LEGGENDA
. Il termine deriva dal participio latino legenda, "da leggersi", con riferimento alla vita di un santo, martire o confessore, di cui doveva farsi la lettura nel giorno della festa. Legendarius è il libro dove le vite dei santi sono raccolte, e Legenda aurea chiama Iacopo da Varazze la sua raccolta di vite dei santi. A causa degli elementi fantastici introdotti dall'immaginosa devozione popolare, il nome "leggenda" ha finito per applicarsi a qualunque racconto che prescinde dalla storia o la deforma, ma che si riferisce a personaggi che sono realmente vissuti, o a figure immaginarie, collegate però con dati luoghi e operanti in un dato tempo.
Sotto la categoria di concetti espressa da questa parola, ne sono compresi altri di significato affine, che potrebbero effettivamente essere considerati leggende quanto alla materia, ma che ne vanno invece distinti per lo scopo che perseguono, per i sentimenti che suscitano, o per l'evoluzione che hanno subito in seno al gruppo; essi sono la fiaba, la novella e il mito.
La fiaba (o favola o apologo) è una storia indeterminata nel tempo e nello spazio, i cui protagonisti sono esseri animali o umani. Essa non costituisce oggetto di credenza religiosa, ma è narrata per diletto, senza escludere lo scopo utilitario di illustrare alcune idee morali conformi al costume, alle aspirazioni e alle credenze della psicologia popolare.
La novella (o conto) è una storia indeterminata anch'essa nel tempo e nello spazio, i cui protagonisti sono esseri umani. Neppure essa esclude il meraviglioso né l'utilità sociale, sebbene non impegni la credenza religiosa del gruppo.
Il mito è un racconto immaginario, relativo a figure divine che agiscono fuori dei limiti del tempo e dello spazio: racconto che impegna la fede religiosa in quanto è diretto a spiegare, come opera di esseri sopranormali, taluni fenomeni dell'ordine fisico (mito naturistico) o talune leggi, costumi, tradizioni del gruppo che lo ha creato o adottato (mito etiologico).
Di fronte a questi tre tipi di racconti fantastici la leggenda suppone sempre: 1. un legame qualsiasi o storico o topografico con la realtà: 2. uno scopo di carattere religioso o civile atto a esaltare la vita sociale del gruppo, soprattutto in coincidenza di luoghi o di tempi collegati alla storia e alla vita del gruppo stesso; 3. un'amplificazione ideale del dato di fatto, che viene elevato a simbolo sintetizzatore della storia, degl'ideali, del carattere etnico e morale del popolo che lo crea; e sotto questo aspetto essa contiene in qualche modo la verità non meno che la storia stessa, in quanto simboleggia ciò che vi è di essenziale nel pensiero e nelle aspirazioni dell'anima popolare.
Caratteri della leggenda. - Appunto perché a servizio di un gruppo e non di un individuo, la leggenda non è mai complicata, ma semplice e lineare e perciò facilmente ritenibile e comunicabile. Essa concentra in un solo uomo ciò che è stato frutto di una lunga evoluzione: così Romolo ha fissato tutta la vita civile dei Romani e Numa tutta quella religiosa; ingrandisce le figure umane fino alla statura di eroi, le cui azioni anziché per sublimità di contenuto morale, poco percepibile da una folla, si distinguono per grandiosità taumaturgica; materializza la presenza dell'eroe, collegandola a luoghi per cui è passato e ad oggetti: pietre, alberi, edifizî, che ha toccato o visitato o edificato; disprezza la cronologia e la geografia vere, ravvicinando luoghi, tempi e persone per una semplice omonimia o per affinità col fatto narrato o per la persistenza del motivo, mentre esige la più minuziosa precisione di tempi e di luoghi circa la fondazione di una città, di un tempio, circa la nascita o la morte di un eroe. Questa esigenza si spiega considerando che la leggenda è spessissimo collegata a tempi il cui ritorno periodico va festeggiato e a luoghi verso i quali, alla data convenuta, confluisce il gruppo per la commemorazione che rinfresca ed esalta la vita sociale del gruppo.
I procedimenti della leggenda. - La leggenda lavora inconsciamente sul dato storico o sociale per innalzarlo a valore rappresentativo del gruppo - qualunque sia l'estensione di questo (clan, tribù, città, nazione) - soprattutto in tre modi: aggiunta o sottrazione, trasposizione, trasformazione.
