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LEMNO

di Giuseppe CARACI - Margherita GUARDUCCI - Angelo PERNICE - - Enciclopedia Italiana (1933)
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LEMNO (gr. Λῆμνος; lat. Lemnus; A. T., 82-83)

Giuseppe CARACI
Margherita GUARDUCCI
Angelo PERNICE

In italiano anche Limno o Stalimene; una delle isole greche dell'Egeo settentrionale, a mezza via, all'incirca, fra il M. Athos e l'Ellesponto. Geologicamente è da considerare un frammento della massa cristallina rodopica, emergente nei due prossimi piloni peninsulari di Gallipoli e della Calcidica. Le profonde, opposte incisioni costiere del Kólpos Pourniãs a N. e del Kólpos Moũdros a S. dividono l'isola, nel suo complesso di forma quadrilatera, in due blocchi distinti, dei quali il più ampio e tozzo è quello occidentale, che culmina a 430 m. nello Skopiás. Quest'ultimo valore dice il carattere del rilievo, più collinare che montuoso, e tuttavia abbastanza mosso (meno d'un terzo dell'isola è pianeggiante), interrotto com'è da trisce depresse e dal curioso intaglio che il mare vi crea, specialmente a E., con più o meno ampie falcature. L'efficacia del vulcanesimo, anche recente (in epoca storica sembra provata l'attività di qualche apparato ora quiescente), è sottolineata dalla presenza di sorgenti calde, una delle quali a 50°.

L'isola si presenta, per lo più, nuda e calva, data anche la quasi assoluta mancanza di vegetazione arborea: fanno eccezione ristretti lembi destinati a prateria, o dove - accanto alle colture prevalenti (cereali, sesamo) - trovano posto l'ulivo e il fico e in misura molto minore altri alberi da frutta.

La popolazione, nell'assoluta maggioranza greca, è dedita, oltre che a queste colture, all'allevamento, massime caprino (non trascurabile, tuttavia, anche quello bovino) e alla pesca. A proporzioni insignificanti è ridotto il commercio della cosiddetta terra lemnia o sigillata, specie di riolite adoperata in passato come medicinale nelle ferite per le sue virtù astringenti da Greci e Turchi.

Amministrativamente l'isola fa parte del nomós, o provincia, di Lesbo, della quale è un circondario (ἐπαρχία): 476,7 kmq. (secondo altri 454,2), con 30.383 ab. nel 1928. La popolazione è cresciuta alquanto dopo il 1920 (24.397 ab.) per l'afflusso di emigrati greci dall'Asia Minore, ma conobbe un periodo di prosperità anche durante la dominazione turca (30 mila abit. circa nel 1880).

I centri principali, nessuno dei quali tocca i 5 mila abitanti, sono tutti sulle rive meridionali; il capoluogo, Lemnos, sul lato che guarda occidente. Esso (3726 ab. nel 1928), con un piccolo porto, s'alza ad anfiteatro sopra una collinetta in cima alla quale è il vecchio castello: di qui il suo nome di Kástro (Κάστρο), d'uso più frequente. È sede di vescovato ortodosso.

Storia. - La feracità della terra e la misteriosa forza ignea del sottosuolo informarono di sé le più antiche tradizioni religiose dell'isola, le quali appunto si aggirano intorno al culto della grande Madre Terra e a quello della divinità ignea (Efesto). Secondo i poemi omerici, sembra che primi abitanti di Lemno fossero i Sintî, gente di origine tracia; quindi appare nella tradizione una popolazione greca (circa IX-VIII sec.), cui si ricollegano le leggende degli Argonauti, di Efesto, di Filottete e di Toante, popolazione la quale sembra avesse molti rapporti con Samotracia e Samo. Fra il sec. VIII e il VI fanno poi la loro comparsa quei problematici Tirseni (Tirreni) o Pelasgi, che taluno ha considerato parenti degli Etruschi. In realtà, mentre la parentela con gli Etruschi è molto discutibile, i più recenti studî tendono a dimostrare che questi Tirseni siano una cosa sola con i Sintî della tradizione; e l'esame del materiale archeologico, e di Lemno e della Tracia, sembra confermare quest'ipotesi. Dopo la metà del sec. VI Milziade s'impadronisce di Imbro e di Lemno, dove delle due città principali - Mirina ed Efestia - la prima, più difesa dalla natura, oppone una valida resistenza. Dopo una parentesi non lunga di signoria persiana (circa 512-480), le due isole tornano a essere ateniesi e pagano il loro tributo (Efestia in misura maggiore) alla prima Lega navale attica, durante la quale (forse nel 447?) si ritiene fossero costrette a raccogliere delle cleruchie ateniesi. In questo tempo avviene anche la dedica della famosa Atena Lemnia, opera di Fidia, sull'acropoli di Atene, da parte dei coloni lemnioti. Staccatesi da Atene nel 404-3, alla fine della guerra del Peloponneso, e recuperate durante la guerra corinzia, Lemno e Imbro, e insieme con esse Sciro, vengono garantite ad Atene nel 387-386 (pace di Antalcida).

A parte lo scavo di Mirina, eseguito dal Fredrich, le indagini archeologiche sono state fatte nella parte orientale dell'isola, e precisamente intorno a Efestia e a Kaminiá, dalla Scuola archeologica italiana di Atene, dal 1926 in poi, e sono tuttora in corso. A Efestia sono venute alla luce tracce notevoli della città, dal periodo geometrico a quello bizantino, e fra l'altro un santuario con stipe votiva anteriore al sec. V a. C. È stata anche scoperta una necropoli databile fra il sec. VIII e il VII a. C., molto importante per definire la questione relativa ai famosi Tirseni, necropoli alla quale si aggiungono altre tombe di età greca classica, romana e bizantina. Presso Kaminiá, dove già era stata trovata la celebre stele "etruscoide" (v. etruschi, XIV, p. 511), è comparso (precisamente in località Polióchni) un interessante villaggio neo-eneolitico.

Divenuta dominio bizantino, Lemno fra il sec. VII e il X d. C., ebbe molto a soffrire per le incursioni navali degli Arabi, i quali solo saltuariamente tennero l'isola. Assegnata nella ripartizione dell'Impero d'Oriente, fattasi dopo la conquista latina di Costantinopoli (1204), ai Veneziani, fu da questi costituita in feudo e data ai Navigaiori, i quali dall'imperatore ottennero il titolo di granduchi. Fu per breve periodo (1453-1456) sotto la signoria dei genovesi Gattilusio. I Turchi se ne impadronirono nel 1456; ma Venezia la rioccupò ancora per ben due volte e la tenne dal 1464 al 1479 e nel 1656-1657. È passata dal dominio ottomano alla Grecia alla fine delle guerre balcaniche.

V. tavv. CXXV e CXXVI.

Bibl.: C. Rhode, Res Lemnicae, Breslavia 1829; S. Shebelew, Zur Geschichte von Lemnos, in Klio, II (1902), p. 36 segg.; C. Fredrich, Lemnos, in Ath. Mitteil., XXXI (1906), pp. 60 segg., 241 segg.; id., in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XII, col. 1928 segg. - Per le questioni relative ai Tirreni e alla stele "etruscoide" v. L. Pareti, Le origini etrusche, Firenze 1926, p. 88 segg.; F. Leifer, in Klio, 1928. - Per le iscriz. greche v. Inscr. Graecae, XII, 8, 1 segg. - Per gli scavi v. Arch. Anzeiger, in Jahrb. des Deutschen Arch. Inst., dal 1922 in poi.

Vedi anche
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