OLSCHKI, Leo Samuele
OLSCHKI, Leo Samuele (Lev Samuel). – Nacque a Johannisburg (Prussia orientale) il 2 gennaio 1861, da Chaim Lev.
Apparteneva a una famiglia ebrea ortodossa di tipografi, dedita a pubblicazioni esoteriche e talmudiche, la quale gli permise un’educazione liberale e classica. Rimasto orfano all’età di cinque anni, Leo, come veniva chiamato in famiglia, proseguì gli studi secondari in Polonia per terminarli a Berlino, dove si era trasferito dal 1879. Nella capitale tedesca lavorò dal 1881 al 1883 presso la Calvary & C., libreria specializzata in scienze e in filologia. Dal 1° ottobre 1883 fu chiamato a lavorare a Verona, presso la libreria Münstersches Antiquariat di Wilhelm Goldshagg. Decise di trasferirsi in Italia per ragioni di salute e, al contempo, spinto dalla passione per la cultura classica e rinascimentale maturata negli anni di studio.
L’Italia, alla fine dell’Ottocento, era un territorio fertile per intraprendere imprese legate all’antiquariato a causa dell’assenza di librerie specializzate nel settore a fronte di un cospicuo patrimonio librario disponibile sul mercato. La soppressione dei conventi, infatti, aveva disperso numerose biblioteche di proprietà ecclesiastica e reso acquistabili interi fondi ricchi di incunaboli e manoscritti. Altri stranieri, come Hermann Loescher e Ulrico Hoepli, avevano sfruttato in precedenza il clima post-unitario per impiantare floride attività librarie. Olschki era consapevole delle possibilità imprenditoriali in Italia e Verona, posta tra le correnti commerciali italiane e austroungariche, era il luogo perfetto per saggiare la vitalità del mercato.
Sposò nel 1883 Paola Rosen, da cui ebbe sei figli; rimasto vedovo (5 aprile 1895), nel 1898 si unì in matrimonio con Regina Caro, nata a Poznan, dalla quale non ebbe figli.
A Verona, grazie al lavoro presso la Münstersches Antiquariat, approfondì la conoscenza del panorama librario e collezionistico italiano e maturò il progetto di un’attività in proprio. L’acquisto di alcune biblioteche private, tra cui il prezioso fondo dell’abate Agostino Zanella, fu l’occasione che pose le basi della sua impresa. Il 1° marzo 1886 creò la Librairie ancienne, poi chiamata Libreria Antiquaria Editrice, e nello stesso anno pubblicò in francese il primo catalogo, che raccoglieva e descriveva opere stampate nei secoli XV e XVI, ambito di specializzazione della nascente ditta.
La sua grande intraprendenza era corroborata da una straordinaria facilità nell’apprendere le lingue straniere. Cultore del greco antico e del latino, durante la sua vita riuscì a ottenere una perfetta padronanza di sette lingue e la capacità di comunicare in quasi tutte le lingue europee.
All’interesse per gli esordi della tipografia, unì una predilezione per gli studi danteschi, passione che portò alla fondazione nell’aprile 1889 de L’Alighieri, in collaborazione con l’onorevole Francesco Pasqualigo di Lonigo. L’iniziativa era d’avanguardia ma fu sfortunata: quasi contemporaneamente (1890) nacque il Bollettino della società dantesca, il quale, diretto da Michele Barbi, rappresentò una forte concorrenza alla rivista. L’Alighieri stentò a trovare una propria collocazione nell’ambito specialistico – lo stesso Olschki lamentò più volte l’esiguo numero di abbonati – ma continuò a essere pubblicato senza interruzioni fino al 1916. Alla morte di Pasqualigo (1892), la direzione passò a Giuseppe Lando Passerini, il quale cambiò il nome del periodico in Giornale dantesco.
Nel 1890, al fine di ampliare la mole degli affari, Olschki trasferì a Venezia la libreria, che diventò in breve tempo luogo di ritrovo di intellettuali e bibliofili. Presso la nuova sede inaugurò il periodico Bullettin (1892), dedicato ai libri antichi e rari d’ogni epoca e valore. In quel periodo, l’attività antiquaria, che allora comprendeva anche carte geografiche antiche e manoscritti miniati, aveva una netta superiorità su quella editoriale. In quegli anni, con la pubblicazione di Figure dantesche di Giuseppe Crescimanno (1893), la ditta acquistò il simbolo che l’avrebbe resa nota negli anni a venire: il globo e la doppia croce con le iniziali dell’editore, marchio ispirato a quello del tipografo rinascimentale Lazzaro Soardi.
