SANITARIA, LEGISLAZIONE (XXX, p. 716; App. II, 11, p. 785; III, 11, p. 661)
La l. s. ha avuto un continuo e intenso incremento, dovuto a svariati fattori, quali il sorgere e lo sviluppo di esigenze in precedenza scarsamente avvertite (si pensi, per es., alla tutela dell'ambiente dalle varie forme d'inquinamento), la necessità di disciplinare in maniera più moderna, completa e conforme ai mutati orientamenti politici e sociali taluni settori (come quello dei farmaci, dei trapianti di organi del corpo umano, del fumo, della psichiatria, del controllo delle nascite e dell'interruzione volontaria della gravidanza), l'attuazione dell'ordinamento regionale, che ha condotto all'attribuzione alle Regioni e agli enti locali minori di numerose competenze già esercitate dagli organi statali, il nuovo assetto dell'assistenza ospedaliera e, infine, l'emanazione della legge sulla riforma sanitaria, che ha mutato profondamente l'intera organizzazione sanitaria del paese, anche se il sistema da essa creato non può considerarsi definitivo, giacché - come si vedrà - la regolamentazione di specifici settori, anche di grande importanza, è demandata a successivi provvedimenti legislativi statali (leggi formali e leggi delegate) e regionali.
Il processo di ristrutturazione del sistema sanitario del paese, che ha avuto il suo organico coronamento con la l. 23 dic. 1978, n. 833, istitutiva del servizio sanitario nazionale, si è sviluppato, anche se in maniera alquanto frammentaria, attraverso l'emanazione di numerosi provvedimenti legislativi speciali.
Fra i più rilevanti sono da ricordare:
il d. l. 8 luglio 1974, n. 264, convertito nella l. 17 ag. 1974, n. 386, con cui furono disposti il ripianamento del deficit degli enti mutualistici, dei quali si avviarono le procedure di estinzione, nonché il trasferimento dell'assistenza ospedaliera alle Regioni (in materia, v. anche la l. 29 giugno 1977, n. 349 e la l. 4 ag. 1978, n. 461);
il d.P.R. 4 genn. 1972, n. 4 e il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, concernenti il trasferimento alle Regioni a statuto ordinario di funzioni amministrative statali in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera. Con il primo di tali provvedimenti furono attribuite alle Regioni le funzioni esercitate dagli organi centrali e periferici dello stato in ordine a specifici settori (art. 2) e furono trasferiti alle stesse gli uffici dei medici provinciali e dei veterinari provinciali, nonché le attribuzioni dei consigli provinciali di sanità, dei consorzi provinciali antitubercolari, delle commissioni provinciali di vigilanza sugli ospedali psichiatrici e di altri organismi sanitari (art. 12); infine, altre funzioni, già di competenza statale, furono delegate alle Regioni, perché le esercitassero in conformità delle direttive statali (art. 13). Con il d.P.R. n. 616, del 1977, emanato in virtù della delega contenuta nella l. 22 luglio 1975, n. 382, è stato completato il trasferimento delle competenze statali alle Regioni, e ciò è avvenuto non più in relazione a particolari settori, specificamente indicati, bensì in virtù di una generale attribuzione delle funzioni relative alla materia "assistenza sanitaria e ospedaliera" (di cui all'art. 117 Cost.), che è stata definita e delimitata nell'art. 27 del citato d.P.R. Sono state poi indicate le funzioni che rimangono di competenza dello stato (art. 30), quelle di cui è stata attribuita alle Regioni non la titolarità ma il solo esercizio, mediante delega (art. 31) e, infine, quelle attribuite ai comuni (art. 32) e alle province (art. 33);
la l. 13 maggio 1977, n. 180, recante disposizioni sugli accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori, con la quale sono stati introdotti nel nostro ordinamento i più moderni orientamenti emersi nel campo della psichiatria, fondati sul superamento della discriminazione e della segregazione del malato di mente. In particolare, la legge stabilisce le modalità per gli accertamenti e i trattamenti sanitari volontari e obbligatori, disciplinandone il procedimento e la tutela giurisdizionale; il divieto di apertura di nuovi ospedali psichiatrici e la graduale estinzione di quelli esistenti, con la progressiva dimissione degli attuali degenti; il carattere eccezionale del ricovero, che deve comunque avvenire negli ospedali generali, nei quali non è consentito istituire divisioni psichiatriche; il trasferimento alle Regioni delle funzioni in materia di assistenza ospedaliera psichiatrica;
la l. 11 nov. 1975, n. 584, la quale, in conformità a quanto già da tempo previsto in molti paesi e in attuazione del principio della prevenzione, ha imposto il divieto di fumare in determinati locali e sui mezzi di trasporto pubblici;
la l. 5 ag. 1978, n. 484, con la quale è stato sancito il principio della partecipazione alle spese per l'assistenza farmaceutica da parte dell'assistito (cosiddetto ticket), sul presupposto di un'autodisciplina dell'utente - in presenza di aggravi finanziari - che dovrebbe frenare automaticamente il consumo di farmaci, con effetti positivi sia per il contenimento della spesa farmaceutica pubblica che per la salute degli assistiti.
