Legittimazione per l’accesso agli atti della Pubblica Amministrazione
L’obiettivo di attuare la trasparenza dell’azione amministrativa e il diritto di informazione dei cittadini mediante il riconoscimento a chiunque della facoltà di accedere agli atti della Pubblica Amministrazione, nella definitiva formulazione dell’art. 22 l. 7.8.1990, n. 241, non può essere disgiunto dalla corretta interpretazione dell’ulteriore specificazione di quel «chiunque» quale soggetto titolare di un interesse, personale e concreto, all’accesso «per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti», nonché dall’indagine sul nesso che avvince l’accesso alla situazione giuridicamente rilevante presupposta che, anche mediante l’accesso, può essere tutelata.
Il dibattito sulla natura del diritto di accesso, insorto già all’indomani dell’entrata in vigore della legge sul procedimento amministrativo 7.8.1990, n. 241, novellata dalla l. 11.2.2005, n. 15, nonché sui presupposti, oggettivi e soggettivi, di applicazione dell’istituto1, si è arricchito di due recenti decisioni del Consiglio di Stato: una pronuncia dell’Adunanza Plenaria (Cons. St., A.P., 24.4.2012, n. 7)2 in tema di legittimazione all’accesso e una sentenza della IV sez. incentrata sull’affermazione del carattere strumentale dell’accesso agli atti amministrativi (Cons. St., sez. IV, 22.5.2012, n. 2974)3.
Le due pronunce appaiono tra loro in contrasto quanto all’affermazione della natura autonoma o strumentale del diritto di accesso, ma questo tema è stato esaminato e sviluppato specificamente solo dalla decisione della IV sezione.
L’Adunanza Plenaria ha riconosciuto legittimazione all’accesso «a chiunque possa dimostrare che gli atti procedimentali oggetto dell’accesso abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l’autonomia del diritto di accesso, inteso come interesse ad un bene della vita distinto rispetto alla situazione legittimante all’impugnativa dell’atto»4; all’opposto, ha negato tale legittimazione alle associazioni dei consumatori (nella specie, si trattava del Codacons e dell’Associazione per la tutela degli utenti dell’informazione, della stampa e del diritto d’autore), sul rilievo che queste, pur rivestendo la qualità di «associazioni di promozione sociale»5, possono farsi promotrici solo di iniziative dirette ad assicurare legalità dell’azione amministrativa di un ente pubblico economico (nel caso di specie, si trattava della S.I.A.E.), limitatamente alle attività di interesse pubblico che allo stesso competono, ma risultano sprovviste di una posizione differenziata e qualificata che dia titolo ad accedere agli atti riguardanti la gestione del patrimonio dell’ente, del quale può beneficiare solo la base associativa.
La pronuncia della IV sez., riallacciandosi ad una decisione dell’Adunanza Plenaria del 2006, ha evidenziato come il “diritto di accesso” debba essere qualificato «una situazione soggettiva che, più che fornire utilità finali (caratteristica da riconoscere, oramai, non solo ai diritti soggettivi ma anche agli interessi legittimi), risulta caratterizzata per il fatto di offrire al titolare dell’interesse poteri di natura procedimentale volti in senso strumentale alla tutela di un interesse giuridicamente rilevante (diritti o interessi)», rimarcando altresì che «il carattere essenzialmente strumentale di tale posizione si riflette inevitabilmente sulla relativa azione, con la quale la tutela della posizione soggettiva è assicurata. In altre parole, la natura strumentale della posizione soggettiva riconosciuta e tutelata dall’ordinamento caratterizza marcatamente la strumentalità dell’azione correlata e concentra l’attenzione del legislatore, e quindi dell’interprete, sul regime giuridico concretamente riferibile all’azione, al fine di assicurare, al tempo stesso, la tutela dell’interesse, ma anche la certezza dei rapporti amministrativi e delle posizioni giuridiche di terzi controinteressati».
La pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 7/2012, calibrata sulla fattispecie concreta dell’accesso a documenti della S.I.A.E. richiesto sia da un singolo associato sia da associazioni portatrici di interessi collettivi o diffusi enuncia alcuni dei punti fermi a cui è approdato il dibattito sull’accesso ai documenti amministrativi: a) la disciplina dell’istituto non condiziona l’esercizio del relativo diritto6 alla titolarità di una posizione giuridica tutelata in modo pieno, quale il diritto soggettivo, essendo sufficiente il collegamento con una situazione giuridicamente riconosciuta anche in forma attenuata; b) l’affermazione dei caratteri di «diretta inerenza, concretezza e attualità» dell’interesse mirante ad accedere ad un determinato documento per la tutela di una situazione giuridicamente protetta; c) la non annoverabilità tra i soggetti interessati di cui alla l. n. 241/1990 di soggetti portatori di interessi diffusi o collettivi, allorquando il documento per il quale è richiesto l’accesso non possa essere ricollegato direttamente a quegli specifici interessi di rilievo pubblicistico alla cui salvaguardia l’ente – per la sua impronta statutaria – sia orientato, pena lo snaturamento dell’accesso in strumento di controllo generalizzato dell’attività amministrativa.
L’Adunanza Plenaria evita di approfondire il tema della natura del diritto di accesso, sul quale, già in una decisione del 20067, aveva dichiarato di non volersi esprimere perché la questione non rivestiva alcuna utilità ai fini della decisione della controversia sottoposta, in quella occasione, al suo esame.
Nella pronuncia del 2006, i Giudici di Palazzo Spada avevano ricapitolato gli esiti del confronto sviluppatosi sia in senso alla giurisprudenza che alla dottrina, nel quale si era inserita proprio una decisione dell’Adunanza Plenaria del 19998, assertiva della tesi della posizione legittimante all’accesso in termini di interesse legittimo, a cagione del collegamento della posizione del privato con l’interesse pubblico e facendo leva sulla struttura impugnatoria del giudizio. Non erano mancati tuttavia, in seno al medesimo Consiglio di Stato, orientamenti contrastanti, registrandosi pronunce in linea con l’anzidetta decisione9 e decisioni che propendevano ancora per la configurabilità dell’accesso in termini di diritto soggettivo10.
Quest’ultima tesi, in particolare, faceva leva essenzialmente sul carattere vincolato dei poteri rimessi all’amministrazione in sede di esame dell’istanza di accesso, poteri aventi ad oggetto la mera ricognizione della sussistenza dei presupposti di legge e l’assenza di elementi ostativi all’accesso, nonché sulla peculiarità dei poteri istruttori e decisori del giudice: i primi, volti a valutare la sussistenza dei requisiti sostanziali che legittimano all’accesso11, al di là delle ragioni addotte dall’amministrazione nell’atto; i secondi, estesi all’imposizione all’amministrazione di un comportamento positivo consistente nell’adempimento dell’ordine giudiziale di esibizione dei documenti (art. 25 l. n. 241/1990).
La tesi del diritto soggettivo sarebbe poi stata corroborata dall’inclusione del diritto di accesso nei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e politici ai sensi dell’art. 117 Cost. (art. 22, co. 2, l. n. 241/1990, come modificato dalla l. n. 15/2005) e dalla riconduzione del giudizio in tema di accesso alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (dapprima in forza della previsione dell’art. 25, co. 5, l. n. 241/1990, come modificato dalla l. 14.5.2005, n. 80 e, poi, dell’art. 133, co. 1, n. 6, c.p.a., introdotto con d.lgs. 2.7.2010, n. 104).
Nella plenaria del 2006, i Giudici di Palazzo Spada, pur non prendendo posizione sulla natura della situazione giuridica, affermarono che la legittimazione all’accesso è questione che si pone “a monte” rispetto a quella incentrata sulla consistenza della pretesa di accesso, configurata come una posizione di vantaggio protetta dall’ordinamento, in chiave strumentale di tutela ulteriore di una situazione legittimante di base, sia essa di diritto soggettivo o di interesse legittimo.
