BOTALLO (Botal, Botalli), Leonardo
Nacque ad Asti nel 1530 da famiglia nobile. Frequentò l'ateneo di Pavia durante il rettorato di Pietro Martire e fu discepolo di G. B. Carcano, del Frisimella, del Trincavella e del Ticinese, con il quale conseguì la laurea in medicina; contemporaneamente seguì le lezioni che G. Falloppio teneva nell'anfiteatro anatomico di Padova, destinate a esercitare tanta influenza sui suoi studi di anatomia. Sotto la guida del fratello Secondo, maggiore di lui di dodici anni e docente di chirurgia presso l'università di Pavia, cominciò a esercitare la libera professione in Asti, interessandosi soprattutto ai problemi relativi alle tecniche chirurgiche. Divenuto in seguito medico delle truppe francesi, ebbe modo di affinare notevolmente la sua preparazione, specie in ambito traumatologico, tanto da venir chiamato a corte, nel 1560, da Caterina de' Medici, che gli conferì l'incarico di archiatra; tenuto in grande considerazione dalla regina, fu inviato nel 1567 al seguito del figlio, il duca d'Angiò; nel 1568 fu presso Carlo IX, e nel 1570 presso il duca di Alençon; fu anche medico di Elisabetta d'Austria dal 1571 al 1574 e di Luisa di Lorena nel 1578. Ebbe anche modo di recarsi in Inghilterra e in Belgio. Il posto preminente che egli occupava e soprattutto la pratica frequente del salasso lo esponevano all'invidia dei cortigiani e dei colleghi, specialmente di G. B. Donati e B. Gianger, da cui più volte si difese con la veemenza degli scritti; ma le sue capacità gli valsero la stima del Bosio, dello Chatelain, del Le Fabre, del Vigor, del Du Val, medici anch'essi presso la corte francese, e gli conquistarono la devozione di discepoli quali G. Defrate, L. Montano e A. Caplano. I suoi servigi e la dedizione ai principi di Oltralpe gli meritarono la carica onorifica di consigliere, conferitagli da Enrico III, e l'assegnazione del titolo di "abbé commendataire" delle abbazie di Digne e di Notre-Dame de Chambre.
Il B. raccolse i frutti della sua esperienza in tredici scritti, alcuni dei quali postumi. Nel De curandis vulneribus sclopettorum... (Lugduni 1560), la prima opera che diede alle stampe, e tra le prime in senso assoluto sull'argomento, raccoglie la sua vasta esperienza di traumatologo e afferma che l'azione del proiettile non si esplica tramite il calore che possiede, carattere questo ben diverso da quello delle sostanze venefiche; descrive i presidi terapeutici da adottare nelle ferite del capo e le tecniche chirurgiche da seguire secondo il tipo di lesione, sostenendo l'opportunità di lasciare integro il tessuto periostale per una completa riparazione della teca cranica; nega la necessità di un intervento in ogni caso, precisando che la cura del traumatizzato non deve limitarsi solo al trattamento della zona lesa, ma va estesa a tutto l'organismo che ha riportato la lesione. Nel De incidendae venae,cutis scarificandae et Hirudinum applicandarum modo (Lugduni 1565) e nel De curatione per sanguinis missionem (Lugduni 1577) il B. esprime il convincimento, tratto dall'esperienza quotidiana, della validità terapeutica del salasso - scarsamente considerato in Francia -, precisandone l'utilità, oltre che negli stati pletorici, anche nelle condizioni di tossiemia, ma affermando che esso va applicato non dopo aver considerato gli influssi astrali né la stagione, ma le condizioni dell'ammalato e la forma morbosa da cui è affetto, valutando, sulla base della reattività dell'organismo, la opportunità di ripeterlo o meno. Semeiologo attento e terapeuta provetto ci appare nel De catharro eiusque causis symptomatibus,signis et curatione commentarium (Parisiis 1564), nell'Admonitio de fungo strangulatorio (Lugduni 1565) e soprattutto nel Luis venereae curandae ratio (Parisiis 1563), in cui, pur negando la localizzazione elettiva dell'affezione a carico del fegato, in accordo con l'opinione corrente che considerava la lue solo come malattia cutanea, distingue l'ulcera molle venerea dal sifiloma, consigliando lavaggi per la prima e polvere di precipitato mercuriale per il secondo.
