Leggi di scala
Le leggi di scala riguardano il comportamento di una struttura in funzione della scala da cui la si guarda. Per i sistemi regolari, sia matematici sia fisici e naturali, il sistema a grande scala è, in genere, molto diverso da quello a piccola scala. Per esempio, la Terra è un punto rispetto alla scala galattica, poi se ci si avvicina appare come una sfera, dopo ancora come una superficie quasi piana, in seguito appaiono i rilievi montuosi e le coste, poi le città, e così via. Le strutture matematiche usuali sono, in genere, molto più semplici e perdono struttura alle scale molto piccole. Per esempio, una sfera può essere approssimata dal suo piano tangente. Questa perdita di struttura è estremamente importante dal punto di vista matematico, perché corrisponde alla proprietà di regolarità o analiticità che è alla base di gran parte dei metodi matematici tradizionali, come la possibilità di formulare un problema in termini di equazioni differenziali. Il concetto di derivata implica infatti la regolarità a piccola scala. Le leggi di scala acquistano particolare importanza nei sistemi con proprietà di invarianza rispetto al cambio della scala. Questa è una caratteristica di molti dei sistemi complessi su cui si è focalizzata l'attenzione negli ultimi anni, sia in fisica sia in altre discipline.
A partire dalla struttura stessa dell'Universo a grande scala, passando per le complesse forme delle strutture biologiche, fino alle interazioni elementari tra i costituenti fondamentali della materia, tutti questi sistemi mostrano delle ben definite leggi di scala. Queste leggi caratterizzano il cambiamento del sistema sotto l'effetto di una trasformazione della scala delle lunghezze, e rappresentano un elemento essenziale per la comprensione della complessità del sistema. L'approccio tradizionale della fisica è quello di considerare i sistemi più semplici e di studiarli in grande dettaglio. Questo approccio riduzionistico si focalizza sui mattoni elementari che costituiscono la materia, si applica a un gran numero di situazioni e implica necessariamente l'esistenza di scale caratteristiche: la dimensione di un atomo, di una molecola o di un oggetto macroscopico. Esistono però molti casi in cui la situazione è completamente diversa, nei quali la conoscenza dei singoli elementi non è sufficiente a caratterizzare la struttura nel suo insieme. Infatti, quando moltissimi elementi interagiscono tra loro in modo non lineare, possono dar luogo a strutture complesse, le cui proprietà non possono essere ricondotte a quelle dei singoli costituenti. In questi casi possiamo pensare a una sorta di architettura della materia e della Natura, che pur dipendendo in qualche modo dalle proprietà dei singoli elementi, possiede caratteristiche e leggi fondamentali che non possono essere ricollegate a quelle dei singoli costituenti. Una di queste proprietà fondamentali è rappresentata appunto dalle leggi di scala.
Per un sistema con una scala caratteristica, come un atomo, le leggi di scala non sono particolarmente interessanti. Infatti, se consideriamo una scala di lunghezze dell'ordine di quella dell'atomo stesso, potremo definire in modo adeguato tutte le sue proprietà: il nucleo centrale e la distribuzione degli elettroni intorno a esso. Se però consideriamo una scala molto più grande, l'atomo diventa a tutti gli effetti puntiforme e non mostra proprietà particolarmente interessanti. Questa situazione cambia completamente se prendiamo in esame una struttura molto familiare, ma abbastanza complessa, come quella di un albero. In questo caso possiamo partire dagli atomi che formano molecole, che poi formano le cellule, le fibre, quindi le più piccole foglie e i rami, i quali sono man mano più grandi e mostrano ramificazioni sia a piccole sia a grandi scale. Infine, arriviamo all'intero albero che, per scale molto più grandi, può essere considerato anch'esso puntiforme. Esiste però un'ampia varietà di scale in cui le proprietà sono abbastanza simili, per esempio la biforcazione dei rami avviene sia per i rami piccoli sia per quelli più grandi. In questa regione di scale, diciamo dalle fibre al tronco, possiamo definire un'approssimativa invarianza di scala con le sue proprietà caratteristiche. Questa proprietà naturalmente si estende da una scala minima, quella delle fibre, a una massima, quella del tronco o dell'albero stesso. Queste proprietà di scala sono essenziali per la comprensione delle complessità della struttura e della sua funzionalità, e costituiscono una delle caratterizzazioni fondamentali delle strutture complesse. Naturalmente le strutture frattali rappresentano un perfetto esempio di invarianza di scala, ma solo per quanto concerne la dimensione metrica o di Hausdorff. In realtà si possono identificare leggi di scala anche per proprietà diverse e più generali. Gli esempi di questo tipo di strutture sono molto familiari, come dimostrano, per esempio, la struttura dei polmoni o delle arterie. Quindi è facile rendersi conto che esistono ben definite leggi di scala non solo in molti campi della fisica, ma anche in discipline diverse come la sismologia, la meteorologia, l'economia. In generale, possiamo trovare queste proprietà in tutti quei sistemi costituiti da un gran numero di elementi che interagiscono in modo non lineare e questo può spiegare l'intrinseca generalità di questa proprietà, che ha cambiato il nostro modo di vedere sia i fenomeni naturali sia quelli sociali.
