LELLO da Orvieto (Lello de Urbe)
Non si conoscono la data e il luogo di nascita di questo pittore e mosaicista, attivo tra Napoli e il Lazio nella prima metà del XIV secolo.
La prova della sua esistenza e i suoi stessi dati anagrafici sono forniti solo dalla frammentaria sottoscrizione che corre lungo il margine inferiore del mosaico con S. Maria del Principioin trono tra i ss. Gennaro e Restituta in S. Restituta a Napoli, datato 1322, la cui decifrazione è stata ed è piuttosto controversa.
All'ipotesi di Rolfs, che propendeva per un'improbabile origine veneta dell'artista, e alla ormai tradizionale interpretazione proposta da Bologna (1969, p. 129) il quale, leggendo "de Urbev" parte della firma, voleva L. nativo di Orvieto, se ne affianca un'altra secondo la quale quello stesso brano potrebbe essere inteso più verosimilmente come "de Urbe", recuperando così l'origine romana di L., già avanzata da Morisani, e l'ambito della sua formazione, avvenuta senza dubbio nell'orbita cavalliniana.
Intorno alla personalità dell'artista, ricostruita da Bologna (1969) e arricchita successivamente da altri contributi, è stato riunito, grazie ai soli confronti stilistici, un catalogo di opere, soggetto a continue variazioni attributive.
Gli inizi della carriera artistica di L. sono stati rintracciati ipoteticamente in un altarolo portatile del Museo Correr di Venezia (ibid.; critico, Boskovits, 1983) e proprio a Roma, ma ancora con dubbio, nella rovinata Dormitio Virginis di S. Saba; quest'opera mostra alcuni stilemi tipici dell'artista, ritrovabili in opere napoletane, nonostante il pessimo stato di conservazione suggerisca cautela nella valutazione (Romano, 1992, p. 113).
Si è ipotizzato che L. fosse nella città partenopea già dal 1314: ciò tuttavia sulla base dell'ipotesi di una sua origine orvietana e della generica documentazione attestante come Ramo di Paganello si procacciasse maestranze di mosaicisti a Orvieto per la corte angioina.
A Napoli, nel solco di uno schietto cavallinismo, secondo la maggior parte della critica, L. eseguì il dipinto murale con l'Albero di Jesse nel duomo (cappella degli Illustrissimi, già di S. Paolo), commissionato dall'arcivescovo Umberto d'Ormont tra il 1314 (conclusione dei lavori di ampliamento della chiesa) e il 1320 (data di morte del prelato).
Nella Madonna già Centurione Scotto (oggi Bergamo, Galleria Lorenzelli), volta nella direzione di un recupero della cristianità dei primi tempi, si è individuata un'altra opera del pittore, identificata con la tavola della Vergine per l'altare della cappella di patronato dell'arcivescovo, in duomo (Leone de Castris, Arte di corte…, p. 267; Bologna, 1988).
Diversi brani pittorici di S. Maria Donnaregina Vecchia (in controfacciata, lungo la navata, sull'arco absidale e nel coro), eseguiti entro il secondo decennio del XIV secolo, sono risultati accostabili ad alcune figure dell'Albero di Jesse: si è proposta così una strettissima somiglianza di mano, ma non l'identificazione con il "discusso" L. (Paone); alla stessa maestranza, ove può riconoscersi perlomeno l'individualità di un maestro, sono stati attribuiti gli Apostoli seduti con lo strumento del martirio e il libro, dipinti nell'area superstite dell'antica basilica di S. Restituta (parete adiacente all'ingresso del battistero) e le miniature di alcuni manoscritti, quali quelli prodotti nello scriptorium dell'abbazia di Cava (Cava de' Tirreni, Biblioteca dell'abbazia, Mss., 25-26, del 1320 circa; Londra, British Museum, Add. Mss., 31032, collocabile tra il 1323 e il 1325: Paone).
