirono le 18 poesie, primo ‘pesce d’oro’ di Scheiwiller, e fu consenso: Giuseppe De Robertis le recensì con un elogio dell’ermetismo che partiva da Giacomo Leopardi.
Nel 1937 Sinisgalli cominciò l’avventura nel mondo dell’industria, con un impiego presso la Società italiana del Linoleum del gruppo Pirelli. Nel 1938 fu assunto da Adriano Olivetti come responsabile dell’ufficio tecnico di pubblicità.
Le vetrine Olivetti dei negozi di Milano in Galleria (ma anche di Roma al Tritone), da lui curate, costituivano ogni volta un evento, segnalato persino da una corrispondenza su La Stampa (24 maggio 1939) di Corrado Alvaro; in accordo con Elio Vittorini, Sinisgalli sperimentò una pubblicità attenta alle ragioni dell’arte. Ad esempio: quando la penna non serve più, perché è sostituita dalla macchina da scrivere Olivetti, dentro al calamaio ci metti una rosa; fu questa una delle trovate di Sinisgalli, eseguita graficamente da Costantino Nivola e Giovanni Pintori.
Nel 1943, con prefazione di Gianfranco Contini, Mondadori pubblicò Vidi le Muse (Milano).
All’interno risaltano le plaquettes che diedero lustro a Sinisgalli: la già citata 18 poesie e Campi Elisi (1939). Nella raccolta è riconoscibile un’adesione eterodossa all’ermetismo, che si nutre anche di una matrice antropologica di stampo meridionale, con un’acutezza barocca nel gioco tra «cuore» e «meraviglia» e una sorta di epos contraddetto.
Il 13 maggio 1944 Sinisgalli venne arrestato dalle Schutzstaffel (SS) e trasferito nella casa della tortura in via Tasso, perché il suo nome era presente negli indirizzi di un ricercato; si salvò solo grazie alla sua compagna, Giorgia De Cousandier, con cui si unì poi in matrimonio nel 1969. Di questo episodio, e dell’attività clandestina nei rapporti con Mario Alicata, c’è notizia nei racconti Puskin in Via Tasso (1948) e Borgo Valtellina (1975).
Con scelta audace e divergente rispetto all’indirizzo realista imperante, pubblicò, sempre per Mondadori, Fiori pari fiori dispari (Milano 1945). Un critico come Contini, con formula estensiva, parlò di «eccellenti album di immagini pure» (1978, p. 189); in effetti, solo a questo libro si addice la qualifica di prosa lirica, in virtù di una trasparenza espressiva che tende all’assimilazione con la poesia. I Belliboschi (Milano 1948) rispondono invece alla nativa vocazione al racconto che Sinisgalli esercitava felicemente anche nelle forme orali; e su questa stessa linea è da collocare Un disegno di Scipione e altri racconti (Milano 1975), dove s’impone la prosa I lucani che evidenzia come tratto antropologico il demone dell’insoddisfazione.
Nel 1946 con Giandomenico Giagni curò un programma radiofonico di grande successo, il Teatro dell’usignuolo; seguì la stampa de I nuovi Campi Elisi (Milano 1947), in cui Sinisgalli coglie l’urgenza del reale che preme intorno, ma non sino al punto da recepire la poesia come cronaca; piuttosto, recupera il ‘racconto’ poetico.
Richiamato da Giuseppe E. Luraghi, dal 1948 al 1952 curò la propaganda dell’azienda e diresse la rivista Pirelli con programma di apertura al mondo esterno, coniugando il dato utilitaristico dell’economia con l’arricchimento culturale. Nel 1948 e nel 1950 realizzò due documentari, Lezione di geometria e Un millesimo di millimetro (in collaborazione con Virgilio Sabel), che furono premiati alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Sempre edito da Mondadori, uscì quindi Furor mathematicus (Milano 1950), opera costruita secondo un’idea di cultura contaminata tesa a esprimere «un’estetica della civiltà moderna» (Pampaloni, 1950, p. 367).
In questo testo, che contiene la forza messianica di una nuova era, vi confluiscono anche testi eterogenei già pubblicati (dal Quaderno di geometria all’Indovino, a Horror vacui). Non è solo un tentativo di ricomposizione tra le ‘due culture’, ma un dialogo operante tra i saperi secondo il modello di un Mallarmé fuori dalla cittadella del purismo. Temi che tornano nella successiva opera Calcoli e fandonie (Milano 1970), dove le arditezze della ragione risultano correlate alla menzogna dell’arte che, cancellando i connotati del vero, provoca un fruttuoso corto circuito.
