GAMBETTA, Léon
Uomo politico francese, nato a Cahors da padre genovese il 2 aprile 1838, morto a Ville-d'Avray presso Sèvres il 31 dicembre 1882. La difesa di L.-Ch. Delescluze, redattore capo del Réveil - processato nel novembre 1868 per avere aperto sulle colonne del suo giornale una sottoscrizione per un monumento al deputato A. Baudin, ucciso sulle barricate il 3 dicembre 1851 nel tentativo di resistenza al colpo di stato del principe Luigi Napoleone - fu una tremenda requisitoria contro l'Impero e portò il G. al primo posto tra gli oppositori repubblicani; e poco dopo, nel maggio 1869, veniva eletto al Corpo legislativo per Parigi e Marsiglia. Egli optò per Marsiglia e continuò la sua vivace campagna di opposizione in. quell'assemblea. Insieme coi suoi compagni della minoranza, votò contro la dichiarazione di guerra alla Prussia; ma, scoppiato il conflitto, si separò dai suoi amici politici e votò per la concessione dei crediti necessarî alla condotta della guerra. Alla notizia del disastro di Sedan, di fronte all'inazione del Corpo legislativo e al pericolo di avvenimenti che avrebbero indebolito la difesa della Francia invasa, prese l'iniziativa di proclamare decaduto Napoleone e la sua dinastia e costituita la Repubblica (4 settembre 1870), ed entrò a far parte del governo della difesa nazionale, come ministro dell'Interno. Il 7 ottobre, uscito in pallone da Parigi assediata, si recò a Tours, donde, divenuto l'anima della delegazione del governo nelle provincie, si prodigò per porre in campagna nuove truppe; e da Bourges prima, dove si era recato dopo la sconfitta di Orléans del 4 dicembre per riorganizzare gli eserciti, da Bordeaux poi, dove il 27 dicembre aveva raggiunto la delegazione quivi trasferitasi, continuò la sua opera. Dopo aver protestato contro la capitolazione di Parigi, il G. decretò l'esclusione dal voto per l'elezione della Assemblea nazionale degli ex-funzionarî e dei candidati ufficiali dell'Impero; avendo Bismarck protestato che così veniva violata la libertà di voto prevista dall'armistizio, il governo di Parigi dovette invitare il G. a ritirare il decreto, ma egli preferì dimettersi. Eletto all'Assemblea nazionale da nove dipartimenti, optò per Strasburgo, e dopo aver votato e protestato contro il trattato di pace, abbandonò con gli altri deputati dei dipartimenti ceduti, l'Assemblea. Vi ritornò nel luglio del 1871, come deputato di Parigi. Fondò il 5 novembre 1871 il giornale La République Française e, affrontando le ire dei deputati più accesi dell'estrema sinistra, diede il suo appoggio a Thiers, che approfittava delle discordie tra i monarchici per consolidare in Francia il regime repubblicano. Dopo la caduta di Thiers nel maggio 1873 e l'avvento al potere del monarchico maresciallo Mac-Mahon, il G. indusse i repubblicani a una tattica di moderazione, che concorse al fallimento dei tentativi monarchici; e all'indomani del rifiuto del conte di Chambord di accettare le condizioni poste dall'Assemblea per la restaurazione della monarchia, il G. si adoperò per far votare anche dai radicali la costituzione repubblicana del febbraio 1875. La campagna iniziata dai clericali per il ristabilimento del potere temporale del papa fu denunziata dal G. come una sorgente di possibili conflitti con l'Italia, venendo così a creare una certa solidarietà tra i parlamentari di sinistra dei due paesi, segnatamente tra il G. e Crispi, che si trovava a Parigi nella primavera del 1876, quando il duca di Broglie cercò di riassumere il potere. Il G., che dirigeva la lotta contro il Broglie, fu largo di promesse al Crispi e cercò anche di valersene come di un intermediario presso il Bismarck. Il 4 