BUZZI (Bussi, Busso), Lelio
Figlio di Luigi (Annali, IV, p. 272), lo si deve ritenere nato nel 1551, poiché nel 1589 aveva 36 anni (Besta). Il suo nome negli Annali del duomo di Milano appare per la prima volta nel 1569 (IV, p. 90), allorché nella disputa fra Martino Bassi e il Pellegrini viene contestato lo stipendio del B., "inesperto" e che non sa "né lavorare in pietre, né disegnare"; era capomastro e lavorava già da vari anni per la Fabbrica come risulta dalla risposta e difesa del Pellegrini (pp. 99 s.). Nel 1579 aveva compiuto "lavori straordinari" all'organo (p. 172); nel 1581 era soprastante (superstes)ai lavori della Fabbrica (p. 187 nota); figura come teste nella copia conservata nella Bibl. Ambrosiana (racc. Ferrari S. 122 sup.) - citata in Palestra, p. 213 - dell'"instromento" del 2 genn. 1581 (cfr. Annali..., IV, pp. 178 s.) con il quale si delibera la costruzione del tabernacolo sull'altare maggiore del duomo. Nel 1582 venne accusato di non sorvegliare i lavori e persino di appropriazione indebita, tanto che l'anno dopo subì un vero e proprio processo (riferim. ai documenti in Palestra, p. 196). Nel 1585, dimettendosi il Pellegrini per il suo trasferimento in Spagna (2 dic.), fu licenziato anche il B. "praefectus fabrorum"; ma subito dopo (12 dic.) se ne riconobbe l'utilità e fu richiamato in servizio, sia pure ammonito perché "cautius et diligentius sese gerat" (Annali, IV, p. 222). Divenne ingegnere collegiato nel 1588-89 (M. L. Gatti Perer, Fonti..., Il Collegio..., in Arte lombarda, X
[1965], 2, p. 124); venuto a morte Martino Bassi nel 1591, lo sostituì provvisoriamente ma col nome, il titolo e la mercede di "capomastro" (Annali, IV, p. 259). Il suo nome compare, in documenti riferentisi al duomo, il 6 febbr. 1587, il 31 ag. e il 13 sett. 1590, il 3 luglio 1591 (citati in Palestra, pp. 198, 212, 214). Nel 1593 e ancora l'anno dopo (Annali, IV, pp. 284, 292) figura come architetto della Fabbrica, come pure nel 1596 e 1597 (Palestra, pp. 196, 233). Ma nel 1598 il titolo gli è ancora contestato (Annali, IV, p. 325), in quanto lo si intende a lui conferito solo in via transitoria, finché il 18 dic. 1603 egli è definitivamente licenziato: si vuole a capo dei lavori di Fabbrica "unum ex melioribus et prudentioribus architectis totius Europae qui continuo ipsi fabricae assistat", e il B. "ab hodie in antea se abstinere debere, et amplius in negotiis et fabricis aut operariis eiusdem intromittere non debere" (Annali, V, p. 19). Fuinfatti occupato in altre opere, anche fuori di Milano: al collegio Borromeo a Pavia e al santuario di Saronno, per il quale nel 1595 disegnò il tabernacolo dell'altare maggiore e di cui l'anno dopo, insieme con Giacomo Borroni, rialzava la facciata seguendo i disegni dati dal Pellegrini (Baroni, 1941, pp. 127, 134).Intorno al 1600 lavorava al palazzo "Nuovo" di Bergamo, opera dello Scamozzi, di cui il comasco Andrea Vanone, autore in Genova del palazzo ducale, aveva disegnato la facciata. Nel 1603 suggeriva modifiche al progetto di G. B. Lantana, G. A. Avanzi e P. M. Bagnatori per il duomo di Brescia e, con il Bagnadore, firmava la relazione finale (datata 28 genn. 1604: in B. Zamboni, Mem. intorno alle... fabbriche... di Brescia, Brescia 1778, pp. 153-155). Già nel 1602 lavorava per l'arcivescovado di Milano: nel 1603 elaborava il progetto per la Biblioteca Ambrosiana, affidatogli dal cardinal Federico Borromeo.
