ALAGON, Leonardo
Figlio di Artaldo, signore di Sostago e di Peña (Aragona), e di Benedetta Cubello, sposò a Saragozza il 22 genn. 1451 Maria de Morillo y Lenan. Dal padre ereditò il feudo di Almuniente in Spagna. Morto poi senza eredi diretti lo zio marchese d'Oristano, Salvatore Cubello, ne ottenne il feudo (1470). Fu subito ostacolato dal viceré di Sardegna, Nicolò Carroz, che pretendeva per sé l'eredità del marchesato, essendo egli discendente per lato materno dal giudice d'Arborea Ugone Il e corrispondendo il territorio del feudo sardo all'antico giudicato. Il contrasto si fece poi più acceso per il rifiuto opposto dall'A. al matrimonio della figlia Eleonora con Dalmazzo Carroz, figlio di Nicolò. Ebbe così inizio una dura lotta. Nicolò si rifiutò di riconoscere la signoria dell'A. e invase il marchesato di Oristano, ma fu sconfitto nei pressi di Uras (14 apr. 1470). Il 7 maggio seguente il re d'Aragona Giovanni Il intervenne nella contesa, invitando il viceré Carroz e Pietro Puiades, governatore del Capo di Logudoro, a non opporre ostacolo alcuno alla partenza dei messaggeri, che l'A. avrebbe inviati in Aragona per far riconoscere i suoi diritti, e a cessare le ostilità. Ma fu l'A., ormai vincitore, a continuare negli atti di guerra. Invano nel settembre il re gli inviò Ximenes Perez, viceré di Sicilia, allo scopo di intavolare trattative. L'A. occupò il castello di Monreale e quello di Sanluri, fece mettere l'assedio alla città di Cagliari da parte del figlio Artaldo e dei suoi armati e la lotta si tramutò, da un episodio locale, in una guerra a fondo contro gli Aragonesi, soprattutto per l'atteggiamento di molti Sardi, fautori del marchese e tendenti all'indipendenza dell'isola. Il re d'Aragona, non potendo frenare l'A. con le armi, scrisse il 6 marzo 1471 al fratello di lui, Salvatore, invitandolo, con la promessa di concedergli il titolo di conte di Goceano, a prestare opera efficace affinché il marchese d'Oristano fosse ridotto all'obbedienza; a questo scopo gli inviò come messo Pietro Fortesa consigliere di Cagliari. Poiché, però, Salvatore Alagon rifiutò di tradire il fratello, Giovanni d'Aragona s'apprestò a combattere a fondo i ribelli, raccogliendo flotta ed esercito (dicembre 1472). Ma, essendosi interposto come mediatore Ferdinando re di Napoli, cui Giovanni s'era rivolto per ottenere aiuto, furono aperte nel 1473 le trattative per una pace di compromesso. All'A, furono riconosciuti tutti i diritti, i privilegi e la giurisdizione quasi assoluta di cui godeva nel suo marchesato, e anche l'indipendenza dal potere del viceré. Su queste basi nell'ottobre 1474 fu concluso ad Urgelles un patto di concordia, che il re Giovanni rese operante il 14 ottobre mediante una lettera al viceré Carroz, nella quale gli ordinava di proclamare solennemente l'A. marchese di Oristano. Ma la pace non fu rispettata, soprattutto per gli intrighi dei due Carroz; e si ritornò alle armi ai primi del 1475, quando l'A. inviò Nicolò Montagnano ad assediare Monreale. Nel 1476 inoltre spedì il figlio Artaldo a cingere di assedio Sassari. Il re aragonese, dopo averlo invitato, nel marzo 1477, a saldare il pagamento della somma di 80.000 formi, cui s'era impegnato nei patti del 1474, ed avere incitato il viceré ed i funzionari regi a cessare dalle ostilità (giugno 1477), poiché l'A. insisteva nella rivolta armata, dichiarò ribelli il 15 ott. 1477 l'A. e i suoi figli e fratelli e li condannò tutti alla pena capitale, confiscando il marchesato d'Oristano e tutti gli altri loro beni. La lotta continuò nell'isola finché il 19 maggio del 1478 nella battaglia di Macomer gli Aragonesi ebbero il sopravvento. L'A. riparò con i suoi familiari a Bosa, dove si imbarcò su di una nave amica per sfuggire agli Aragonesi; ma il capitano della nave lo tradì, lo portò a Palermo e lo consegnò all'ammiraglio aragonese Giovanni de Villamari. Dalmazzo Carroz, che aveva preso parte alla battaglia di Macomer, era intanto già morto (1478); Nicolò suo padre mori un anno dopo. Per intercessione dell'ammiraglio Villamari, l'A. ebbe tramutata la pena di morte in quella dell'esilio e con i suoi fu relegato per volere di Giovanni II nel castello di Játiva in Valenza, dove morì ai primi del 1490.
Fonti e Bibl.: P. Tola, Codex diplomaticus Sardiniae, II, Augustae Taurinorum 1868, testo pp. 16-21, docc. pp. 77-93, 97, 102-105; P. Tola, Diz. biogr. degli uomini illustri di Sardegna, I, Torino 1837, pp. 58-62; G. Manno, Storia di Sardegna, II, Capolago 1840, pp. 279-293; D. Scano, Serie cronologica dei giudici sardi, in Arch. storico sardo, XXI (1939), pp. 86 s.; C. Sarthou Carreres, El castillo de Játiva y sus històricos prisioneros, Valencia 1951, pp. 141-150.