LEMNO
(XX, 827)
Le ricerche della Scuola archeologica italiana di Atene nella città di Efestia (1925-30; 1938-39; 1978-81), nel santuario dei Cabiri a Chloi (1937-39; 1982-91) e nella città preistorica di Poliochni (1930-36; 1951-56) hanno notevolmente contribuito alla ricostruzione della storia più antica dell'isola. Recentissime ricerche del Servizio archeologico greco stanno offrendo indicativi segnali anche per la città di Myrina, ai margini della quale sono stati individuati un insediamento preistorico, una necropoli ellenistico-romana e un centro minore. Esplorazioni di superficie hanno già individuato numerosi siti preistorici (Trochalià, Axiès, Mikrò Kastelli, Kukkonisi), tombe e impianti di periodo classico (Komi, Parakiri, Kaminia, Rosopuli) e resti di castelli medievali.
Poliochni rappresenta il più documentato punto di riferimento per la preistoria dell'isola dal 3000 al 1600 circa e, più in generale, per l'area nordorientale dell'Egeo. A un primitivo villaggio di capanne a pianta ovale, del Tardo Calcolitico, succede, con la prima età del Bronzo, un primo impianto urbano con case a vani rettangolari preannuncianti lo schema a megaron, organizzate attorno ai due principali assi stradali (nord sud-est ovest) e protette da una prima serie di cinte murarie. A ovest, alla porta principale si affiancano due grandi vani, forse per assemblee pubbliche e per deposito di granaglie. Sulla stessa area collinare (m 300 per 120 circa), non ancora completamente scavata e in parte erosa dal mare, si sovrappongono fasi culturali ed edilizie che coincidono con la prima fase di Troia e che vedono un ampliamento di quartieri fuori delle mura occidentali, con la creazione di nuovi settori di mura. Con il periodo corrispondente a Troia ii (2200-2100 circa), la città si articola ulteriormente: alla ceramica a impasto e superfici lucidate dei periodi precedenti subentra quella figulina con la caratteristica forma del depas amphikypellon. Appartiene allo stesso periodo un deposito di oreficerie che ha affinità con quelle del celebre ''tesoro di Priamo'' a Troia. Progressivamente la cultura anatolica del centro si apre a rapporti col mondo egeo, dal quale sono attestate importazioni. La fine del periodo è, come a Troia, improvvisa e catastrofica, forse per terremoto; seguono, dopo periodi di abbandono, deboli attestazioni dei periodi corrispondenti a Troia v e vi, della media età del Bronzo.
Non sono ancora stati trovati, sia a Poliochni che nel resto dell'isola, ampi documenti di periodo miceneo, anche se il mito (Hypsipyle e gli Argonauti) e l'epos omerico (spedizioni di vino agli Achei combattenti a Troia; Filottete abbandonato nell'isola) li presuppongono. Lo hiatus tra il 1600 circa e le più antiche attestazioni archeologiche di Efestia nel Tardo Geometrico non è indizio di abbandono ma una probabile lacuna della ricerca.
Problematica è l'identificazione etnica degli abitanti di Poliochni, popolazioni anatoliche o Sinties della Tracia che accolsero nell'isola Efesto e da lui appresero la lavorazione del metallo. È certo, invece, che la cultura dell'isola dal Tardo Geometrico alla fine del periodo arcaico appartiene alla popolazione anellenica dei Tirreni, vinti nel 511 circa dal generale persiano Otane e definitivamente debellati da Milziade nel 500 circa. Il documento più importante resta ancora la stele di Caminia: l'alfabeto trova riscontro in numerosi graffiti scoperti anche in scavi recenti; la lingua sembra rappresentare una fase fonetica più arcaica dei più antichi testi etruschi a noi conservati; la raffigurazione s'inserisce nel quadro di numerosi documenti figurati dell'arte dei Tirreni. La fase più antica della loro cultura (8°-7° secolo a.C.), caratterizzata ancora da un gusto per decorazioni di tipo geometrico, comuni all'area nord-egea, è attestata dalle necropoli a incinerazione di Efestia, dalla fase più antica di un santuario, probabilmente dedicato alla Grande Dea dell'isola, e dalla ricca, primitiva stipe del santuario dei Cabiri a Chloi. Nella seconda metà del 7° secolo la tematica decorativa geometrica si arricchisce di motivi del periodo orientalizzante e si sviluppa progressivamente nella fase arcaica del 6° secolo. Ma se almeno nella fase attuale l'urbanistica arcaica della città resta largamente ignota (a eccezione di un piccolo quartiere), sono di particolare significato i resti di alcune strutture architettoniche isolate, come il tempio del santuario arcaico, con banchine alle pareti e un adyton sul fondo della cella, nonché il primitivo Telesterio del Cabirion di Chloi.
