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FEA, Leonardo

di Guido Fagioli Vercellone - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 45 (1995)
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FEA, Leonardo

Guido Fagioli Vercellone

Nacque a Chieri (Torino) il 10 luglio 1810, gemello di Vincenzo Raffaele - che sarà orologiaio di vaglia, pur morendo a soli ventitré anni -, da Pietro e da Maddalena Cerallo. Tra gli otto fratelli del F. è da segnalare il primogenito, Paolo (Chieri, 12 genn. 1809 - Torino, 23 maggio 1862), anch'egli pittore e professore di ornato, che fu padre del naturalista Leonardo.

Il F., pur avendo rivelato precocemente notevoli doti, non poté seguire studi regolari, per la necessità di contribuire al sostentamento della numerosa famiglia, che dal 1814 0 1818 si era stabilita a Torino.

Tuttavia egli si dedicò con passione alla propria formazione, studiando da autodidatta le letterature italiana e francese, acquisendo una perfetta padronanza di queste due lingue e i rudimenti di quella inglese. Fondamentale risultò l'assidua frequentazione di un cenacolo letterario detto "la Cricca", cioè l'Accademia letteraria Pino, una istituzione privata che tra il 1831 e il 1841 raccolse la più studiosa gioventù di Torino: tra gli altri, oltre al F., che (a detta di E. Ricotti, Ricordi, Torino 1886, p. 63) ne "era l'anima", sono da ricordare lo stesso Ricotti, G. Briano, D. Buffa, Carlo e Raffaele Cadorna, G. M. Cargnino, G. Cordero, G. Flechia, S. Fossati, P. Giuria, M. di Montezemolo, C. Reta, L. Rocca, Ascanio, Carlo e Candido Sobrero, E. Soffletti, L. Valerio e C. di Vesme.

Il F. fu contemporaneamente avviato all'apprendimento dell'incisione su rame e su acciaio. Dopo un duro apprendistato, compiuto sotto la guida del padre per il disegno e di A. Lauro per la tecnica dell'incisione, egli pervenne in questo campo a risultati molto soddisfacenti, specializzandosi nel ritratto (ritratti di Raffaello, Leonardo, C. Colombo, Giovanni dalle Bande nere, Rubens): tra tutti ebbe vastissima tiratura e diffusione una Madonna tratta da un originale di C. Dolci della Galleria di Torino. Lavorò anche per alcune case editrici: molte sue vignette sono inserite nell'Enciclopedia Pomba e nel Dizionario biografico universale del Passigli.

Ma ben presto l'inclinazione per la letteratura fu così forte da fargli abbandonare il lavoro di incisore. Cominciò con una collaborazione a L'Eridano di Torino: nel 1841 apparvero alcune sue pagine su La poesia in prosa e articoli sugli scritti di S. Pellico e sul Niccolò de' Lapi di M. d'Azeglio; nel 1842 due capitoli di un romanzo intitolato Un banchiere. Su La Rivista europea di Milano pubblicò nel 1842 uno studio sulle Liriche di F. Romani e nel 1844 un altro sulla Storia delle compagnie di ventura di E. Ricotti. In quello stesso anno inserì nel volume Festa secolare della nascita di T. Tasso celebrata in Torino alcuni cenni storici sul poeta (Torino 1844, pp. 95-124), tema sul quale tornerà in seguito con cinque lunghe appendici ne La Gazzetta piemontese (12, 21 e 29 marzo, 4 e 10 apr. 1850).

Avevano frattanto visto la luce lavori di maggiore impegno: Considerazioni sul romanzo (Torino 1841), un saggio di teoria che piacque al Pellico (Epistolario, p. 226), e il romanzo Giuliano (ibid. 1843), tentativo di minuziosa analisi psicologica di un personaggio solitario, del quale lo stesso Pellico osservò che "non è senza difetti" (P. Fea, Biografia, p. 21 s. n. 11) sebbene ottenesse critiche entusiastiche su Il Figaro di Milano (2 ag. 1843) e su La Rivista europea (15-30 giugno 1844), in cui lo si paragonava addirittura allo Jacopo Ortis del Foscolo. Di critica il F. continuò a scrivere saltuariamente per i giornali La Concordia e La Gazzetta piemontese, con articoli che poi furono in gran parte raccolti nel volume Saggi di critica letteraria (Torino 1852), comprendente anche le Considerazioni sul romanzo.