La pubblicazione dei cataloghi della libreria fu una delle più fortunate imprese di Leo. Esempio di precisione e competenza descrittiva, essi raccoglievano i volumi per temi, elencandoli in ordine alfabetico per autore, con titolo, stampatore, luogo, anno di stampa, note tipografiche e informazioni sulla storia e le caratteristiche degli esemplari. La professionalità dell’antiquario permetteva inoltre di valutare le opere in modo chiaro e preciso e di esprimere il loro valore in rapporto all’oro, parametro più stabile delle monete nazionali. Il Bullettin ebbe numerose serie speciali, come quella dedicata ai Livres à figure du XVI siècle (1899-1900), Incunabula Florentina o Monumenta typographica, e diventarono un punto di riferimento nell’ambiente dell’antiquariato bibliofilo europeo. Tra i più importanti e fortunati cataloghi è sicuramente da ricordare Choix de livres anciens rares et curieux, opera iniziata nel 1907, in cui si elencavano in un rigoroso ordine per temi i libri più pregiati o rari trattati dalla libreria.
Tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta Olschki scrisse anche alcune opere: il piccolo Saggio di una storia delle più notevoli distruzioni di libri (1885), Le biblioteche nell’antichità (1889), Delle biblioteche dalla loro origine fino all’età di Augusto (1896).
L’entità degli affari della Olschki negli anni di gestione del fondatore è difficilmente ricostruibile tramite documenti, la maggioranza dei quali è andata perduta durante le guerre mondiali. Dopo sette anni a Venezia spostò la propria attività a Firenze, nell’ottica di un’ulteriore espansione dei rapporti con il commercio librario internazionale. Nella città toscana la libreria prese sede in un locale al pian terreno di palazzo Acciaiuoli, centro nevralgico della cultura fiorentina e dell’attività turistica. Arrivata nella città toscana in tempo per le celebrazioni del quarto centenario della morte di Savonarola, la casa editrice pubblicò il catalogo Biblioteca Savonaroliana (1898), che raccoglieva le opere del frate e altri lavori a lui correlati. Il 1899 vide la fondazione della rivista La bibliofilia, diretta e redatta dallo stesso Olschki.
Il periodico si occupava di diffondere e riscoprire i tesori dell’arte tipografica italiana, specialmente rinascimentale, ma non mancavano in essa contributi sulla bibliofilia straniera. Numerose furono le personalità di spicco dell’ambiente fiorentino, perlopiù bibliotecari e bibliofili, che contribuirono a La bibliofilia con articoli e interventi, come Giuseppe Fumagalli, Arnaldo Bonaventura, Domenico Gnoli e, soprattutto, Giuseppe Boffito e Carlo Frati.
Il passaggio al nuovo secolo rappresentò uno spartiacque per il flusso del collezionismo internazionale, costituito nel XIX secolo da esponenti della borghesia colta e della nobiltà europea. Con il nuovo secolo il più importante mercato divenne quello americano e Olschki, grazie alla sua versatilità, seppe stringere fruttuosi rapporti professionali oltreoceano. In questo senso va interpretato lo speciale catalogo America, del 1905, che si occupava di segnalare libri antichi e rari che trattavano del ‘nuovo mondo’.
Gli anni fiorentini a cavallo dei due secoli si distinsero per l’acquisto di importanti fondi librari tra cui quelli dei bibliofili Firmin Didot e Charles Fairfax Murray, francese il primo e inglese il secondo, nonché della raccolta di incunaboli e volumi antichi dell’ingegnere udinese Leonida Leonetti. Molte di queste raccolte furono acquistate da mecenati americani per poi essere donate a biblioteche o enti pubblici.
Olschki, forte della sua cultura ed esperienza mitteleuropea, fu tra i primi a organizzare il commercio antiquario librario in modo professionale in Italia. Nei primi anni del Novecento cominciò a godere di grande considerazione anche a livello internazionale; assidua fu la sua presenza alle aste dell’Hotel Drouot di Parigi o da Sotheby’s a Londra. Numerose inoltre erano le istituzioni o i collezionisti che gli si rivolgevano per valutare le proprie opere tramite i precisi parametri della ditta fiorentina. La sua fama è testimoniata dalla considerazione che godeva tra i collezionisti, soprattutto negli Stati Uniti: «John Boyd Thacher, per fare solo un esempio, indicava in Leo Olschki uno dei possibili eredi di Quaritch in campo antiquario almeno per ciò che riguardava gli incunaboli, i libri illustrati e gli Americana» (Tagliaferri, 1986, p. 160).