Nella fig. 2 riportiamo un esempio che riguarda l'economia: si tratta del valore del cambio yen-dollaro americano in funzione del tempo. Le varie figure corrispondono all'ingrandimento di un dettaglio della figura precedente e si passa dalla scala di un decennio a quella dei secondi. Risulta abbastanza evidente che i primi quattro ingrandimenti danno luogo a comportamenti abbastanza simili rispetto al cambio della scala, mentre negli ultimi due si osserva un cambio delle proprietà. Queste impressioni visive possono poi essere confermate da un'opportuna analisi statistica. In questo caso si può dire quindi che da un decennio a un giorno si ha un comportamento autosimile, quindi con caratteristiche dinamiche indipendenti dalla scala. Per tempi più corti, invece, intervengono elementi diversi, non compatibili con l'invarianza di scala. Le implicazioni e conseguenze di queste proprietà rappresentano un campo attuale di ricerca interdisciplinare tra fisica, statistica ed economia.
La maggior parte della fisica teorica tradizionale si basa su funzioni regolari e su equazioni differenziali. Ciò implica una focalizzazione su strutture essenzialmente regolari, in cui le eventuali irregolarità sono trattate come fluttuazioni o singolarità isolate. Lo studio dei fenomeni critici e lo sviluppo della teoria del gruppo di rinormalizzazione negli anni Settanta del secolo scorso hanno notevolmente ampliato il nostro quadro concettuale. Finalmente, si possono descrivere e comprendere fenomeni nei quali irregolarità intrinseche e autosimili si sviluppano su qualsiasi scala, e in cui le fluttuazioni non possono essere formulate in termini di espressioni analitiche (fig. 2). Il motivo per cui i metodi teorici adatti a descrivere queste situazioni non possono basarsi sulle normali equazioni differenziali consiste nel fatto che l'autosimilarità comporta l'assenza di analiticità, che è invece essenziale per i metodi usuali. In un certo senso, il gruppo di rinormalizzazione corrisponde alla ricerca di un nuovo spazio, in cui il problema diventi di nuovo analitico. Questo non è più lo spazio ordinario, ma è lo spazio delle trasformazioni di scala, in cui le fluttuazioni vengono in qualche senso regolarizzate. Per un certo periodo di tempo queste situazioni peculiari sembravano circoscritte al punto critico, che caratterizza la competizione tra ordine e disordine nelle transizioni di fase. Negli ultimi anni si è chiarito invece che una grande varietà di strutture presenti in natura sono intrinsecamente irregolari e autosimili.
La geometria frattale rappresenta un esempio di strutture con invarianza di scala. Per un frattale, volume e lunghezza sono connessi da un esponente non intero. Questa relazione corrisponde a una legge di scala rispetto alle proprietà metriche della struttura, da cui deriva il concetto di dimensione frazionaria. È possibile però identificare proprietà di invarianza di scala anche rispetto a proprietà che sono diverse da quelle metriche. In questo senso l'invarianza di scala comprende le strutture frattali, ma anche altre situazioni. Questa proprietà ha importanti conseguenze concettuali e pratiche sulla natura delle fluttuazioni che sono intrinseche a ogni scala. Un'importante conseguenza è l'assenza di una scala caratteristica, a parte quelle minima e massima nell'ambito delle quali si sviluppa la proprietà di autosomiglianza. Matematicamente si può pensare a un processo limite, in cui la scala minima tende a zero o la massima a infinito. Nelle analisi di situazioni reali si può ragionevolmente parlare di proprietà di invarianza di scala, se queste sono definite su almeno una decade.