Sposato dal 17 ag. 1844 con Angiola Ponzio, da cui ebbe tre figli (Pietro, Edvige e Anna), negli anni seguenti il F. cominciò a manifestare un crescente interesse per la politica. Dopo il decreto del 30 ott. 1847, che concedeva una maggiore libertà di stampa negli Stati sardi, nacquero a Torino numerosi nuovi giornali. Dapprima il F. collaborò a La Concordia, occupandosi prevalentemente degli avvenimenti politici francesi: la serie di articoli La politica francese in Italia nel 1847 (4, 5 e 6 gennaio, 11 febbr. 1848) costituisce una monografia esauriente e acuta sull'azione del ministero Guizot. Ma, non appena ebbe sentore di un primo leggero slittamento di questa testata verso le posizioni che ne faranno l'organo del partito democratico, il F. passò sin dalla fondazione a Il Costituzionale subalpino, sul cui primo numero del 16 febbr. 1848 pubblicava il programma inneggiante al Risorgimento d'Italia "grazie alla Provvidenza", mentre lo stesso F., in un articolo sulla Francia, inneggiava alla monarchia costituzionale, che in altra occasione definirà "la più bella, libera, salda e progressiva forma di governo" (Gazzetta piemontese, 12 marzo 1850).

Ormai le élites intellettuali passavano dalla letteratura all'agone politico: i suoi amici Buffa, Cadorna, Ricotti, Valerio, Vesme entravano come deputati nel primo Parlamento subalpino, al quale il F. sembra non potesse aspirare "per le sue ristrette condizioni di famiglia". Essi, comunque, gli procurarono il posto di bibliotecario-archivista della Camera dei deputati, posto al quale lo qualificava la pluriennale attenzione con cui aveva seguito i lavori dei Parlamenti francese e belga, sicché avrebbe potuto fornire un prezioso contributo alla creazione delle strutture e dei regolamenti dell'Assemblea piemontese.

Ottenuta la nomina il 7 giugno 1848, il F. si trovò di fronte a gravi difficoltà. Gli avvenimenti politici e militari del 1848-49 e il doppio scioglimento della Camera bloccarono la costituzione della Biblioteca, per la mancanza di mezzi e di locali: il F. dovette sistemare le poche centinaia di libri esistenti in due stanze dell'ufficio postale, valendosi dell'aiuto del libraio L. Genova, al quale passava una parte del proprio stipendio.

Dopo la costituzione della nuova Assemblea, che aprì i suoi lavori il 30 luglio 1849 sotto la presidenza di L. Pareto, si decise di rimuovere dal suo ufficio il F., che non nascondeva le sue simpatie per le posizioni più conservatrici; ma, poiché non si trovavano ragioni valide per giustificare tale provvedimento, si ricorse all'espediente di sopprimere il posto "per riduzione di pianta", trasferendo le attribuzioni archivistiche alla segreteria e la cura dei libri a G. Scovazzi, "patriota ardente" (votazione del 31 agosto).

Il F., dunque, si trovò a dover contare nuovamente soltanto sulle proprie doti di giornalista e di incisore, riuscendo ad ottenere qualche commissione dall'editore Moris e a farsi assumere come redattore de La Gazzetta piemontese, organo governativo, con l'incarico di scrivere da quattro a sei appendici di critica letteraria od artistica ogni mese per il compenso di 40 lire ciascuna.

Nella nuova Camera, eletta nel dicembre 1849 sotto l'impressione del proclama di Moncalieri, profondamente rinnovata e presieduta da P. D. Pinelli, il F. contava nell'ufficio di. presidenza parecchi amici. Questi lo fecero richiamare nelle precedenti funzioni, ma, provvisoriamente, con la qualifica di archivista nell'ambito della segreteria: il posto di bibliotecario-archivista fu ristabilito soltanto il 12 marzo 1852 e inserito definitivamente nella pianta organica il 24 genn. 1853. Nel 1861 fu confermato nella sua carica di bibliotecario della Camera dei deputati.

