OLIVIERI, Leonardo Antonio
OLIVIERI, Leonardo Antonio. – Nacque a Martina Franca il 23 febbraio 1689 da Vito e da Faustina Tagliente (Gambacorta, 1976, pp. 439 s.).
Nella città natale svolse il primo apprendistato presso lo zio pittore, suo omonimo. Grazie anche al padre gesuita Francesco di Girolamo fu introdotto alla scuola di Francesco Solimena, del quale divenne, in seguito, il miglior allievo (De Dominici, 1745, p. 679). La sua presenza è attestata a Napoli, dai documenti finora noti, almeno dal dicembre 1715, prima presso il suo amico e compaesano Gregorio Magli e poi presso il cardinale Innico Caracciolo a palazzo Caracciolo (Vantaggiato, 1980, pp. 367 s., 370 s.; Pasculli Ferrara, 1984, pp. 131, 138 s.).
A Napoli, secondo i precetti di Solimena, acquisì prima una solida base come disegnatore, poi iniziò a praticare l’uso del colore, arrivando a imitare le modalità pittoriche del caposcuola e facendo anche copie dei suoi lavori (De Dominici, 1745, p. 679; Pasculli Ferrara, 1984, p. 139), fino a diventarne molto più di un brillante imitatore (Spinosa, 1990, p. 473).
L’adesione al linguaggio del maestro è ben testimoniata da molte opere. Pasculli Ferrara (1984, pp. 139 s.) fa riferimento in particolare a due teloni del 1718 per il coro della cattedrale di Nardò (Lecce), commissionati dal vescovo Antonio Sanfelice e ora ubicati nello scalone del palazzo vescovile: La donazione di alcuni feudi da parte del conte Goffredo il Normanno,copia, con alcune varianti, del dipinto di Solimena Ratchis, re dei Longobardi, che si fa monaco di Montecassino (primi del Settecento; Tolone, Musée des Beaux-Arts) e L’arrivo a Nardò delle reliquie di S. Gregorio Armeno, copia della sezione centrale dell’Arrivo delle ceneri di S. Giovanni Battista a Genova di Solimena, di cui si conserva solo il bozzetto (Sondrio, Banca popolare di Sondrio).
Nel 1720, anno in cui firmò e datò per la chiesa del Carmine di Martina Franca la Madonna del Carmelo, Olivieri fece una promessa di matrimonio a Christina Agnese Maffei, figlia del pittore Antonio (Vantaggiato, 1980, pp. 368-372). All’anno seguente risale la Vergine con Bambino in gloria per la chiesa di S. Maria Materdomini di Napoli (Semeraro, 1989, pp. 25-27). Nel 1725, per la cappella del coretto della chiesa di S. Gregorio Armeno, realizzò molto probabilmente due sovrapporta raffiguranti Gesù e la Maddalena in casa del fariseo e La lavanda dei piedi che risentono sia dell’influenza di Solimena, sia di quella di Francesco De Mura (Pasculli Ferrara, 1984, pp. 154 s.).
Intorno agli anni Trenta, per la cattedrale di Nardò, dipinse S. Giovanni Evangelista e s. Bernardino, un Battesimo di Cristo e un’Immacolata e santi (ibid., p. 157).
Nel 1732 firmò e datò la Natività di Maria per l’oratorio della Congrega della natività e dolori di Maria a Martina Franca, una delle opere che, secondo gli studiosi, recepisce anche le influenze della pittura più ariosa e luminosa di Paolo De Matteis e Luca Giordano, alla quale si ispirarono maggiormente i pittori locali (D’Elia, 1982).
Il lavoro rivela un’eccellente abilità nella rappresentazione degli oggetti, disegnati realisticamente, con un’accentuata tridimensionalità e sapienti riflessi luminosi, tesi a rendere riconoscibile la qualità del metallo con cui sono forgiati, sulla scia di quanto appreso da Solimena.
Nel 1736, per l’altare maggiore della chiesa di S. Antonio di Martina Franca, dipinse la Madonna delle Grazie e santi (ora nella sacrestia) e nel 1738, per la chiesa di S. Paolo Maggiore a Napoli, l’Immacolata Concezione tra l’arcangelo Michele e s. Gennaro.
Nella prima opera la luminosità fa risaltare le forme dei personaggi, che restano però ancorati al consueto schema piramidale in posizioni abbastanza statiche (Vantaggiato, 1980, p. 344). La seconda tela, caratterizzata da una gamma cromatica abbastanza chiara, con toni vivaci e vibrazioni luminose sfumate, rivela un’adesione più esplicita alla pittura di De Mura (Pasculli Ferrara, 1984, pp. 164 s.).
