CONTARINI, Leonardo
Sebbene sia detto dal Priuli figlio di Flacco, è piuttosto da ritenersi - considerato il convergere di più notizie in tal senso e la non reperibilità di quel patronimico in alcuna altra genealogia - nato da Pietro, del ramo della nobile famiglia veneziana abitante a S. Maria Formosa. Avendo partecipato all'estrazione della Balla d'oro per l'immissione anticipata in Maggior Consiglio il 4 dic. 1324. se ne desume la probabile data di nascita attorno al 1306.
Al 1324 risale anche l'unica notizia pervenutaci riguardante una giovanile attività commerciale dei C., precedente - come d'uso per molti patrizi - la carriera politica vera e propria: l'affidamento, cioè, di una partita di stagno ad un Marino Marin da San Polo perché la rivendesse "in contratis imperii de Iusbeco", fin dunque nella Tartaria occidentale.
Le tappe del cursus politico del C., attivo nei decenni attorno alla metà del '300, non sono tutte ricostruibili con certezza. Alle lacune di varie serie documentarie si aggiunge infatti la possibilità che, in assenza di determinazioni specifiche, alcune cariche riportate dalle fonti siano state ricoperte da altri omonin-à coevi (per l'anno 1350-51 ne sono, ad esempio, registrati tre contemporaneamente fra i Pregadi); né l'epiteto di "maior", che appare solo saltuariamente, contribuisce ad identificarlo con sicurezza.
È attestata così l'esistenza, fra l'altro, di un Leonardo Contarini di Marco da S. Paternian, provveditore in Istria in occasione del sollevamento di Zara del 1345, generale nelle guerre contro gli Ungari nel 1353 e podestà di Trieste nel 1372 e 1375; e di un Leonardo Contarini di Bertucci, capo del sestiere di Castello nel 1349 e Pregadi dal 1350 al '52. Le stesse compilazioni posteriori quali il Priuli, nel ricordare il nome del C. come "molto celebrato... da scrittori delle cose veneziane antiche", unificano più tradizioni raccogliendo attorno ad un'unica biografia probabiimente anche i tratti di un omonimo, figlio di Niccolò da S. Fantin, nel 1356 capo del sestiere di Castello e podestà a Conegliano nel 1378. Mancano infine elementi per identificare più che con l'accenno rimasto nel primo notatorio dei Collegio la vicenda in cui fu Coinvolto quel Leonardo Contarini, "un tempo patrono di una delle cocche per Cipro", cui il 3 apr. 1343 il Minor Consiglio negò la facoltà di addurre ulteriori testimonianze a favore in una causa in corso con la Avogaria di Comun. Parimenti isolata e quindi scarsamente contestualizzabile la presenza del nome di Leonardo Contarini fra i cinque savi "pro facto ufficii auditorum" eletti in Senato il 6 ag. 1347 su proposta del savio agli Ordini.
La prima carica pubblica documentata con sufficiente sicurezza - grazie al confluire nell'identificazione di fonti pubbliche e private - è quella di solenne provveditore "ad partes Tervisane", a cui il C. fu eletto il 13 marzo 1348 a fianco di Marco Da Molino ed Ermolao Zorzi, da quest'ultimo proposto in sostituzione del dimissionario Niccolò Michiel. Il nome di Ermolao Zorzi si ritrova d'altra parte unito a quello del C. da S. Maria Formosa fin dall'11 febbr. 1343 in un atto relativo ad una. proprietà di mansi, terre e case posseduta in comune dai due a Lancenigo e Visnadello, nel Trevisano. All'origine di tale comunanza di interessi patrinioniali è probabilmente un vincolo di parentela acquisita: il testamento che la moglie del C., Maria, dettò prima della nascita del figlio Felicino il 25 nov. 1359, comprova l'appartenenza di quest'ultima alla famiglia Zorzi.
L'invio del C. e degli altri provveditori a Treviso, unitamente ad istruzioni al podestà del luogo per la mobilitazione di fanti e cavalieri, rispondeva alla necessità di attivare adeguate difese in quel territorio di recente acquisizione e particolarmente esposto ai conflitti che, nonostante l'infierire della peste si accendevano in quell'anno lungo i suoi confini: nel Mantovano, in Istria, a Trento. La venuta in questa città dell'imperatore Carlo IV di Lussemburgo, suocero di Ludovico di Ungheria, e il susseguente concentramento di truppe in Tirolo indussero i tre rappresentanti della Repubblica a proporre al Senato - che li discusse e approvò fra marzo e maggio del 1348 - una serie di provvedimenti miranti a predisporre fortificazioni, opere difensive, munizioni e rifornimenti annonari per Treviso e per i centri di Serravalle, Oderzo, Asolo, nonché per Mestre e Noale.