L'invarianza di scala comporta caratteristiche di intrinseca irregolarità che non possono essere descritte con i metodi matematici tradizionali. Infatti, abbiamo visto che una struttura frattale viene caratterizzata in modo naturale da una legge di potenza con esponente non intero; dal punto di vista matematico, questo comportamento è appunto non analitico. Vediamo ora in modo più generale la relazione tra invarianza di scala e non analiticità. Consideriamo la funzione di correlazione che descrive la densità condizionale
[1] Γ(r) = 〈n(r0)n(r0 + r)〉 .
La funzione n(r) vale uno, se il punto r appartiene alla struttura, altrimenti vale zero. La funzione di correlazione Γ(r) ci fornisce la probabilità condizionale che, dato un punto appartenente alla struttura (r0), ci sia un altro punto della struttura a distanza r da questo. La media si riferisce a tutti i punti della struttura considerati come origine. Da un punto di vista matematico l'invarianza per trasformazioni di scala implica che, cambiando la scala della variabile da r a r′=br, la funzione Γ(r′) sia identica a Γ(r), a meno di un fattore costante A(b) indipendente dalla variabile r:
[2] Γ(r′= br) = A(b)∙Γ(r) .
Questa relazione funzionale è soddisfatta con qualunque esponente intero o non intero. Infatti, assumendo Γ(r)=rα avremo Γ(r′)=(r∙b)α=bαΓ(r). Vediamo allora che le leggi di potenza costituiscono la naturale struttura matematica corrispondente alla proprietà di invarianza di scala. La funzione di correlazione Γ(r)=rα può essere messa in relazione al volume generalizzato N(L). Per un frattale di dimensione D definito in uno spazio euclideo di dimensione d si ottiene α=−(d−D). La differenza (d−D) è detta codimensione ed è sempre positiva per un insieme frattale, dato che d si riferisce allo spazio euclideo nel quale il frattale è definito. Vediamo quindi che la densità condizionale decade con la distanza, senza che sia possibile definire una densità media per tale sistema. Questo decadimento della densità condizionale vale a partire da un qualunque punto del sistema e rappresenta un'implicazione sottile e non intutiva delle proprietà di invarianza di scala.
Un esempio di legge di scala particolarmente rilevante è quello rappresentato dal problema del cammino aleatorio (random walk) che nel limite del continuo è anche descritto come moto browniano. Questo problema si presenta nei campi più svariati, data la sua struttura matematica estremamente semplice e generale. Immaginiamo di muoverci su una linea e di fare un passo avanti o indietro a seconda dell'esito del lancio di una moneta. Il processo che ne consegue è stocastico, nel senso che l'evento è legato a una probabilità del 50% di andare in avanti o indietro. Ogni passo è indipendente da tutti i precedenti e la lunghezza del passo e la legge con cui la probabilità è definita rimangono identici nel tempo. Un'altra realizzazione dello stesso processo è data dalla sequenza di vincite o perdite se si gioca a testa o croce, puntando ogni volta la stessa cifra, ripetendo l'operazione più volte.
La questione matematica che caratterizza questo problema è costituita dalla ricerca della distribuzione di probabilità per il punto di arrivo dopo N passi. Un esempio di possibili traiettorie nello spazio-tempo è nella fig. 3. Nelle ascisse è riportato il tempo, dato dalla sequenza discreta delle operazioni, mentre nelle ordinate è riportato il punto di arrivo o, nel caso dei giocatori, quanto si è vinto o perso dopo un certo tempo. Come si può osservare dalla stessa figura, la media delle varie traiettorie è abbastanza simmetrica intorno allo zero. Questo perché il problema è definito in modo simmetrico, cioè la probabilità per i due eventi (avanti o indietro) è la stessa. Questa simmetria vale però se si considera la media di tutte le traiettorie. Al contrario, considerando una singola traiettoria, risulta evidente che questa tende a discostarsi dal valore zero all'aumentare del numero dei passi.
La legge che lega questo scostamento medio al numero di passi è appunto la legge di scala, che caratterizza questo processo. Dal punto di vista matematico, il problema può essere posto in termini della legge di distribuzione W(X) per il valore finale X della somma di variabili aleatorie xi, in cui l'indice i=1,2,…,N caratterizza i vari passi. Per una data realizzazione del processo abbiamo semplicemente
[3] formula.
Il problema è costituito dalla ricerca della media su tutte le possibili realizzazioni o traiettorie. Questo problema corrisponde a un'applicazione particolarmente rilevante del teorema del limite centrale. Il risultato è la famosa distribuzione gaussiana che vale nel limite di grandi valori di N
[4] formula
in cui la varianza σ è data da
[5] σ2 = N 〈 x2 〉 .