La legge di riforma sanitaria ha tenuto indubbiamente conto della situazione esistente, in materia, negli altri paesi e, in particolare, in quelli della Comunità economica europea. Può, pertanto, risultare interessante qualche cenno sull'organizzazione sanitaria di alcuni di tali paesi.
In Francia, organi centrali del sistema sanitario sono i ministeri del Lavoro, della Sicurezza sociale e della Sanità; organi periferici sono le Circoscrizioni sanitarie regionali e i dipartimenti; esistono, poi, il Comitato per l'educazione sanitaria e sociale e il Centro nazionale dell'educazione sanitaria, che svolgono compiti inerenti all'educazione sanitaria. L'assistenza sanitaria viene prestata nell'ambito del sistema assicurativo, che garantisce la libertà di scelta del medico da parte dell'assistito.
In Inghilterra, l'organizzazione sanitaria fa capo al ministero della Sanità e della Sicurezza sociale, il quale sovraintende al servizio sanitario nazionale, che eroga l'assistenza medica generica e specialistica e l'assistenza ospedaliera; organo consultivo del ministero è il Consiglio centrale per i servizi sanitari. L'assistenza medica è imperniata sul "medico di famiglia", che l'assistito può scegliere liberamente e che opera gratuitamente, in quanto riceve la retribuzione dal servizio sanitario nazionale. Attraverso l'intervento del medico di famiglia è consentito l'accesso alle cure specialistiche, ai ricoveri ospedalieri e alle prestazioni farmaceutiche.
Nella Rep. Fed. di Germania, organo centrale del sistema sanitario è il ministero federale della Gioventù, della famiglia e della sanità, i cui compiti principali consistono nel finanziamento e nel controllo delle attività di assistenza sanitaria; organo consultivo centrale è il Consiglio sanitario federale. L'assistenza sanitaria viene erogata, alla quasi totalità della popolazione, da enti mutualistici, i quali operano prevalentemente a livello ambulatoriale, con l'intervento di medici privati.
Nel nostro paese, con la legge istitutiva del servizio sanitario nazionale, ritenuto ormai superato il sistema mutualistico, si è operato il passaggio alla fase della sicurezza sociale, tendente - in conformità al disposto dell'art. 32 Cost.- ad assicurare a tutti i cittadini, in posizione di sostanziale uguaglianza, la tutela della salute, intesa come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale.
A tale riguardo va rilevato che, mentre finora si era mirato più a combattere la malattia che a conservare la salute, con la nuova legge vi è stato un mutamento di prospettiva, nel senso che si è posto l'accento sulla prevenzione, quale fattore fondamentale della tutela della salute, e in particolare sulla cosiddetta prevenzione primaria, il cui scopo è quello d'impedire, intervenendo in anticipo, la malattia o l'infortunio.