Peraltro, non basterebbe affermare che «la pretesa di accesso è strumentale e servente alla tutela di una preesistente situazione soggettiva legittimante di base [«corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso», come dice l’art. 22, co. 1, lett. b), l. n. 241/1990], poiché nulla vieta … che alla situazione legittimante di base di diritto soggettivo (ad es., il diritto soggettivo patrimoniale del debitore della prestazione assicurativa assistenziale) corrisponda una pretesa strumentale di accesso avente consistenza (in sé) di interesse legittimo (in raffronto con la tutela della privacy del lavoratore la cui cartella clinica costituisca il documento cui si domanda di accedere)»12.
Non sussisterebbe, perciò, una proprietà transitiva tra la situazione soggettiva legittimante di base e la pretesa strumentale di accesso, cosicché «non è vera e non può essere affermata l’equazione per cui, ad es., ad una situazione soggettiva di base avente natura di diritto soggettivo debba sempre corrispondere per ciò solo la natura di diritto soggettivo della pretesa di accesso»13.
Nonostante l’atteggiamento sostanzialmente “agnostico” della Plenaria del 2006, la successiva giurisprudenza amministrativa si è prevalentemente orientata nel senso di riconoscere all’accesso natura di diritto soggettivo14.
Significativo era stato, peraltro, il contributo dato, in tal senso, dal medesimo Consiglio di Stato con il parere n. 3586/2005 reso dall’Adunanza Generale del 13.2.2006 sullo schema di d.P.R. «Regolamento recante integrazioni e modifiche del d.P.R. 27.6.1992, n. 352 (Regolamento per la disciplina delle modalità di esercizio e dei casi di esclusione del diritto di accesso ai documenti amministrativi, in attuazione dell’art. 24, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241) ai sensi dell’art. 23, co. 2, l. 11.2.2002, n. 15»15.
In quella sede, il Consiglio di Stato aveva affermato che «ai sensi della normativa primaria posta nel Capo V della ‘241’ l’accesso risulta oggi ricostruibile quale situazione di diritto soggettivo, e ciò sia in base alla sua formale definizione come tale che per chiari profili della sua concreta disciplina, quali, in particolare, la mancanza di discrezionalità per le amministrazioni, verificati i presupposti per l’accesso, nell’adempiere alla pretesa del soggetto privato di prender visione ed estrarre copia dei documenti amministrativi, la non necessità che il documento amministrativo sia relativo ad uno specifico procedimento, l’attribuzione delle controversie in materia alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e la correlata previsione della possibilità che tale giudizio si concluda con l’ordine di un facere per l’amministrazione. Che si tratti inoltre di un diritto di cui devono essere garantiti i livelli essenziali su tutto il territorio nazionale risulta, altresì, per la espressa e specifica qualificazione in tal senso di cui all’art. 22, co. 2, della “241”, ricognitiva, d’altro lato, del dato sostanziale della funzione del diritto di accesso di strumento di attuazione del principio costituzionale della imparzialità dell’azione amministrativa; imparzialità che non sarebbe evidentemente più tale se non assicurata in modo uguale in ogni luogo della Repubblica».
In realtà, la querelle intorno alla natura del «diritto di accesso» ha rischiato di oscurare quello che, invece, pare essere la reale questione di fondo da risolvere circa questo strumento di garanzia della trasparenza dell’azione amministrativa, riconosciuto sì dall’ordinamento agli amministrati, ma a determinate condizioni: a) il soggetto che chiede di accedere agli atti dell’Amministrazione, che chiede cioè di «vedere, conoscere e acquisire mediante copia» un documento del quale non ha disponibilità perché esso è «dell’Amministrazione» ovvero di uno di quei soggetti elencati all’art. 22, l. n. 241/199016, deve trovarsi in una posizione «differenziata» rispetto alla generalità degli amministrati; b) la differenziazione della posizione del richiedente l’accesso che lo qualifica come legittimato, perché appunto «interessato», rinviene dall’esigenza di tutelare «altra» situazione giuridicamente del medesimo soggetto e che risulta collegata al documento al quale è chiesto l’accesso.
