LEGHE (XX, p. 765; App. II, 11, p. 179)
Soluzioni solide. - La formazione di soluzioni solide, molto frequente nelle l. metalliche, si spiega col fatto che il legame interatomico nella maggior parte delle l. è assai vicino a quello del tipo metallico ideale, secondo il quale gli atomi non sono legati direttamente gli uni agli altri come nel caso dei composti chimici, ma devono la loro coesione alla loro mutua attrazione per il gas di elettroni liberi nel quale vengono a trovarsi. Nel caso dei cristalli non metallici, la natura ionica ed omopolare del legame fissa le proporzioni dei diversi atomi presenti in funzione della loro valenza, ma nelle soluzioni solide questa condizione non esiste e conseguentemente la composizione può variare entro limiti assai estesi, pur conservando il cristallo lo stesso motivo reticolare del metallo solvente: con l'aumentare del contenuto del metallo soluto si osserva solo una variazione continua delle dimensioni della cella unitaria del solvente in relazione alle dimensioni dell'atomo di soluto. Questo tipo di soluzione solida nella quale non si manifesta una modifica del reticolo del solvente si chiama primaria.
Talvolta, specie quando la concentrazione del soluto è piuttosto elevata, la struttura reticolare della soluzione solida può essere diversa da quella del solvente: in questo caso si parla di soluzioni solide secondarie. Queste vengono di solito classificate nella categoria delle fasi intermedie (v. oltre), le quali comprendono tutte le fasi la cui struttura reticolare è diversa da quella dei metalli componenti.
Le soluzioni solide primarie possono essere di due tipi e cioè: a) soluzioni solide di sostituzione, che è il caso più generale, nelle quali gli atomi del soluto sostituiscono gli atomi del solvente nel reticolo cristallino di quest'ultimo (fig. 1). b) Soluzioni solide interstiziali nelle quali gli atomi del soluto vengono a situarsi negli interstizî del reticolo del solvente (fig. 2).
Solubilità allo stato solido. - W. Hume-Rothery (e collab.) ha posto i seguenti principî generali che regolano la formazione delle soluzioni solide primarie di sostituzione e che ne determinano la composizione al limite di solubilità. Si deve considerare innanzi tutto l'influenza del cosidetto fattore dimensionale. Quando le dimensioni degli atomi del soluto (diametro definito dalla più piccola distanza fra i centri di due atomi nel reticolo cristallino) differiscono di più del 14% da quelle degli atomi del solvente il fattore dimensionale è sfavorevole: la solubilità reciproca risulta cioè piuttosto limitata. Quando invece le dimensioni dei due atomi differiscono meno del 14% si possono formare soluzioni solide per un campo di concentrazioni tanto più esteso quanto più piccola è la differenza tra i diametri dei due atomi.
Questa legge è soggetta a diverse deviazioni specialmente quando la differenza fra i diametri dei due atomi si aggira proprio intorno al valore limite del 14%. Può accadere inoltre che un atomo modifichi il suo stato elettronico quando entra in soluzione solida con un altro elemento, ed anche in tal caso si possono avere eccezioni alla regola del fattore dimensionale.
È interessante notare che quando il fattore dimensionale è sfavorevole, i ristretti limiti di solubilità tendono ad allargarsi con l'aumento della temperatura: sono perciò queste le l. nelle quali si possono manifestare fenomeni di precipitazione con la tempra di soluzione (v. trattamento termico). La tendenza alla formazione di composti intermetallici stabili o di fasi intermedie (v. oltre) restringe l'estensione dei campi di solubilità solida anche quando il fattore dimensionale è favorevole.
Generalmente parlando la tendenza a formare fasi intermedie è tanto maggiore quanto più elettronegativo è il solvente e più elettropositivo il soluto (o viceversa): gli elementi del gruppo VIB (zolfo, selenio, tellurio) formano con i metalli elettropositivi dei composti intermetallici, e perciò i campi di solubilità solida sono di regola, se non sempre, molto ristretti: la solubilità degli elementi del IV e del V gruppo negli elementi dei primi gruppi è progressivamente maggiore.
