GIUSTINIANI (o Giustinian o Giustiniano o Zustinian), Leonardo
Uomo di stato, umanista e poeta, nato a Venezia forse nel 1388 dal senatore Bernardo e da Quirina Querini, morto ivi, forse cieco, nel novembre 1446. Ebbe fratelli S. Lorenzo (v.), primo patriarca di Venezia, e Marco, primo podestà veneto di Bergamo. Nel 1405 sposò Lucrezia di Bernardino da Mula, da cui ebbe nel 1408 Bernardo. Dotato di fine gusto, di cultura e di eloquenza, ebbe lunghe relazioni umanistiche e si formò una ricchissima biblioteca di testi greci, latini e volgari fatti venire da Costantinopoli, da Cipro, da Firenze. Aggregato al Maggior consiglio nel 1407, fu "avogador del Comun" nel 1420, membro del Consiglio dei Dieci dal 1428, nel 1432 luogotenente della Patria del Friuli, quindi consigliere, savio del Consiglio, savio di terraferma. Nel 1443 è capo del Consiglio dei Dieci ed è eletto procuratore di S. Marco. Importante la parte politica da lui avuta nella guerra di Venezia con i Visconti.
L'umanesimo fu per lui gusto congeniale, non professione. Esperto conoscitore del greco, che studiò forse alla scuola del Crisolora e del Barzizza, certamente del Malpaghini e di Guarino, poté rivolgere in greco il discorso a Giovanni Paleologo (1423), tradusse alcune vite di Plutarco e compilò da Simone Metafraste una Vita b. Nicolai Myrensis episcopi. Le sue epistolae latine sono tra le più sincere e spontanee del tempo; delle sue orazioni resta quella in morte di Carlo Zeno. Ma più larga fama il G. ebbe da vivo e gli è ora restituita per le canzonette volgari, alle quali diede il tono della lirica popolare, creando il tipo delle giustiniane o veneziane, fra le quali le sue stesse vanno confuse. Il linguaggio è il veneziano consciamente italianizzato; l'argomento è amoroso: serenate, mattinate, contrasti a due e più voci, rimpianti, fra cui domina il motivo della giovinezza che fugge. Grazia particolare dànno a questa lirica l'incontro della materia popolare con il gusto signorile e letterario, qualche tocco realistico che dilegua poi in sfumature di forma e certo carattere di vaneggiamento musicale. Egli stesso accompagnava le sue canzonette di note, per sfortuna perdute. Esse erano sulla bocca del popolo e si diffusero in Lombardia e in Toscana e furono cantate per quasi un secolo. Gli si attribuiscono con sicurezza anche 27 strambotti amorosi, piccoli gioielli del genere. Intorno al 1429 cominciò e comporre le Laudi spirituali, spesso travestimenti sacri delle amorose, di cui conservano il linguaggio e la musica.
Ediz.: Poesie edite e inedite di L. G. per cura di B. Wiese (Bologna 1883); degli Strambotti si veda l'edizione del D'Ancona in Giorn. difilol. romanza (1879, n. 5) e in appendice alla 2ª ed. degli Studi sulla poesia popolare (Livorno 1906).
Bibl.: B. Fenigstein, L. G., Halle 1909 (discretamente informato, ma con qualche errore); T. Ortolani, Appunti su L. G., con l'appendice di ventiquattro nuovi strambotti (non suoi), Feltre 1896; A. Oberdorfer, L'epistolario di L. G., in Ateneo veneto, 1911; I; id., Di L. G. umanista, in Giorn. st. della lett. it., LVI (1910), pp. 107-120; O. Baroncelli, Le canzonette di L. G., Forlì 1907.