Ormai numerose anche le attestazioni della cleruchia ateniese, a partire dalla metà del 5° secolo a.C. È stata parzialmente esplorata la necropoli classica di Efestia, e sono ormai note varie iscrizioni e documenti di scultura che fanno di L. un'appendice periferica dell'Attica. Ma ben più noto è il momento tardoclassico ed ellenistico. A Efestia è in evidenza il teatro, mentre negli strati superiori dell'abbandonato santuario arcaico sono state messe in luce le interessanti strutture di una fabbrica locale di ceramica, in particolare di coppe ''megaresi''. Nel Cabirion di Chloi è stata scoperta l'imponente struttura di un Telesterio a tre navate preceduto da un portico, databile attorno al 200 a.C., in coincidenza con la volontà di Filippo v di partecipare ai misteri. Alla fine del medio impero romano il Telesterio ellenistico fu distrutto; ne fu ricostruito uno più modesto sulla terrazza che aveva visto il primitivo impianto del culto. Con la tarda romanità il culto si estingue con il saccheggio e l'abbandono del sito. Ma ad Efestia (dove il periodo romano è attestato da case e da una seconda fase dell'edificio scenico del teatro), la vita continua (si è scoperta una basilica paleocristiana) fino al tardo abbandono, dovuto al definitivo insabbiamento del porto nel corso del 13° secolo. A Myrina, un Museo archeologico già allestito dalla collaborazione tra la Scuola archeologica italiana di Atene e la Soprintendenza greca di Mitilene e inaugurato nel 1961, raccoglie le antichità dell'isola, da quelle del vecchio collezionismo a quelle recuperate dagli scavi.
Bibl.: Oltre alle voce Efestia, Lemno, Poliochni, in Enc. Arte Antica, alla voce Lemnos, in Princeton encyclopaedia of classical sites, Princeton 1976 (J. Boardman), cfr. Annuario Atene, n.s., 40 (1978), pp. 438 ss.; 41-42 (1979-80), pp. 442 ss.; 46 (1984), pp. 201 ss.; e, inoltre, Bull. Corr. Hell. (Chronique), 1980-88, sub voce; Arch. Reports of Journ. Hell. Stud., 1979/80-1987/88. Vedi inoltre: D. Mustilli, in Annuario Atene, 15-16 (1932-33), pp. 1 ss.; A. Della Seta, in Arch. Ephimeris, 2 (1937), p. 629 ss.; S. Accame, in Riv. Filol., n.s. 19 (1941), pp. 179 ss.; Id., in Annuario Atene, n.s. 3-5 (1941-43), pp. 75 ss.; B. Hemberg, Die Kabiren, Uppsala 1950, pp. 160 ss.; G.C. Susini, in Annuario Atene, n.s. 14-16 (1952-54), pp. 317 ss.; D. Levi, Il Cabirio di Lemno, in Charisterion A. Orlandon, 3, Atene 1964, pp. 110 ss.; L. Bernabò Brea, Poliochni, città preistorica nell'isola di Lemno, i-ii, Roma 1964-76; V. Turpsoglu-Stefanidou, Ταξιδιωτιϰά ϰαι γεωγϱαϕιϰά ϰείμενα για την νήσο Λήμνο, Salonicco 1986. Per la stele di Lemno da Caminia, v. C. De Simone, in Rasenna, Milano 1986, pp. 723 ss. (con altra bibliografia). Per gli scavi recenti cfr. Annuario Atene, n.s., 41-42 (1979-80), p. 442 ss., e 48-49 (1986-87), p. 443 ss.; L. Beschi, Il telesterio ellenistico del santuario dei Cabiri a Lemnos, in Akten XIII Int. Kongress Kl. Archäologie (Berlino 1988), Magonza 1990, p. 555 s.