Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Nella figura di Leonardo si riassumono le esperienze maturate nei secoli precedenti nel mondo delle arti meccaniche, che in lui trovano per la prima volta una legittimazione teorica.
Pratiche tecniche e legittimazione teorica
La grandezza di Leonardo da Vinci è stata quella di aver riassunto e reinterpretato in una sintesi non sistematica, ma genialmente aperta, quello che alle soglie del Cinquecento era ormai un accumulo di esperienze maturate da secoli nel mondo delle cosiddette arti meccaniche o “illiberali”. Nella sua opera troviamo un mondo variegato e difforme di pratiche tecniche, di stili locali e consuetudinari di lavoro, di tradizioni corporative e artigiane, di attività di cantiere e di bottega, certamente diffuse e in crescente sviluppo sotto la spinta della civiltà urbana, e tuttavia ancora prive di un linguaggio tecnico comune e, ancor più, di una consapevole riflessione teorica attorno ai propri fondamenti.
L’incontro di Leonardo con le macchine è l’incontro di un “omo sanza lettere” che, uscito non dal seno delle accademie ma dal laboratorio di una bottega d’arte, muove i primi decisivi passi verso la legittimazione teorica delle arti meccaniche, tentandone una prima fondazione dall’interno, meditando sia sui classici della geometria e dell’ingegneria antica, Euclide e soprattutto Archimede (cercati e studiati già dagli architetti e dai curiosi di macchine del Quattrocento), sia sulla filosofia platonica di Luca Pacioli e dell’ambiente fiorentino.
Invenzione o imitazione?
Le indagini di storia della tecnica fanno emergere un panorama sempre più ricco e complesso intorno a Leonardo, tanto che risulta difficile valutare se certi suoi progetti siano vere e proprie invenzioni o rivisitazioni di qualcosa che esisteva già. Il recupero di album da disegno, lo studio sistematico dei “teatri di macchine”, il confronto tra le varie documentazioni rendono infatti sempre più problematica la datazione o l’attribuzione certa di un’invenzione. Ciò che pare ideazione personale si scopre copia di disegni o di modelli preesistenti, spesso – in una tradizione conservativa come quella artigiana – risalenti a secoli prima e in certi casi migliori.
L’artigiano e l’ingegnere, prima che inventare, copiano e imitano e, secondo una linea costante nel Cinquecento, danno prova del loro ingenium meccanico combinando congegni e parti di macchine secondo la retorica dell’artificio, del “macchinoso”, in esatta opposizione alla semplificazione razionale della meccanica moderna.
Leonardo fissa nella memoria della pagina per accumulo casuale quegli arnesi, argomenti, dispositivi o le macchine che gli capita di trovare (inventio) e che possono prestarsi, con opportuni aggiustamenti, ai casi futuri. L’ingegnere fa tesoro di questa memoria accumulata, pronto a cercare in questo catalogo di esempi quello che meglio si presta al caso concreto. Egli incrementa il proprio catalogo di esperienze, raccontate in disegno piuttosto che dimostrate o misurate. Se però ci limitiamo a questo tipo di considerazioni non riusciamo certamente a cogliere l’essenza della genialità di Leonardo, che è da individuare semmai nella molteplicità di proposte tecniche che egli è in grado di suggerire e a cui i suoi tempi non sono ancora invece in grado di rispondere. Se infatti consideriamo solo il disegno dell’automobile, esso è molto inferiore a quello di Francesco di Giorgio Martini, lo scafandro o respiratore subacqueo è già documentato nelle opere di Conrad Kyeser e nel cosiddetto Anonimo della guerra hussita autore di note e osservazioni fondamentali per la conoscenza delle tecniche meccaniche (1430 ca.); la nave a ruote laterali ha un’abbondante serie di documentazioni manoscritte e forse risale a modelli romani, le macchine elevatrici costituiscono il corredo corrente dei manuali dei suoi predecessori e così pure i meccanismi a cremagliera combinati con viti senza fine, e lo stesso affascinante e fallimentare studio per la macchina volante dà corpo, con tenacia e perizia “scientifica”, a tentativi e progetti precedenti.
Artificio, inventiva e utopia
Certamente in Leonardo si trovano esaltate al massimo, e dispiegate con mirabile maestria, le doti comunemente richieste a un ingegnere o un architetto dell’epoca. L’architetto non è solo chi disegna o progetta manufatti e fortificazioni, ma anzitutto è il capocantiere in senso forte, colui che “comanda le attività del costruire” nella totalità delle competenze che il costruire in cantiere comporta.