L'aggiunta (o sottrazione) di elementi estranei avviene per il bisogno d'integrare i dati monchi della realtà o per aumentarne le proporzioni fino a farla divenire degna rappresentatrice del gruppo. L'aggiunta avviene soprattutto nei dati cronologici e topografici.
Così Roma fu fondata il 21 aprile, Gerusalemme nel 2023° anno del mondo e precisamente 366 anni dopo il diluvio. Così sul Palatino s'indicava il luogo dove la cesta con i gemelli si sarebbe fermata, la casa di Romolo, la capanna di Faustolo; l'Apocalisse di Paolo Siriaca sa con precisione tutto quello che S. Paolo ha visto nel suo rapimento; al pellegrino in Terrasanta viene mostrata la grotta del latte di Maria, la casa di San Giuseppe, il luogo dove si trovavano i pastori quando l'angelo annunziò ad essi la Natività, i luoghi precisi delle XIV stazioni della Via Crucis, il luogo dove San Pietro si ritirò a piangere dopo la triplice negazione; e sa il nome del cieco nato, del proprietario del cenacolo, del bimbo che Gesù chiamò, dei 72 discepoli, del prefetto d'Egitto, quando la Sacra Famiglia vi cercò scampo dalla persecuzione di Erode.
La trasposizione si ha quando i fatti narrati da una leggenda vengono attribuiti ad altri personaggi che agiscono in altri tempi o in altri luoghi, pur lasciando intatto il seme della leggenda, efficacemente paragonato, in questo caso, a un attaccapanni a cui possono appendersi abiti di diversa foggia e di diverse epoche.
Esempio tipico di trasposizione di persone è la leggenda dei santi Barlaam e Joasaf, rifacimento cristiano della leggenda del Buddha dove gli stessi elementi: il giovane principe, la visione di vecchiaia, malattia e morte, il ritiro ascetico si ritrovano applicati a Joasaf (trasformazione di Bodhisattva) e a servizio dell'ascetismo cristiano. Esempio di trasposizione di luoghi è la leggenda di Nerone che contempla e canta dalla Torre delle milizie l'incendio di Roma, mentre egli in quell'occasione si trovava ad Anzio. Esempio di trasposizione di tempo è la leggenda del battesimo romano di Costantino, ricevuto in Laterano da papa Silvestro dopo la vittoria su Massenzio, mentre in realtà Costantino si battezzò in fin di vita a Nicomedia.
La trasformazione si ha quando le persone o i fatti vengono trasformati in altri di natura o di valore diverso, unificando o sdoppiando ove ciò riesca opportuno.
Così il mito eleusino di Demetra che, cercando Persefone rapita da Ade, si ferma presso il santuario eleusino è divenuto, nella leggenda cristiana di Grecia, Santa Demetra che cercando la figlia Afrodite rapita da un principe turco giunge ad Eleusi, di cui benedice le campagne, e ritrova per mezzo del figlio del capo del villaggio la figliola con la quale si allontana, lasciando in premio alla campagna di Eleusi una perpetua fertilità. Così la profezia di Ezechiele (XXXVIII-XXXIX) intorno a Gog della terra di Magog, che assalirà Israele ma sarà distrutto, diventa, dopo essersi fusa con le leggende siriache intorno ad Alessandro Magno, il simbolo di un popolo barbaro, chiuso da Alessandro entro una muraglia di ferro in un territorio dell'Asia orientale, donde irromperà alla fine del mondo a dare man forte all'Anticristo. Così Virgilio, che già nel secolo IV è per Servio e Macrobio il savio perfetto, diviene nel Medioevo addirittura un veggente e un mago sulla cui tomba si estraggono le sorti.
I temi della leggenda. - Per tema o motivo della leggenda s'intende la sua trama elementare. Il tema può essere unico oppure associato ad altri: in questo secondo caso si ha un ciclo tematico (o sequenza). Quando la serie di questi temi si trova costantemente associata in due leggende di due regioni o di due tempi diversi, allora si deve concludere che vi è dipendenza dell'una verso l'altra.
Per esempio il ciclo tematico di Ulisse e di Polifemo - che comporta i temi del viaggio, della cattura, della fuga - si ritrova tuttora in Grecia in proporzioni ridotte in quanto è riferito a un giovane giramondo, che viene catturato da un demonio, ma riesce a scampare grazie ai buoni uffici della moglie di quello.