Nel 1953, sempre con la protezione di Luraghi nel frattempo passato a Finmeccanica, Sinisgalli fondò e diresse fino al 1958 Civiltà delle macchine: un successo internazionale con riscontri entusiastici (da Lewis Mumford a Walter Gropius, da Richard Neutra a Reyner Banham), in cui potevano convergere grandi scienziati, scrittori, artisti, filosofi per celebrare l’utopia dell’incontro delle culture. Non c’è il feticismo della macchina; le suggestioni più spinte della modernità convivono con l’arcaico mondo lucano.
Nel 1956 pubblicò da Mondadori La vigna vecchia; anche in questa raccolta «si riscontrano elementi tipici della produzione ermetica ormai sciolti e portati nella pagina in uno stile che li apre alla chiarezza» (Dell’Aquila, 2017, pp. 199 s.).
Da segnalare la sezione L’albero di rose che, sulla scia di Giuseppe Ungaretti e Jean Paulhan, trascrive canti dialettali lucani, con significativa inversione dal popolare al letterario.
Dopo la cessazione del rapporto con Finmeccanica, Sinisgalli fu consulente dell’Azienda generale italiana petroli (AGIP) di Enrico Mattei e dell’Alitalia, e poi collaborò alle celebrazioni di Italia 61.
Nel 1962 pubblicò un’opera assai complessa nella sua articolazione strutturale, L’età della luna (Milano), che ambiva a scuotere il lettore attraverso la documentazione perentoria di una crisi. Al ‘tempo delle vigne’ e all’‘età delle rose’ subentrava l’‘età della luna’, quasi un approdo a una condizione extraterrestre, in cui il paese con la sua mitologia resta lontano.
Tra il 1964 e il 1966 Sinisgalli consumò le ultime importanti esperienze ‘industriali’: per i mobili MIM (Mobili Italiani Moderni) promosse la superba rivista di arredamento, e non solo, La botte e il violino; per l’Alfa Romeo l’house organ intitolato Il Quadrifoglio.
Nel 1967 Sinisgalli raccolse nei Martedì colorati (editi presso l’Immordino) un gruppo di cronache d’arte, cui per complemento si devono aggiungere le postume Ventiquattro prose d’arte curate da Giuseppe Appella (per le Edizioni della Cometa, 1983) e le disperse. Questa attività dà credito al riconoscimento di Roberto Longhi circa la capacità intuitiva dei poeti, ma si giova anche della vita in comune con artisti di primo piano. Sinisgalli critico d’arte oscilla tra aneddotica e sottolineatura dei movimenti preferiti; non mancano indizi della poetica che sorregge il lavoro di scrittore.
Nel 1975, in occasione dell’assegnazione del premio Nobel a Eugenio Montale, Sinisgalli si espose a una risentita polemica, a conferma dei difficili e intricati rapporti intercorsi tra i due (Contorbia, 2012, pp. 235-247).
La produzione poetica edita dal 1970 in poi fu caratterizzata dal comune denominatore della reductio. Il passero e il lebbroso (Milano 1970), per ammissione dell’autore, ebbe una lunga, faticosa incubazione e segnerebbe addirittura un atto di conversione nella tecnica compositiva, il passaggio dal coup de foudre alla recherche, imprevedibile e intanto ridotta all’arte povera. Si tratta di una poesia che nasce da mille vagabondaggi e contiene la vera lebbra nelle rime «nascoste e palesi [che] scoppiano all’improvviso come spari o come farfalle» (L. Sinisgalli, Modernità di Leopardi, 1974, 1994, p. 56). Mosche in bottiglia (Milano 1975), insignita con il premio Viareggio, nacque dall’accumulo di un’ingente mole di ‘schegge’ disperse che esprimevano la nuova maniera breve di fissare la realtà; vi circola anche una vena coerente di poesia della scienza vibrante in una fusione tra esprit de géométrie e attenta capacità descrittiva, come in Ottica. Dimenticatoio (Milano 1978) è la continuazione di questa nuova esperienza: ambedue le raccolte sono accomunate dalla ripresa concettuale delle laminette orfiche trovate nei cimiteri lucani. Le ultime due plaquettes pubblicate in vita (Come un ladro, 1979, e Più vicino ai morti, 1980) confluirono nei postumi Infinitesimi per le Edizioni della Cometa (Roma 2001): vi incombe il senso della morte e l’itinerario poetico si snoda accavallando infanzia e vecchiaia, con visibile coscienza frammentaria e indifesa.
