BECCANUGI, Leonardo
Mercante fiorentino, cui il Petrarca indirizzò l'unica sua lettera in volgare pervenutaci, Leonardo di Niccolò di Cianghero de' Beccanugi appartenne a famiglia popolana, ma sin dal Duecento ricca e di molta autorità tra i guelfi neri (il bianco Dino Compagni collocò un Beccanugi tra i "pessimi popolani e potenti nella loro parte"), che, a Firenze aveva le sue case nel quartiere di S. Maria Novella, gonfalone del Leone Bianco, popolo dei SS. Michele e Gaetano. Nato intorno il 1330, il B. s'immatricolò nell'arte di Calimala, la corporazione dei mercanti fiorentini, il 12 marzo 1358, e presto raggiunse le più alte cariche della Repubblica: nel 1363 e nel 1367 fu dei Signori; nel 1371 vicario a Pescia; nel 1372 dei Dodici Buonomini; nel 1374 gonfaloniere di Giustizia; nel 1376 uno degli "Otto deputati sopra la riforma dei beni del clero"; nel 1378 di nuovo gonfaloniere di Giustizia; nel 1379 console dell'arte di Calimala. L'anno successivo, per i sospetti che il popolo aveva di congiure ai danni dello Stato, egli venne compreso nel lungo elenco di coloro che per tre anni furono "posti a sedere" (ebbe, cioè, il divieto di ricoprire cariche pubbliche), ma nel settembre, trovandosi ad Ancona, sfuggì alla gravissima condanna che travolse l'intera famiglia dei Beccanugi per l'assassinio, commesso da uno di loro, dell'ambasciatore fiorentino ad Arezzo, Giovanni di Mone. Qualche anno dopo il B. tornò a coprire i più alti uffici: console dell'arte di Calimala (1387, 1391, 1393, 1394, 1396), gonfaloniere di Giustizia (1390) e, finalmente, dei Signori (1398). Morì nell'agosto dell'anno successivo.
Sposatosi, rimase vedovo presto (nel 1363); dei suoi figli, tanto Pietro (che studiò leggi) quanto Niccolò (che si dette alla mercatura) furono, come il padre, tra i più notevoli popolani della Firenze quattrocentesca.
La lettera indirizzata dal Petrarca al B., il 4 genn. 1362, ce lo indica ad Avignone, dove allora confluivano molti Fiorentini, mercanti e banchieri, che tenevano le fila del commercio con le terre d'Oltralpe, e, alludendo a fatti e personaggi legati alla vita della Curia pontificia, sottolinea l'attività d'intermediario che il B. (al pari degli altri Fiorentini d'Avignone) svolse con la sua città e con i concittadini sparsi lungo le vie del commercio in Italia e Oltralpe.
Fonti e Bibl.: Per le notizie intorno al B., cfr. Firenze, Bibl. Riccardiana, Matricule Artis et UniversitatisMercatorum Kallismale civitatis Florentie, cod. 3229; Firenze, Bibl. Naz. Centrale, Cirri, Necrologio fiorentino, ms.; Roma, Bibl. Vaticana, cod. Barberiniano 4000, c. 188 r; Ibid., cod. Barb. 5004, cc. 44, 45, 242; Delizie degli eruduti toscani, Firenze 1770-89, IX, pp. 149, 159; XIV, pp. 48, 61, 128, 142, 205; XV, pp. 31, 201; XVIII, pp. 117; Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca fiorentina, in Rer. Italic. Script., 2 ediz., XXX, 1, a cura di N. Rodolico, pp. 262, 266, 288, 314, 363; Diario di Anonimo, in Cronache dei secc. XIII e XIV, Firenze 1876, pp. 409-417; A. Della Torre, Aneddoti petrarcheschi, in Ilgiornale dantesco, XVI(1908), pp. 82-88. Per la lettera del Petrarca, oltre al già citato studio del Della Torre, cfr. G. Fracassetti, Lettere di Francesco Petrarca delle cose familiari... lettere varie... voliarizzate..., Firenze 1863, I, pp. 7-9; V. Cian, D'una lettera pseudo-petrarchesca in volgare, in Padova a Francesco Petrarca nel VI centenario della sua nascita, Padova 1904, pp. 9-13; G. Billanovich, Petrarca letterato. I. Lo scrittoio del Petrarca, Roma 1947, p. 257, n. 1; Petrarch's Correspondence, a cura di E. H. Wilkins, Padova 1960, pp. 10, 118; E. H. Wilkins, Letters in Italian attributed to Petrarch, in Italia medioevale e umanistica, III (1960), pp. 271-80.