Nel catalogo dell'artista è stato inserito anche il Ritratto di Umberto d'Ormont (Napoli, arcivescovato), che portava la data 1320 (attribuito a Cavallini da Boskovits, 1983, p. 308, e da Tartuferi, pp. 44, 47). Un'autografia lelliana è stata inoltre ipotizzata nelle parti più antiche del mosaico del catino absidale di sinistra del duomo di Salerno, dove è rappresentata una Gloria di angeli (Leone de Castris, Arte di corte…, p. 270 n. 6).
Secondo la ricostruzione critica del corpus delle opere, con l'avanzare del terzo decennio L. dovette lasciare Napoli per recarsi in terra pontificia. Nel 1324 si trovava ad Anagni, dove, nella cripta del duomo, eseguiva il murale con S. Pietro d'Anagni fra due sante e l'anno successivo la tavola della Madonna del presbitero Raynaldo, raffigurato ai piedi della Vergine con il Bambino (oggi nel Museo della cattedrale).
L'attribuzione al L. dei due dipinti anagnini, accolta dalla maggior parte degli studiosi (Bologna, 1969; Leone de Castris, Arte di corte…, p. 267; Musella Guida; Romano, 1989, p. 251; Id., 1992, pp. 114, 169 s.; Tomei, 1996, p. 27), è stata da altri negata a favore di un'autografia cavalliniana (Boskovits, 1979; Id., 1983, p. 311; Tartuferi).
A Roma L. potrebbe aver eseguito, a partire dal 1325, i mosaici della facciata di S. Paolo fuori le Mura (Gandolfo, p. 335; Romano, 1992, p. 114; ma si vedano le obiezioni avanzate da Tomei, 2000, p. 142), ora molto restaurati, ricollocati sul retro dell'arco di Galla Placidia e sull'arco absidale della basilica. Probabilmente in quel torno di anni L. poté realizzare le Storie di s. Benedetto in S. Agnese fuori le Mura (staccate e conservate, ridotte in pannelli, presso la Pinacoteca Vaticana), con l'aiuto di qualche collaboratore (Romano, 1989, p. 251; Strinati, 2000, p. 159). La sua attività romana è ancora individuabile nelle piccole tavole di schietto gusto angioino con S. Ludovico di Tolosa e S. Antonio Abate in S. Francesco a Ripa, nella cella del santo.
Lo stile di L., caratterizzato da un colore compatto, mai squillante, che conferisce alle figure l'impressione di viva plasticità, è stato rintracciato inoltre nel mal conservato brano pittorico rappresentante la Crocifissione nella chiesa di S. Biagio a Tivoli (distaccato dalle pareti durante i restauri del 1887 e oggi collocato nel retrocoro: Romano, 1989, p. 251; Id., 1992, pp. 174 s.).
Sembra dunque che, a partire dal 1324 circa e per i successivi anni, L. abbia lavorato in territorio laziale, per poi far ritorno a Napoli, dove è attestato intorno all'inizio del quinto decennio nell'affresco dinastico in S. Chiara - in cui si palesa chiaramente l'influsso giottesco - raffigurante il Redentore in trono affiancato da un lato dalla Vergine, ai cui piedi sono Roberto d'Angiò e il figlio Carlo duca di Calabria (Bologna, 1969), da s. Ludovico di Tolosa e da s. Chiara, e dall'altro da s. Giovanni Evangelista, ai cui piedi appaiono la regina Sancia e la principessa Giovanna, da s. Francesco e da s. Antonio.
L'identificazione di Carlo duca di Calabria, morto nel 1328, è stata messa in discussione; e sembra più plausibile la proposta di riconoscere nel personaggio inginocchiato presso la Vergine Andrea d'Ungheria, sposo di Giovanna, la quale appare con la corona, che non compare sul capo del consorte, a ribadire la sua sovranità e a protezione dalle pretese del marito. Andrea e Giovanna si sposarono nel 1342, anno in cui potrebbe essere stato eseguito il dipinto (Abbate, p. 37).
