LELLO da Velletri
Non si conosce la data di nascita di questo pittore, nativo di Velletri, il cui nome compare in un atto notarile datato 7 dic. 1437 e in calce alla tavola centrale di un polittico conservato a Perugia, nella Galleria nazionale dell'Umbria.
Nel documento si attesta la conclusione e il pagamento di un esteso lavoro di decorazione pittorica riguardante la cappella dell'altare maggiore della chiesa di S. Maria a Montecchio di Baschi presso Orvieto, disposto nel proprio testamento da tale Pace di Marco, che con il beneplacito del vescovo di Todi, Bartolomeo Alaleoni, lo aveva commissionato a "Lello de Velletrio" per un importo complessivo di 75 fiorini d'oro. Il testo del rogito restituisce scarse indicazioni sull'opera, che viene definita "bene et legiptime et juste et pulcerime factum, bonis et finis coloribus et de auro fino ubi est expediens" (Todini, 1991, p. 55 n. 3).
Perduto il complesso pittorico della chiesa di S. Maria, solo la pala esposta nella Galleria nazionale dell'Umbria permette di tracciare un profilo della figura e dell'opera di Lello. Il polittico si compone di cinque tavole dipinte a tempera - dotate di cuspidi a gattoni, originali - dove sono raffigurati, nella centrale, la Madonna in trono col Bambinoe due angeli; in quelle di destra, i santi Agostino e Giovanni Battista; in quelle di sinistra, Agata e Liberato.
Orsini ricorda l'esistenza di una predella in cattivo stato di conservazione, che egli vide sotto una Adorazione dei magi e di cui facevano parte due tavole con la Crocifissione di Gesù e il Martirio di s. Sebastiano, dipinte su fondo oro. Eseguito probabilmente per gli agostiniani di Perugia e già collocato nella chiesa di S. Maria Novella, poi intitolata a S. Benedetto dei Condotti (Orsini), a partire dalla fine del Seicento il polittico è documentato all'interno di S. Agostino, prima nella cappella Bianca (Giappessi), poi nella parete sinistra della sacrestia (Schede della Commissione…); nel 1863, in seguito alla demanializzazione dei beni ecclesiastici, venne trasferito nella Pinacoteca di Perugia (Carattoli) e quindi negli anni 1930-54 fu depositato nella chiesa di S. Agata (Santi, 1969).
Concordemente ritenuta dipendente dallo stile e dagli schemi formali di Gentile da Fabriano, l'ancona perugina citerebbe le figure dei santi Girolamo e Maria Maddalena dipinte dall'artista marchigiano nel polittico eseguito entro il primo decennio del XV secolo per la chiesa eremitica di S. Maria, detta Romita, in Val di Sasso presso Fabriano, oggi nella Pinacoteca di Brera a Milano, riprendendone anche l'idea degli angeli adoranti rappresentati di spalle e forse del trono collocato in un giardino fiorito (Bertelli); mentre nel modellato e nell'impianto del gruppo centrale si richiamerebbe alla sua produzione matura, e specificatamente alle Madonne di Perugia, di Orvieto e di Velletri (Cavalcaselle - Crowe; Venturi; Van Marle, p. 420; Gamba; Todini, 1991, p. 52). Sono stati, inoltre, segnalati influssi dell'arte senese tardotrecentesca (Santi, 1969) e protoquattrocentesca (Cavalcaselle - Crowe) e della produzione romana di Antonio Pisano, detto il Pisanello (Todini, 1989).
Generalmente ascritta al secondo decennio del XV secolo (Santi, 1969 e 1974; Boskovits, 1973) o al terzo (Venturi; Gnoli, 1927; Kaftal, p. 8) sulla base dell'analisi stilistica, l'opera è stata da ultimo considerata del Quattrocento avanzato per l'uso di lettere capitali umanistiche nelle iscrizioni delle aureole, anch'esse dedotte da lavori del caposcuola marchigiano, che le impiegò a partire dal 1425 (Todini, 1991, p. 52).