Classificazione delle leggende. - Si dividono in naturalistiche, supernaturalistiche, storiche, ognuna delle quali divisioni è suscettibile di parecchie suddivisioni. Le leggende naturalistiche sono quelle che vogliono spiegare i fenomeni del mondo naturale (del cielo astronomico e meteorologico; della terra: vegetazione, montagne, vulcani, ecc.) sotto forma di avventure i cui protagonisti personificano i grandi fenomeni della natura e della vita. Queste leggende o miti) hanno quasi sempre carattere etiologico ossia esplicativo dei fenomeni in questione. Vi appartengono i miti cosmogonici, teogonici, escatologici.
Le leggende supernaturalistiche sono quelle che si riferiscono al mondo degli esseri sopranormali, dei, demoni, eroi (nel cristianesimo santi, di cui si dice più sotto). Il primitivo infatti guarda la realtà con occhio non critico, ma mistico, cioè disposto a scorgere solo i moventi segreti che la producono, sia buoni, sia malvagi; sogni, malattie, morte, guarigioni, casi fortunati, tutto è dovuto all'azione di questi agenti.
Rientrano in questa categoria i miti animaleschi totemistici ossia relativi alla credenza che il gruppo (clan) discenda da una data specie animale a cui si attribuisce l'origine del clan. Vi appartengono i miti degli eroi fondatori e incivilitori che hanno condotto il gruppo nella regione che abbia, che gli hanno dato le istituzioni sociali, i riti, il modo di vita. La leggenda di Ercole come tipo di eroe nazionale, la leggenda di Buddha come tipo ideale filosofico-ascetico, la leggenda di Prometeo come eroe culturale per la scoperta del fuoco, rientrano in questa categoria.
Le leggende storiche sono quelle in cui la fantasia popolare deforma profondamente i dati della realtà per un fine in qualche modo utilitario e diretto o a integrare notizie sulle origini storiche di un gruppo, o a dar valore a insigni monumenti della religione o della vita sociale, o a esaltare e rendere tipiche le vicende storiche di un popolo.
Così nella leggenda delle origini di Roma sono compendiate insieme la storia e le istituzioni della città. Romolo infatti nasce da Marte, il dio romano per eccellenza, e da Rea Silvia discendente dalla casa regnante di Alba Longa e rivestita del sacerdozio veneratissimo delle vestali, compie il sacrosanto rito di fondazione, inaugura l'auspicio, stabilisce il sinecìsmo con i Sabini, fonda il sacerdozio arvalico, sparisce al pari di Enea e diviene nume indigete.
Le leggende epiche appartengono anch'esse a questa categoria, perché sorgono da un nucleo storico e si sviluppano arricchendosi di elementi sempre congeniali all'indole del popolo e si coordinano ad altri avvenimenti o dati tutti cospiranti all'esaltazione del gruppo che le adotta.
Così quell'assalto di Guasconi nel 788, alla retroguardia dell'esercito di Carlo Magno, mentre passava per Roncisvalle, tornando dalla spedizione di Spagna contro i Saraceni e dove Orlando morì, fu lo spunto storico intorno a cui si svolse la Chanson de Roland, nella quale quell'episodio è fuso con la grande invasione saracena di 15 anni dopo, Orlando vien fatto parente di Carlo, lo scacco francese viene attribuito all'opera di un traditore e la vittoria attribuita non ai pochi Guasconi ma ai Saraceni, sia perché più potenti sia perché nemici del nome cristiano; e naturalmente, poiché il popolo ha sete di giustizia, da ultimo Carlo fa le giuste vendette contro i musulmani e Ganellone.
Diffusione della leggenda. - La leggenda, nata in seno al popolo, è portata da una regione all'altra per mezzo dei suoi naturali divulgatori: pastori, commercianti, soldati, pellegrini; e i luoghi di arresto di costoro: alberghi, caravanserragli, santuarî, sono i centri dove le varie leggende s'incontrano, si svolgono, talora si fondono e sempre si diffondono. J. Bédier ha dimostrato che le canzoni di gesta del Medioevo si sono diffuse a mezzo di cantastorie lungo quelle tappe, all'ombra d'insigni santuarî, dove i pellegrini sostavano durante i loro pellegrinaggi a S. Giacomo di Compostella, a Roma, a Gerusalemme. In questi luoghi di tappa si svolgevano per l'occasione fiere e mercati, durante le quali i popolari cantori cantavano le gesta degli eroi, elaborate con la collaborazione dei monaci i quali avevano tutto l'interesse a divertire piamente la folla di mercanti e pellegrini convenuta all'ombra della loro badia. Questo metodo di diffusione non è peculiare delle canzoni di gesta: anche le leggende buddhistiche si sono diffuse da convento a convento e non v'è motivo per escludere che anche i poemi di Omero siano stati dai rapsodi cantati alle folle convenute attorno ai celebri santuarî della Ionia e della Grecia.