Nella quasi generalità dei casi in cui la formazione di un composto intermetallico restringe il campo di esistenza delle soluzioni solide si nota un aumento di solubilità con la temperatura: anche queste leghe sono perciò suscettibili di indurimento per riprecipitazione. In generale la solubilità reciproca di due metalli a valenza diversa è più elevata nel metallo a valenza più bassa che non in quello a valenza più alta: così per es. il rame, con un solo elettrone di valenza, può sciogliere il 14% di Si che ha 4 elettroni di valenza, mentre il silicio può sciogliere appena il 2% di rame; l'argento (monovalente) può sciogliere il 12,2% di stagno (tetravalente), mentre lo stagno scioglie appena lo 0,1 di argento.
Possiamo concludere che quando il fattore dimensionale è favorevole e la valenza dei due metalli non è molto diversa, il campo di solubilità solida sarà molto esteso: nel caso che il fattore dimensionale sia favorevole e la valenza dei due atomi sia uguale la solubilità sarà molto probabilmente estesa a tutte le concentrazioni.
La formazione di soluzioni solide continue non è però limitata agli elementi aventi la stessa valenza, ma si manifesta anche nelle leghe di due elementi di transizione (per es., Fe-Ni), oppure nelle leghe di un elemento di transizione con un altro elemento come rame, argento, oro (per es., Ni-Cu; Cu-Pt), naturalmente sempre che sia favorevole il fattore dimensionale.
Estendendo ora le considerazioni sulla influenza della valenza sulla solubilità si è giunti ad una interessante conclusione e cioè che, risultando favorevoli gli altri fattori finora discussi (fattore dimensionale e tendenza alla formazione di fasi intermedie), il limite di concentrazione di una soluzione solida di un elemento di valenza più alta in uno di valenza più bassa, viene raggiunto quando la concentrazione elettronica è aumentata da 1,00 nel reticolo del solvente, a 1,40 per effetto dell'aggiunta di atomi aventi una valenza più elevata.
Per concentrazione elettronica si deve intendere il rapporto fra il numero complessivo degli elettroni e quello degli atomi: se una lega contiene x atomi % di un soluto di valenza v, sciolti in (100-x) % atomi di un solvente di valenza V, la concentrazione elettronica è:
Questa regola permette in moltissimi casi di prevedere i limiti di solubilità solida: così per es. nel caso di soluzioni solide di elementi bivalenti (per es., zinco e cadmio) in elementi monovalenti (per es. rame ed argento) la massima concentrazione della soluzione solida è di circa 40 atomi % di zinco, ciò che corrisponde ad una concentrazione elettronica di 1,40; nel caso della lega Cu-Cd si hanno notevoli deviazioni da questa regola perché il fattore dimensionale è sfavorevole. Similmente nel caso di elementi trivalenti la massima concentrazione atomica delle soluzioni solide in elementi monovalenti è di circa il 20% (concentrazione elettronica 1,4%), mentre nel caso di elementi tetravalenti (per es., Si, Ge, Sn) negli elementi monovalenti è di circa 13% atomi (concentrazione elettronica 1,39%).
La concentrazione elettronica delle soluzioni solide varia con la temperatura: da ciò l'aumento o la diminuzione di solubilità col variare della temperatura.
Ordine e disordine. - Nelle soluzioni solide di sostituzione la distribuzione degli atomi del soluto e del solvente può essere "ordinata" o "disordinata" (fig. 3). La soluzione solida ordinata viene anche chiamata superstruttura ed il suo reticolo viene indicato col nome di superreticolo.
Le condizioni di formazione dei superreticoli sono molto strette: innanzitutto è evidente che una soluzione ordinata e perfetta non può manifestarsi se non quando sussista un rapporto molto semplice fra i varî atomi presenti, ciò che è richiesto dalla loro distribuzione alternata nella struttura. I superreticoli si osservano infatti solo nei rapporti 1 : 1, o 1 : 3 (per es. Cu-Au; Cu3-Au): i sistemi che danno luogo a superreticoli per questi rapporti presentano evidentemente un ordine parziale o imperfetto per composizioni che differiscono anche molto lievemente da questi rapporti esatti.