In definitiva non è tanto l’“in sé” dell’accesso che deve essere indagato, quanto il “perché” ovvero l’utilità finale alla cui realizzazione l’“interessato” tende mediante la conoscenza dei documenti acquisibili con l’accesso.
2.1 La posizione “differenziata”
Nella pronuncia dell’Adunanza Plenaria n.7/2012, i giudici hanno precisato che, nella vicenda decisa, il socio o associato S.I.A.E. gode di una posizione differenziata rispetto ad un quisque de populo, perché titolare non solo del diritto alla ripartizione dei diritti di autore, ma anche di «obblighi diversi ed autonomi rispetto a quello di percepire quanto gli è dovuto in qualità di autore o editore» (l’obbligo di versare la quota di iscrizione, l’obbligo di versare i contributi associativi annui, i diritti di segreteria e i rimborsi spese; i diritti di elettorato attivo e passivo, il diritto di partecipare alle commissioni di sezione e ai comitati interdisciplinari, il diritto di fruire delle attività solidaristiche e delle iniziative promozionali di cui agli artt. 20 e 21 dello Statuto dell’ente). Ciò comporta che il diritto di accesso va riconosciuto all’associato come strumento inerente la complessiva posizione personale di questo all’interno della compagine sociale e non solo in relazione alla ripartizione dei proventi riscossi a titolo di diritti di autore. In tal senso va, perciò, interpretato l’art. 106, co. 1, del Regolamento Generale S.I.A.E., il quale disciplina il diritto di accesso degli associati in relazione a «dati, informazioni e documenti concernenti la posizione personale dell’associato». L’accesso consentito ai soci è perciò funzionale, ad avviso dell’Adunanza Plenaria, al ruolo che ciascuno associato riveste di «membro attivo di quel determinato corpo sociale, al cui funzionamento può cooperare in svariate funzioni, e dal quale è destinato a ricevere una serie di benefici ulteriori rispetto a quali per i quali è richiesta l’iscrizione», cosicché «è evidente che ai fini della tutela di quella sfera giuridica assuma rilievo essenziale la gestione del patrimonio, che la Siae deve utilizzare ‘nell’interesse degli associati’» e che al socio debba essere riconosciuto il diritto di accedere a documenti relativi ad atti di gestione del patrimonio e, tra questi, a quelli inerenti la decisione di porre in essere determinati investimenti finanziari, allorquando in relazione a questi emergano profili di criticità collegabili ad una probabile perdita finanziaria. Rispetto alla conoscenza di questi documenti, l’associato deve essere considerato soggetto “interessato” ai sensi dell’art. 2, lett. b), l. n. 241/1990 (come modificata dalla l. n. 15/2005), perché titolare di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad un interesse giuridicamente tutelato.
L’Adunanza Plenaria non ha riconosciuto la legittimazione all’accesso di associazioni aventi la finalità di tutelare interessi facenti capo ad una vasta ed indifferenziata platea di consumatori e utenti. Tale legittimazione è stata esclusa in quanto finirebbe per risolversi nell’attribuzione di uno strumento di controllo generalizzato sull’Amministrazione, ricollegabile al generico ed indistinto interesse di ogni cittadino alla legalità e al buon andamento dell’attività amministrativa.
Sul punto, l’Adunanza Plenaria si è allineata all’orientamento costante del Consiglio di Stato17, peraltro confermato anche dal dato legislativo come novellato dalla riforma della l. n. 241/1990, intervenuta con l. 11.2.2005, n. 15. Quest’ultima ha introdotto un nuovo comma (il co. 3) all’art. 24, l. n. 241/1990, in forza del quale sono da dichiararsi inammissibili le istanze di accessi «preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni». Sempre la l. n. 15/2005 ha meglio definito la figura del soggetto interessato all’accesso, individuandolo come quel soggetto che abbia sì un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata, sempre che tale situazione sia «collegata al documento al quale è chiesto l’accesso».