Un discorso a sé meritano le Imitazioni dall’Antologia Palatina (Roma 1980), che realizzarono un’antica predizione o suggerimento: Sinisgalli si mise da vecchio a studiare il greco con il figlio Filippo, perché avvertì ‘fraterni’ questi poeti ‘vicini di casa’ così attenti ai modi epigrafici e alle ragioni degli affetti.
Mentre era in corso una sua mostra presso la galleria Il Millennio da lui fondata, colpito da un infarto, Sinisgalli morì a Roma il 31 gennaio 1981.
Opere. Fra le opere non citate in esteso nel testo o in successive edizioni: Puskin in Via Tasso, in Belliboschi, Milano 1948, pp. 119-122; Modernità di Leopardi (1974), in Intorno alla figura del poeta, a cura di R. Aymone, Cava dei Tirreni 1994, pp. 45-65; Borgo Valtellina, in Un disegno di Scipione e altri racconti, Milano 1975, pp. 105-114; L’odor moro, a cura e con un saggio di R. Aymone, Cava dei Tirreni 1990; Vidi le Muse, a cura di R. Aymone, Cava dei Tirreni 1997; Pneumatica, a cura e con introduzione di F. Vitelli, Salerno 2003.
Fonti e Bibl.: G. De Robertis, 18 poesie (1936), in Id., Scrittori del Novecento, Firenze 1958, pp. 348-354; V. Branca, Fiori pari fiori dispari, in Il Ponte, I (1945), 9, pp. 859-861; G. Pampaloni, Furor mathematicus, in Belfagor, V (1950), 3, pp. 366-369; G. De Robertis, La vigna vecchia (1957), in Id., Altro Novecento, Firenze 1962, pp. 423-428; E.F. Accrocca, Ritratti su misura, Venezia 1960, pp. 388-391; G. Contini, Altri esercizi (1942-1971), Torino 1972, pp. 159-167; Id., S. L., in Schedario di scrittori moderni e contemporanei, Firenze 1978, pp. 188 s.; G. Raboni, C’è un narratore dietro il poeta, in Tuttolibri-La Stampa, 15 aprile 1979; G. Mariani, L’orologio del Pincio. L. S. tra certezza e illusione, Roma 1981; R. Aymone, Le muse appollaiate. Saggi su S., Cava dei Tirreni 1988; Le “muse irrequiete” di L. S., a cura di G. Appella, Roma 1988; F. Vitelli, L’amore della somiglianza. Saggi su S., Scotellaro, Bernari, Salerno 1989, pp. 9-72; G. Lupo, S. e la cultura utopica degli anni Trenta, Milano 1996; F. Vitelli, I fiori matematici. Percorsi della modernità in scrittori del Novecento, Fasano 1996, pp. 9-119; S. Zuliani, Il demone della contraddizione. S. critico d’arte, Milano 1997; F. Vitelli, Il granchio e l’aragosta. Studi ai confini della letteratura, Lecce 2003, pp. 7-104; P. Antonello, Scienza filosofia, tecnica nella letteratura italiana del Novecento, Firenze 2005, pp. 124-168; A. Di Silvestro, L. S. fra scrittura e trascrizione, Firenze 2005; F. Vitelli, Minima letteraria, Salerno 2007, pp. 19-48; Id., I cavilli e il germe. Prospezioni su S., Pisa-Roma 2007; F. Contorbia, S. vs Montale, in Il guscio della chiocciola: studi su L. S., II, a cura di S. Martelli - F. Vitelli, con la collaborazione di G. Dell’Aquila - L. Pesola, Salerno-Stony Brook 2012, pp. 235-247; Un geniaccio tuttofare tra poesia e scienza. L. S., a cura di B. Russo, Venosa 2015; S. Ramat - C. Martignoni - L. Stefanelli, Tra ghiande e coccole: omaggio a più voci per L. S., Venosa 2016; La Basilicata di L. S. nella civiltà delle macchine, a cura di B. Russo - G. Lacorazza, Venosa 2016; G.I. Bischi - L. Curcio, La matematica secondo S., Montemurro 2017; G. Dell’Aquila, La perfidia eleatica. Studi su L. S., Venosa 2017; F. Vitelli, La lanterna negli anfratti. Studi per L. S., Montemurro 2017.