Ma anche quando sussiste un rapporto atomico esatto l'ordine può essere imperfetto: il grado di ordine viene indicato con un fattore probabilistico S, detto parametro di "ordine a lunga distanza", il quale ha valore 1 quando tutti gli atomi si trovano nella posizione corretta per un ordine perfetto, e valore 0 quando la distribuzione è statisticamente disordinata, cioè quando la metà degli atomi di ciascuno dei due elementi si trova nei posti che dovrebbe occupare in una distribuzione ordinata e l'altra metà in posti differenti o irregolari. Anche in quest'ultimo caso (cioè quando S = 0) si può manifestare per un atomo di soluto la tendenza ad avere come vicino un atomo del solvente, per cui anche quando l'ordine a lunga distanza è distrutto (per es. ad alte temperature) alcuni atomi hanno una distribuzione diversa da quella di uno stato completamente disordinato; questa condizione viene denominata "ordine a corta distanza": il grado o di ordine a corta distanza può essere definito in base alla differenza fra la probabilità P che una coppia di atomi nella cella elementare sia costituita da atomi differenti e la probabilità 1-P che i due atomi siano eguali: σ = P − (i − P) = 2P − 1.
Per ordine completo (P = 1), σ = 1, per disordine completo (P = 0,5), σ = 0. Nel caso di P 〈 0,5, cioè quando la probabilità 1-P che due atomi eguali siano vicini è superiore a 0,5, σ risulta negativa: il grado di ordine a corta distanza negativo significa addirittura la formazione di due fasi distinte costituite dai due metalli elementari.
La distribuzione ordinata o disordinata od il raggruppamento di atomi eguali in fasi distinte è in relazione alla preferenza energetica di un atomo del solvente ad avere come vicino un atomo del soluto o un atomo della stessa specie. Si può dire che è raro, se non impossibile, che un reticolo di soluzione solida sia completamente, statisticamente disordinato.
La tendenza verso l'ordine è il risultato di una energia più bassa per la distribuzione ordinata che non per quella disordinata. Questo può essere dovuto ad una diminuzione dell'energia di interazione elastica, o può essere connesso alle energie degli elettroni: d'altra parte uno stato ordinato possiede una entropia minore che non uno stato disordinato.
La distribuzione avente la minima energia libera può essere perciò ordinata o disordinata con la tendenza al disordine alle più alte temperature a causa del contributo crescente del fattore entropico nella energia libera con il crescere della temperatura.
Teoricamente è perciò possibile determinare se la più bassa energia libera a una certa temperatura corrisponde allo stato ordinato o disordinato, e si potrebbe così concludere che la lega è completamente ordinata al di sotto di una certa temperatura e completamente disordinata al di sopra di quella temperatura.
Questa conclusione non sembra però corretta poiché sia la energia interna sia l'entropia dipendono secondo relazioni assai complesse dal grado di ordine a lunga e a corta distanza. Queste considerazioni permettono di concludere che la trasformazione ordine-disordine non avviene in modo netto, ma si manifesta in modo continuo in un certo intervallo di temperatura.
Le formazioni ordinate super-reticolari sono talvolta accompagnate da notevoli variazioni di alcune proprietà finali come il calore specifico e la resistività elettrica: nel diagramma della fig. 4 è mostrato l'andamento della resistività elettrica delle leghe Cu-Au in funzione della composizione sia nello stato ordinato (curva tratteggiata) sia nello stato disordinato (curva continua). Il processo di trasformazione ordine-disordine può essere seguito nei due sensi, per mezzo dell'esame röntgenografico, poiché i superreticoli danno effetti di diffrazione in aggiunta a quelli caratteristici del reticolo disordinato. La intensità delle linee di diffrazione dovute al super-reticolo diminuisce progressivamente con l'aumentare dello stato disordinato per sparire completamente non appena si è raggiunto il completo disordine.