Sotto il profilo organizzativo, è da porre poi in rilievo l'introduzione del principio della partecipazione dei cittadini alla determinazione degli obiettivi, alla gestione dei servizi e alla verifica dei risultati. I principi suesposti trovano specifico riscontro nella legge di riforma sanitaria, la quale - dopo avere espressamente ribadito che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività - precisa i principi e gli obiettivi del servizio sanitario nazionale, che viene definito come il complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione, senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l'eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio.
Per l'attuazione del servizio sanitario nazionale sono previsti tre diversi livelli: centrale, regionale e locale.
Il livello centrale fa capo al Parlamento, al governo e ad organi operativi e consultivi. In particolare, al Parlamento è demandata l'approvazione del piano sanitario nazionale, predisposto dal governo su proposta del ministro della Sanità e avente di norma durata triennale, il quale stabilisce le linee generali d'indirizzo e le modalità di svolgimento delle attività istituzionali del servizio sanitario nazionale, in conformità agli obiettivi della programmazione socio-economica nazionale e tenuta presente l'esigenza di superare le condizioni di arretratezza socio-sanitaria esistenti nel paese, particolarmente nelle regioni meridionali; il piano fissa altresì i livelli delle prestazioni sanitarie che devono essere garantite a tutti i cittadini.
È, inoltre, previsto che con legge dello stato siano dettate norme intese ad assicurare condizioni di salute uniformi su tutto il territorio nazionale, con particolare riguardo alle varie forme d'inquinamento, all'igiene e alla sicurezza dei luoghi di lavoro, alla tutela igienica degli alimenti e delle bevande.
Allo stato è, poi, attribuita la funzione d'indirizzo e coordinamento delle attività amministrative delle regioni in materia sanitaria, funzione che viene esercitata mediante provvedimenti legislativi o deliberazioni del Consiglio dei ministri, ovvero, per delega di quest'ultimo, dal comitato interministeriale per la programmazione economica o dal presidente del Consiglio dei ministri.
La legge elenca altresì le specifiche funzioni amministrative di competenza dello stato, fra le quali vanno segnalati i rapporti internazionali e la profilassi internazionale, la profilassi delle malattie infettive e diffusive, le funzioni relative ai prodotti chimici, farmaceutici, dietetici, agli stupefacenti, alla disciplina igienico-sanitaria dei prodotti alimentari, ai controlli sanitari in materia di energia nucleare, ai trapianti di organi, alla prevenzione degl'infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, alle professioni sanitarie, alle malattie del bestiame, all'organizzazione sanitaria militare.
Alcune di tali funzioni sono per legge delegate alle Regioni, le quali le esercitano mediante subdelega ai comuni.
Nell'esercizio delle funzioni di propria competenza, gli organi statali innanzi menzionati si avvalgono del concorso di altri organismi, taluni già esistenti e altri istituiti dalla legge di riforma sanitaria.
Fra i primi è da menzionare l'Istituto superiore di sanità, espressamente qualificato come "organo tecnico scientifico del servizio sanitario nazionale", che resta disciplinato dalla l. 7 ag. 1973, n. 519, con le modifiche apportate dalla legge di riforma sanitaria.
Organi nuovi sono, invece, l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, per la cui istituzione è stata attribuita al governo delega legislativa da esercitarsi entro il 31 dic. 1979, che è posto alle dipendenze del ministero della Sanità e ha, in particolare, compiti di ricerca, di studio, di sperimentazione e di elaborazione per le tecniche per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, nonché il consiglio sanitario nazionale, composto di rappresentanti di ciascuna regione, delle province di Trento e Bolzano e dei ministeri e degli organismi interessati, il quale ha funzioni di consulenza e di proposta nei confronti del governo per la determinazione delle linee generali della politica sanitaria nazionale e per l'elaborazione e l'attuazione del piano sanitario nazionale.
