BRANCACCIO, Lelio
Nacque a Napoli intorno al 1560 da Giovanni Battista e da Porzia Poderico. Il 29 ott. 1584 fu ammesso nell'Ordine dei cavalieri di Malta; dieci giorni prima, in vista dell'ingresso nell'Ordine, con uno strumento stipulato a San Severino, aveva rinunziato in favore del padre ad ogni diritto sull'eredità paterna e materna, in cambio di un vitalizio di centoventi ducati annui. Rimase al servizio dell'Ordine sino al 1589. In quest'anno iniziò il servizio nell'esercito spagnolo col grado di capitano di fanteria: reclutate tre compagnie di fanti nel Regno di Napoli servì con esse in Piemonte, in Savoia, in Borgogna e nelle Fiandre, nel reggimento dell'Ordine dei priori d'Ungheria dapprima e poi, col grado di sergente maggiore, al comando di duemila fanti italiani, nel reggimento di Alessandro de' Monti. Nel gennaio del 1602 fu inviato da Ambrogio Spinola nel Regno di Napoli per reclutare due reggimenti di fanteria di tremila uomini ciascuno. Di uno dei due reggimenti il B. ebbe il comando, con il grado di maestro di campo, e lo condusse nelle Fiandre. Chiamato subito dopo in Spagna, ebbe l'incarico di condurre per mare alcune compagnie di fanteria da La Coruña in Andalusia. Durante il viaggio la nave su cui viaggiavano il B. e i suoi uomini fu assalita da una squadra inglese di ventiquattro navi. Inutile fu la resistenza, durata ben dieci ore; il B. venne catturato e condotto in Inghilterra, dove rimase prigioniero alcuni mesi. Tornato nel 1603 a Napoli, chiese a Filippo III che gli fosse concessa una rendita corrispondente al suo soldo di settantasette ducati mensili, da godere nel Regno di Napoli. Il Consiglio di Stato deliberò a Valladolid nel giugno di quello stesso anno che gli fosse pagata una rendita di quaranta scudi mensili e che si raccomandasse al viceré di Napoli, conte di Lemos, di affidargli un incarico nel Regno. Non trova conferma, nei documenti presentati dal B. alla corte per ottenere la pensione, la notizia fornita dall'Argegni secondo cui al B. sarebbe stata affidata nel 1602 da Ambrogio Spinola la difesa della piazzaforte di Bolduch. Il B. partecipò invece all'assedio di Anversa nel 1604 e nell'anno successivo conseguì alcuni importanti successi contro Maurizio di Nassau. Eletto membro del Consiglio di guerra delle Fiandre, continuò a combattere nella regione sino alla tregua dodecennale di Anversa nel 1609. Tornò allora nel Regno di Napoli e fu nominato membro di quel Consiglio collaterale.
A Napoli il B. prese a scrivere un trattato di arte militare, dal titolo Carichi militari o Fucina di Marte, nel quale trattò dei compiti che spettano a ciascun grado della milizia, dal soldato sino al maestro di campo generale, concludendo con una esposizione dei doveri del principe nei riguardi del suo esercito. L'opera, dedicata all'arciduca Alberto d'Asburgo, non ha maggiore interesse delle molte altre simili trattazioni del tempo, anche se in essa si avverte la già lunga ed intensa esperienza militare del B.; importanti sono alcuni cenni del B. ai "campi trincerati". Il trattato ebbe un buon successo, contandosene in un trentennio ben tre edizioni, ad Anversa nel 1610, a Milano nel 1620 ed a Venezia nel 1641.
Nel 1611 Filippo III raccomandò il B. al gran maestro dell'Ordine di Malta perché gli fosse attribuita una "encomienda de gracia". Nel Regno il B. eseguì negli anni successivi numerose ispezioni alle fortificazioni e difese costiere; di particolare importanza, nel 1618-1619, durante la crisi dei rapporti con la Repubblica di Venezia, l'ispezione ordinata al B. dal viceré duca d'Osuna alle difese costiere della provincia d'Abruzzo, col compito anche di controllare le operazioni della flotta veneziana.
Un'allarmante relazione il B. fece all'Osuna nel giugno del 1619 sulla situazione delle difese della piazza di Pescara, che giudicava insufficientemente provvista di opere militari e in grandissimo pericolo per la grande ed incontrollata affluenza di mercanti veneziani, che avrebbero potuto tentarvi senza troppi rischi un improvviso colpo di mano.
Le relazioni tra il B. e l'Osuna si inasprirono improvvisamente nell'autunno del 1619 a causa della politica antinobiliare iniziata dal viceré. In appoggio alle richieste del "popolo civile" l'Osuna minacciava la riforma della rappresentanza cittadina, pareggiando i seggi popolari con quelli dell'aristocrazia, ed aveva iniziato una politica fiscale che si risolveva a tutto danno della nobiltà, designando infine, con una procedura non ineccepibile, l'esponente più deciso dei popolari, Giulio Genoino, alla carica di eletto del popolo.
Contro tutte queste misure la nobiltà napoletana decise di protestare alla corte di Madrid e scelse come proprio rappresentante il Brancaccio. Egli si trattenne alla corte per due anni, conducendo contro l'Osuna una instancabile campagna d'accuse; oltre alla politica antinobiliare il B. denunziò a Filippo III il cattivo stato delle difese del Regno, l'insufficienza delle artiglierie, l'indisciplina dei soldati, che angariavano le popolazioni delle province e della stessa Napoli, e infine lo scandaloso comportamento dello stesso viceré che, a suo dire, si circondava di meretrici e non si asteneva neppure dall'intrattenere relazioni con le dame "più principali". Le accuse del B. e, più, il diffusissimo malcontento che egli rappresentava indussero finalmente la corte spagnola, nel 1620, a richiamare l'Osuna.