Le fasi intermedie. - Uno sviluppo notevole ha ricevuto in questi ultimi anni lo studio dei composti intermetallici o fasi intermedie: in alcuni sistemi di l. (v., per es., vol. XX, fig. 20 e 21, p. 768) si possono individuare alcune fasi alle quali possono essere attribuite proprietà, in certo modo, analoghe a quelle dei metalli puri: queste fasi indicate col nome di composti intermetallici o fasi intermedie possono infatti formare coi metalli puri componenti eutettici, reazioni peritettiche, soluzioni solide ecc. Questi costituenti intermedî si indicano molto spesso con formule simili a quelle dei composti chimici di valenza (per es. CuZn, Cu5Sn, Ag5Al3 ecc.): tuttavia come vedremo in seguito le formule chimiche delle quali ci si serve, per semplicità di notazione, per designare i costituenti intermedî non hanno, almeno nelle maggior parte dei casi, il significato stechiometrico che sussiste per i composti chimici di valenza.
Alcuni composti intermetallici hanno proprietà simili alle soluzioni solide primarie (p. es. CuZn, AuZn, AgCd, Cu3Al): formano reticoli cubici che si accrescono per dendriti come metalli puri, e possono sciogliere in soluzione solida quantità apprezzabili di metalli puri. Altri composti come CuAl2, Fe3W2, FeAl3 sono molto duri e fragili, formano strutture reticolari complesse e non disciolgono i metalli puri componenti.
Altri infine, e non sono tecnicamente meno importanti, sono caratterizzati dal fatto che uno dei componenti non è un metallo (carburi, nitruri, arseniuri, ecc.), e sono di regola molto duri e fragili. Tra questi tipi fondamentali si hanno molte fasi intermedie che manifestano varie combinazioni delle caratteristiche sopraccennate.
Un tentativo di classifica delle fasi intermedie può essere il seguente: composti elettronici o fasi di Hume-Rothery, composti di valenza, composti basati sui valori dei diametri atomici relativi.
Il primo tipo è forse il più importante per lo studio delle leghe metalliche: le ricerche di A. Westgren e G. Phragmén sviluppate da W. Hume-Rothery hanno mostrato la grande importanza del rapporto fra il numero degli elettroni di valenza ed il numero di atomi costituenti, quale fattore che determina la struttura reticolare nella fase formata: infatti qualunque sia la natura ed il numero di atomi, la struttura reticolare della fase di Hume-Rothery è determinata dal rapporto numero di elettroni di valenza/numero di atomi, secondo il seguente specchietto:
È necessario ammettere, per una validità più generale di questa legge, che i metalli di transizione (Fe, Co, Ni, ecc.) non apportino un contributo elettronico ed abbiano cioè valenza 0.
La fase β cubico corpo-centrato del sistema Cu-Zn è un esempio del tipo di fase intermedia che deve la sua stabilità ad una struttura cristallina che consente agli elettroni di situarsi in stati energeteci relativamente bassi.
Il rame è un elemento nel quale ogni atomo contribuisce con un elettrone alla popolazione di elettroni che prendono parte al processo di legame; tuttavia se il numero di elettroni viene aumentato per sostituzione con un elemento di valenza più alta, ad es. Zn (2), Al (3), Sn (4), il numero medio di elettroni per atomo aumenta. Quando si raggiunge un valore di 1,4 elettroni per atomo, il reticolo cubico facce-centrato non può più accomodare altri elettroni senza considerevole aumento di energia, mentre la struttura cubico corpo-centrato ha una energia più bassa se contiene 1,5 elettroni per atomo: ciò è una conseguenza del fatto che la curva della densità degli stati di energia per il reticolo cubico corpo-centrato è, in questa regione, più alta di quella relativa al reticolo cubico facce-centrato (v. anche solidi, fisica dei). Da queste considerazioni sembrerebbe implicito l'assunto che gli atomi di zinco e di rame differiscono solo nel numero degli elettroni di valenza, ciò che non è, evidentemente, corretto: tuttavia, come risulta dalla tabella, molte leghe binarie manifestano la comparsa di fasi intermedie a composizioni molto vicine a quella corrispondente a 1,5 elettroni per atomo. Molte di queste fasi hanno reticolo cubico corpo-centrato ed hanno carattere metallico, il che dimostrerebbe che gli elettroni di valenza non sono associati con atomi individuali.