La fattura accurata e preziosa del dipinto perugino e l'esplicito richiamo ai modi e ai modelli di Gentile da Fabriano, del periodo sia giovanile sia maturo, hanno fatto supporre l'esistenza di un legame diretto fra i due, forse sotto forma di alunnato, che potrebbe aver avuto inizio prima del 1427, anno dell'attività romana di Gentile (Todini, 1991, p. 52). L'esistenza di un rapporto di collaborazione è stata ipotizzata anche da Benazzi, che la riconduce agli anni della presenza a Roma di Gentile.
Proprio la dipendenza di L. dai dettami stilistici di Gentile da Fabriano indussero Miklòs Boskovits (1973, pp. 24 s.) a riconoscergli il ruolo di principale divulgatore del gusto del maestro marchigiano in territorio umbro e ad assegnargli la decorazione ad affresco di palazzo Trinci a Foligno: le Storie di Romolo e Remo, nella loggia; i Pianeti e le arti del trivio e del quadrivio e la Filosofia, nella camera delle Rose; la serie degli Uomini famosi, i cosiddetti "Giganti", nella sala degli Imperatori. Questa ipotesi, variamente respinta a favore di altre attribuzioni (Galassi), deve considerarsi definitivamente superata in seguito alla scoperta dell'autografia di Gentile da Fabriano del complesso pittorico di palazzo Trinci, che fu eseguito su commissione di Ugolino Trinci negli anni 1411-12 insieme con altri collaboratori (G. Benazzi, I dipinti di Gentile da Fabriano nel palazzo Trinci di Foligno, in I lunedì della Galleria: grandi restauri in Umbria, a cura di V. Garibaldi, Perugia 2001, pp. 137-164). Sembra, tuttavia, che proprio questa recente acquisizione possa gettare ulteriore luce sui tempi, i luoghi e gli ambiti culturali che videro l'incontro di L. con l'arte del maestro fabrianese.
Raymond Van Marle (pp. 420 s., fig. 272) attribuì su base stilistica a L. una tavola di piccole dimensioni, raffigurante la Madonna col Bambino, nella collezione Fabrizio Massimo a Roma e segnalò un affresco nella cattedrale di Velletri che, sebbene in apparenza "rustico", avrebbe mostrato analogie formali con la sua arte (ibid., pp. 421 s.).
La presenza di L. nel territorio tudertino almeno a partire dal 1437, ma forse da prima, se si considera l'estensione dell'opera compiuta nella chiesa di Montecchio, e la possibilità di una qualche familiarità con il vescovo di Todi, suggerita dal testo del rogito summenzionato, hanno spinto Todini (1991, p. 51) a ipotizzare una permanenza di L. a Todi negli anni 1436-37 e una sua qualche attività in quel luogo.
Lo studioso riconosce la sua mano in un affresco raffigurante l'Annunciazione nella chiesa tudertina di S. Maria in Camuccia, nel quale al retaggio gentiliano si combinano modelli senesi, e ancora in una tavola, parte di un dittico o di un trittico smembrato, con una Madonna in trono col Bambino e la Trinità (Firenze, collezione privata), che a sua volta presenterebbe punti di contatto con un affresco esistente nella chiesa romana di S. Agnese fuori le Mura, da interpretarsi come "riflesso della perduta attività laziale del pittore" (Todini, 1991, pp. 52 s.). È stata, infine, assegnata a L. una Madonna fra due angeli, un santo vescovo e s. Francesco affrescata nella chiesa di S. Matteo degli Armeni a Perugia (De Marchi).
La data di morte di L. non è nota.