Nel 1621 il B. tornò nelle Fiandre, dove era ripresa la guerra, e in premio dei servigi ivi prestati ottenne da Filippo IV, con diploma del 2 sett. 1623, il titolo di marchese di Montesilvano, con facoltà di trasmetterlo al cugino Francesco Brancaccio ed agli eredi di lui. Tornato a Napoli nel 1624 gli fu assegnata la carica di prefetto dell'Annona. Nel giugno dell'anno successivo gli fu affidato il comando di un importante contingente di fanterie napoletane inviato per mare in Lombardia. Nel 1626, caduto prigioniero dei Savoiardi il napoletano Tommaso Caracciolo, che comandava le truppe genovesi nella guerra per il marchesato di Zuccarello contro Carlo Emanuele di Savoia, la Repubblica chiamò a sostituirlo il B. con il grado di maestro di campo generale. Tra il 1627 ed il 1630 il B. fu alla corte di Spagna dove prese parte come consulente al lavori del Consiglio di guerra e marina. Mandato nuovamente in Italia, nel dicembre del 1630, con un aiuto di costa di quattromila ducati per dirigere le operazioni dell'esercito spagnolo nel Monferrato, dopo la stipulazione del trattato di Cherasco, nell'aprile del 1631, passò nuovamente nelle Fiandre come maestro di campo generale, dirigendo nell'anno seguente la difesa di Maastricht. Il prestigio militare raggiunto dal B. ottenne il massimo riconoscimento allora possibile, essendo stato egli eletto da Filippo IV, nel 1632 o nel 1633, membro del Supremo consiglio di Stato. Non vi fu da allora alcuna iniziativa militare o di politica estera della corte spagnola sulla quale il B. non esprimesse il suo autorevole parere. Questi nuovi compiti non diminuirono però il suo contributo immediato alla direzione delle operazioni militari, ché anzi, da allora e sino alla morte, egli dovette spostarsi continuamente sui più lontani teatri della guerra: inviato in Lombardia nel 1633, chiamato a Barcellona nella primavera del 1634 "por ser tan necesario acá", poi nelle Fiandre ed in Germania, al seguito del fratello di Filippo IV, il cardinale infante Ferdinando, col quale prese parte alla battaglia di Nördlingen contro gli Svedesi, poi in Provenza, ancora nello Stato di Milano, con ordine dell'8 ott. 1634 di Filippo IV, che gli affidava il comando "de toda la infanteria, cavalleria y gente de guerra que hubiese en todo el mi estado de Milan, así de gente española italiana, alemana y de otra qualquier nación", chiamato infine al comando dell'esercito del Rossiglione. Qui morì nel dicembre del 1637, combattendo a Perpignano.
Erroneamente alcuni autori attribuiscono al B. Il Brancatio della vera disciplina et arte militare sopra i Comentari di Giulio Cesare, da attribuirsi invece a Giulio Cesare Brancaccio.
Fonti e Bibl.: Varie lettere e consulte del B. ed altri documenti relativi alla sua attività nell'Archivo General de Simancas, Estado, leg. 1098, f. 37; leg. 1101, f. 16; leg. 1291, ff. 64, 69, 72, 73, 121, 122; leg. 1881, ff. 98, 130; leg. 1882, ff. 21, 66, 98; leg. 1887, ff. 111-112; leg. 3336, f. 21; leg. 3341, ff. 26, 107, 108, 123, 124; leg. 3342, ff. 152, 153; leg. 3344, f. 16; leg. 3446, f. 315; leg. 3447, ff. 34, 35, 36, 173, 174, 220, 257; leg. 3448, ff. 5, 6, 157, 158, 160.
Cfr. inoltre F. Capecelatro, Diario... delle cose avvenute nel reame di Napoli negli anni 1647-1650, a cura di A. Granito di Belmonte, III, Napoli 1854, pp. 47, 60, 426; S. Guerra, Diurnali, a cura di G. de Montemayor, Napoli 1891, pp. 165, 167; C. De Lellis, Discorsi delle famiglie nobili del Regno di Napoli, I, Napoli 1644, passim;J. Paz, Archivo general de Simancas,Catalogo IV. Segreteria de Estado. Capitulaciones con Francia..., Madrid 1914, pp. 109, 136; R. M. Filamondo, Il genio bellicoso di Napoli, Napoli 1714, pp. 408-417;B. Del Pozzo, Ruolo generale de' cavalieri gerosolimitani della veneranda lingua d'Italia, Torino 1738, pp. 152 s.; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 4, Brescia 1763, p. 1986;C. Padiglione, La biblioteca del Museo Nazionale della Certosa di San Martino in Napoli..., Napoli 1876, pp. 264, 413;C. Minieri Riccio, Notizie biografiche e bibliografiche degli scrittori napoletani, II, Napoli 1877, p. 43; E. Ricca, La nobiltà delle Due Sicilie, I, 5, Napoli 1879, pp. 357, 359-380; C. Amabile, Fra' Tommaso Pignatelli,la sua congiura e la sua morte, Napoli 1887, p. 39; M. Schipa, Masaniello, Bari 1925, p. 42;B. Croce, Un capitano italiano del Cinquecento,G. C.Brancaccio, in Varietà di storia letteraria e civile, s. 1, Bari 1949, ad Indicem;C.Argegni, Condottieri,capitani,tribuni, I, Busto Arsizio 1936, p. 108.