maggio 1877 la sua campagna contro la destra culminò in un discorso, chiuso con le parole: Le cléricalisme, voilà l'ennemi! Al tentativo del Mac-Mahon d'imporre al paese un governo di destra mediante lo scioglimento della camera, G. rispose col discorso del 15 agosto a Lilla, che conchiudeva con il dilemma rivolto al presidente della repubblica: se soumettre ou se demettre. Per questo discorso venne condannato in contumacia a 3 mesi di carcere e all'ammenda, ma la campagna elettorale da lui guidata finì con la vittoria dei repubblicani, e la sottomissione prima e le dimissioni poi del Mac-Mahon. In quello stesso anno il G. compì un breve viaggio in Italia e fu ricevuto da Vittorio Emanuele II. Nel gennaio 1879 fu eletto presidente della camera e continuò la sua campagna contro i bonapartisti, i monarchici e i clericali; rimase a capo della frazione temperata della sinistra, nota come "partito opportunista" ed esercitò una notevole influenza sulla maggioranza parlamentare, pur restando tra le quinte: perciò i suoi avversarî radicali e di estrema sinistra parlarono del suo "pouvoir occulte" e lo accusarono di aspirare alla dittatura. Nonostante i suoi andamenti al Crispi e al generale Cialdini, ambasciatore italiano a Parigi, il G. fu d'accordo con J. Ferry nell'accettare l'invito tedesco ad occupare la Tunisia; ma nell'autunno 1881 durante la discussione sull'applicazione del trattato del Bardo provocò la caduta del ministero. Questa volta non poté rifiutarsi di assumere il potere e il 14 novembre 1881 formò il gabinetto in cui si riservò il Ministero degli esteri; la sua lunga politica di astensione, per paura di perdere la popolarità, fu però causa della sua pronta caduta. Il ministero, che, preannunziato da lungo tempo come le grand ministère, aveva deluso le aspettative, si dovette dimettere il 26 gennaio 1882, dopo soli 66 giorni di governo, in seguito ai virulenti attacchi che da tutte le parti si movevano al G. e al rigetto della sua proposta di sostituire al collegio uninominale lo scrutinio di lista, da cui egli sperava una maggioranza più omogenea e disciplinata. Tornato al suo seggio di deputato, prese la parola per disapprovare la condotta di Ch.-L. Freycinet, che aveva respinto l'offerta inglese per una collaborazione militare in Egitto. I suoi amici preparavano già il suo ritorno al potere e parlavano della sua elezione a presidente della repubblica, quando il 27 novembre, nella sua villa di Ville-d'Avray, si feriva alla mano con un colpo di pistola partito accidentalmente; alla ferita seguì un'infiammazione intestinale che lo condusse prematuramente a morte. Il fatto che il G. si era ferito in presenza della sua amica Léonie Léon alla vigilia dell'annunziato matrimonio diede luogo a molte dicerie, ma oramai sembra assodato che la ferita fu accidentale.
J. Reinach ha pubblicato i Discours et plaidoyers politiques di L.G., voll. 11, Parigi 1881-86 e i Dépêches, circulaires, décrets ecc., voll. 2, Parigi 1886-1891.
Bibl.: J. Reinach, L. G., Parigi 1884; id., G. orateur, Parigi 1884; id., Le ministère Gambetta, histoire et doctrine, Parigi 1884; id., La vie politique de G., Parigi 1918; F.-F. Steenackers e F. Legoff, Histoire du gouvernement de la défense nationale en province, voll. 3, Parigi 1884-85; É. Neucastel, G., sa vie, ses idées politiques, Parigi 1885; Y.-V. Laborde, L. G., biographie psychologique, Parigi 1898; F. Laur, Le coeur de G. (corrispondenza con Léonie Léon), Parigi 1907; Gambetta, par Gambetta: lettres intime et souvenirs de famille, pubblicati da P.B. Gheusi, Parigi 1909; P. Deschanel, G., Parigi 1919; H. Stannard, Gambetta and the foundations of the Third Republic, Londra 1921.