Nella formazione e nella direzione della Biblioteca della Camera il maggior merito del F. fu l'impianto dei cataloghi, tecnicamente molto aggiornati, il principale dei quali, quello metodologico in otto volumi, fu compilato quasi interamente di suo pugno, con aggiunta di utili annotazioni. Ma egli intese il compito di bibliotecario in modo molto ampio, considerando suo dovere svolgere un'attività di supporto informativo per i parlamentari, compiendo senza risparmio ricerche documentarie e studi su fonti nazionali e straniere. Durante gli anni in cui esercitò le sue funzioni alla Camera tenne appunti di vita parlamentare, che scriveva su taccuini ora in possesso dei suoi discendenti: non mancano notizie e giudizi di qualche interesse che rispecchiano le sue opinioni cattolicomoderate (P. Fea, Biografia di L. F.).

Dopo l'insediamento della capitale a Firenze, nel 1865 curò il trasferimento della Biblioteca che fu sistemata al secondo piano di palazzo Vecchio. In questi anni intensa e appassionata fu la sua partecipazione al dibattito sulla "questione romana", con idee molto vicine a quelle dei cattolici conciliatoristi con un'accentuata preoccupazione per le ragioni del papa. Il suo intervento più importante fu il saggio Roma non può né deve essere capitale del Regno d'Italia, pubblicato con lo pseudonimo di Roberto De Gismondis, prima sulla Rivista universale (n.s., II [1868], . vol. VII, pp. 123-150) e poi in volume (Firenze 1868), in cui, ribadita con grande ricchezza di argomentazioni la necessità di una conciliazione tra la Chiesa e il nuovo Stato italiano, proponeva che, per garantire l'esercizio della libertà di magistero del pontefice, ma più per motivi di politica internazionale a vantaggio del nuovo Stato italiano, fosse lasciata a questo la sovranità sull'intera città di Roma.

Il F. morì a Firenze il 1º apr. 1870 e fu sepolto nel cimitero di San Miniato.

Fonti e Bibl.: Necrol., in Rivista universale, n.s., IV (1870), II, pp. 457-61; G. M. Cargnino, Delle società letterarie in Piemonte, in Rivista europea (Milano), 15-30 sett. 1844; S. Pellico, Lettere a G. Briano, Firenze 1861, pp. 27, 38; Id., Epistolario, Firenze 1865, p. 226; Lettere inedite di Ercole Ricotti a L. F., in Rassegna nazionale, febbraio 1884, pp. 353-380; E. Ricotti, Ricordi, a cura di A. Manno, Torino 1886, passim (specialm. p. 349); G. Sforza, Silvio Pellico a Venezia, s.l. 1917, p. 126; P. Fea, Biografia di L. F., edizione privata a cura della famiglia, Tivoli s.d. [ma 1933], pp. 758: Cenni autobiografici (una copia in Roma, Istituto d. Encicl. Ital., Archivio del Diz. biogr. d. It. Vecchia miscellanea, XVI, n. 17); G. Mazzoni, L'Ottocento, II, Milano 1934, pp. 851, 893; Schede Vesme, II, Torino 1966, pp. 462-64; S. Furlani, La formazione e l'importanza sociale della Biblioteca della Camera dei deputati, in Buch-Bibliothek-Leser: Festschrift für Horst Kunze zum 60-Geburtstag, Berlin 1969, pp. 210, 217, n. 18; Id., La mancata nomina di Chilovi a bibliotecario della Camera dei deputati, Trento 1985 (estratto da Studi trentini di scienze storiche, LXIV [1985], 4), pp. 1, 7; G. Casati, Dizionario degli scrittori d'Italia, Milano s.d., pp. 33 s.; C. Frati, Dizionario bio-bibliografico... dal sec. XIV al XIX, Firenze 1934, p. 218; M. Parenti, Aggiunte al Dizion. bio-bibliografico... di C. Frati, Firenze 1959, p. 67.

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