È databile intorno ai primi anni Quaranta il Trionfo dell’Ordine francescano eseguito per la cattedrale di Taranto (ora a Bari, Castello svevo), per una comparazione stilistica con la pala raffigurante S. Idelfonso di Solimena, contraddistinta da una stesura larga e densa. Di quest’opera si conserva anche il bozzetto presso la chiesa di S. Maria di Piedigrotta a Napoli (Spinosa, 1979, p. 190; Pasculli Ferrara, 1984, p. 166).
Nel 1747, ancora per la cattedrale di Taranto, dipinse due tele raffiguranti La sacra famiglia e la Deposizione(Bari, Castello svevo).
Nella prima l’influenza del maestro emerge soprattutto nell’articolazione dei panneggi, simili a quelli dell’Annunciazione di Solimena conservata nella chiesa di S. Rocco a Venezia; nella seconda, poi replicata anche per la chiesa Nuova di S. Maria dei sette dolori di Poggiorsini, analoghe influenze sono rintracciabili nella figura di S. Giovanni, ripresa fedelmente dal dipinto di Solimena con l’Assunzione della Vergine della cattedrale di Capua (Pugliese, 1983).
Nel 1750 firmò e datò un ciclo di affreschi nella volta della cappella della Nuova sacrestia dei Gerolamini di Napoli, iniziato nel 1748, ora quasi interamente illeggibile, a eccezione dei pennacchi e di un arcone (Pasculli Ferrara, 1984, pp. 169, 172 n. 148).
Al 1752 si data la sua ultima opera nota allo stato attuale degli studi, destinata all’altare maggiore della cattedrale di Caiazzo e raffigurante l’Assunta adorata da santi vescovi. Per essa il figlio Gennaro, che continuò l’attività paterna, ricevette l’ultima parte del denaro pattuito dopo la sua morte (ibid., pp. 169 s.).
Morì a Napoli il 7 giugno 1752.
Fonti e Bibl.: B. De Dominici, Vite de’pittori, scultori e architetti napoletani (1745), III, Bologna 1971, pp. 679-681; A. Gambacorta, Artisti salentini dei secoli XVI-XVIII in terra di Bari, in Studi in onore di N. Vacca, Galatina 1971, pp. 229-231; Id., Artisti in Martina Franca nel secolo XVIII, in Studi di storia pugliese in onore di G. Chiarelli, Galatina 1976, pp. 439-441; G. Borrelli, Chiesa e convento di S. Maria Donnalbina, in Arti figurative a Napoli nel Settecento, Napoli 1979, pp. 36 s.; N. Spinosa, in Civiltà del ’700 a Napoli. 1734-1799 (catal.), I, Firenze 1979, p. 190, fig. 86; V. Vantaggiato, La vita e le opere di L.A. O., in Studi di storia pugliese in onore di G. Chiarelli, Galatina 1980, pp. 331-374 (con documenti e bibl.); M. D’Elia, Pittura barocca in Puglia, in La Puglia tra barocco e rococò, Milano 1982, p. 296; V. Pugliese, in Restauri in Puglia 1971-81 (catal.), I, Fasano 1983, p. 158; M. Pasculli Ferrara, L.A. O. a Napoli attraverso le fonti e i documenti, in Ricerche sul Sei-Settecento in Puglia 1982-83, II, Fasano 1984, pp. 129-240 (con bibl. e documenti); M. Falla Castelfranchi, in Città e monastero, a cura di B. Vetere, Galatina 1986, pp. 244, 250, 259; L. Galante, Per la fortuna della pittura napoletana in Puglia, in Ricerche sul Sei-Settecento in Puglia1984-89, III, Fasano 1989, p. 238; F. Semeraro, L.A. O. (1689-1752), Martina Franca 1989 (con regesto e bibl.); N. Spinosa, La pittura del Settecento nell’Italia meridionale, in La pittura in Italia. Il Settecento, II, Milano 1990, p. 473; S. Blasio, O. L., ibid., pp. 810 s.; C. Gelao, in Confraternite. Arte e devozione in Puglia (catal. Bari), Napoli 1994, pp. 270-272; Id., Pittura napoletana del Settecento, ibid., pp. 118 s. (con bibl.); M. Pasculli Ferrara, ibid., p. 269 s.; D. Catalano, Pulchra ornamenta ecclesiae. Verso il giubileo del 2000 (catal.), Roma 1995, p. 28 s.; L. Galante, Un L.A. O. e un Andrea Miglionico nella chiesa di S. Chiara a Nardò, in Kronos, I (2000), pp. 117-122; Id., Antonius Sanfelicius Episcopus Neretinus..., in Interventi sulla “questione meridionale”, Roma 2005, pp. 281-284 (con bibl.).