RETTI, Leonardo
RETTI, Leonardo. – Non si conosce la data di nascita di questo artista, esponente di spicco di una grande famiglia di stuccatori originari di Laino (Como). Il padre, Giambattista, si era trasferito a Parma già nel 1633 (Riccomini, 1972), e il giovane Leonardo apprese i rudimenti del mestiere nella sua bottega, al fianco del fratello Domenico. I Retti furono molto attivi nella città emiliana durante la reggenza di Ranuccio II Farnese (1646-94), e proprio qui si registra il primo intervento noto ascrivibile alla mano di Leonardo in collaborazione con Domenico: la decorazione plastica della cappella della Madonna di Costantinopoli nella chiesa di S. Vitale, commissionata da Carlo Beccaria, tesoriere del duca di Parma e priore della Congregazione del Suffragio (Riccomini, 1972). L’imponente ornamentazione si compone di ben 18 grandi statue, tra cui sono raffigurati anche alcuni membri della famiglia Beccaria, 27 figure di putti e 8 bassorilievi, e fu realizzata dai fratelli Retti tra il luglio del 1666 e il dicembre del 1669, per un compenso pari a 180 doppie e oltre 100 ducatoni (Barocelli, 2005, p. 44). Al 1671 risale la richiesta di pagamento per stucchi eseguiti nella seconda cappella a sinistra della chiesa di S. Lorenzo a Piacenza (Riccomini, 1972); probabilmente già a quella data Leonardo doveva aver maturato la decisione di trasferirsi a Roma, cogliendo forse l’invito di Giovan Battista Gaulli, in visita a Parma nel 1669 (Curzietti, 2011, p. 53), ma anche sfruttando la possibilità di entrare nella bottega di Ercole Ferrata, grande maestro intelvese, di cui lo stesso Retti sarebbe effettivamente stato «giovane in casa» (Montalto, 1957, p. 63).
Infatti, almeno a partire dal giugno del 1672 Retti fu attivo nei lavori di rinnovamento scultoreo del giardino di palazzo Borghese, inizialmente affidati alla direzione di Giovanni Paolo Schor, poi sostituito, per le eccessive spese del cantiere, con Carlo Rainaldi, al contempo impegnato nel riassetto del palazzo. I pagamenti della contabilità Borghese, scanditi fino al marzo del 1673, consentono di assegnare con certezza a Retti le figure della fontana centrale con Diana e le ninfe e l’esecuzione dei 29 vasi disposti in teoria alla sommità del muro di cinta (oggi ridotti a 25); le altre due fontane con Flora e le Tre Grazie furono realizzate rispettivamente da Filippo Carcani e Francesco Cavallini, entrambi coadiuvati da Michel Maille. Dai documenti si evince che lo stuccatore di Laino aveva anche eseguito molti altri modelli e figure su disegno di Schor, poi non messe in opera o sostituite da Rainaldi (Hibbard, 1958, p. 206). Nel 1672 prendeva avvio il cantiere di ammodernamento della chiesa di S. Marta al Collegio romano, su disegno di Carlo Fontana: mentre Giovan Battista Gaulli fu chiamato ad affrescare la volta della navata con la Gloria della Santa titolare, a Retti, coadiuvato da Antonio Roncati, furono affidati i lavori in stucco. Nonostante il contratto venisse stipulato nel dicembre del 1672, i pagamenti sono scalati tra il 1677 e il 1678, con il saldo finale effettuato soltanto nel 1681: allo scultore si assegnano gli Angeli sugli archi delle cappelle, in controfacciata e alla parete dell’abside, e la Fama reggicartiglio alla sommità della calotta absidale (Guerrieri Borsoi, 1990), mentre gli Angeli sul cornicione e ai lati della finestra sono andati perduti, ma sono testimoniati dall’incisione di Domenico de’ Rossi (Studio d’architettura civile, III, 1721, tav. 41). Retti sarebbe tornato a collaborare con Fontana nella chiesa di S. Maria in Transpontina, dove l’architetto aveva progettato e portato a termine la monumentale struttura a tempietto dell’altare maggiore nel 1674. Qui il plasticatore modellò un fastigio di Angeli che sorreggevano l’immagine della Madonna della Transpontina, mentre quattro santi carmelitani, sempre in stucco, sovrastavano le porte d’ingresso al coro (Titi, ed. 1987, p. 225).
Nel 1687 il gruppo centrale venne rimosso e nel 1695 anche le figure dei santi furono sostituite con quelle attuali in marmo, a opera di Jacopo Antonio Lavaggi, Vincenzo Felici, Alessandro Rondone e Michel Maille (Catena, 1956): parte della critica sostiene che sarebbero ancora da assegnare a Retti i due angeli inginocchiati sulle volute del timpano, ma l’ipotesi è esclusa da Guerrieri Borsoi (1990), poiché si tratta di figure in marmo.