Per quanto concerne il livello intermedio, la legge di riforma sanitaria ha attribuito un particolare rilievo alle Regioni, le quali esercitano le funzioni amministrative che ad esse spettano ai sensi dell'art. 118 Cost. (in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera) o che sono loro delegate dallo stato (in materia d'igiene e sanità pubblica); alle Regioni competono, poi, importanti funzioni legislative in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera, con riguardo, in particolare, all'organizzazione, alla gestione e al funzionamento delle unità sanitarie locali e alla gestione coordinata e integrata dei loro servizi sociali istituiti nel territorio, al riordinamento dei servizi veterinari a livello regionale, all'articolazione dell'ordinamento degli ospedali in dipartimenti, all'individuazione e organizzazione dei presidi e servizi sanitari multinazionali, all'esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica, di vigilanza sulle farmacie e di polizia veterinaria, all'istituzione di servizi che svolgono funzioni preventive, curative e riabilitative relative alla salute mentale, alla qualificazione e valorizzazione degli stabilimenti e delle aziende termali, all'autorizzazione e alla vigilanza sulle istituzioni sanitarie private e alle convenzioni con esse, all'attuazione delle disposizioni legislative statali concernenti lo stato giuridico ed economico del personale delle unità sanitarie locali, all'utilizzazione del patrimonio e alla contabilità delle unità sanitarie locali.
E previsto, inoltre, che le Regioni provvedano all'attuazione del servizio sanitario nazionale in base a piani sanitari triennali predisposti, nell'ambito dei programmi regionali di sviluppo, previa consultazione degli enti locali, delle università, delle organizzazioni maggiormente rappresentative delle forze sociali e degli operatori della sanità, nonché degli organi della sanità militare; i predetti piani sono approvati con legge regionale.
Con riguardo, infine, al livello locale, a parte le competenze di minor rilievo attribuite alle province (approvazione della localizzazione dei presidi e servizi sanitari; parere sulle delimitazioni territoriali delle unità sanitarie locali) in via transitoria, in attesa che la futura legge sulla riforma delle autonomie locali definisca la sorte di tali enti, tutte le funzioni amministrative in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera che non siano espressamente riservate allo stato e alle Regioni sono attribuite ai comuni, i quali - ferme restando le attribuzioni del sindaco quale autorità sanitaria locale - le esercitano, in forma singola o associata, mediante le unità sanitarie locali.
La legge definisce l'unità sanitaria locale come il complesso dei presidi, degli uffici e dei servizi dei comuni, singoli o associati, e delle comunità montane, i quali, in un ambito territoriale determinato, assolvono ai compiti del servizio sanitario nazionale; le unità sanitarie locali sono articolate in distretti sanitari di base, quali strutture per l'erogazione dei servizi di primo livello e di pronto intervento.
Non è agevole individuare la natura delle unità sanitarie locali, che la legge qualifica come "strutture operative" dei comuni, singoli o associati, e delle comunità montane. Sembra, comunque, che ad esse debba riconoscersi una, sia pur limitata, soggettività, come si evince da numerosi elementi. Esse, infatti, hanno organi (l'assemblea generale, il comitato di gestione e il presidente del comitato) e personale propri; i loro atti sono soggetti al controllo dei comitati regionali di controllo di cui alla l. 10 febbraio 1953, n. 62, integrati da un esperto in materia sanitaria designato dal consiglio regionale, nelle forme stabilite per i controlli sugli atti degli enti locali; redigono propri bilanci; stipulano contratti e convenzioni; utilizzano e gestiscono i beni mobili e immobili e le attrezzature già di pertinenza degli enti mutualistici e delle gestioni sanitarie soppressi, degli enti locali e di altri enti od organismi (quale la Croce rossa italiana, per la parte non connessa direttamente alle sue originarie finalità), attribuiti ai comuni competenti per territorio con vincolo di destinazione alle unità sanitarie locali.
L'ambito territoriale di attività delle unità sanitarie locali è determinato dalla regione, sentiti i comuni interessati, in base a gruppi di popolazione di regola compresi - salvo casi particolari - tra 50.000 e 200.000 abitanti, tenuto conto delle caratteristiche geomorfologiche e socio-economiche della zona.
Le unità sanitarie locali erogano le prestazioni di prevenzione, di cura, di riabilitazione e di medicina legale.