Il temine 〈x2〉 rappresenta il valore medio del quadrato della variabile che caratterizza ogni passo. Per passi unitari e distribuzione di probabilità simmetrica avremo 〈x2〉=1. La distribuzione W(X) permette quindi di calcolare le varie quantità rilevanti di questo problema. Si può osservare che questa funzione è caratterizzata da un decadimento esponenziale, che avviene a una lunghezza caratteristica
[6] ξN ∝ Nν ,
in cui il valore dell'esponente è ν=1/2. Invertendo questa relazione si può argomentare che il cammino aleatorio ha dimensione D=2, nel senso del rapporto massa-lunghezza. Questa relazione rappresenta una legge di scala di particolare importanza, caratterizzata dall'esponente 1/2, che ha un valore molto generale. Infatti, se si modifica il processo in vari modi, il valore di questo esponente rimane lo stesso e rappresenta un semplice caso di universalità. Per esempio, se si modifica la legge di probabilità per l'evento individuale (purché la media sia nulla), il valore dell'esponente non cambia. Lo stesso succede se si introduce una certa correlazione tra gli eventi, cioè se si immagina che la probabilità di un dato passo sia influenzata da uno o più passi precedenti. Se questa correlazione riguarda un numero finito di passi, si può dimostrare, con una generalizzazione del teorema del limite centrale, che l'esponente rimane lo stesso.
Oltre a questo tipo di valori medi, si possono poi considerare altri problemi, come per esempio il raggiungimento di un certo valore per la prima volta. Questo problema è fondamentale nel caso di un giocatore, perché una volta esaurito il suo capitale, egli esce dal gioco. Questi problemi si definiscono di primo passaggio o estremali e necessitano di una trattazione più sofisticata. La distribuzione gaussiana e la corrispondente legge di scala hanno applicazioni in innumerevoli campi. In economia, il cammino aleatorio costituisce il modello più semplice per rappresentare le variazioni dei prezzi in funzione del tempo. Per esempio, l'illustrazione nella fig. 2, che dà il rapporto yen/dollaro americano, può essere schematizzata approssimativamente come un cammino aleatorio. Questa schematizzazione permette per esempio di capire l'origine dell'invarianza di scala illustrata nella fig. 3. Naturalmente, la realtà economica è molto più complessa e si osservano anche importanti anomalie rispetto al comportamento gaussiano. Comunque, il cammino aleatorio e il relativo comportamento gaussiano sono alla base delle equazioni che vengono utilizzate per prezzare le opzioni e altri prodotti finanziari.
In fisica, la dinamica atomica dei gas e dei liquidi viene spesso descritta in termini di moto browniano, che corrisponde essenzialmente a un cammino aleatorio nel limite del continuo. Le equazioni della diffusione, basate sull'operatore laplaciano, hanno come soluzione cammini aleatori, che possono essere utilizzati per risolvere in modo stocastico (Monte Carlo) vari problemi che contengono operatori di questo tipo. Un classico campo di applicazione è quello dell'analisi e propagazione degli errori casuali in qualunque tipo di misura sperimentale. Altri esempi si possono trovare nei comportamenti sociali e, in generale, in tutte quelle situazioni in cui esistono degli elementi aleatori che si sommano. Il problema è facilmente generalizzabile al caso di dimensioni maggiori di uno. In questa generalizzazione, invece di considerare la somma di variabili scalari, si tiene conto della somma di vettori. Si può considerare il caso di vettori con direzioni lungo gli assi cartesiani o con direzione definita in modo continuo. Per esempio, nella fig. 4 si riporta la traiettoria di un cammino aleatorio di 1000 passi in un piano.