Proprio la necessità che vi sia un nesso tra la documentazione alla quale si richiede di accedere e l’interesse di cui il soggetto è il portatore consente di escludere, secondo l’Adunanza Plenaria nella pronuncia n.7/2012, che le associazioni, le quali, dal punto di vista statutario, siano portatrici di interessi collettivi o diffusi – l’interesse dei consumatori e degli utenti dell’informazione, della stampa e del diritto d’autore – possano ritenersi legittimate ad accedere a documenti non inerenti lo svolgimento di attività di rilievo pubblicistico (l’attività di intermediazione, di rappresentanza e di cessione di diritti affidate dalla legge alla S.I.A.E. in via esclusiva), ma piuttosto atti di gestione del patrimonio sociale. Le associazioni in parola non potrebbero ricevere alcun nocumento da decurtazioni del patrimonio dell’ente né giovarsi in alcun modo del recupero di capitali venuti meno per effetto di investimenti pregressi, cui, invece, è legittimamente interessato il singolo associato18.
La IV Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2974/2012, ha negato che il diritto di accesso possa essere qualificato in termini di situazione soggettiva finale, recante in sé un’utilità autonoma da altre per il soggetto titolare, affermandone, invece, la natura esclusivamente strumentale, cioè servente di altra situazione soggettiva giuridicamente protetta.
A tal fine ha osservato che «ciò che il legislatore in questo caso considera non è il ‘diritto di accesso’ in quanto posizione soggettiva, bensì ‘l’accesso’ come fenomeno, cioè inteso oggettivamente come concreta esplicazione di attività. Inoltre, l’essere un istituto (in questo caso, l’accesso) considerato livello essenziale di una prestazione concernente i diritti civili e sociali non comporta affatto che l’istituto stesso costituisca di per sé una posizione sostanziale o, più propriamente, un diritto, e non una posizione strumentale. Anzi, se esso attiene alle prestazioni che i pubblici poteri devono garantire ‘verso’ i diritti civili e sociali, ancora una volta risalta non già la sostanzialità autonoma, bensì la strumentalità della posizione denominata ‘diritto di accesso’. Il diritto di accesso si presenta, dunque, come posizione strumentale riconosciuta ad un soggetto che sia già titolare di una diversa ‘situazione giuridicamente tutelata’ (diritto soggettivo o interesse legittimo, e, nei casi ammessi, esponenzialità di interessi collettivi o diffusi) e che abbia, in collegamento a quest’ultima, un interesse diretto, concreto ed attuale ad acquisire mediante accesso uno o più documenti amministrativi».
Richiamandosi alla decisione n. 6/2006 della Plenaria, la IV Sezione ha concluso nel senso che: «se è vero che la legge si esprime in termini di ‘diritto di accesso’, è altrettanto vero come di tale espressione deve essere sottolineato l’uso affatto atecnico. E ciò in quanto è ben evidente la ‘strumentalità’ dell’accesso collegato alla ‘tutela di situazioni giuridicamente rilevanti’, come si evinceva dal precedente testo dell’art. 22 l. n. 241/1990, ed ora dalla definizione dei soggetti ‘interessati’, contenuta nel medesimo articolo».
Quello del riconoscimento della natura strumentale o finale del diritto di accesso è un profilo che non può essere risolto, se non esaminando partitamente due aspetti: a) la comparazione tra gli interessi coinvolti (interesse all’accesso, controinteressi); b) il rapporto tra l’accesso, quale istituto di diritto sostanziale, e il potere dispositivo della prova nel processo – divenuto a seguito dell’entrata in vigore del Codice del processo amministrativo (d.lgs. n. 104/2010), patrimonio comune del rito civile e del rito innanzi alle Corti amministrative – in relazione alla nozione di «documento amministrativo».
Quanto al primo aspetto, la posizione assunta dalla IV Sezione circa la sicura strumentalità dell’accesso rispetto alla tutela di altre situazioni giuridicamente rilevanti, appare confortata dalla lettura dei dati normativi e, in particolare dei co. 6 e 7 dell’art. 24 l. n. 241/1990, nel testo novellato dalla l. n. 15/2005.
Il co. 6 individua, in particolare, cinque aree o insiemi di interessi che possono impedire l’accesso di documenti amministrativi, mediante disciplina dettata da fonte regolamentare, facendo ampio uso di concetti giuridici indeterminati19.
