DOLFIN, Leonardo
Appartenente al ramo di S. Pantalon della nobile famiglia veneziana, nacque a Venezia tra il 1353 ed il 1354 da Marco e da Andreola Grimani. Sin da giovane fu avviato alla carriera ecclesiastica. La famiglia doveva stare allora attraversando un momento di difficoltà economiche se il padre, in punto di morte, nel 1373, invitò il D. a rinunciare alla sua parte di eredità in favore dei fratelli adducendo a motivo il fatto che godeva già di un beneficio ecclesiastico. Il D. era cantore della Chiesa di Modone, in Morea, e studente in diritto canonico quando l'11 giugno 1381 si candidò per la sede episcopale di Iesolo: anche se presentato dal Senato non ottenne il governo di quella diocesi perché il papa non ne volle trasferire il vescovo, Pietro Natali, per quanto quest'ultimo fosse inviso al governo di Venezia per il suo comportamento scandaloso.
Da questo momento il nome del D. torna spesso tra i concorrenti a diverse sedi episcopali. Il 27 marzo 1382 risultò terzo nella "proba" per la sede di Cittanova dell'Estuario Civitas Nova, l'antica Eracliana, che gli fu affidata da Urbano VI (nel 1386 l'antipapa Clemente VII assegnò quella medesima sede al frate minore Giacomo Bustini). Fu poi tra i candidati per il patriarcato di Grado (1386). Intanto era divenuto "decretorurn doctor", ed aveva avuto modo di farsi conoscere cosìcché nel 1387, "postulatus per canonicos et presentatus ducali dominio", divenne arcivescovo di Creta ("proba" del 26 marzo; nomina del 7 maggio). Nel periodo che trascorse nell'isola non venne meno alle aspettative del Senato che, nel 1390, scrisse al papa in suo favore.
Il 24 marzo 1392 il D. si candidò per la sede di Castello, allora vacante in seguito alla morte di Francesco Falier. Essendo risultato tra i primi, fu dal Senato presentato a Bonifacio IX, che lo nominò vescovo di Castello il 21 ottobre. Nel successivo novembre il D. cominciò ad esercitare il ministero pastorale nella sua nuova sede.
Il suo impegno di pastore è dimostrato dall'immediata convocazione (5 maggio 1393) di un smodo diocesano nel quale riuni tutto il clero regolare e secolare della sua Chiesa. Nel 1398 proibi nella diocesi il culto per un Giovanni, "olim presbyter" della chiesa di S. Giovanni Decollato (per erronea lettura venerato con il cognome "Olini"), di cui erano state scoperte miracolose reliquie nei pressi di S. Lorenzo. Dopo un ricorso a Roma contro questo provvedimento del D. la questione fu demandata a Francesco Bembo, primicerio di S. Marco (questi avrebbe riammesso il culto del discusso beato nel 1404, dopo essere subentrato al D. sulla cattedra di Castello). Nel 1401 il D. prese posizione a favore del Terzo Ordine domenicano, da poco costituitosi anche a Venezia.
Fin verso la fine del secolo non risultano esservi stati gravi attriti tra il D.) allineato con le direttive politiche del governo veneziano, ed i senatori, attenti a proporre per le maggiori dignità ecclesiastiche nei territori di dominio veneziano i loro concittadini o persone che, pur non essendo di Venezia, sarebbero potute risultare utili alla Repubblica, riducendo al minimo la libertà di scelta del pontefice. Già nel settembre del 1400 si cominciò, però, ad avvertire una discordanza di atteggiamenti tra il vescovo di Castello ed il governo veneziano, anche se per l'assunzione di Michele Steno al soglio dogale il D. pronunciò un discorso, di cui si conserva il testo integrale con le collazioni autografe, nel quale esaltava le virtù del nuovo doge. Solo nel maggio dell'anno successivo, tuttavia, si manifestarono profonde incomprensioni tra il governo della Repubblica ed il D. a proposito di una questione solo apparentemente marginale.