Secondo il teorema di Polya, un cammino aleatorio infinito tenderà a ricoprire completamente il piano. Questo perché sia il cammino aleatorio sia il piano hanno la stessa dimensione D=2. Al contrario, un cammino aleatorio in uno spazio a tre o più dimensioni ha sempre dimensione 2, mentre il volume ha dimensione 3 o più. In questo caso, anche un cammino infinito lascerà vuoti grandi spazi nel volume, perché la sua dimensione frattale è minore della dimensione dello spazio euclideo in cui è contenuto. Si può dimostrare che, in ogni dimensione, rimane valida la legge di scala data dalla [6] e quindi l'esponente ν=1/2 rimane valido in ogni dimensione. Non solo, ma se si parte da distribuzioni abbastanza regolari anche molto diverse per il singolo passo, la distribuzione per il punto finale rimane sempre gaussiana. Questo fatto corrisponde a una sorta di dinamica attrattiva verso tale distribuzione e permette di capire perché la distribuzione si ritrova in problemi molto diversi, in cui gli aspetti microscopici sono certamente differenti, ma il comportamento globale è sempre gaussiano. Naturalmente, ci sono anche casi di importanti deviazioni dal comportamento gaussiano. Le principali modifiche si possono avere se la distribuzione microscopica per la lunghezza del singolo passo può dar luogo a valori singoli anche molto grandi, con distribuzione a legge di potenza. In questo caso si ha un cammino di Levy in cui l'esponente dipende direttamente dalla distribuzione microscopica. Anche nel caso di correlazioni a tempi lunghi per la dinamica dei singoli passi si può avere una deviazione dalla gaussiana, come vedremo nel caso del problema del volume escluso per le conformazioni dei polimeri. Considerando l'intera traiettoria come un oggetto, per esempio un filo ricurvo, si può assegnare una massa unitaria a ogni suo punto e studiarne le proprietà frattali. Considerando che la massa totale vale N e l'estensione lineare è ξN, la relazione massa-lunghezza che definisce la dimensione frattale D sarà
[7] ξN ∝ ND
da cui si ottiene, confrontando con la legge di scala
[8] formula .
quindi la dimensione frattale della traiettoria spaziale di un cammino aleatorio è D=2, in qualunque dimensione spaziale si consideri il cammino. Questa traiettoria è la traccia lasciata nello spazio nel senso della fig. 4 e non va confusa con quelle della fig. 3, che rappresentano invece le traiettorie nello spazio e nel tempo. Anche queste godono di proprietà frattali, ma di tipo leggermente diverso.
Si è notata una forte analogia tra le traiettorie spaziali e le configurazioni di un polimero in un solvente, e quindi il cammino aleatorio viene spesso utilizzato come base per lo studio della statistica dei polimeri. C'è però un'importante complicazione. Infatti, se osserviamo la traiettoria nella fig. 4, possiamo notare che in vari punti la traiettoria ritorna su un punto che è già stato occupato, ma nell'interpretazione del polimero questi punti sono in realtà molecole e non possono occupare la stessa posizione spaziale. Ne consegue un problema di volume escluso. Cioè, queste configurazioni che si intersecano andrebbero eliminate per una descrizione realistica della statistica dei polimeri reali. Questa modifica è molto importante e rende il problema estremamente difficile da trattare in modo sistematico. Paul Flory ha però formulato un argomento di scaling autoconsistente che, pur non essendo esatto, risulta estremamente accurato. Il risultato è che l'esponente dipende in questo caso dalla dimensione spaziale d
[9] formula.
Osserviamo quindi una deviazione dall'andamento gaussiano per d=1,2,3. Mentre per d=4 ritroviamo l'esponente classico. Questo significa che l'effetto del volume escluso diventa irrilevante al di sopra di quattro dimensioni. Questo valore viene detto dimensione critica superiore. Analogamente la dimensione frattale sarà minore di 2 per dimensioni minori di quattro. Nel caso d=3 la differenza di esponente e della relativa dimensione frattale può sembrare piccola, ma va considerato che un polimero reale può facilmente avere un'estensione di un milione di monomeri e, quindi, anche una piccola differenza nella legge di scala può avere importanti conseguenze.
I concetti di invarianza di scala e autosomiglianza si sono sviluppati originariamente nello studio delle transizioni di fase. Questo problema riguarda sistemi con un gran numero di elementi, atomi o spin, che interagiscono in modo tale che esiste una tendenza all'ordine. Nel caso degli atomi, questo stato ordinato può essere rappresentato da una struttura cristallina periodica, mentre per gli spin lo stato ordinato è quello in cui tutti gli spin sono orientati nella stessa direzione. Questa tendenza all'ordine è in competizione con l'effetto della temperatura e dell'entropia, che tendono invece a rendere il sistema disordinato. Si ha quindi la fase ordinata a bassa temperatura e quella disordinata ad alta temperatura. Questo cambio di fase accade in modo drasticamente discontinuo nelle transizioni di fase più comuni, come quella tra solido e liquido, che vengono dette transizioni del primo ordine. In vari altri casi, però, la transizione è marginalmente continua e viene definita del secondo ordine, o critica. Questo tipo di transizioni, pur non essendo molto comuni, hanno avuto un'enorme importanza concettuale nello sviluppo delle leggi di scala. Infatti, in prossimità della temperatura di transizione o critica varie quantità termodinamiche mostrano un comportamento a legge di potenza con esponenti non interi. Questi comportamenti non potevano essere spiegati con le teorie ordinarie e hanno portato allo sviluppo di nuovi concetti, come le leggi di scala e il gruppo di rinormalizzazione.
