DE NOBILI (Nobili), Leonardo
Nacque a Firenze il 7 sett. 1526 da Antonio di Leonardo e da Lisabetta di Alessandro Mannelli. La sua famiglia, ascritta al quartiere di S. Maria Novella - gonfalone della Vipera - faceva parte di quel ceto, per lo più di origine mercantile, cui fin dai tempi della Repubblica si attingeva per riempire i quadri politico-amministrativi dello Stato. La famiglia De Nobili si distingueva inoltre per la lunga tradizione filomedicea, tanto che il nonno ed omonimo del D., Leonardo di Antonio, era stato nel 1497, in epoca di "reggimento popolare", processato con l'accusa di aver cospirato per favorire il ritorno dei Medici a Firenze.
Dopo essersi addottorato, il D. ricopri alcuni incarichi politici minori. Fu per un anno, a partire dal 1º maggio 1562, capitano di Castrocaro. Era questo uno dei numerosi uffici "estrinseci" dello Stato fiorentino, cui normalmente si accedeva col tradizionale sistema delle "tratte"; talvolta, in considerazione di situazioni particolari o di meriti speciali, l'incarico veniva attribuito direttamente dal duca, come avvenne nel caso del De Nobili. Il vero e proprio ingresso nella vita pubblica fu però posteriore al 1564, anno in cui il duca Cosimo I de' Medici aveva ceduto al figlio primogenito, Francesco, il governo dello Stato, sia pure riservando a se stesso il titolo ducale e la "suprema autorità". Sembra infatti che il D. fosse particolarmente legato a Francesco, cui di preferenza indirizzava la corrispondenza, tanto quella ufficiale che quella di natura privata.
Nel maggio 1565 il D. compì il suo primo viaggio in Spagna, ove era stato inviato per annunciare a Filippo II il fidanzamento del suo principe con l'arciduchessa Giovanna d'Austria, sorella dell'imperatore. La missione si protrasse dall'11 maggio al 3 giugno 1565, date estreme della sua corrispondenza dalla corte spagnola. Erra quindi il Del Piazzo ponendolo, in questo stesso periodo, tra i membri di un'ambasceria alla corte imperiale, la quale fu invece composta soltanto da Mario Sforza, conte di Santa Fiora, e da Sigismondo Rossi di San Secondo (Del Piazzo, p. 79).
Tornato a Firenze, il D. ne ripartì, sempre alla volta della Spagna, nel mese di ottobre dello stesso anno. Questa volta la sua permanenza alla corte spagnola era destinata a prolungarsi per alcuni anni, essendo stato nominato ambasciatore residente.
Cosimo I de' Medici, dopo la separazione della Corona di Spagna dalla dignità imperiale, aveva sempre mantenuto un ambasciatore residente in quella corte, in segno di particolare deferenza verso la casa d'Asburgo, che aveva reso possibile l'ascesa dei Medici al principato; tuttavia, le prerogative dell'ambasciatore residente erano in massima parte a carattere onorifico, dato che per trattare questioni particolari venivano di volta in volta inviati ambasciatori ad hoc. Al momento della nomina del D., la carica di ambasciatore toscano in Spagna vacava da due anni, durante i quali le incombenze con essa connesse erano state espletate da segretari, di cui l'ultimo, Gabriele Garces, rimase in carica anche per la maggior parte del soggiorno spagnolo del De Nobili.
Nelle istruzioni a lui dirette al momento di lasciare la Toscana, oltre ai soliti doveri di rappresentanza, si accennava anche a due questioni particolari per la cui buona riuscita si contava molto sul suo apporto: adoperarsi affinché la corte di Spagna fosse rappresentata al massimo livello possibile alle nozze del principe Francesco, previste per il mese di dicembre di quello stesso anno; appianare gli ostacoli che avevano fino a quel momento impedito al re di Spagna di onorare la convenzione sottoscritta l'anno precedente con il duca Cosimo, relativa al noleggio alla Spagna delle galere toscane. Il re di Spagna, impegnato a garantire la sicurezza del Mediterraneo, aveva bisogno di un ingente numero di navi; pertanto, in caso di bisognol per rafforzare la flotta spagnola, era solito stipulare accordi temporanei con altri Stati o con singoli armatori, questi ultimi in prevalenza genovesi. Anche Cosimo I gli aveva non di rado messo a disposizione la piccola flotta toscana: con la convenzione stipulata il 17 maggio 1564, a questi apporti occasionali si sostituiva un rapporto di collaborazione stabile ed organico. Essa prevedeva il noleggio di dieci galere toscane, perfettamente armate ed equipaggiate, per un periodo di cinque anni e dietro il pagamento di un canone pari a trentamila ducati l'anno. Questo accordo aveva dato buona prova di sé nel settembre 1565 in occasione della battaglia dell'isola di Malta contro i Turchi, ma il sovrano spagnolo tardava a mantenere i suoi impegni finanziari.
Il D. riuscì, dopo molto tempo e dopo aver superato molte difficoltà, a riscuotere la somma pattuita. La permanenza dei D. in Spagna si protrasse senza interruzioni fino al giugno 1569, quando ritornò a Firenze per una breve licenza. In questo periodo, il 6 sett. 1569, egli fu insignito della dignità di senatore. Ripartì per la Spagna ai primi di novembre dello stesso anno, munito di nuove istruzioni da parte di Francesco.