Non è noto quando L. morì: il problematico catalogo delle sue opere, al momento basato - come si è detto - unicamente sui dati stilistici, non oltrepassa il quinto decennio del secolo.
Fonti e Bibl.: W. Rolfs, Geschichte der Malerei Neapels, Leipzig 1910, p. 41; O. Morisani, Pitture del Trecento in Napoli, Napoli 1947, pp. 48, 132; F. Bologna, I pittori alla corte angioina di Napoli 1266-1414 e un riesame dell'arte nell'età fridericiana, Roma 1969, ad ind.; M. Boskovits, Gli affreschi del duomo di Anagni: un capitolo di pittura romana, in Paragone, XXX (1979), 357, pp. 40 s.; Id., Proposte (e conferme) per Pietro Cavallini, in Roma anno 1300. Atti della IV Settimana di studi, … 1980, a cura di A.M. Romanini, Roma 1983, pp. 308, 311; P. Leone de Castris, Arte di corte nella Napoli angioina, Firenze 1986, pp. 266-280, 282-285; Id., Pittura del Trecento a Napoli e nel Meridione, in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, II, Milano 1986, ad ind.; S. Musella Guida, ibid., p. 588; F. Bologna, Un'aggiunta a L. da O., in Scritti di storia dell'arte in onore di Raffaello Causa, Napoli 1988, pp. 47-51; F. Gandolfo, Aggiornamento a G. Matthiae, Pittura romana del Medioevo. Secoli XI-XIV, Roma 1988, pp. 334 s., 362; S. Romano, I cicli a fresco di S. Agnese fuori le Mura, in Fragmenta picta. Affreschi e mosaici staccati del Medioevo romano (catal.), Roma 1989, pp. 106 s., 250 s.; P. Leone de Castris, Opere d'arte nel palazzo arcivescovile di Napoli, Napoli 1990, p. 42; S. Romano, Eclissi di Roma. Pittura murale a Roma e nel Lazio da Bonifacio VIII a Martino V (1295-1431), Roma 1992, ad ind.; A. Tomei, Roma senza papa: artisti, botteghe, committenti tra Napoli e la Francia, in Roma, Napoli, Avignone. Arte di curia, arte di corte 1300-1377, Torino 1996, pp. 27, 43, 52 s.; F. Abbate, Storia dell'arte nell'Italia meridionale. Il Sud angioino e aragonese, Roma 1998, ad ind.; T. Strinati, Storie di s. Caterina d'Alessandria e di s. Benedetto provenienti dalla basilica di S. Agnese fuori le Mura, in Bonifacio VIII e il suo tempo. Anno 1300 il primo giubileo (catal., Roma), a cura di M. Righetti Tosti-Croce, Milano 2000, pp. 158 s.; A. Tomei, Pietro Cavallini, Cinisello Balsamo 2000, pp. 132, 142, 167; Medien der Macht: Kunst zur Zeit der Anjous in Italien. Atti della Giornata internazionale…, Frankfurt am Main… 1997, a cura di T. Michalsky, Berlin 2001, ad ind.; S. Romano, La cattedrale di Napoli, i vescovi e l'immagine. Una storia di lunga durata, in Il duomo di Napoli dal paleocristiano all'età angioina. Atti della I Giornata di studi su Napoli…, Losanna… 2000, a cura di S. Romano - N. Bock, Napoli 2002, pp. 8, 13 s.; T. Strinati, in Dipinti romani tra Giotto e Cavallini (catal., Roma), a cura di T. Strinati - A. Tartuferi, Milano 2004, pp. 30 s.; A. Tartuferi, ibid., pp. 44, 47, 82 s.; S. Paone, Gli affreschi di S. Maria Donnaregina Vecchia: percorsi stilistici nella Napoli angioina, in Arte medievale, III (2004), 1 (in corso di stampa); U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, p. 10 (s.v. Lello).