Gli studi di anatomia umana normale e patologica furono quelli che maggiormente appassionarono il B., e ad essi è in effetti legato il suo nome. A parte le opere di minore importanza, quali la Observatio anatomica de monstruoso rene in cadavere nuper reperto (Lugduni 1565) e la Observatio alia de ossibus inventis inter utrumque cerebri ventriculum (Lugduni 1565), hanno notevolissimo valore le sue ricerche sull'anatomia del cuore e dei grossi vasi che egli espose nelle pubblicazioni De foramine ovali dissertatio (Lugduni 1561), De via sanguinis a dextero in sinistrum cordis ventriculum (Parisiis 1564), Sententia de via sanguinis in corde (Venetiis 1640) e Iudicium Apollinis circa opinionem de via sanguinis (Venetiis 1640).
L'opera De foramine riveste una particolare importanza perché in essa viene illustrato il cosiddetto "foro del Botallo", di cui egli non può tuttavia essere considerato lo scopritore. Tale foro, che fa comunicare gli atri cardiaci nell'embrione e la cui obliterazione, per un processo disontogenetico, può mancare nell'adulto, era già noto, tra gli altri, al Carcano e al Falloppio e da essi probabilmente il B. ne venne a conoscenza; è certo però che egli fu sicuramente il primo a parlare di questa formazione anatomica nella scuola medica di Parigi (secondo alcuni studiosi fu il primo ad accennare alla persistenza del foro, come condizione patologica, nell'adulto) e a richiamare l'attenzione degli studiosi su essa, dati i suoi profondi studi sul salasso e sulla circolazione del sangue. Al B. è anche attribuito il merito della scoperta del dotto arterioso che reca il suo nome, che mette in comunicazione l'arteria polmonare con l'aorta, e la cui pervietà persistente nell'adulto può determinare la mescolanza del sangue venoso con l'arterioso (sindrome del dotto del Botallo).
Il B. ebbe senza alcun dubbio il grande merito, con le sue ricerche di anatomia, di avere richiamato l'attenzione dei contemporanei sulla importanza della conoscenza del foro e del dotto, formazioni sino allora così poco conosciute che in Francia i colleghi gliene attribuirono la scoperta.
Nell'agosto 1586 il B. cadde gravemente ammalato, per la riacutizzazione di quelle febbri malariche di cui era sofferente da anni: estremamente debole per i salassi cui si faceva sottoporre e in condizioni di penosa indigenza, ebbe soltanto il conforto dell'amicizia della sua protettrice, Caterina de' Medici, che più volte gli venne in aiuto materialmente, e il sostegno di quei saldi principî morali che con grande onestà e con profonda coscienza aveva espresso nei Commentarioli duo,alter de medici,alter de aegroti munere (Lugduni 1565).
Il B. morì intorno alla fine del 1587, secondo quanto risulta dai documenti francesi.
Nel 1660 usciva a Lione l'Opera omnia medica et chirurgica del B., a cura di J. van Horne.
Fonti eBibl.: G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, pp. 1868 s.; G. G. Bonino, Biografia medica piemontese, I, Torino 1824, pp. 270-284; S. De Renzi, Storia della medicina italiana, III, Napoli 1845, ad Indicem (V, ibid. 1848); Lettres de Catherine de' Médicis, III, a cura di H. de La Ferrière, Paris 1887; IX, a cura di G. Baguenault de la Puchesse, ibid. 1905, ad Indices;G. Sterzi, Il merito di B. nella scoperta del forame ovale, in Il Monitore zoologico italiano, XXI (1910), 1; A. Pazzini, Storia della medicina, Milano 1947, ad Indicem; J. A. Beniamin-D. M. Schullian, Observations on fused kidneys with horseshoe configuration; the contribution of L. B., in Journal of the Hist. of Med., V (1950), pp. 315-326; L. Careri, B. L. astese,medico regio, Asti 1954; C. D. O'Malley, B. L., in Dictionary of Scientific Biography, II, New York 1970, pp. 336 s.; Biographie univ. ancienne et moderne, V, p. 146; A. Hirsch, Biographisches Lexikon der hervorragenden Ärzte..., I, München-Berlin 1962, p. 643; Enc. Ital., VII, p. 566.