I rapporti tra la Toscana ed il re di Spagna continuavano ad essere improntati alla tradizionale amicizia ed alleanza, tuttavia non mancavano nell'autunno del 1569 motivi di occasionali dissapori, sospetti e diffidenze: l'accordo stipulato il 4 agosto di quell'anno da Cosimo I, con cui il Medici si era impegnato a mettere a disposizione del papa quattro galere toscane per difendere le coste dello Stato pontificio dalle incursioni dei corsari, pur salvaguardando espressamente i precedenti accordi con la Spagna, non mancò di suscitare il risentimento di Filippo II, tanto che le trattative intraprese in quello stesso anno per ottenere il rinnovo a condizioni più favorevoli della convenzione del 1564 furono un fallimento. Inoltre, la concessione del titolo granducale a Cosimo I ed ai suoi successori da parte di papa Pio V, avvenuta con la bolla del 25 ag. 1569, aggravò tale situazione e causò l'inizio di una complessa controversia internazionale destinata a risolversi soltanto nel 1575 con il riconoscimento, da parte della Spagna e dell'Impero, del titolo granducale nella persona del successore di Cosimo.
Il D. seppe muoversi con molta prudenza in questa delicata situazione, tuttavia egli era già da tempo divenuto bersaglio di molte critiche. Queste critiche erano rivolte, piuttosto che alle sue capacità politiche e diplomatiche, al suo modo di vivere in Spagna, giudicato troppo dispendioso e alla malaccorta amministrazione del denaro che il sovrano gli aveva messo a disposizione. Esse, insieme alle non buone condizioni di salute e al desiderio di ricongiungersi con la famiglia, fecero sì che egli cominciasse a chiedere insistentemente a Firenze l'invio di un sostituto. Ciò si verificò il 31 marzo 1571 nella persona di Giulio Dei Caccia, ma il D. dovette trattenersi in Spagna ancora per più di un anno, poiché il permesso di tornare in patria gli giunse soltanto nel mese di giugno 1572.
Durante il soggiorno in Spagna il D. era stato insignito da Filippo Il del titolo di cavaliere di Santiago de Compostela; egli inoltre aveva già ricevuto dal suo sovrano il titolo di cavaliere di S. Stefano, fin dal momento dell'istituzione dell'Ordine, avvenuta nel 1561. Tornato a Firenze, il D. fu di nuovo chiamato a ricoprire incarichi pubblici: fece parte a più riprese degli Otto accoppiatori, fu membro dei Nove conservatori del dominio per sei mesi dal 1ºsett. 1572, e procuratore regio per sei mesi dal 1ºgiugno 1573.
Negli ultimi mesi del 1573 il D. fu però chiamato a rendere conto delle somme di denaro spese durante il soggiorno in Spagna. Egli aveva in quel periodo riscosso, per conto del suo sovrano, il canone dell'affitto delle galere, ma la somma che al suo ritorno a Firenze aveva riconsegnato alla Depositeria non era congrua, risultando inferiore di ben 18.000 scudi. Interrogato dal depositario, Napoleone Cambi, egli non riuscì a fornire spiegazioni convincenti, tanto che ne fu ordinata la carcerazione nelle Stinche, in attesa che fosse fatta piena luce sul suo operato. Rimase in carcere soltanto pochi mesi, poiché nella notte del 13 ag. 1574, senza attendere l'esito delle indagini, si dette alla fuga con l'aiuto di un suo servitore ed in compagnia di due compagni di carcere. Lasciata fortunosamente la città, si diresse verso Nord, e poco dopo trovò riparo a Venezia. In questa città trascorse in miseria ed oscurità gli ultimi mesi della sua vita, finché, il 9 nov. 1574, vi morì. Nel frattempo il tribunale fiorentino degli Otto di guardia e balia ne aveva deliberato, fin dal 15 ottobre, la condanna a morte in contumacia e la confisca dei beni.
Il D. aveva sposato nel 1550 Antonia di Antonio Peruzzi e ne aveva avuti quattro figli, un maschio e tre femmine.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Raccolta geneal. Sebregondi, busta 3838; Ibid., Otto di guardia e balia del principato, reg. 128, cc. 180, 350; Ibid., Mediceo del principato, filza 2635, cc. 67 ss., 183 ss.; Ibid., Tratte, reg. 73, cc. 11, 131. La corrispondenza dalla Spagna con la corte toscana occupa le filze 4897, 4897a, 4897b, 4898-4903 del fondo Mediceo del principato;D. M. Manni, IlSenato fiorentino, Firenze 1771, p. 88; B. Arditi, Diario ... di Firenze..., a cura di R. Cantagalli, Firenze 1970, pp. 16 ss.; G. De' Ricci, Cronaca 1532-1606, a cura di G. Sapori, MilanoNapoli 1972, pp. 13, 119 ss.; M. De' Piazzo, Gli ambasciatori toscani del principato (1537-1737), Roma 1953, pp. 79, 106; I Medici e l'Europa. 1532-1609: La corte, il mare, i mercanti, in Firenze e la Toscana dei Medici nell'Europa del Cinquecento (catal.), Firenze 1980, pp. 47, 51, 59 (in quest'ultima pagina, per un refuso, il D. viene erroneamente designato come Leonardo de' Medici).