La perizia che il C. dovette dimostrare in tale primo incarico nel settore dell'organizzazione difensiva della Terraferma concorse probabilmente a carattefizzarrie la fisionomia pubblica: ancora provveditore in Trevisana nel 1353 - nell'imminenza di una temuta ridiscesa del re di Ungheria Luigi I il Grande -, inviato con altri tre nobili a Mestre il 9 aprile del 1356 per indagarvi su controversie attinenti ad alcuni possessi veneziani e riferirne - come egli farà nove giorni più tardi - al Senato, ritornerà provveditore a Treviso nel novembre 1356 e nell'estate 1357, durante l'assedio degli Ungari. Farà parte, infine, dal 4 ottobre di quell'anno probabilmente fino alla morte, della magistratura straordinaria dei Savi "pro factis Tervisane et Istrie". Prescelto il 10 ott. 1357 quale provveditore a Capodistria con Fantino Morosini e il futuro doge Lorenzo Celsi per curare la difesa della città, sarà ancora nel '61 ('60 per il Priuli) inviato a Treviso per accertamenti su presunte ribellioni dopo l'avvenuta pacificazione con il re d'Ungheria.
Una serie di testimonianze (di non provata attribuzione al C. e riportate prevalentemente da fonti non archivistiche: Caroldo, Priuli, Barbaro) riferisce ancora della partecipazione del C. allo scontro navale con Genova e ai Consigli di guerra nominati per l'occasione: eletto con altri undici nobili dal Consiglio dei trenta al seguito del capitano generale da Mar Paolo Loredan nei giorni critici dell'agosto 1354 seguenti al saccheggio di Pùrenzo da parte di Pagano Doria, ricoprì la carica di capo del Consiglio dei cinquanta per il mese di ottobre dello stesso anno e quella di sopracomito di galea dal marzo 1355.
Il ruolo politico del C. non dovette, comunque, esaurirsi nell'impegno specificamente militare difensivo. Le necessità delle guerre in corso comportavano problemi di approvvigionamenti, aumenti daziari e l'imposizione di una diffusa austerità: il C. nel maggio 1349 è savio alle Biade ("super rationibus frumenti et bladorum"), nell'agosto 1350 - anno in cui è documentata con sicurezza la sua elezione a senatore - partecipa ad una commissione incaricata di recuperare fondi per le spese occorrenti alla guerra contro Genova e nel settembre 1356 risulta impegnato in analoga magistratura per accrescere i dazi e diminuire le spese pubbliche.
Dalle deliberazioni dei Senato si apprende ancora che il C. "maior" ricoprì la carica di savio agli Ordini dall'ottobre 1357 all'agosto 1358 e che, inoltre, fece spesso parte di quelle commissioni di senatori frequentemente istituite nel secolo XIV con varie modalità e scadenze per il disbrigo di incombenze particolari. Dall'io al 5 ott. 1355, ad esempio, è uno dei cinque savi "de modo construendi galeas"; nello stesso mese, e quindi da giugno ad ottobre del 1356 savio alla Puglia, nel gennaio 1358 uno dei cinquanta eletti per valutare le proposte di pace con gli Ungari, mentre presenta il 1° luglio dell'anno seguente quale "savio pro corretione consiliorum" una ampia delibera su alcune vicende riguardanti casi di infrazione dei capitolari e l'uso del denaro pubblico da parte di pubblici ufficiali, antica competenza - questa - dei Senato in materia giudiziaria. Eletto il 21 mano 1361 a fianco di altri quattro savi richiesti di paren su temi suntuari, con essi giunge a proporre un'organica serie di provvedimenti per limitare il lusso, approvati in Pregadi il 21 maggio 1361.
Concorse a creare la fama del C. politico "oratore" la partecipazione a numerose ambascerie e missioni diplomatiche: nel 1353 con Almorò Venier a Cangrande Della Scala venuto nel Trevisano con il cognato marchese di Brandeburgo; nell'agosto 1354 a Francesco da Carrara per invitarlo a procedere contro Milano; nel settembre 1356 a Ferrara e a Bologna per assoldare uomini per le guerre di Genova e d'Ungheria (va comunque notato, insieme con la difficoltà di inserire questi tre interventi nella trama biografica accertata, come di essi faccia memoria il solo Caroldo pur ripreso dal Priuli e dalle compilazioni dipendenti).
Già nel marzo 1359, eletto ambasciatore solenne a Padova per sollecitare il rispetto degli accordi in materia di conflitti giurisdizionali, aveva dovuto rinunziarvi "propter infirmitatem"; prescelto per un ulteriore incarico diplomatico il 5 luglio 1360 - si trattava di incontrare in solenne ambasceria il duca d'Austria nel Trevisano -, dovette il 19 agosto esser sostituito (ed è questa l'estrema notazione riguardante il C. nei registri del Senato) "propter deffectus persone".