Il D., infatti, in ossequio alle direttive del papa, sosteneva i diritti di uno straniero a ricevere la commenda della parrocchia di S. Pantalon. Certamente non tutti i senatori osteggiarono compatti la linea assunta dal D.: al contrario. Le varie deliberazioni, che furono presentate nel 1401 contro di lui, infatti, in parte non passarono ed in parte furono approvate con maggioranza minima e molte astensioni. A chi gli si opponeva il D. rispose in Senato con minacce di scomunica. Da ultimo si rifiutò di presenziare, accanto al doge, alla cerimonia dello sposalizio con il mare.
L'offesa all'onore e all'immagine pubblica di Venezia venne quindi ad aggiungersi all'appoggio dato alla politica papale in fatto di benefici. Il 3 giugno il D. fu invitato a ricevere dal doge, entro otto giorni, l'investitura per i beni temporali da lui detenuti, nella sua qualità di vescovo di Castello, investitura che dopo nove anni di episcopato non aveva ancora ricevuto. Con tale cerimonia si intendeva evidentemente sottolineare il rapporto di subordinazione che legava, almeno in quel campo, il presule al potere ducale. Poiché il D. si rifiutò con fermezza di piegarsi a compiere un atto del genere, i suoi avversari manovrarono in modo tale che venisse allontanato dalla sua sede, col pretesto di una promozione. Il 14 giugno il D. venne infatti creato patriarca titolare di Alessandria d'Egitto, ma poco meno di un mese dopo, il 13 luglio fu citato a comparire dinnanzi alla Curia romana per rispondere alle accuse di inettitudine e negligenza. Per difendersi il D. inviò a Roma Nicolò Drivasto, pievano di S. Simeone Profeta; ciò non gli valse a conservare la cattedra castellana: il 27 luglio 1401 ne fu ufficialmente privato e sostituito con Francesco Bembo.
Lo stesso 27 luglio, tuttavia, gli fu affidato l'incarico di amministrare la diocesi di Cittanova d'Istria (Aemona), incarico pochi mesi dopo scambiato con il priorato di S. Salvador. A questo passaggio si opposero tuttavia sia il Senato veneziano, sia il priore stesso di S. Salvador, Giovanni Bon, il quale rifiutò la nomina alla diocesi istriana, che fu pertanto riaffidata in amministrazione al D. (1402, 13 marzo e 24 settembre) nonostante le pretese del frate minore Giovanni da Trieste, cui era stata assegnata nel settembre del 1400.
Nel 1405 il D. si presentò alla "proba" per la sede episcopale di Verona; nel 1406 vinse quella per il patriarcato di Grado, che venne però assegnato ad altri. Si candidò poi per la sede di Padova e, nel 1407, per quella di Creta. Nel 1408 si ripresentò ancora per quest'ultima (aprile, e poi 14 settembre): ottenne di essere nuovamente preposto alla sua antica archidiocesi, dopo che il suo nome era stato suggerito e raccomandato al pontefice dallo stesso governo della Repubblica (20 novembre). Sembra però che, anche dopo questa data, abbia continuato a risiedere a Venezia: il 3 febbr. 1409 gli venne infatti consegnata la bolla pontificia con cui si ordinava a tutti coloro che godevano di benefici ecclesiastici di stabilirsi nelle sedi di loro competenza.
In seguito all'adesione di Venezia ad Alessandro V, l'antipapa eletto il 26 giugno di quell'anno dai cardinali riuniti nel concilio di Pisa, il D., che si era mantenuto fedele al pontefice di obbedienza romana Gregorio XII, venne privato d'autorità della commenda dell'episcopato di Cittanova d'Istria (9 settembre) e forzato dai pressanti inviti del Senato veneziano (18 aprile 1410 e 10 maggio 1411) a lasciare la città lagunare e a trasferirsi a Creta.
Tornato nell'isola, vi si spense nei primi mesi del 1415.
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