Oltre al B., parecchi architetti furono consultati durante lo svolgimento delle opere: A. Tesauro, A. Trezzi, F. Maria Richino; ma non è ben chiaro quale parte delle opere spetti a ciascuno (cfr. Baroni, Doc. …, II, pp. 273-279, passim;Ingegnoli). Il progetto consisteva originariamente di una sala rettangolare con volta a botte, preceduta da un atrio terminante con un timpano triangolare, ma la costruzione fu ripresa alla fine del 1608 da F. Mangone. L'edificio federiciano, improntato a semplice austerità in giusta rispondenza alla sua funzione di severa sede di studio, non rivela segni di spiccata personalità. Ampliato già dal 1613 dal Mangone stesso, poi ancora nel sec. XIX, quando fu rimaneggiato più volte, subì gravi danni dalle incursioni aeree del 1943.Cadde e fu rifatta la grande volta della sala maggiore, ma ne andarono perdute le originarie decorazioni pittoriche.
Altre testimonianze relative all'attività del B. a Milano riguardano nel 1589 lavori a S. Barnaba (Baroni, Doc. ..., I, p. 96); nel 1595 una strada che doveva condurre dalla casa della contessa Trivulzio alla nuova cappella in S. Stefano in Brolio, che dovrà essere costruita "conforme al disegno" del B. (Devoti); nel 1606 egli firma un documento riferentesi alla stessa cappella (Baroni, Doc. ..., II, p. 200).
Secondo l'Ingegnoli (p. 104), il B. avrebbe progettato anche la chiesa di S. Vittore ai Quaranta Martiri (distrutta) e quattro altari nel duomo, presso le porte; come pure avrebbe lavorato (Mezzanotte-Bascapé) al rimaneggiamento delle case già degli Umiliati a porta Nuova.
Il B. è "figura di secondo piano nel periodo di transizione fra il maturo rinascimento del Pellegrini e lo schietto barocco ricchiniano" (Mezzanotte, 1957).Abbiamo notizia dei figli Francesco, nato il 7febbr. 1597e architetto collegiato il 32dic. 1619 (M. L. Gatti Perer, Fonti..., in Arte lombarda, X [1965], 2, p. 125), del quale non conosciamo però nessuna opera, e Carlo, pittore, da non confondere con l'omonimo architetto; questi compare negli stati d'anime della parrocchia milanese di S. Paolo in Compito del 1589 in età di anni 12 (Besta), pittore "non dei più spregevoli seguaci della rinata accademia ambrosiana" (cfr. E. Arslan, Le pitture del duomo..., Milano 1960, ad Indicem). Secondo un documento del 30dic. 1655che lo dice morto e lo qualifica come ingegnere, Carlo avrebbe eseguito una stima di lavori nella chiesa di S. Stefano nell'anno 1626(Baroni, Doc. ..., II, p. 203;v. anche Thieme-Becker).
Fonti e Bibl.: Milano, Arch. storico civico Fondo Famiglie, cart. 334; Fondo Materie, cart. 556; Annali della Fabbrica del duomo, IV, Milano 1881, pp. 90, 99 s., 172, 187, 222, 259, 272, 278, 284, 292, 303, 325; V, ibid. 1883, pp. 15, 17, 19; C. Baroni, Documenti per la storia dell'archit. …, I, Firenze 1940, p. 96; II, Roma 1968, ad Indicem;B. Besta, Alcune notizie per una storia degli artisti milanesi del Seicento, in Archivio storico lombardo, LX (1933), p. 468; G. Pagani, Chi architettò l'Ambrosiana?, in Arch. stor. lomb., XIX (1892), pp. 990-992; F. Malaguzzi-Valeri, P.Pellegrini..., ibid., XXVIII (1901), p. 338; C. Baroni, L'archit. lombarda da Bramante a Richini, Milano 1941, pp. 127, 134; G. Bascapé, Il Collegio Borromeo a Pavia, Pavia 1955, p. 21; P. Mezzanotte, L'archit. milanese dalla fine della signoria sforzesca alla metà del Seicento, in Storia di Milano, X, Milano 1957, pp. 618-620; V. Ingegnoli, Origine dell'Ambrosiana: L. B. e Fabio Mangone, in Arte lombarda, X (1965), 2, pp. 103-106; L. Grassi, Province del Barocco e del Rococò, Milano 1966, p. 92; C. Devoti, G. Meda e il contratto per la costruz. della cappella Trivulzia in S. Stefano in Brolio, in Arte lombarda, XII (1967), I, p. 121; P. Mezzanotte-G. Bascapé, Milano nell'arte e nella storia, Milano-Roma 1968, ad Indicem; A.Palestra, Il fondo della "Metropolitana" e le sue fonti inedite..., in Il duomo di Milano (Atti dei Congr. internaz., 1968), II, Milano, 1969, ad Indicem; U.Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 313.