Fasi analoghe si riscontrano per concentrazioni corrispondenti a 21 elettroni per 13 atomi e 7 elettroni per 4 atomi.
Le fasi di Hume-Rothery o fasi elettroniche non dipendono per la loro stabilità da una particolare distribuzione ordinata degli atomi nel reticolo, per quanto alle temperature sufficientemente basse i reticoli possono risultare ordinati: da questo punto di vista le fasi di Hume-Rothery si comportano come soluzioni solide e non hanno le caratteristiche dei composti chimici.
Esse possono esistere in campi di composizione molto vasti i quali in molti casi non si limitano al puro e semplice rapporto elettroni: atomi.
Il diagramma di fase del sistema Cu-Zn mostra tutte e tre le fasi di Hume-Rothery: la fase β di composizione corrispondente all'incirca a CuZn (3 : 2), la fase γ a circa Cu5Zn8(21 : 13) e la fase δ a circa CuZn3(7 : 4).
Si conoscono anche fasi intermedie in sistemi ternarî a concentrazioni corrispondenti ai rapporti elettroni: atomi sopra ricordati. Quando una fase intermedia del tipo sopra considerato forma una soluzione solida con uno dei metalli componenti, alcuni atomi di uno dei metalli sostituiscono l'altro nel reticolo della fase intermedia: così nel reticolo della fase Cu5Zn8 alcuni atomi di zinco possono essere sostituiti da atomi di rame dando luogo ad una fase che può essere considerata come una soluzione solida di rame nella fase Cu5Zn8. Altro tipo di fasi intermedie è rappresentato dai composti di valenza in cui gli atomi dei metalli componenti sono riuniti in rapporti corrispondenti alle rispettive valenze: si tratta di veri e proprî composti ionici che si formano fra metalli decisamente elettropositivi (per es. Mg) ed elementi del 4°, 5° e 6° gruppo che hanno un carattere elettronegativo; esempî di questi composti sono: Mg2Si-Mg2Sn-Mg3As2 ed MgSe: questi composti hanno caratteristiche che si allontanano più o meno sensibilmente da quelle dello stato metallico.
Un altro tipo è costituito dai composti covalenti: esistono infatti numerose fasi intermedie nelle quali il legame fra i varî atomi del reticolo è di tipo covalente, con quattro elettroni per atomo: la struttura della blenda (ZnS) cubica, e quella della wurtzite, esagonale, soddisfano alla condizione secondo la quale un atomo ha quattro atomi vicini di altra specie, ripartendo con essi otto elettroni complessivi di valenza per ogni due atomi.
La struttura della blenda è simile a quella del reticolo cubico tipo diamante manifestata dal carbonio, dal germanio e dal silicio.
Alcune fasi intermedie di questo tipo sono riportate nella tabella che segue:
Alcune fasi intermedie di questo tipo si comportano come semiconduttori, come si può del resto dedurre dalle analogie di struttura col germanio e col silicio.