Fonti e Bibl.: Perugia, Arch. stor. della Soprintendenza per i Beni architettonici, il paesaggio, il patrimonio storico, artistico e demoetnoantropologico dell'Umbria, Schede della Commissione artistica provinciale per l'Umbria (C.A.P.U.), n. d'ordine 331; Ibid., L. Carattoli, Elenco dei dipinti esistenti nella Pinacoteca di Perugia (1878), n. d'inv. 70; Perugia, Arch. del Convento di S. Agostino, G. Giappessi, Liber diversorum (sec. XVIII), p. 284 (ed. critica a cura di L. Petrella, in corso di stampa); B. Orsini, Risposta alle lettere pittoriche del signor Annibale Mariotti, Perugia 1791, pp. 105 s.; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, II, Bassano 1818, p. 23; R. Marchesi, I principali monumenti di arte in Perugia, Perugia 1857, p. 62; A. Lupattelli, Catalogo dei quadri che si conservano nella Pinacoteca Vannucci, Perugia 1885, pp. 14, 51 s.; J.A. Cavalcaselle - G.B. Crowe, Storia della pittura in Italia, IX, Firenze 1902, p. 84; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, VII, 1, Milano 1911, p. 164; W. Bombe, Geschichte der peruginer Malerei, Berlin 1912, p. 76; U. Gnoli, Pittori e miniatori nell'Umbria, Spoleto 1923, p. 183; Id., La Pinacoteca di Perugia, Firenze 1927, p. 14; R. Van Marle, The development of the Italian schools of painting, VIII, The Hague 1927, pp. 50, 419-422; A. Bertini Calosso, Quattro secoli di pittura in Umbria, Perugia 1945, p. 16; C. Gamba, Pittura umbra del Rinascimento: Raffaello, Novara 1949, p. XIII; G. Kaftal, Iconography of the saints in Central and South Italian schools of painting, Firenze 1965, pp. 8, 128, 692; F. Santi, Dipinti, sculture e oggetti d'arte di età romanica e gotica, Roma 1969, pp. 115 s.; M. Boskovits, Pittura umbra e marchigiana tra Medioevo e Rinascimento, Firenze 1973, pp. 24-26; F. Santi, La Galleria nazionale dell'Umbria in Perugia, Roma 1974, p. 16; M. Boskovits, Osservazioni sulla pittura tardogotica nelle Marche, in Rapporti artistici fra le Marche e l'Umbria.Atti del Convegno…, Fabriano-Gubbio… 1974, Perugia 1977, p. 42 n. 32; A. Sbrilli, in La pittura in Italia. Il Quattrocento, II, Milano 1987, p. 660; M.R. Silvestrelli, ibid., p. 691 (s.v. Maestro di palazzo Trinci); B. Toscano, La pittura in Umbria nel Quattrocento, ibid., p. 358; A. Pinelli, La pittura a Roma e nel Lazio nel Quattrocento, ibid., p. 422; C. Vadée, Gli affreschi di palazzo Trinci e la pittura folignate tra Trecento e Quattrocento, in Signorie in Umbria tra Medioevo e Rinascimento: l'esperienza dei Trinci. Atti del Congresso…, Foligno… 1986, Perugia 1989, II, p. 424; F. Todini, La pittura umbra dal Duecento al primo Cinquecento, I, Milano 1989, p. 95; Id., L. da V. e il vero Bartolomeo da Miranda, in Studi di storia dell'arte, 1991, n. 2, pp. 51-84; A. De Marchi, Gentile da Fabriano: un viaggio nella pittura italiana alla fine del gotico, Milano 1992, pp. 125, 133 n. 67; C. Bertelli, I Gentile da Fabriano di Valle Romita, in Gentile da Fabriano: il polittico di Valle Romita (catal.), a cura di M. Ceriana - E. Daffra, Milano 1993, p. 67; G. Benazzi, I cicli pittorici del tempo di Ugolino e Corrado Trinci, in Il palazzo Trinci di Foligno, a cura di G. Benazzi - F.F. Mancini, Perugia 2001, p. 464; C. Galassi, Note di letteratura artistica. La nascita di una storiografia su palazzo Trinci, ibid., pp. 615-619; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, p. 10.