In particolare, le unità sanitarie locali provvedono all'educazione sanitaria; all'igiene dell'ambiente, alla prevenzione individuale e collettiva delle malattie fisiche e psichiche; alla protezione sanitaria materno-infantile, all'assistenza pediatrica e alla tutela del diritto alla procreazione cosciente e responsabile; all'igiene e medicina scolastica; all'igiene e medicina del lavoro e alla prevenzione degl'infortuni sul lavoro e delle malattie professionali; alla medicina dello sport e alla tutela sanitaria delle attività sportive; all'assistenza medico-generica e infermieristica, domiciliare e ambulatoriale; all'assistenza medica specialistica e infermieristica, ambulatoriale e domiciliare, per le malattie fisiche e psichiche; all'assistenza ospedaliera per le malattie fisiche e psichiche; alla riabilitazione; all'assistenza farmaceutica e alla vigilanza sulle farmacie; all'igiene della produzione, lavorazione, distribuzione e commercio degli alimenti e delle bevande; alla profilassi e alla polizia veterinaria; agli accertamenti, alle certificazioni e alle altre prestazioni medico-legali.
Grande rilievo è attribuito - come si è detto - all'attività di prevenzione; al riguardo sono previste strutture particolari - quali i presidi e i servizi multizonali - per il controllo e la tutela dell'igiene ambientale e per la prevenzione degl'infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, nonché l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, di cui si è già detto, e si è conferita delega legislativa al governo per l'emanazione di norme in materia di igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro e di vita.
Per quanto attiene alle prestazioni di cura, ai cittadini è assicurato il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura nei limiti oggettivi dell'organizzazione dei servizi sanitari.
A tutti i cittadini è, poi, fornito gratuitamente dalle unità sanitarie locali un libretto sanitario personale, che riporta i principali dati caratteristici della salute dell'assistito.
Le prestazioni di riabilitazione sono dirette al recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali, dipendenti da qualsiasi causa.
Le unità sanitarie locali erogano altresì l'assistenza farmaceutica mediante la fornitura di preparati galenici e di specialità medicinali compresi nel prontuario terapeutico del servizio sanitario nazionale, che è approvato (e aggiornato annualmente) dal ministro della Sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, previa proposta di un apposito comitato.
La disciplina dei farmaci, per quanto attiene, in particolare, all'autorizzazione alla produzione e all'immissione in commercio, ai prezzi, alla sperimentazione, alla brevettabilità, all'informazione scientifica e alla revisione e pubblicazione della farmacopea ufficiale della Repubblica, è demandata a una successiva legge statale.
La legge di riforma sanitaria detta, altresì, una disciplina transitoria per la regolamentazione dei rapporti tra le Regioni, da un lato, e le cliniche universitarie (fino alla riforma dell'ordinamento universitario e della facoltà di medicina), nonché gl'istituti di ricovero e di cura a carattere scientifico (per il cui assetto definitivo è conferita delega legislativa al governo), dall'altro; è prevista altresì la possibilità per le Regioni di stipulare convenzioni con enti di ricerca.
Salvo la vigilanza tecnico-sanitaria spettante alle unità sanitarie locali competenti per territorio, nulla è innovato per quanto attiene alla disciplina degl'istituti ed enti ecclesiastici che esercitano l'assistenza ospedaliera e dell'ospedale Galliera di Genova, con i quali le unità sanitarie locali possono stipulare apposite convenzioni; queste sono previste anche con istituzioni sanitarie di carattere privato, la cui disciplina, per quanto attiene all'autorizzazione e alla vigilanza, è attribuita alle Regioni.
Come si è accennato, la legge di riforma sanitaria - pur rappresentando un notevole sforzo per organizzare e armonizzare tutto il mondo della salute, finora ripartito tra innumerevoli organismi, con conseguenti, inevitabili inconvenienti - ha omesso di disciplinare direttamente numerose materie, demandandone la regolamentazione a futuri provvedimenti legislativi.