Un gruppo molto importante di composti intermetallici è costituito dal tipo reticolare dell'arseniuro di nichel: essi formano un anello di congiunzione fra i tipi essenzialmente non metallici (ionici o covalenti) ed i tipi decisamente metallici (fasi di Hume-Rothery). L'arseniuro di nichel ha reticolo esagonale: la struttura deriva da un reticolo esagonale compatto di atomi dell'anione, nel quale reticolo si trovano gli atomi del catione situati in piani interstiziali: il numero degli atomi del catione dovrebbe essere identico a quello dell'anione, tuttavia sussiste la possibilità di accomodare extra cationi, sempre in posizione interstiziale, mentre possono risultare vacanti alcuni posti cationici, per cui gli atomi dei due componenti possono essere in numero diverso. In questo tipo di struttura l'anione è un metalloide ed il catione è un metallo di transizione: a seconda della predominanza eventuale di cationi o di anioni il legame può essere di tipo metallico o di tipo ionico.
Una classe importante di fasi intermedie è costituita dai composti interstiziali: essi si formano quando un atomo di piccole dimensioni forma un composto con uno più grande, e la struttura sembra derivata dal reticolo cubico facce-centrato o da quello corpo-centrato aventi subìto la necessaria distorsione per permettere l'inserimento degli atomi più piccoli in posizioni interstiziali. Proprietà caratteristiche di queste fasi intermedie sono la loro alta stabilità e il loro carattere non metallico. Gli elementi che più frequentemente formano fasi interstiziali con elementi metallici sono: il carbonio, il boro, l'azoto, l'idrogeno. Le fasi interstiziali si possono formare solo quando il diametro dell'atomo più piccolo è almeno inferiore a 2/3 dell'atomo metallico.
Ricordiamo infine le fasi di Laves, che corrispondono alla formula AB2: la struttura di queste fasi è determinata dal rapporto dei diametri nel senso che la loro formazione è favorita dal rapporto fra i diametri atomici dei due componenti A : B = 1,225 circa. Queste fasi hanno struttura cubica facce centrate (es.
ecc.), oppure esagonale compatta (per es. KNa2 − MgZn2 − CuMg2 ecc.), strutture che corrispondono al massimo addensamento possibile degli atomi nello spazio. Le fasi di Laves hanno carattere metallico e non sembrano connesse con il carattere elettronegativo o elettropositivo degli atomi.
Considerazioni termodinamiche. - Una spiegazione almeno qualitativa circa l'esistenza e la forma delle regioni polifasiche in un sistema può essere data in termini termodinamici. Previsioni quantitative non possono farsi poiché non è possibile, allo stato attuale delle conoscenze, calcolare con esattezza le energie libere e le entropie delle varie fasi.
Consideriamo due metalli A e B e cerchiamo di determinare le energie libere di tutte le possibili fasi contenenti A e B. Innanzi tutto la solubilità allo stato liquido di componenti simili si riscontra entro un grande intervallo o addirittura per tutte le composizioni (caso dei metalli) poiché essendo simili le forze di interazione fra gli atomi di un componente e quelli dell'altro, sono dello stesso ordine di grandezza delle forze che si esercitano tra gli atomi di un componente solo, cosicché l'energia interna della soluzione è almeno altrettanto bassa quanto quella dei due componenti. Inoltre la soluzione aumenta il disordine molecolare rispetto al liquido del componente singolo, e cioè l'entropia totale sarà maggiore di quella dei componenti: pertanto l'energia libera della soluzione sarà minore (F = U − TS) e quest'ultima sarà la fase stabile. Se però gli atomi dei due componenti non possono avvicinarsi molto fra di loro, oppure non esercitano forze di attrazione reciproca, la energia interna U della soluzione può essere maggiore di quella dei liquidi puri e talmente grande da superare l'entropia di miscela: in tal caso lo stato stabile sarà rappresentato da due liquidi separati (lacuna di miscibilità) oppure da liquido e solido a seconda della temperatura. Nel caso quindi di atomi molto diversi fra loro la situazione stabile sarà costituita da un insieme di due fasi separate o che, tutt'al più, formino una emulsione.
Queste considerazioni si possono fare anche per le fasi allo stato solido: graficamente questi concetti si possono rappresentare con diagrammi del tipo di quello tracciato nella fig. 5: nell'ordinata di sinistra è indicata con Fa l'energia libera del componente A e su quella di destra l'energia libera Fb del componente B: una "miscela" fisica dei due componenti avrebbe per ogni composizione l'energia libera indicata nel diagramma dalla tratteggiata Fa S-107??? Fb che rappresenta la media ponderale di quella delle due fasi pure.