Sempre nel 1672, il 21 agosto, Gaulli firmava il contratto per l’esecuzione degli affreschi nella cupola, pennacchi, volta della navata e sottarchi del transetto della chiesa del Gesù, impegnandosi anche a garantirne l’indoratura e la decorazione a stucco, entro la fine del 1682 (Tacchi Venturi, 1935). Tra gli scultori che furono maggiormente attivi in quel cantiere spiccano Antonio Raggi e Leonardo Retti, il primo più operoso nei lavori della navata, il secondo più presente nel presbiterio e nella cappella dedicata a S. Ignazio. A Retti spettano le virtù cardinali in stucco della Prudenza e della Fortezza nel tamburo della cupola, che fanno coppia con la Temperanza e la Giustizia a opera di Paolo Naldini (Titi, ed. 1987, p. 102); le coppie di statue ai lati dei primi tre finestroni della parete destra della navata (Maestà Cristianissima di Francia e Maestà Cattolica di Spagna; Impero Persiano e Popolo ebraico; Egitto e Popolazioni Berbere) e del quarto della parete opposta (Guaranì e Indios di Potosì) con relativi putti alla sommità dei timpani (1679-80); nella zona presbiteriale realizzò le quattro statue che fiancheggiano i finestroni e i quattro Angeli che sorreggono la cornice dell’affresco di Gaulli con il Concerto angelico del sottarco (1680-82); i due rilievi (Ignazio libera un’indemoniata ad Azpeitia e guarisce un uomo dall’epilessia, a sinistra; Lo Spirito Santo arde sul capo di Ignazio mentre celebra la messa, a destra) e le due lunette (La Vergine e il Bambino purificano l’anima di Ignazio, a sinistra; La Vergine e il Bambino ispirano gli scritti di Ignazio, a destra) della cappella sinistra del transetto (1685; Curzietti, 2011, pp. 124 s., 138, 140, 142 s.).
Intanto nel 1675 Retti era accettato ‘a viva voce’ come confratello nella Congregazione dei Virtuosi al Pantheon (Tiberia, 2005, p. 359), mentre nel 1679 veniva proposta la sua affiliazione anche all’Accademia di S. Luca, sebbene la nomina effettiva fosse ratificata soltanto nel 1699. Nel 1682 il cardinale Paluzzo Altieri affidò a Mattia de’ Rossi i progetti per il Sepolcro di Clemente X in S. Pietro: la statua in marmo del pontefice fu assegnata all’ormai anziano Ercole Ferrata e le figure allegoriche della Beneficenza e della Clemenza andarono rispettivamente a Lazzaro Morelli e a Giuseppe Mazzuoli. Altri elementi di minore entità andarono a Filippo Carcani, autore dei Putti reggicartiglio, e a Retti, che scolpì il rilievo sul sarcofago raffigurante L’apertura della Porta Santa per il Giubileo del 1675 (Schiavo, 1964, p. 190).
Secondo una recente ipotesi basata su confronti stilistici, lo scultore sarebbe intervenuto anche nella decorazione di due volte di palazzo Altieri al Gesù, e cioè quelle nelle sale dei Telamoni e del Trionfo di Enea (Valeriani, 2009, p. 816).
Nel 1683 fu scoperto l’altare maggiore della chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini, sul cui timpano Retti aveva modellato in stucco l’allegoria della Fortezza in pendant con la Giustizia realizzata da Michel Maille (Ferrari - Papaldo, 1999, p. 137). Le sue competenze di modellatore gli valsero anche la presenza a fianco di famosi architetti nella messa in opera di importanti apparati effimeri: nel 1689 modellò otto statue (Merito, Carità, Pace, Virtù eroica, Prudenza, Giustizia, Amore di Virtù, Fama) per l’arco trionfale voluto dai Farnese in occasione della presa di possesso di Alessandro VIII, su progetto di Carlo Rainaldi, e nel 1692 fu a fianco di Carlo Fontana nell’esecuzione delle figure (Prudenza, Carità, Giustizia, Pace, Vigilanza, Merito) per l’arco del Possesso di Innocenzo XII (Fagiolo Dell’Arco, 1997, pp. 551, 561).
A partire dal 1689 lo scultore fu ingaggiato dal principe Giovanni Battista Pamphilj per un’estensiva campagna di restauri delle sculture antiche conservate presso la villa di Belvedere a Frascati; le operazioni si protrassero fino al 1697, non senza l’insorgere di alcuni problemi legati alla valutazione economica degli interventi.