Il primo decennio del nuovo secolo segnò l’inizio dei rapporti con Gabriele D’Annunzio, il quale proprio in quegli anni si era trasferito nella città toscana. Il comune amore per il libro antico e l’antiquariato e una certa analogia di vedute sulla cultura come bene elitario furono i punti d’incontro tra due personalità altrimenti poco affini. La collaborazione, pur tormentata a causa dell’inaffidabilità di D’Annunzio nel rispettare gli impegni (mentre Olschki era noto per la sua scrupolosa rigorosità e attendibilità riguardo agli obblighi assunti), culminò con la pubblicazione, nel 1911, della Divina Commedia con la prefazione di D’Annunzio e le incisioni dell’edizione veneziana del 1491.
Con l’incremento dell’attività editoriale nel 1909 Olschki decise di acquistare una tipografia, che chiamò Giuntina, in riferimento ai tipografi fiorentini del XVI secolo. L’attività fu affidata a Lorenzo Franceschini, già suo collaboratore ed esperto tipografo.
L’interesse principale dei primi anni editoriali fiorentini, la riproduzione di libri rari o particolarmente pregiati, è testimoniato dalla pubblicazione dell’editio princeps del 1508 della Quaestio de aqua et terra di Dante (1905) e del facsimile dello Zibaldone boccaccesco mediceo-laurenziano (1906), cui seguì la grande raccolta di disegni della Galleria degli Uffizi, edita in dispense tra il 1912 e il 1921. Le opere, di grande erudizione e pregio, erano naturalmente destinate a una clientela ristretta e l’editore ricorse spesso alla pratica della sottoscrizione per saggiarne le possibilità commerciali.
Il 1911, anno della preziosa edizione della Commedia, Olschki decise di prendere a proprio carico, dopo la morte di Giuseppe Mazzatinti, che ne era stato l’ideatore, la collana «Inventari dei manoscritti delle biblioteche d’Italia», dandole un taglio maggiormente scientifico con la direzione del bibliografo e bibliologo Albano Sorbelli. Poco dopo, il 10 marzo 1912, inaugurò in via Vannini una biblioteca destinata ad accogliere la propria raccolta, progettata in modo da poter ospitare conferenze e incontri dedicati al libro antico.
Negli stessi anni la casa editrice si specializzò nella pubblicazione di opere di storia del libro. Uno dei primi esempi fu il volume a cura del ministero della Pubblica Istruzione Per una storia del libro in Italia nei secoli XV e XVI (1900). Le edizioni più pregiate furono i sei volumi de Les livres à figures vénitiens de la fin du XVe siècle et du commencement du XVIe del principe d’Essling, la cui edizione si concluse nel 1914, e La miniatura fiorentina di Paolo D’Ancona (1914). A partire dal 1905 Olscki aveva inoltre affidato a Giuseppe Fumagalli la stesura del Lexicon typographicum Italiae, una storia della stampa in Italia organizzata sotto la forma di dizionario geografico.
Probabilmente per partecipare alla vivace realtà culturale della capitale e su suggerimento di D’Annunzio, poco prima dello scoppio della Grande Guerra Olschki creò una filiale a Roma. Prima che il conflitto segnasse un rallentamento dell’attività, curò e pubblicò, tra il 1907 e il 1914, altre due importanti opere di bibliografia: Incunables illustrés imitant les manuscrits e Le livre en Italie à travers les siècles.
Allo scoppio della guerra Olscki, che non aveva assunto la cittadinanza italiana, fu costretto all’esilio e si trasferì a Ginevra, dove fondò la Salso, acronimo di Societé Anonime Leo S. Olschki. La permanenza in Svizzera non smorzò il suo entusiasmo e la sua operosità: continuò a dirigere La bibliofilia e collaborò con Giulio Bertone, ordinario di filologia romanza presso l’Università di Friburgo, dalla cui collaborazione nacque nel 1917 Archivium Romanicum, rivista di filologia neolatina, seguita nel 1921 dalle due serie della Biblioteca dell’Archivum Romanicum.