La prima sentenza dei procuratori di S. Marco de Citra relativa alla commissaria istituita al nome del C. risale al 29 maggio 1362: anticipatamente a tale data va dunque collocata l'epoca della sua morte. Nel testamento, redatto il 7 sett. 1361 dal notaio Andrea de Oltedo "ducalis curiae maior scriba", lasciava - fra l'altro - alla moglie Maria 1.000 lire investite agli imprestiti, "vitto e vestito" e facoltà di risiedere "in aliqua de domibus meis", ricordando con ulteriori differenziati lasciti i figli Marco, maggiorenne, Pietro, Felice e Graziadeo ancora minori - già sposati i prinù due - e le figlie Cecilia e Lorenza (ma nel testamento della moglie si parla anche di una figlia Orsolina). Invitava invece a vendere e ad investire il ricavato agli Imprestiti "massaricias et arnesias... nemora et paludes et animalia" posseduti a Lobia e Persegaria nel Padovano. Le pergamene della cominissaria ci informano ancora del possesso, in comune con un Donato Graciano, di uno "stacium" a Rialto. Fra i consueti lasciti testamentari ai conventi veneziani spicca per entità quello di 100 lire di grossi per la fabbrica della chiesa dei Ss. Giovanni e Paolo la cui mole il C. doveva, dalla sua residenza a S. Maria Formosa, aver visto progressivamente innalzarsi.
Fonti e Bibl.: Arch. di St. di Venezia, Miscell. Codici, I, St. veneta, 18: M. Barbaro-A. Tasca, Arbori de' patritii veneti, II, c. 521 (omon. coevi alle cc. 499, 504); Ibid., Segret. alle voci, Misti, reg. 1, c. 16v (notazioni relative ad altri Leonardo Contarini o di incerta attribuzione alle cc. 6v, 8, 13, 20v, 21, 48, 55v, 58, 61); Ibid., Senato, Deliberazioni miste, reg. 24, cc. 29v, 68, 71rv, 72, 74;reg. 25, cc. 17, 25rv; reg. 26, c. 78v; reg. 27, cc. 32v, 33v, 36, 37v, 53, 62, 63, 68, 71, 73, 86, 90v;reg. 28, cc. 17, 19v, 25, 26v, 31v, 34v, 35, 39, 40, 41v, 42, 43, 48-49, 52v, 54v, 55v-56v, 61, 64v, 65, 67, 75v, 77v, 78, 79, 98v, 99; reg. 29, cc. 5v, 28v, 31v, 33rv, 53, 55, 57, 63v, 77v, 113v, 115v; reg. 30, cc. 7, 12, 16; Ibid., Collegio, Secreti, reg. 1354-1366, c. 33v; Ibid., Collegio, Noratorio, reg. 1, c. 19; il testamento del C. è Ibid., Procuratori di S. Marco, Commissario miste, b. 104, fasc. "Commissaria Contarini Leonardo del confinio di S. Maria Formosa"; la notizia dell'attività commerciale giovanile del C. è nel medesimo fondo, b. 298 pubblicata in: Archivio di Stato di Venezia, Scuola di archivistica e diplomatica. Esempi di scritture dei socc. IX-XVII tratte dagli originali dell'Arch. di Stato di Venezia. Corso di paleogr. lat. e diplom. promosso dal Contre internat. d'information sur les sources de l'histoire balcanique et mediterranéenne, Venezia 1981, pp. 21, 23; il testamento della moglie Maria Ibid.. Archivio notarile, Testamenti, b. 1062 (notaio Lorenzo Dalla Torre prete in S. Angelo), n. 116; Ibid., Commemoriali, reg. VI, c. 23v; Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. It., d. VII, 197 (= 8162): Registro degli ambasciatori venoti fino al secolo XVII, cc. 30, 46v, 50v, 58v; Ibid., Mss. It., cl. VII, 128a (= 8639): G. Caroldo, Cronaca, cc. 193, 193v (ma si tratta di Leonardo Contarini di Marco), 200v, 201, 205, 220, 224v, 230v, 233v, 242, 262v, 263, 269, 274, 275, 278, 287; Ibid., Mss. It., cl. X, 359 (= 3708): M. Sanuto, Notabilia ex notariis veneris, c. 27; Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, cod. Cicogna 3781: G. Priuli, Pretiosi frutti del Maggior Consiglio, I, c. 173v; G. Verci, Storia della Marca trivigiana e veronese, XII, Venezia 1789, doc. p. 58; I libri commemoriali della Repubblica di Venezia, Regesti, a cura di R. Predelli, II, Venezia 1978, pp. 291.