Nel 1694 Giuseppe Mazzuoli fu chiamato a quantificare il valore complessivo del lavoro, ma la stima di 825 scudi da lui effettuata non soddisfece le parti in causa, che dunque si rivolsero a due nuovi periti: Francesco Nuvolone per il principe e Antonio Francesco Fontana per Retti, i quali valutarono rispettivamente il lavoro 400 e 1100 scudi. Il divario tra le due cifre impose di ricorrere a un quarto perito, individuato nello scultore francese Jean Baptiste Théodon, che stabilì l’ammontare dell’importo a 800 scudi, comprensivi delle spese di viaggio tra Roma e Frascati sostenute da Retti (Bershad, 1981, p. 208).
Sempre nel 1689 lo scultore era stato incaricato di portare a termine la parte superiore del rilievo raffigurante il Martirio di s. Emerenziana per l’altare eponimo di S. Agnese in Agone, lasciato incompiuto da Ercole Ferrata, scomparso nel 1686 (Montalto, 1957, pp. 60 s.).
Anche in questa circostanza insorsero alcuni problemi di natura economica, e il 18 giugno del 1704 un nutrito gruppo di scultori (Domenico Amici, Michel Maille, Francesco Pincellotti, Bonaventura Zeno) stimò l’integrazione di Retti pari a 300 scudi, cifra confermata il 26 successivo da Bernardino Cametti e Pierre Le Gros. Fu soprattutto Maille a giudicare severamente il lavoro del collega, definito «di maniera estenuata e secca, per aver tagliato troppo marmo», e a confermare la somma di 300 scudi in una nuova perizia del dicembre 1705 (Montalto, 1957, p. 62). La vertenza si concluse soltanto nel 1709, quando Retti rinunciò alla maggiorazione del compenso, proponendo addirittura al principe Pamphilj di provvedere alle spese di trasporto dal suo studio alla chiesa e di lustratura del rilievo, pur di vedere il suo marmo montato insieme a quello di Ferrata nell’altare di S. Emerenziana.
Negli anni Novanta del secolo Retti fu impegnato in ben due occasioni per i monaci cistercensi della chiesa di S. Pudenziana. Nel 1696 fu consacrato l’altare vicino al pozzo presso il quale s. Prassede e s. Pudenziana versavano il sangue dei martiri: per questa sede, andata distrutta nel 1803, il maestro lombardo eseguì in stucco la statua di S. Pudenziana affiancata da quelle dei santi Pio V e Pastore (Titi, ed. 1987, p. 143; Guerrieri Borsoi, 1990, p. 109). Soddisfatti da questa prima prova, i cistercensi commissionarono a Retti anche le sculture per l’altare maggiore, la cui struttura marmorea fu realizzata dallo scalpellino Luca Bonatti; qui Retti modellò sempre in stucco la statua della Madonna, accompagnata dai santi Benedetto e Bernardo e da due Angeli. Per queste opere, anch’esse andate distrutte nel XIX secolo (sopravvivono soltanto parti della figura della Madonna col Bambino e un Angelo, ricostruito nel deambulatorio retrostante all’altare stesso), ricevette un saldo complessivo di 340 scudi nel maggio del 1701 (Guerrieri Borsoi, 1990, p. 110). Nel 1697 Retti fu chiamato a realizzare il modello in stucco del gruppo con la Ss. Trinità destinato a troneggiare sulla sommità del timpano dell’altare di S. Ignazio nella chiesa del Gesù di Roma. Una volta terminato il lavoro, lo scultore ne auspicò la traduzione in marmo, invocando la nobiltà di quel materiale, in opposizione alla volontà dei gesuiti, più propensi all’utilizzo del bronzo (Minervino, 2003, p. 274); tuttavia la mancanza dei fondi necessari impose un’interruzione del progetto, che fu ripreso soltanto nel 1723 per mano di Bernardino Ludovisi e Lorenzo Ottoni, autori rispettivamente del Padre Eterno e del Gesù Cristo. Alcune attestazioni documentarie dimostrano, inoltre, che nel 1702 Retti era impegnato in S. Maria dell’Orto in Trastevere per conto della confraternita dei Fruttaroli, modellando in stucco i putti nella volta sopra la tribuna (De Cavi, 1999, p. 103). Gli stessi documenti chiariscono che le due figure allegoriche sull’arco trionfale non furono eseguite da Retti bensì da Maille (p. 108).
Nel corso del primo decennio del Settecento la carriera dello stuccatore lombardo subì una battuta d’arresto, causando anche problemi di natura economica: nel 1710 l’artista risulta incarcerato per debiti nei confronti dei suoi padroni di casa, sita nella parrocchia di S. Maria in Via, dove aveva abitato almeno dal 1693 in compagnia del nipote Giuseppe (Guerrieri Borsoi, 1990, p. 112).