Il modello più semplice e più studiato che mostra queste proprietà è il modello di Ising, che consiste in un reticolo in cui a ogni vertice è definito uno spin che può avere solo due orientazioni (su o giù). Ogni spin interagisce con i suoi primi vicini con un'interazione ferromagnetica, che tende ad abbassare l'energia totale del sistema se due spin vicini sono allineati. Questa tendenza all'ordine compete con la temperatura, che tende invece al disordine. Questo semplicissimo modello mostra un comportamento sorprendentemente complesso nelle vicinanze del punto critico. A causa di queste proprietà questo modello ha rappresentato per due decenni, gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, la palestra fondamentale per lo studio dei fenomeni critici sia dal punto di vista teorico sia delle simulazioni numeriche.
Nella fig. 5 possiamo osservare tre diverse configurazioni di un modello di Ising in due dimensioni corrispondenti a diverse temperature. L'orientazione degli spin (su o giù) è caratterizzata dai due differenti colori azzurro e rosso. Nella fig. 5A il sistema è nella fase disordinata ad alta temperatura. Prevale il disordine e le interazioni tra gli spin generano soltanto delle correlazioni a piccola scala con una lunghezza caratteristica. Le due configurazioni rossa e azzurra sono simmetriche e si ha circa lo stesso numero di spin orientati nelle due direzioni. L'orientazione media (magnetizzazione) è quindi nulla. Possiamo analizzare come questa struttura si comporta rispetto a un cambiamento di scala, esaminando una trasformazione a blocchi. Consideriamo un quadrato che ha tre spin per lato, in totale conterrà dieci spin, incluso quello centrale. Questo blocco di dieci spin viene quindi sostituito da un singolo spin il cui valore è dato dalla regola della maggioranza. Il sistema così ottenuto ha un'estensione lineare tre volte più piccola di quello originale ed è mostrato nella parte centrale della fig. 5A. Ripetendo l'operazione si ottengono poi altri quadrati più piccoli di un fattore tre, e così via. Come si può vedere, la grandezza delle strutture diventa più piccola proporzionalmente con la riduzione della scala. Abbiamo infatti menzionato che questo sistema ha una lunghezza di correlazione caratteristica e questa viene ridotta di un fattore tre ogni volta che facciamo la trasformazione a blocchi. Nella fig. 5C osserviamo invece il sistema a bassa temperatura. In questo caso il sistema rompe la simmetria tra zone azzurre e rosse, e l'azzurro prevale; in termini magnetici si ha una magnetizzazione spontanea. Ciò è accaduto in modo casuale, avrebbe potuto prevalere il rosso con uguale probabilità. In questo caso le zone rosse si estendono fino a una certa scala definita dal valore della temperatura. La trasformazione a blocchi elimina man mano le zone rosse e, asintoticamente, il sistema diventa perfettamente azzurro. Nella fig. 5B il sistema si trova esattamente alla temperatura critica. Nessuna delle due orientazioni prevale ancora, ma si sviluppano le fluttuazioni critiche. Questo significa che la lunghezza di correlazione è infinita e si hanno strutture a tutte le scale, sia per le zone rosse sia per quelle azzurre. In questo caso la trasformazione di scala lascia il sistema statisticamente invariato. Ciò è evidenziato dal fatto che le strutture che si osservano nei quadrati centrali (corrispondenti a trasformazioni di scala) sono indistinguibili da quelle del sistema originario.