In aggiunta alle materie già menzionate nel corso dell'esposizione, possono ricordarsi la previsione della legge per il riordinamento del ministero della Sanità e di quella per il nuovo ordinamento dell'Ordine mauriziano; le deleghe per la ristrutturazione degli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera e degli uffici veterinari di confine, di porto e di aeroporto; per la disciplina dell'assistenza sanitaria agl'italiani all'estero, ai cittadini del comune di Campione d'Italia e al personale navigante; per il riordinamento dell'Associazione della Croce rossa italiana; per la disciplina dello stato giuridico ed economico del personale delle unità sanitarie locali; l'autorizzazione per l'emanazione di un testo unico delle norme in materia di profilassi internazionale e di malattie infettive e diffusive.
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L'ospedale.
La legge di riforma ospedaliera 12 febbr. 1968, n. 132, e i tre decreti delegati 29 marzo 1969, n. 128 (ordinamento degli enti ospedalieri), n. 129 (ordinamento delle cliniche universitarie) e n. 130 (stato giuridico dei dipendenti degli enti ospedalieri) hanno costituito la prima parte della riforma sanitaria. Ma il ritardo con cui questa è stata rinnovata e i tempi ancora occorrenti per la sua attuazione, hanno fatto sì che, malgrado le enunciazioni della legge circa i collegamenti con le strutture extra-ospedaliere, si è finito per privilegiare il ricovero.
Il principio caratteristico della riforma è stato quello di aver unificato le modalità di amministrazione degli ospedali pubblici, mediante la costituzione di enti ospedalieri nei quali il consiglio di amministrazione è composto da membri designati dai consigli regionali, provinciali e comunali a seconda della classificazione degli ospedali che dipendono dall'ente.
Altro principio è quello del superamento delle tre categorie precedenti basate sul numero dei posti letto e sulla suddivisione in ospedali generali regionali, provinciali e di zona, ospedali specializzati regionali e provinciali e ospedali per lungodegenti e convalescenti provinciali e di zona a seconda del numero dei servizi esistenti.
Sulla base di un nucleo minimo di servizi necessari per la classificazione di un ospedale di zona vengono stabiliti i servizi obbligatori e quelli facoltativi degli ospedali provinciali e regionali e si fissano le dotazioni di personale. S'intende far sì che il trattamento delle affezioni più comuni sia identico nel più piccolo ospedale e nel grande nosocomio, mentre quello di malattie richiedenti un impegno terapeutico o diagnostico superiore sia concentrato presso i grandi complessi ospedalieri. Altra caratteristica della legge di riforma è la previsione che il trattamento economico e la normativa d'impiego siano contrattate periodicamente, introducendo tale principio per la prima volta in un pubblico impiego. La spinta sindacale ha fatto, pertanto, registrare un notevole incremento della spesa ospedaliera, essendo oltre a tutto il meccanismo di gestione amministrativa basato, fino al 10 gennaio 1975, sulla retta di degenza calcolata in maniera analoga a quella del vecchio sistema e, quindi, senza precise stimolazioni all'applicazione di criteri efficientistici.
Per quanto riguarda il personale, è stato fissato il principio del superamento di un esame scritto d'idoneità su base nazionale (per primari) o regionale (per aiuti e assistenti) per poter partecipare ai concorsi di assunzione, dando peso rilevante nei medesimi ai titoli di servizio rispetto a quelli scientifico-didattici.
Con la legge n. 386 del 1974 è stata abolita la retta ospedaliera; i fondi mutualistici destinati all'assistenza ospedaliera confluiscono in un unico Fondo nazionale gestito dal ministero della Sanità ma distribuito secondo criteri proposti da un Comitato comprendente le Regioni approvate dal Comitato per la programmazione economica e stabiliti dal Consiglio dei ministri. Si bloccano gli allargamenti di organici sia negli ospedali sia negli enti mutualistici e si prevede un primo passaggio di personale dagli enti mutualistici alle Regioni.
Queste ultime, nel legiferare, hanno previsto le modalità di ripartizione della somma messa a disposizione del Fondo nazionale tali da incentivare riduzioni nella degenza e forme più attive di amministrazione.