Dopo il suo ritorno in Italia nel 1920, l’attività antiquaria della ditta cedette lentamente il passo per importanza a quella editoriale, dato che il commercio librario aveva subito un pesante colpo durante la guerra e la domanda dei collezionisti si era drasticamente ridotta.
Olschki decise allora di coinvolgere maggiormente i figli Giulio Cesare e Aldo, affidando loro la gestione della succursale romana, che pubblicò alcune opere di Christian Hülsen legate alla storia della capitale, come Le chiese di Roma nel Medio Evo (1927) e Saggio di bibliografia ragionata delle piante iconografiche e prospettiche di Roma dal 1551 al 1748 (1933). La sede romana si occupò inoltre della rivista La cultura, diretta da Cesare de Lollis, che la Olschki pubblicò dal 1921 al 1928.
A Firenze Olschki seguitò la pubblicazione di strumenti bibliografici, tra cui spicca per singolarità Livres imprimés sur vélin (1930), una raccolta di libri a stampa su pergamena. Nel 1925, inoltre, l’Archivio storico italiano, fondato da Giovan Pietro Vieusseux, che rischiava la chiusura a causa della mancanza di fondi, fu ufficialmente incluso tra le riviste pubblicate dalla casa editrice. La Olschki diede poi alle stampe negli anni Trenta due opere fondamentali per gli studi su Savonarola: l’editio princeps delle lettere del frate, nel 1933, e Studi savonaroliani di Roberto Ridolfi, nel 1935.
Il lavoro, soprattutto per la diffusione della cultura e del pensiero italiano nel mondo, valse a Olschki la nomina, nel 1930, a commendatore e cavaliere di gran croce della Corona d’Italia da parte del re d’Italia. I riconoscimenti non gli evitarono tuttavia la via dell’esilio: nel 1939, in seguito alle leggi razziali, fu nuovamente costretto a trasferirsi in Svizzera.
Morì a Ginevra il 17 giugno 1940.
Alla morte del fondatore, la direzione della casa editrice passò al più giovane dei suoi figli, Aldo, nato a Venezia nel 1893. Alla fine della seconda guerra mondiale, egli dovette riorganizzare le attività della Olschki, che si trovava senza una sede agibile, essendo andata distrutta la libreria di lungarno Corsini e fortemente danneggiata la biblioteca privata di via Vannini. La grande forza di volontà del nuovo direttore permise alla casa editrice di riprendere l’attività nel segno della tradizione, puntando su di un’editoria di qualità in campo umanistico. Aldo ampliò il campo d’azione alle discipline musicologiche e al settore dell’archeologia, ambedue vicine ai suoi interessi personali, e spostò l’attività della Olschki nella sede di via delle Caldaie 12. Alla sua morte (1963) la conduzione fu presa dal figlio Alessandro, nato a Firenze nel 1925, che aveva già dagli anni Cinquanta affiancato il padre nella gestione della ditta e dopo la sua scomparsa si dedicò a rafforzarne la solidità, intessendo rapporti editoriali con i più importanti centri di ricerca nazionali. Il 1966 segnò una battuta di arresto: l’alluvione che colpì Firenze inondò di fango un magazzino della casa editrice in via Ghibellina, arrecando danni irreparabili al patrimonio. Ancora una volta, tuttavia, la famiglia si dimostrò capace di riorganizzare in breve tempo le attività, le quali negli anni Settanta e Ottanta crebbero a tal punto da spingere Alessandro a far costruire un grande magazzino fuori Firenze, nella zona industriale dell’Incisa. Dagli anni Novanta Alessandro lasciò la direzione al figlio Daniele – che aveva iniziato a lavorare nel 1973 – occupandosi solo de La bibliofilia, fino alla morte nel 2011. Daniele ha creato varie collane, fra cui «Immagini della ragione» e «Giardini e paesaggi».
Fonti e Bibl.: I primi cinquanta anni di attività della libreria antiquaria editrice L.S. O.1886-1936, Firenze 1936; C. Tagliaferri, Olschki. Un secolo di editoria. 1886-1986, Firenze 1986; Un secolo per il libro. Atti del Convegno per il centenario della casa editrice L.S. O. Firenze, Istituto di studi sul Rinascimento, 9-10 maggio 1986, Firenze 1987; A. Olschki, Centotredici anni, catalogo storico della mostra. Firenze, Biblioteca nazionale centrale, 22 aprile-23 maggio, Firenze 1999.