Questa situazione ha ispirato lo sviluppo del cosiddetto gruppo di rinormalizzazione, che corrisponde a una teoria di nuovo tipo che permette di calcolare gli esponenti critici e quindi di descrivere le proprietà non analitiche di queste strutture. Un aspetto particolarmente importante di un sistema con proprietà di invarianza di scala è la sua universalità. Come si può vedere dalla fig. 5 il procedimento di trasformazione a blocchi tende a eliminare molti dettagli e lascia solo le proprietà globali delle correlazioni del sistema. Una conseguenza di questo fatto è che sistemi apparentemente diversi a una certa scala possono convergere alle stesse proprietà statistiche dopo un certo numero di queste trasformazioni. In questo caso si dice che i due sistemi appartengono alla stessa classe di universalità e avranno precisamente gli stessi esponenti critici. Il concetto di universalità è molto importante anche dal punto di vista sperimentale perché, anche se un sistema reale è diverso dal modello teorico semplificato, esso ne rappresenta fedelmente le proprietà, se essi sono della stessa classe.
Una differenza fondamentale tra le strutture autosomiglianti caratteristiche dei fenomeni critici e le strutture frattali che si osservano in natura è che le prime appaiono solo nelle immediate vicinanze della temperatura critica, mentre le seconde hanno un regime di stabilità molto più vasto e, in questo senso, sono autoorganizzate. Ciò pone la questione dell'identificazione dei processi fisici che generano strutture di questo tipo e della loro stabilità, un problema che è stato ampiamente studiato negli anni Ottanta e Novanta e che ha dato luogo allo sviluppo di modelli fisici che, a partire da un'interazione definita solo a livello microscopico, producono spontaneamente strutture frattali con correlazioni a tutte le scale. Una caratteristica di questi modelli dinamici basati sull'interazione di un processo microscopico è quello dell'autoorganizzazione, cioè il fatto che la struttura complessa viene generata spontaneamente ed è relativamente stabile rispetto ai parametri del sistema. Questa proprietà rende tali processi di crescita molto diversi dai fenomeni critici, che invece mostrano invarianza di scala solo per particolari valori dei loro parametri.
Gli esempi di strutture complesse autosomiglianti sono ormai moltissimi e questo campo si sta rapidamente espandendo anche al di fuori delle discipline scientifiche tradizionali. Certamente tutte le strutture frattali godono di tale proprietà. Queste strutture si possono identificare in moltissimi campi della fisica, ma anche della biologia e delle scienze socio-economiche. Tra gli esempi più significativi di sistemi con proprietà di invarianza di scala possiamo citare le aggregazioni frattali, la struttura a larga scala dell'Universo, la turbolenza nei fluidi, le distribuzioni spazio-temporali dei terremoti e le fluttuazioni nel campo dell'economia e della finanza. Altri notevoli esempi si possono trovare in biologia, sia dal punto di vista della fisiologia sia da quello genetico ed evolutivo. Infatti, la struttura dei polmoni, dei vasi sanguigni e dei neuroni mostra proprietà di invarianza di scala ed essenzialmente frattali. Anche i processi evolutivi, come le biforcazioni delle specie e le estinzioni, mostrano zone irregolari intervallate da grandi fluttuazioni. Questa situazione è stata definita come equilibrio puntuato e corrisponde a fluttuazioni autosomiglianti per le quali è possibile definire leggi di potenza con esponenti caratteristici.
Un esempio storico di legge di scala è rappresentato dalla famosa legge di Gutenberg e Richter per la distribuzione dei terremoti. È una legge molto antica, risale infatti agli anni Quaranta del Novecento, ma solo recentemente è stata interpretata come una legge di scala. Dai cataloghi dei terremoti si può ottenere la posizione dell'epicentro e la magnitudo M, che corrisponde essenzialmente all'energia totale emessa. Considerando un dato intervallo di tempo, si può ricavare un istogramma, vagliando il numero dei terremoti N all'interno di un dato intervallo di magnitudo. Se si riportano questi dati in un grafico, si osserva un andamento a legge di potenza. Infatti, per una zona estesa di magnitudo possiamo approssimare questo istogramma con una funzione del tipo
[10] N(M) = C∙M−b ,
in cui C è una costante e l'esponente b=1.
Questo comportamento corrisponde a una legge di scala diversa da quelle delle strutture frattali. Infatti, in questo caso, l'esponente non si riferisce alle proprietà metriche, ma all'istogramma della distribuzione degli eventi. Questo comportamento, in ogni caso, implica proprietà di invarianza di scala nel senso dei modelli delle fratture o delle valanghe. Il prototipo di questi modelli è il modello della pila di sabbia (sandpile model) introdotto da Per Bak, Chao Tang e Kurt Wiesenfeld nel 1987. Le implicazioni di queste proprietà sono molto importanti anche da un punto di vista pratico, perché dimostrano che le proprietà di tutti i terremoti grandi sono simili. Quindi lo studio dei terremoti di lieve entità, che sono molto più numerosi, può dare delle utili indicazioni sulle modalità di eventi sismici di potenza maggiore. Considerando anche la distribuzione dei terremoti nello spazio e nel tempo, si possono definire le correlazioni nello spazio-tempo, che risultano anch'esse per lo più di tipo a legge di potenza.