Se invece si manifesta solubilità, l'energia libera delle soluzioni sarà più bassa per tutte le composizioni; la sua variazione con la composizione è rappresentata schematicamente dalla curva ad U a tratto pieno Fa S-107??? Fb: curve simili a questa si hanno per tutte le soluzioni liquide o solide omogenee come pure per ognuna delle diverse fasi che si separano.
Per ogni temperatura si può così tracciare un diagramma energetico per le varie fasi possibili del sistema: questi diagrammi ad U per le varie temperature consentono di determinare quale sarà la fase stabile (che è quella che presenta il minimo di energia libera), o le fasi stabili in equilibrio alle singole temperature.
Esaminando ad esempio un diagramma di stato con le due soluzioni solide di A in B e di B in A e con un eutettico di composizione C (fig. 6), alla temperatura T1, cioè allo stato completamente liquido, la curva (L) ad U della energia libera per la fase liquida è situata completamente al di sotto delle curve ad U della energia libera delle due soluzioni solide α e β: lo stato stabile sarà perciò il liquido.
Alla temperatura T2 la curva Sα sì è notevolmente abbassata ed interseca la curva L: la tangente comune alle due curve individua sull'asse delle ascisse le due composizioni C1e C2; nel campo di composizione al di sotto di C1 sarà stabile la soluzione solida α, nel campo di concentrazioni al di sopra di C2 sarà stabile il liquido l, mentre nel campo di concentrazione compreso fra C1 e C2 saranno in equilibrio termodinamico le due fasi α e l. La quantità relativa delle due fasi in equilibrio alla temperatura T2 fra le composizioni C1 e C2 si ricava con la nota regola della leva considerando 100% la lunghezza del segmento di tangente fra i punti di tangenza.
Alla temperatura T3 anche la curva Sβ della fase β interseca la curva della energia libera del liquido, per cui con un ragionamento analogo a quello fatto per la temperatura T2 si deduce che a T3 sono in equilibrio
Alla temperatura Te (eutettica) le tre curve Sα, Sβ, L presentano una tangente comune ed i costituenti in equilibrio a seconda delle composizioni sono
Anche in questo caso le quantità relative delle varie fasi in equilibrio in funzione della composizione della lega si possono ricavare con la regola della leva.
A temperatura T4 la curva l dell'energia libera del liquido è spostata decisamente in alto ed il liquido non sarà più stabile termodinamicamente: la lega sarà costituita dalle due fasi α e β le cui quantità relative si calcolano dalla tangente comune con la regola della leva.
La variazione della solubilità allo stato solido è rappresentata schematicamente da uno spostamento reciproco delle curve (e dei loro minimi) dell'energia libera delle singole fasi col variare della temperatura.
Considerazioni analoghe possono farsi per le fasi intermedie le cui curve ad U dell'energia libera possono avere forma più o meno acuta a seconda del tipo di fase e delle rispettive energie di legame. Come si è detto in principio queste considerazioni possono essere utilizzate solo per una valutazione qualitativa dei fenomeni: una costruzione dei diagrammi di equilibrio basata sullo studio delle curve di energia libera alle diverse temperature delle varie fasi possibili in un sistema è resa difficile dalla complessità della rilevazione delle curve della energia libera in base ai dati termodinamici attualmente esistenti.
Bibl.: A. H. Cottrell, Theoretical structural metallurgy, Londra 1948; C. S. Barret, Structure of metals, New York 1952; L. S. Darken, R. W. Gurry, Physical chemistry of metals, ivi 1953; W. Hume-Rothery, G. V. Raynor, The structure of metals and alloys, Londra 1954; F. N. Rhines, Phase diagrams in metallurgy, New York 1956; B. Chalmers, Physical metallurgy, ivi 1959.