Morì a Roma nei primi giorni di gennaio del 1714: il suo testamento (8 gennaio 1714) e soprattutto l’inventario dei suoi beni (9 febbraio 1714) rilevano una situazione di estrema indigenza, e nel suo studio, al momento della morte, furono rinvenuti soltanto alcuni frammenti di stucchi, due modelli del rilievo per la tomba di Clemente X e gli strumenti da lavoro (p. 111).
A Retti sono attribuiti gli stucchi della chiesa di S. Giuseppe a Laino, che Magni (1964, p. 73) data al 1715, ma queste opere vanno espunte dal suo catalogo poiché, come rileva giustamente Maria Barbara Guerrieri Borsoi (1990, p. 112), a quella data lo scultore era già morto.
Fonti e Bibl.: F. Titi, Studio di pittura, scoltura et architettura nelle chiese di Roma (1674-1763), ediz. comparata a cura di B. Contardi - S. Romano, I, Firenze 1987, pp. 9 s., 102 s., 142 s., 222, 225, 236, 238; D. de’ Rossi, Studio d’architettura civile, III, Roma 1721, tav. 41; P. Tacchi Venturi, Le convenzioni tra Gio. Battista Gaulli e il Generale dei Gesuiti Gian Paolo Oliva per le pitture della cupola e della volta del tempio Farnesiano, in Roma, XIII (1935), pp. 147-156; C. Catena, Transpontina. Guida storico e artistica, Roma 1956, p. 55; L. Montalto, Ercole Ferrata e le vicende litigiose del bassorilievo di Sant’Emerenziana, in Commentari, VIII (1957), pp. 47-68; H. Hibbard, Palazzo Borghese Studies, I, The Garden and its Fountains, in The Burlington Magazine, C (1958), pp. 205-212; M. Magni, Cenno su alcuni stucchi Intelvesi, in Arti e artisti dei laghi lombardi, a cura di E. Arslan, Como 1964, pp. 71-78; A. Schiavo, Palazzo Altieri, Roma 1964, p. 190; E. Riccomini, Ordine e vaghezza: la scultura in Emilia nell’età Barocca, Bologna 1972, pp. 44, 47; L. Barroero, Santa Maria dell’Orto, Roma 1976, pp. 45 s., 49, 50 s., 72, 77, 108; L. Bershad, Leonardo Reti and the restoration of statuary at the Villa Aldobrandini in Frascati, in Antologia di Belle Arti, V (1981), pp. 199-230; M.B. Guerrieri Borsoi, Gli stucchi di Santa Marta al Collegio Romano nell’attività di L. R., in Bollettino d’Arte, s. 6, LXXIV (1990), 61, pp. 99-112; S. Zanuso, L. R., in A. Bacchi, Scultura del ’600 a Roma, Milano 1996, pp. 837 s.; M. Fagiolo Dell’Arco, Corpus delle feste a Roma, I, La festa barocca, Roma 1997, pp. 551-553, 561-563; S. De Cavi, S. Maria dell’Orto in Trastevere (1699-1727). Nuovi documenti, precisazioni e aggiunte al catalogo di Simone e Giovan Battista Giorgini, Michele Maglia, Carlo Porciani, L. R., Camillo Rusconi ed alcuni stuccatori romani, in E. Debenedetti, Arciconfraternite, chiese, artisti, Roma 1999, pp. 97-140; O. Ferrari - S. Papaldo, Le sculture del Seicento a Roma, Roma 1999, pp. 4, 53, 93-95, 102, 136 s., 295, 358, 414, 565 s.; A.M. Campofredano, Artisti protagonisti, in Ead. - F. Astolfi - R. Luciani, Santa Marta al Collegio Romano, Tivoli 2003, pp. 37-55; O. Minervino, Nuovi contributi su Bernardino Ludovisi scultore romano, in E. Debenedetti, Sculture romane del Settecento. La professione dello scultore, III, Roma 2003, pp. 271-339; F. Barocelli, Il monumento di Leonardo e Domenico Reti. “Beccariae gentis imagines”, in La Chiesa di San Vitale. Il monumento ritrovato, a cura di F. Baroncelli - M. Ghillani - F. Grisenti, Milano 2005, pp. 42-50; V. Tiberia, La Compagnia di S. Giuseppe di Terrasanta da Gregorio XV a Innocenzo XII, Martina Franca 2005, ad ind.; A. Valeriani, Ipotesi sul ciclo in stucco di palazzo Altieri a Roma, in Ou pan ephemeron. Scritti in memoria di Roberto Pretagostini..., a cura di C. Braidotti - E. Dettori - E. Lanzillotta, Roma 2009, pp. 805-827; J. Curzietti, Giovan Battista Gaulli. La decorazione della chiesa del SS. Nome di Gesù, Roma 2011, ad indicem.