Leonardo, sulle pagine dei suoi codici, riflette e riassume la somma di attività tecniche delle diverse corporazioni operaie e artigiane, molte delle quali convivono assieme nell’impresa di cantiere. Così come richiesto a un ingegnere, Leonardo interviene per risolvere problemi e suggerire soluzioni, che egli detta con genialità incomparabile in tutti i campi della tecnica e delle costruzioni, dall’ingegneria civile e idraulica a quella militare, dalla meccanica di precisione alla progettazione di macchine utensili o di cantiere.
Di qui il dispiegamento di una quantità di proposte tecniche come la macchina automatica per incidere lime o molare gli specchi, il laminatoio per profilati conici, la macchina filatrice con meccanismo per la torcitura, meccanismi per la fresatura e l’alesaggio, sistemi antiattrito e per la compensazione dell’usura degli alberi. Proposte tecniche che in molti casi, per l’epoca, vanno al di là delle possibilità della loro materiale realizzazione. Nello scarto che si verifica tra la proposta del singolo e la capacità di risposta dei tempi sta la genialità tecnica di Leonardo. La macchina nell’età preindustriale è un prototipo che nasce ogni volta nel luogo e per la specifica funzione cui è destinata, legata alla natura dei materiali disponibili e alle usanze locali, e che pone limiti in termini di invenzione e innovazione. Perciò, rispetto alle condizioni oggettive e alla tradizione tecnica assestata su queste condizioni, a Leonardo non rimane che rinnovare per via di artificio inventivo o di utopia.
Fatta salva la sua straordinaria qualità, va pur detto che il materiale illustrativo leonardesco, eccezionale per la vastità degli interessi e della somma perizia grafica, costituisce un saggio di documentazione tecnica e ingegneristica che non è insolito per architetti, tecnici e scienziati del suo tempo. Disegni e abbozzi di macchine sono appunti destinati a restare sulla pagina di album il tempo necessario a far passare congegni e manufatti dallo stato d’ideazione sommaria, e dunque priva dei caratteri di progetto, alla loro eventuale concreta realizzazione. Una breve vita, dunque, come breve è spesso la vita delle macchine, non solo per l’obsolescenza dei materiali, ma perché concepite in funzione di singole e specifiche prestazioni e il più delle volte legate alla durata di un’impresa o di un cantiere.
Organicismo e astrazione geometrica: due visioni della macchina
Nel disegno di macchine convivono in Leonardo le sue esperienze di anatomista, di insaziabile indagatore della natura organica, e di ingegnere speculatore di meccanica e di geometria. La sua maestria di pittore e disegnatore si risolve in una straordinaria capacità di rendere il messaggio visivo. Leonardo sa che l’artigiano realizza a occhio e con sguardo d’assieme. Egli non disegna gli edifici o le macchine sotto forma di progetto (in pianta, prospetto e lato, o scomponendone le parti), ma serba organicamente l’insieme, scegliendo il punto di vista che offra il massimo d’informazione, cioè la veduta di scorcio e in assonometria, con un eccellente dominio della prospettiva.
Leonardo ingegnere non dimentica la sua esperienza di anatomista: ritrarre una macchina significa riprodurre, come per un corpo vivente, la sua unità organica, compresi i suoi più minuti connotati, anche se meccanicamente irrilevanti. La macchina non è ancora modello di serie, ma un individuo di una specie di cui vanno definiti non solo i tratti specifici, ma anche la sua realtà fisica, i suoi attributi individuali. Di essa Leonardo non dà quasi mai misure, inutili nel variare babelico di sistemi e linguaggi metrici locali.