Con legge 18 aprile 1975, n. 148, oltre a stabilirsi un'ampia sanatoria per i medici ospedalieri incaricati, si è modificato, semplificandolo, il meccanismo degli esami d'idoneità che sono aboliti per gli assistenti e sostituiti con un tirocinio pratico ospedaliero.
L'accrescimento ospedaliero è stato quantitativamente notevole nell'ultimo decennio (1968 = 9,4‰ letti abitanti, 1978 = 10,5‰ letti abitanti), ma non pochi sono stati gl'interventi non coordinati, talché a fronte di carenza di alcuni servizi (quali quelli di dialisi renale) si è avuta una moltiplicazione di attrezzature anche sofisticate che non sono utilizzabili per carenza di personale specializzato.
Negli anni Sessanta si era delineata la concezione dell'ospedale come azienda, donde la tendenza all'incremento dell'utilizzazione dei posti letto: nella l. 386 del 1974 e, soprattutto, nella riforma sanitaria prevale la tendenza a considerare l'ospedale come un servizio strettamente collegato con quelli ambulatoriali, con i distretti sanitari e con le attività di assistenza domiciliare. La realizzazione di tale impostazione sarà possibile solo se contemporaneamente saranno risolti i problemi di assistenza sociale soprattutto per gli anziani, e se nell'interno stesso dell'ospedale prevarranno sistemi di lavoro di gruppo con responsabilizzazione motivata di tutto il personale, di libera circolazione delle informazioni e di auto-valutazione critica dell'assistenza. Quest'ultimo sistema (medical audit, peer review) va prendendo piede in diversi paesi e negli SUA rappresenta condizione basilare per il convenzionamento con sistemi di sicurezza sociale.
La tendenza moderna è quella di superare, perfino nel nome, la funzione puramente curativa e alberghiera dell'ospedale per farne un centro di salute nel quale il ricovero sia uno degli elementi insieme con strutture di diagnosi, educazione e incontro con la comunità. La legge di riforma sanitaria ha portato alla scomparsa dell'autonomia giuridica dell'Ente Ospedaliero, in quanto, ai sensi dell'art. 17, gli stabilimenti ospedalieri sono strutture delle unità sanitarie locali, dotate dei requisiti minimi di cui alla l. n. 132 del 1968. La stessa legge privilegia l'organizzazione di dipartimenti che comprendano anche servizi extra-ospedalieri e, nel caso della psichiatria, impone di non superare 15 posti letto per "servizi" (e non reparti) ospedalieri e di avere un sistema unificato di gestione fra centri d'igiene mentale, case protette, comunità terapeutiche.
È probabile che alcune esigenze di selezione e di preparazione impongano la persistenza di un ruolo di medici ospedalieri, pur essendo ben chiara la tendenza a una mobilità del personale. L'accorpamento in un unico ruolo regionale di personale ospedaliero (più di 500.000 unità), dì personale mutualistico e di personale proveniente da enti locali costituisce uno dei problemi più seri stante la diversità notevole di stato giuridico e normative economiche.
Rimarranno come enti ospedalieri, o meglio come unità ospedaliere ad amministrazione autonoma, gli ospedali religiosi e alcuni ospedali regionali che diventeranno servizi multizonali o, come proposto dal Piano Sanitario 1980-82, "servizi multiregionali", anche se esiste, da parte delle Regioni, una netta tendenza a ricondurre tutto nell'alveo dell'Unità sanitaria locale.
Bibl.: C. Ripamonti, La riforma ospedaliera, in Notiziario Amministrazione Sanitaria, 1969, IV; Editoriali: Ospedali d'Italia (organo della FIARO), 1974, 7, p. 11; Ospedali d'Italia (organo della FIARO), 1974, 11, p. 35; A. Serigo, Evoluzione dell'ospedale: vecchie idee e nuovi concetti, in World Hospitals, 1973, IX, 2, p. 57; Colombini e altri, Il servizio sanitario nazionale, Milano 1979, pp. 193-200.