MATTEI, Leonardo (Leonardo da Udine). – Nacque a Udine presumibilmente tra il 1399 e il 1400. Leandro Alberti è stato l’unico a collocare la nascita del M. non a Udine, ma a Belluno, senza però offrire altre indicazioni: la sua vicinanza cronologica al M. potrebbe però far propendere per l’attendibilità della notizia. Del padre del M. è noto che si chiamava Matteo e che era «preco» (banditore)
del Comune di Udine, mentre nulla è noto della madre, se non che morì nel darlo alla luce, secondo quanto afferma l’erudito udinese Antonio Belloni.
Nel 1424 il M. rivestiva presso il convento di S. Domenico di Bologna la carica di maestro degli studenti, secondo l’explicit delle Recollectiones super libris de anima conservate a Padova (Bibl. universitaria, Mss., 1499, c. 148v). Secondo le costituzioni domenicane il frate poteva accedere a tale carica quando ancora era studens, cioè durante l’iter formativo, fra i venti e i venticinque anni. Il M. dovette quindi entrare nell’Ordine dei predicatori intorno ai quattordici anni, tra il 1413 e il 1414.
Nel 1426 il capitolo generale di Bologna lo nominò lector Sententiarum nel convento di S. Domenico di Bologna, per il biennio 1426-28; nel capitolo generale di Colonia del 1428 fu nominato reggente della provincia di S. Domenico, sempre presso il convento bolognese, carica che fu confermata nel 1431 dal capitolo generale di Lione.
Il 30 marzo 1433 il M. portò a termine l’Epistola di rabbi Samuele Iudeo a rabbi Isaac, del Messia venuto, volgarizzamento del testo di polemica antiebraica Epistula rabbi Samuel de Fez de adventu Messiae del domenicano spagnolo Alfonso Buenhombre, che a sua volta l’aveva tradotto dall’arabo in latino nel 1339 con una dedica all’allora maestro dell’Ordine, Ugo di Vaucemain.
L’opera è nota da due testimoni: il manoscritto Acquisti e doni 275 (anno 1500) della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze e il manoscritto 21 (anno 1497), mutilo della parte iniziale, della Biblioteca Angelica di Roma.
In occasione della Quaresima del 1434 il M. predicò a Firenze, in S. Maria Novella. A Ferrara, prima del trasferimento del concilio a Firenze, avvenuto negli ultimi mesi del 1439, il M. redasse, su richiesta dei padri conciliari, una confutazione di dodici proposizioni approvate dal concilio di Basilea (1431). Dopo il trasferimento del concilio a Firenze il M. diede prova della sua abilità oratoria nelle prediche fatte in varie occasioni dinanzi al papa e alla Curia romana. Frutto di quella predicazione sono i quarantotto Sermones floridi de dominicis et quibusdam festis, stampati a Lione nel 1496 (Indice generale degli incunaboli [= IGI], 5745).
Secondo Belloni in quel periodo il M. avrebbe predicato a Roma e avrebbe riportato alla fede alcuni eretici. Il 1° giugno 1440 la presenza del M. è attestata nel convento di S. Domenico di Cividale del Friuli, in qualità di vicario del Friuli e dell’Istria e di professore in Sacra teologia, dall’inventario di libri da lui stesso redatto, testimonianza del rinnovato indirizzo dei domenicani del Friuli dopo la conquista veneta.
Nel 1445 il M. concesse in prestito al decano della città Domenico Dominici, celebre giurista e insigne predicatore, alcuni libri della biblioteca conventuale di Udine, dietro istanza dei canonici cividalesi, che a tale scopo sollecitarono l’interessamento del Comune.
Risale al 1446, quando il M. si trovava a Udine, la composizione dei Sermones aurei de sanctis, una raccolta di panegirici per le varie ricorrenze dell’anno, che fu stampata per la prima volta a Colonia, presso Ulrich Zell, nel 1473 e, sempre nello stesso anno, a Venezia, presso Franz Renner e Niccolò da Francoforte (IGI, nn. 5736-5744).
Nel 1447 il M. predicò a Cividale per il ciclo quaresimale. Il 10 maggio 1448 chiese udienza al Consiglio del Comune per ottenere il permesso di riesumare il corpo di Benvenuta Boiani, terziaria domenicana morta in concetto di santità il 30 ott. 1292, della beatificazione della quale il M. si fece in seguito promotore.
Il 18 giugno 1451 il M. fu nominato vicario dei conventi di S. Pietro Martire di Udine e di Capodistria, nonché del monastero di S. Maria di Cella, con piena autorità «tam in capitibus quam in membris» (Firenze, Bibl. Medicea Laurenziana, S. Marco, 866, c. 36r). Il 20 giugno fu inviato in qualità di visitatore «cum auctoritate plenaria absolvendi, visitandi, incarcerandi, exortandi et alia similia faciendi que ipse generalis facere possit si presens adesset» nel convento di Padova e nel monastero di S. Anna, insieme con il magister fra Antonio di Camerino, per risolvervi «ardua negocia» (ibid., c. 36v). Secondo la testimonianza di Agostino di Aquileia, rappresentante dei maggiorenti della città friulana presso la Curia papale, il M. sarebbe stato convocato il 26 ott. 1452 dal cardinale di S. Sisto, il domenicano Juan de Torquemada, vicecancelliere della Curia romana, per comunicargli l’intenzione di papa Niccolò V di nominarlo maestro del Sacro Palazzo, ma egli rifiutò l’incarico. Nel giugno 1453 il M. fu interpellato per effettuare una perizia su alcuni libri greci appartenuti a Ludovico da Strassoldo e venduti al vescovo Antonio da Fabriano, incaricato dell’acquisto dal bibliotecario del papa, Giovanni Tortelli.