Le proprietà di invarianza di scala sono state recentemente identificate anche nelle proprietà topologiche di reti o network, che rappresentano un vasto campo di studio di grande importanza. L'organizzazione in termini di network è pressoché universale nei sistemi biologici e può essere identificata a tutti i livelli, dai network che caratterizzano i sistemi fisiologici, immunitari e neurali alle organizzazioni sociali di insetti, uccelli, mammiferi e dell'uomo, fino ai network ecologici del più alto livello gerarchico. Anche le interazioni sociali ed economiche ricadono naturalmente in questa classificazione, e uno dei più comuni e importanti esempi di network complessi è rappresentato dalla struttura della rete internet. Un network può essere rappresentato come un insieme di subunità abbastanza simili che interagiscono o comunicano tra loro. Tutta l'informazione è rappresentata da questa rete di interazioni senza che a essa sia associata una struttura metrica, cioè senza che la loro posizione sia definita in uno spazio fisico. Una volta identificato un gruppo di queste subunità, le proprietà del network possono essere caratterizzate da tre elementi fondamentali: (a) la connettività del network, che determina quali subunità interagiscono tra loro; (b) la forza e la natura di queste interazioni; (c) le correlazioni tra le varie quantità presenti nel network.
Fino a poco tempo fa le proprietà dei network sono state rappresentate dalla teoria classica dei network aleatori introdotta da Paul Erdos e Alfred Renyi nel 1959. Questo modello assume che ogni coppia di nodi nel network sia connessa in modo casuale con probabilità p, generando un network statisticamente omogeneo in cui, malgrado la fondamentale aleatorietà del modello, la maggior parte dei nodi hanno lo stesso numero di connessioni (grado) 〈k〉. In particolare, la connettività segue una distribuzione di Poisson fortemente piccata su 〈k〉, il che implica che la probabilità di trovare un nodo molto connesso decade esponenzialmente per grandi valori di k come P(k)=e−k. D'altro canto, gli studi empirici sulla struttura del world wide web, di internet e dei network sociali hanno mostrato importanti deviazioni da questa struttura aleatoria e la connettività P(k) risulta descritta per grandi valori di k da una legge di potenza P(k)=k−γ. Questo comportamento a legge di potenza rappresenta un altro esempio di invarianza di scala per la struttura delle connessioni. Contrariamente ai network esponenziali, quelli autosomiglianti sono estremamente eterogenei; la loro topologia è dominata da pochi nodi con moltissime connessioni che interagiscono con molti nodi con poche connessioni.
Il fatto di rendersi conto che un gran numero di network possono essere visti in questa prospettiva comune costituisce una notevole riduzione della complessità del problema, nel senso che, in analogia con i fenomeni critici, è possibile definire delle classi di universalità. Come per le strutture frattali, il primo problema è cercare di capire quale meccanismo dinamico microscopico può generare network con struttura invariante rispetto alla scala. Recentemente si è molto lavorato intorno a questo tema e sono stati formulati alcuni modelli molto interessanti. Un punto essenziale per generare questo tipo di network è la connessione preferenziale a un sito con molte connessioni. Cioè la probabilità di formare una nuova connessione è più alta verso quei siti che sono fortemente connessi. Con questo elemento è possibile generare spontaneamente dei network con proprietà di autosomiglianza, la cui connettività risulta appunto descritta da una legge di potenza.
Anche l'attività delle proteine in una cellula può essere descritta attraverso un network metabolico. In questo caso i siti rappresentano le varie proteine e le connessioni le interazioni biochimiche tra loro. Infine, possiamo menzionare il network delle connessioni dei vari titoli nel mercato azionario. Due titoli sono connessi se le fluttuazioni dei loro valori mostrano una correlazione superiore a un dato valore. Anche in questo caso si osservano proprietà di autosomiglianza. L'identificazione di queste proprietà è fondamentale per la corretta caratterizzazione di questi sistemi e per la comprensione della loro funzionalità. In alcuni casi ci si può anche porre il problema dell'ottimizzazione o robustezza di un network, e anche in questo caso le proprietà di invarianza di scala rappresentano un elemento essenziale.
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