BOLDÙ, Leonardo di Pietro
Nacque intorno al 1420, e fu tra i più valenti diplomatici veneziani del Quattrocento. Sebbene i dati sulla sua giovinezza siano scarsi, risulta che il B. ricevette un'ottima educazione: sembra infatti che avesse studiato la lingua greca, cosa non rara a Venezia in quei tempi. Nel 1455 compì un viaggio a Costantinopoli, caduta nelle mani del sultano Maometto II. Non si conoscono gli scopi del viaggio, ma è certo che il B. si impratichì delle cose orientali, grazie anche agli insegnamenti del suo amico - di lui più anziano -, celebre diplomatico e viaggiatore, Giosafat Barbaro. Nel 1465 era nominato rettore di Scutari: prova questa delle sue attitudini e conoscenze in materia balcanica. Circa alla stessa epoca, il Barbaro esercitava l'alta carica di provveditore dell'Albania veneziana, e ambedue furono in rapporto con Giorgio Castriota detto Scanderbeg, mandandogli danaro ed armi. Durante la sua carica il B. fece eseguire nuovi lavori per una migliore difesa di Scutari. I suoi meriti gli guadagnarono la nomina da parte del Senato ad ambasciatore della Signoria presso il sultano (Commissione del 30 ott. 1467, edita in Ljubić, pp. 206 ss.). I due avversari cercavano allora un modo pacifico di por fine alla guerra: Maometto lanciava invano i suoi soldati contro Scanderbeg e la sua potente fortezza di Croia; Venezia, d'altra parte, preoccupata dai movimenti mal sicuri degli Stati italiani e dal tenace circolare di voci su una possibile intesa tra il re di Napoli, fino ad allora protettore dello Scanderbeg, e il sultano Maometto per una cessione di Croia ai Turchi, cercava di avviare trattative. Forse la ragione più profonda che spingeva i Veneziani al negoziato era il timore per l'isola di Negroponte. Il B. raggiunse dapprima Drivasto: da qui avrebbe dovuto spingersi nell'alta Albania dove Alessio Span, signore albanese che si era offerto come mediatore fra la Porta e Venezia, gli avrebbe procurato un salvacondotto. Ma il 17 genn. 1468 moriva lo Scanderbeg e il fatto, presto conosciuto a Scutari e a Drivasto, cambiò l'itinerario del B., la cui missione diplomatica appariva ora non facile. Il 27 gennaio, comunque, poiché la Signoria insisteva che l'ambasciata fosse eseguita (molto senatori appoggiavano infatti la tesi delle trattative a ogni costo, date le enormi spese per la guerra ed i gravi danni subiti dal commercio veneziano in Turchia e Oriente), il B. si mise in viaggio verso Costantinopoli. Trovò buona accoglienza presso il sultano, preoccupato anch'egli per l'alleanza veneto-persiana che si diceva imminente. Il plenipotenziario veneziano compì solennemente la sua visita di omaggio, in cui offrì a Maometto quattro pezze di magnifica stoffa di seta trapunta d'oro, e scambiò con il sovrano e poi con il gran visir espressioni improntate a grande cordialità. Pare che questa accoglienza illudesse alquanto il B., inducendolo a speranze eccessive: così, nel comunicare alla Signoria di essere stato accolto con grandi onori, faceva sperare che Maometto fosse disposto a serie trattative. Anche dai dispacci del diplomatico milanese Gherardo de' Colli al duca Galeazzo Sforza risulta appunto l'impressione che l'ottimismo veneziano fosse eccessivo. È vero che un ambasciatore ottomano giunto in quel periodo presso Mattia Corvino, a Buda, diceva di ritenere che il B. avrebbe presto ottenuto un buon trattato di pace; ma è chiaro che il vero scopo dei Turchi era quello di giungere comunque a un accordo separato con l'Ungheria. E nel frattempo il B. veniva trattenuto a Costantinopoli, affinché i negoziati con il re d'ungheria non fossero interrotti e Venezia non mandasse rinforzi in Albania, dove i signori più importanti, come i Dukagin, cominciavano a passare dalla parte del sultano. Vedendo finalmente che Maometto persisteva nella sua "abituale ostinazione" (Ljubić, p. 407), il B. tornò a Scutari, probabilmente negli ultimi giorni dell'aprile 1468. Quivi si trattenne ancora sei mesi, provvedendo ottimamente agli armamenti necessari.
Dopo un ritorno a Venezia, dove compare quale "sapiens ordinum" nel 1471, il B., che era troppo informato delle vicende balcaniche e dei maneggi ottomani per restare lontano dall'azione, fu eletto verso la fine del 1473 provveditore di tutta l'Albania, e andò a stabilirsi a Scutari, di cui conosceva molto bene i bisogni.
Toccava a Venezia rafforzare e difendere il caposaldo di Scutari, per coprire le coste dell'Albania e proteggere le foci dei suoi fiumi, soprattutto del Drin. Il comando in Scutari venne affidato al valoroso Antonio Loredan, che disponeva di un presidio di soli 2.500 uomini. Nel maggio 1474 Sulaimā'n-Pascià pose il campo davanti a Scutari con più di 80.000 soldati, ma il coraggio del Loredan riuscì a ristabilire l'equilibrio delle forze e la fortezza resistette. Non si sa precisamente quando il B. abbia lasciato la sua carica: lo sostituì Francesco Contarini, il quale seppe difendere la rocca di Croia e le mura di Scutari fino alla morte. Croia e poi Scutari sarebbero comunque cadute di lì a poco (estate 1478) nelle mani del conquistatore.
Non si hanno altre notizie su ulteriori vicende del B., né si conosce la data della sua morte.
Fonti e Bibl.: Venezia, Bibl. Naz. Marciana, cod. Ital., cl. VII, 925 (8594): M. Barbaro, Geneal. delle fam. patrizie venete, II; Ibid., cod. Ital., cl. VII, 8304 (XV): G. A. Capellari Vivaro, Il Campid. veneto, cc. 170 s.; Ibid., cod. Ital., cl. VII, 7462: Serie delle famiglie nobili venete, racc. dal P. Rocco Curti, p. 145; Monumenta spectantia historiam Slavorum meridionalium, XXII, a cura di S. Liubić, Zagabriae 1891, pp. 400 s., doc. CCCXVII; 405, doc. CCCCXXIII; 406 s., doc. CCCCXXIV; I libri commemoriali della Repubblica di Venezia, Regesti, a cura di R. Predelli, V, Venezia 1901, pp. 141 s., n. 71; J. Radonid, Djuradj Kastriot Skenderbeg i Albania u XV veku (SpamenikSrpske Kraljevske Akademije, 2 s., vol. LXXIV), Beograd 1942, pp. 206 s., doc. 381; 209, doc. 387; 212, doc. 393; F. Babinger, Maometto il Conquistatore, Torino 1957, pp. 384 ss., 391 ss., 492 ss.; F. Thiriet, La Romanie vénitienne..., Paris 1959, p. 390; F. Babinger, Joannes Darius (1414-1494) SachwalterVenedigs imMorgenland, München 1961, pp. 58 ss.