Il successivo co. 7, primo periodo, prescrive: «deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici».
Al fine di evitare che la pretesa all’accesso prevalga sempre sulle esigenze di tutela degli interessi individuati al co. 6 (come un’interpretazione letterale potrebbe indurre a ritenere), deve affermarsi la necessità che l’Amministrazione operi un bilanciamento degli interessi in conflitto20: da un lato, l’interesse sul quale si radica la domanda di accesso e, dall’altro, le posizioni rilevanti di contro-interesse (ovvero quelle posizioni individuate dall’art. 22, lett. c), l. n. 241, le quali «dall’esercizio dell’accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza»), connesse ad esigenze di riservatezza considerate dal legislatore potenzialmente ostative all’accesso (art. 24, co. 6)21.
Quanto al secondo aspetto (rapporto tra diritto di accesso e disponibilità della prova nel processo), l’art. 22, co. 1 lett. a), definisce come «diritto di accesso», il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi, e, alla lett. d), come «documento amministrativo», ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale.
Il «documento amministrativo» si connota per il fatto di concernere attività di pubblico interesse, cosicché alcuni documenti – peraltro frequentemente richiesti all’Amministrazione e costituenti, in seguito, oggetto dello speciale procedimento di cui all’art. 25 l. n. 241/1990 (ora disciplinato dall’art. 116 c.p.a.) – rappresentativi di atti di diritto privato (il contratto d’appalto stipulato tra la stazione committente e il vincitore della procedura di gara; gli atti di gestione del personale formati dalla p.a. come privato datore di lavoro, ai sensi del libro V del codice civile), possono assumere la suddetta connotazione amministrativa, pubblicistica, necessaria agli effetti dell’accesso, “se e solo se” chi domanda l’accesso faccia valere un interesse che mette in questione l’imparzialità dell’agire della p.a.; “se e solo se” chi domanda l’accesso, in altri termini, invochi (sia pur indirettamente e sostanzialmente) la «copertura» dell’art. 97 Cost. e i principi di imparzialità e legalità in esso inscritti22.
Diversamente opinando, sarebbe violata la funzione stessa dell’istituto, che verrebbe ad essere «piegato» a fini di precostituzione della prova per una successiva lite giudiziaria con l’Amministrazione.
L’istituto dell’accesso non può essere, in definitiva, disancorato dalla sua originaria funzione di strumento di verifica della correttezza e del buon andamento della funzione pubblica da parte di un soggetto interessato, per renderlo un puro e semplice mezzo «precontenzioso» preparatorio di una successiva controversia con l’Amministrazione, tanto più che sia nell’ambito di rapporti paritetici o privatistici sia nell’ambito dei rapporti di impronta pubblicistica, secondo lo stampo del nuovo processo amministrativo, la posizione delle parti processuali in sede contenziosa, anche quando una di esse sia una pubblica amministrazione, è, ormai, di tendenziale equilibrio23.
1 Tra i più recenti contributi monografici in tema di diritto di accesso ai documenti amministrativi si segnalano: Bonomo, A., Informazione e pubbliche amministrazioni. Dall’accesso ai documenti alla disponibilità delle informazioni, Bari, 2012; Giurdanella, C.-Puzzo, C., L’accesso ai documenti amministrativi, 2010, Milano; Merighi, P., Procedimento amministrativo e diritto di accesso ai documenti, Rimini, 2008; Caringella, F.-Garofoli, R.-Sempreviva, M.T., L’accesso ai documenti amministrativi, Milano, 2007.
Per una ricognizione aggiornata dell’ampia casistica giurisprudenziale sul tema, v. Jori, P., La peculiare vis espansiva del diritto di accesso nell’ordinamento interno, in www.lexitalia.it, 2012.
2 In www.giustizia-amministrativa.it.
3 In www.giustizia-amministrativa.it.
4 Cfr. L’Adunanza Plenaria ha richiamato sul punto il precedente costituito dalla sentenza del Cons. St., sez. VI, 9.3.2011, n. 1492 in www.giustizia-amministrativa.it.
