FRESCOBALDI, Leonardo
Nacque a Firenze, nel quartiere di S. Spirito, gonfalone Nicchio, il 10 maggio 1485, da Girolamo e Dianora Gualterotti. Ebbe un figlio di nome Iacopo. Il padre, ricco commerciante fiorentino chiamato dalla sua attività a lunghi periodi all'estero, il 10 sett. 1512 ottenne dal re Enrico VIII un salvacondotto e una speciale protezione, valida dieci anni, per il commercio con l'Inghilterra. Il F. continuò così l'attività del padre in stretto contatto con i maggiori rappresentanti della Corona inglese. I buoni rapporti con questa e la frequenza dei suoi commerci sono comprovati da una serie di licenze, salvacondotti e ordinazioni ottenuti direttamente da Enrico VIII. Il commercio riguardava, in special modo, tessuti ricamati in oro e argento, velluti di raso, damaschi e seta, ma anche lana e altri panni oltre che il salnitro, elemento essenziale per la produzione della polvere da sparo, armature ed equipaggiamenti navali. Il F. era anche fornitore personale del re, al quale vendeva i tessuti per il suo guardaroba personale, gomene e corde per le sue navi. Commerciante e armatore, possedeva alcune navi, fra le quali l'Annunciazione e la Maria di Bilboa, per il trasporto delle merci.
La sua attività principale fu comunque quella di banchiere. Nel 1516 rischiò la bancarotta per un prestito di 60.000 fiorini, concesso per intercessione di Enrico VIII all'imperatore Massimiliano I, che pretendeva per il suo impegno antifrancese un continuo contributo economico da parte inglese. Sceso finalmente in campo contro la Francia e arrivato senza ostacoli a 8 km da Milano, l'imperatore fermò le sue truppe svizzere, ritirandosi e richiedendo un diretto intervento economico di Enrico VIII per sedare la rivolta dei suoi soldati, i quali per ottenere il compenso, tenevano in ostaggio Galeazzo Visconti. Il ricatto dell'imperatore era chiaro. In una lettera di R. Pace al cardinale Th. Wolsey del 16 maggio 1516 l'ambasciatore inglese tratteggiava infatti il grave stato di tensione che regnava alla corte di Massimiliano e scriveva che, se Enrico VIII non avesse consentito il prestito del F., l'imperatore avrebbe fatto ricadere su di lui la responsabilità del fallimento dell'intera impresa e avrebbe trattato la pace con la Francia. Il pagamento giunse immediato, attraverso la stipula di un vero e proprio contratto tra il F. e Massimiliano I, suggellato e firmato anche dagli ambasciatori inglesi R. Wingfield e R. Pace. Ma in realtà l'imperatore manteneva un comportamento tutt'altro che lineare e forse stava già trattando con i Francesi, con i quali successivamente ratificò la pace di Noyon. Il doppio gioco, comunque, dovette essere ben presto scoperto se il cardinale Wolsey scriveva al vescovo di Worcester (22 maggio 1516) che il re si era molto rammaricato del ritiro dell'imperatore avendo egli anche provveduto, attraverso i Frescobaldi, a spedire del denaro. I risultati disastrosi, almeno per l'Inghilterra, della guerra d'Italia dovettero ulteriormente irritare Enrico VIII, che si rifiutò di rimborsare i Frescobaldi.
Su questo prestito si aprì a questo punto una lunga trattativa epistolare. Massimiliano, con due lettere del 15 maggio e del 9 sett. 1516, chiedeva esplicitamente a Enrico VIII di pagare il F., dichiarandosi privo di qualsiasi risorsa economica, mentre da parte loro gli ambasciatori Pace e Wingfield presero a tempestare di lettere sia il cardinale Wolsey sia il re, adoperandosi in ogni modo affinché il "povero mercante" riscuotesse i suoi soldi. Con interventi successivi Margherita d'Austria supplicò anch'essa il re di sanare la situazione del banchiere, che gentilmente si era adoperato nei servizi all'imperatore. Il F. stesso, nel giugno 1516, non mancò di inviare una lunga e dettagliata relazione su tutti gli avvenimenti riguardanti l'episodio, sottolineando come i 60.000 fiorini spediti a Trento il 23 e il 26 maggio a Massimiliano I erano stati versati direttamente agli ambasciatori inglesi, in quanto sia lui sia suo padre non volevano trattare con l'imperatore per questioni di denaro. A ulteriore garanzia produceva una lettera ricevuta da A. Cavallari (mercante lucchese anche lui in stretto contatto con la Corona inglese), che confermava il consenso del cardinale Wolsey e la sua intenzione di rimborsare la somma a Londra o a Calais.
Nel luglio 1516, forse per le pressioni ricevute o più probabilmente per un più chiaro indirizzo antifrancese assunto da Massimiliano I, Enrico VIII parve intenzionato a chiudere la questione e in due lettere al Wingfield si dichiarava disponibile a rimborsare almeno la metà del debito con i Frescobaldi.
Nel settembre 1516 la vicenda non si era tuttavia ancora conclusa, ma da una lettera del 9 sett. 1516, in cui Massimiliano I invitava Enrico VIII a rimborsare i Frescobaldi per le perdite subite a causa del ritardato pagamento, si può dedurre che il grosso del debito era stato saldato.
Negli anni successivi la situazione economica dei Frescobaldi dovette subire comunque qualche incrinatura. In due lettere del 1529 indirizzate da Francesco Frescobaldi, fratello del F., al cardinale Wolsey, si avvisa non solo della malattia e poi della avvenuta morte di questo, ma si denuncia anche una congiura e una vera e propria spoliazione dei beni, subita dalla famiglia per mano di gentiluomini inglesi e realizzata durante la loro assenza da Firenze.
Il F. morì dunque con certezza nel 1529.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Ceramelli Papiani, n. 2149, fasc. "Frescobaldi"; Cittadinario S. Spirito, filze I-II; Mss. 355, Carte dell'Ancisa, HH, cc. 303-308; Mss. 359, idem, LL, c. 543; Raccolta Sebregondi, fasc. "Frescobaldi"; Tratte 81, c. 46r; Letters and papers, … of the Henry VIII…, a cura di J. Gardiner, London 1862-76, I, pp. 365, 414, 479, 690 s., 818; II, 1, pp. 544 s., 548, 552 s., 558 s., 587, 598, 601 s., 631-633, 636 s., 638 s., 640, 649-651, 660-663, 678, 727; IV, 3, p. 2662; S.J. Brewer, The reign of Henry VIII, London 1884, I, pp. 133, 139, 143-145, 154, 484; C. Fatta, Il regno di Enrico VIII d'Inghilterra secondo i documenti contemporanei, I, Firenze 1938, pp. 234 s.; L. Einstein, Il Rinascimento ital. in Inghilterra, Siracusa 1969, p. 341.