Le misure vanno calcolate a occhio, ricavandole per proporzione dal modello, ritratto come un organismo umano, la cui integrità è indispensabile per collocare ogni membro nel tutto e ricavarne la proporzione per via di rapporti, mediante il canone di proporzioni. L’atlante di macchine è simile a un atlante di anatomia, come emerge bene dal muscolarismo antropomorfico ed erculeo delle sue macchine belliche. Ma Leonardo speculatore di meccanica e di geometria sa dare alla morphè anche l’eidos della macchina, la struttura fine e soggiacente del suo schema geometrico. Con grande economia grafica, Leonardo specializza il suo disegno a due livelli, a seconda che ritragga corposamente la macchina come realtà fisica, nei suoi attributi materici, o che miri all’astrazione del suo schema geometrico, smaterializzandola in un tratto fine e omogeneo, quando lo studio riguardi le regole relazionali della macchina, le relazioni interne tra pesi e forze, e le regole ottimali di proporzione. Per Leonardo scienziato la gru o la balestra vanno risolte in un sistema di raggi e corde inscritti in un semicerchio, o le ricerche sulla resistenza dei materiali riducono i corpi fisici a semplici volumi geometrici.
Qui l’astrazione e la generalizzazione delle forme sono volte alla determinazione delle condizioni costanti e assolute della macchina, agli aspetti deducibili solo per via di analisi mentale.
Dalla tecnica alla meccanica come scienza
Ricercare l’originalità inventiva di Leonardo solo nella capacità di immaginare e creare macchine nuove o diverse, se da un lato rischia continue smentite nel ritrovamento di modelli preesistenti, dall’altro finisce per falsare il senso della novità del suo apporto. La sua vera originalità è proprio quella di essere nello stesso tempo un artigiano e un teorico di meccanica e di geometria; in modo mai prima tentato Leonardo unisce insieme pratica ed esperimento in vista di una teoria delle macchine, scoprendo che è anche teoria della natura, teoria fisica.
In quel tempo l’artigiano acquisisce le proprie abilità manuali per imitazione ripetuta degli atti e conforma le proprie operazioni e procedure a un sistema di regole acquisite sotto forma di precetti e segreti del mestiere.
Egli sa ripetere per uso abitudinario e irriflesso i semplici precetti e sa attuarli di fatto, ma non sa darne una ragione necessaria e tanto meno una teoria. Leonardo invece passa dalla condizione di artigiano e ingegnere a quella di scienziato, meditando sulle condizioni di lavoro delle macchine e delle procedure artigiane. Egli ricerca la necessità delle ragioni che fondano il precetto, cioè le leggi universali e necessarie che sottostanno alle regole pratiche e irriflesse.
La genialità inventiva di Leonardo non sta dunque nella sua capacità “estensiva” di trovare congegni, quanto piuttosto in quella “intensiva” e analitica di meditare sugli elementi della macchina e scoprire le ragioni del loro funzionamento. Specie nei codici di Madrid, Leonardo non complica, ma scompone e semplifica le macchine, selezionandone gli organi alla ricerca di una prima grammatica degli elementi di macchine e di una loro prima teoria. La visibilità e l’analisi geometrica delle parti diventano un requisito indispensabile dell’intelligenza scientifica, come principale via alla scoperta di regole generali. Regole che egli individua in una geometria delle forme e nella proporzione dei pesi e delle forze, accertabili razionalmente attraverso le dimostrazioni matematiche. Questo è il grande mutamento operato da Leonardo nel seno stesso delle arti.
Primato delle matematiche
Per Leonardo la meccanica rappresenta “il paradiso delle scienze matematiche”, poiché è nel giardino fecondo della meccanica che si gusta a pieno il frutto della matematica, sia come conoscenza delle ragioni ultime e dei fondamenti, sia come scienza produttrice dei principi del costruire. Solo chi sa conoscere sa fabbricare; conoscere però è anche sperimentare, vale a dire spiegare le ragioni di un’esperienza. E per Leonardo le ragioni sono quelle matematiche, possedute le quali si possiede la stessa legge della natura. Con il primato della spiegazione matematica prende avvio quel processo di trasformazione delle arti in tecnica e della tecnica in scienza che troverà sbocco in Galilei e nella nascita della fisica moderna. E poiché per Leonardo tra macchina e natura c’è analogia di struttura e, dunque, comunanza di leggi, non rimane che riconoscere che la stessa natura è meccanica. L’indagine dell’ingegnere finisce così per coincidere con quella del fisico e dello scienziato. Solo che per Leonardo l’aspetto meccanico e matematico delle cose non è ancora esclusivo; se la macchina è lo scheletro della natura, alla natura rimane tuttavia la carne, la concreta bellezza dell’ornato. Se l’universo mentale delle ragioni è ormai dominio dello scienziato, all’artista rimane quello delle forme concrete che restano, per Leonardo, il tesoro nascosto e inesauribile della natura.