Si colloca nell’estate del 1453 la stesura del Tractatus de cambiis, tradito da due manoscritti del sec. XV, il Chigi B.V.86 (cc. 30-33) della Biblioteca apostolica Vaticana e il VII.E.21 (cc. 220-223v) della Biblioteca nazionale di Napoli. In novembre il M. portò a termine il Tractatus de inchoatione formarum, pervenutoci dal manoscritto J.10.48 della Biblioteca nazionale di Firenze (sec. XV). Nel dicembre di quell’anno portò a termine il Tractatus de mixtione elementorum.
Il 22 genn. 1455 il M. porse le sue scuse al Comune di Cividale per aver permesso la permuta di alcuni libri tra il convento del luogo e quello di Udine. Dopo aver ricordato che era prassi lo scambio di libri tra i due conventi, egli si dichiarava disponibile a rivedere la decisione, qualora fosse così stabilito dal Consiglio, che probabilmente considerava la biblioteca conventuale di Udine di pubblica utilità.
Nel 1456 fu eletto priore del convento di S. Pietro Martire di Udine e l’anno seguente fu eletto provinciale della provincia domenicana di S. Domenico. Nel 1457, come priore provinciale, tenne a Ferrara l’orazione funebre durante le esequie del confratello umanista e vescovo di Imola Gaspare Sighicelli da San Giovanni in Persiceto.
Per la Pentecoste del 1459 partecipò al capitolo generale di Nimega, ancora in qualità di provinciale della provincia domenicana. Il 15 novembre il M. ottenne dal Comune di Udine un contributo di 25 ducati per l’edificazione della nuova biblioteca che, in qualità di priore provinciale, si impegnò a erigere «in loco refectorii» (Scalon, 1995, p. 521).
Nel 1463 il M., su richiesta del Comune di Udine, compose il trattato De Sanguine Christi, col quale intervenne nella disputa tra francescani e domenicani, scoppiata in seguito all’omelia tenuta a Brescia da Giacomo della Marca il 18 apr. 1462, domenica di Pasqua. Il francescano aveva sostenuto che il sangue versato da Gesù Cristo sulla Croce, una volta separatosi dal suo corpo, cessava di essere unito alla divinità nell’unione ipostatica.
Già nel 1351, sotto il pontificato di Clemente VI, per lo stesso motivo si erano scontrati a Barcellona il francescano Francesco Baiuli, guardiano dei frati minori, e il domenicano Nicola Rosell, inquisitore d’Aragona e Catalogna.
Le predicazioni del 1462 furono il motivo dell’accusa di eresia contro Giacomo della Marca da parte del domenicano Giacomo Petri, l’inquisitore generale di Lombardia che lo convocò dinanzi al tribunale il 19 aprile di quell’anno. Dopo alterne vicende, il 31 maggio 1462 papa Pio II avocò a sé la questione, a causa dell’asperità che, da ambo le parti, stava assumendo la polemica. La disputa ebbe luogo dinanzi al pontefice e alla Curia romana dal 3 al 4 genn. 1463; fece seguito un concistoro al quale partecipò anche Domenico Domenichi, dal 1448 vescovo di Torcello, autore a sua volta di un trattato De Sanguine Christi redatto nel 1463. Intervenne sulla spinosa questione anche il domenicano fiorentino Bartolomeo Lapacci de’ Rimbertini, già vescovo di Cortona e di Argo e Corona, in Grecia, con il trattato De Sanguinis pretiosissimi crucifixi divinitate, terminato poco prima di morire (1466). Il 1° ag. 1464 Pio II, con la bolla Ineffabilis summa providentia Patris, interdiceva qualsiasi discussione in merito al Sangue di Cristo effuso sulla Croce, fintanto che il magistero non si fosse pronunciato definitivamente. Il trattato del M. è stato tradito dal manoscritto 96 (sec. XV) della Biblioteca comunale Guarneriana di Cividale del Friuli – unico testimone che attesta un legame tra il M. e l’umanista friulano Guarnerio d’Artegna, canonico di Aquileia e abbreviatore apostolico che lo commissionò a Niccolino da Zuglio tra il 1463 e il 1466 (Casarsa - D’Angelo - Scalon, pp. 318 s.) – e dal manoscritto 8, mutilo, della Biblioteca comunale di Serra San Quirico; fu stampato per la prima volta a Venezia nel 1617.
Terminato il mandato di provinciale, nel 1465, il M. fu nuovamente eletto priore del convento di S. Pietro Martire di Udine.
Secondo il necrologio del convento udinese il M. sarebbe morto il 26 maggio 1469, lasciando al convento «permaxime libros» (Bologna, Convento di S. Domenico, Arch. della prov. «Utriusque Lombardiae», c. 72r); la data è attestata anche dal notaio Giovanni Vari, ma è in contrasto con quella del 14 maggio riportata sull’inventario dei libri trovati nella cella del M. alla sua morte.
Oltre alle opere citate, il M. fu autore di alcune opere di logica, quali una Logica, divisa in sei parti, un Tractatus de modis dicendi, una Regula de maximo et minimo; un De natura materiae et dimensionibus interminatis; e di una sintesi della filosofia tomista, la Tabula super S. Thomam de philosophia (Kaeppeli, 1993).
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