5 Le associazioni di promozione sociale sono definite dall’art. 2, co. 1, l. 7.12.2000, n. 383 come «le associazioni riconosciute e non riconosciute, i movimenti, i gruppi e i loro coordinamenti o federazioni costituiti al fine di svolgere attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati».
6 Come si dirà nei successivi § 2 e 3 la natura del diritto di accesso è tuttora controversa, dibattendosi se esso sia realmente un diritto soggettivo o, piuttosto, un interesse legittimo definito «diritto» dal legislatore in senso atecnico, o, ancora, se esso possa assumere a seconda dei casi, natura di diritto soggettivo o natura di interesse legittimo.
7 Cons. St., A.P., 18.4.2006, n. 6, in www.giustizia-amministrativa.it.
8 Cons. St., A.P., 24.6.1999, n. 16, in www.giustizia-amministrativa.it.
9 Cons. St., sez. V, 7.4.2004, n. 1969; Id. 8.9.2003, n. 5034 in www.giustizia-amministrativa.it.
10 Cons. St., sez. VI, 12.4.2005, n. 1679; Id. 27.5.2003, n. 2938 in www.giustizia-amministrativa.it.
11 Cons. St., sez. V, 11.5.2004, n. 2866 in www.giustizia-amministrativa.it.
12 Carpentieri, P., Due domande in tema di “diritto” di accesso, in www.giustamm.it, 2009. Del medesimo autore si veda anche il più risalente contributo: Carpentieri, P., La legittimazione all’accesso: una questione non ancora chiarita, in Foro amm., n. 6, 1995, 135.
13 Carpentieri, P., Due domande in tema di “diritto” di accesso, op. cit.
14 Cfr. TAR Toscana, sez. II, 6.11.2006, n. 4967 in www.giustizia-amministrativa.it: «il diritto di accesso ha natura di vero e proprio diritto soggettivo pubblico anche sotto il profilo della disciplina e della tutela dei soggetti interessati e qualora esista un rapporto di strumentalità tra la conoscenza del documento (mezzo per la difesa degli interessi) ed il fine (effettiva tutela della situazione giuridicamente rilevante della quale il richiedente è portatore), allora il soggetto stesso è facoltizzato ad ottenerne l’esibizione e, eventualmente, ad estrarne copia».
15 Il parere n. 3586 del 13.2.2006 può leggersi in www.giustizia-amministrativa.it.
16 Cfr. art. 22, co. 1 lett. e), l. 7.8.1990, n. 241: «per ‘pubblica amministrazione’, tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario».
17 Cons. St., sez. VI, 23.11.2000, n. 5930; Cons. St., sez. IV, 6.10.2001, n. 5291; Cons. St., sez. VI, 22.10.2002, n. 5818; Cons. St., sez. V, 16.1.2005, n. 127; Cons. St., sez. IV, 24.2.2005, n. 658, tutte in www.giustizia-amministrativa.it.
18 Cfr., sul tema, Cass., sez. III, 18.8.2011, n. 17351, in Dir. giust., 2011, 7 con nota di L. Tarantino e in Giust. civ. 2011, 9, I, 1960.
19 Cfr. la lett. d) che contempla «casi di sottrazione all’accesso» ove «i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all’amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono».
20 Carpentieri, P., Due domande in tema di diritto di accesso, op. cit.
21 Cons. St., sez. V, 28.9.2007, n. 4999 in www.giustizia-amministrativa.it.
22 Carpentieri, P., op. ult. cit.
23 Cfr. Lamberti, C., Art. 63. I mezzi di prova, in Caringella, F.-Protto, M., a cura di, Codice del nuovo processo amministrativo, Roma, 2010, 621; Saitta, F., Onere della prova e poteri istruttori del giudice amministrativo dopo la codificazione, in www.giustamm.it, 2012. Sia consentito anche il rinvio a Raiola, I., Commento agli artt. 63-69, in Garofoli, R.-Ferrari, G., a cura di, Codice del processo amministrativo, Roma, 2012, 1104.