L'innata credulità del popolo, la rispondenza del contenuto alle sue esigenze spirituali, alle sue aspirazioni, alla sua aspettazione, fa accettare facilmente queste leggende alle quali il volger del tempo conferisce un'autorità sempre maggiore. Esse rimangono in vita fino a che l'abbandono o la distruzione dei luoghi a cui si riferiscono, il cambiamento dell'ambiente per avvento di popoli di altra civiltà e religione, o finalmente il progresso culturale e la luce della critica, finiscono per dissiparle dalla mente del popolo. Talora entrano nella letteratura, che in questo caso sublima ed eterna la creazione popolare. Così l'Eneide ha salvato la leggenda di Enea e della preistoria del Lazio e la visione dell'oltretomba classico; il Pulci, il Boiardo e l'Ariosto ci hanno conservato, sia pure alterandoli, elementi notevoli del ciclo carolingio; nel Faust di Goethe è fissato per sempre dall'arte il tema antichissimo del mago che vende l'anima al diavolo.
Le leggende agiografiche.
Sebbene appartengano alla categoria delle leggende supernaturalistiche, le leggende agiografiche (da ἅγιας "santo") meritano un luogo a parte sia perché connesse più strettamente col culto, sia per la loro abbondante fioritura diretta a promuovere ed esaltare il culto dei santi nel cristianesimo.
Anche per la leggenda agiografica vale quanto si è detto per la leggenda storica e cioè: 1. anch'essa si riannoda alla realtà per qualche legame o storico o topografico, ma inconsciamente la deforma introducendovi elementi fantastici; 2. anch'essa trasferisce a figure cristiane motivi più antichi, presenta in una sola persona più personaggi omonimi, combina e unifica leggende diverse non preoccupandosi né di geografia né di cronologia; 3. anch'essa lavora sopra un piccolo numero di temi meravigliosi: anelli che si spezzano se avviene una sciagura (Santa Elisabetta d'Ungheria, Sant'Onorato di Buzançais); salme di santi difese da uccelli da preda (S. Bacco, S. Vincenzo, S. Vito, S. Floriano, S. Stanislao di Cracovia); immagini sacre che arrivano sopra un battello senza equipaggio (Cristo a San Salvatore di Valenza); animali che si fermano indicando con ciò dove le reliquie che essi tirano debbono sostare (di S. Giacomo in Spagna, di S. Lubenzio a Dietkirchen, della cintura della Madonna a Prato, del Volto Santo a Lucca); immagini "acheropite" ossia non dipinte da mano umana; 4. anch'essa è dovuta a due distinti fattori: l'anima popolare fantasiosa e ingenua nelle sue creazioni e il letterato (in questo caso l'agiografo) il quale si sforza di dare forma e verosimiglianza storica a questo anonimo materiale, appoggiandosi a fonti scritte, a tradizioni orali, a monumenti figurati, e riuscendo a produrre alla fine un componimento, che ha insieme della biografia e del panegirico.
Nonostante quest'opera di rifacimento letterario, i motivi restano sempre gli stessi. Se si tratta della passione di un martire l'imperatore che emana l'editto è sempre impiissimus, il prefetto che lo applica (Anulino fa le spese di molte leggende agiografiche a distanza di tempi e di luoghi), si muove sempre sulla solita falsariga nell'interrogatorio, a cui il martire risponde con lunghi sviluppi sull'assurdità del paganesimo e la bellezza del cristianesimo, tolti evidentemente da apologeti e trattatisti; segue la descrizione del martirio che spesso si prolunga attraverso le prove più dolorose e più macabre e finisce con un colpo di spada. Secondo il padre H. Delehaye il capolavoro del genere è la storia dei santi Clemente d'Ancira e Agatangelo, il cui martirio si prolunga per 28 anni e ha per teatro Roma, Nicomedia, Ancira, Amiso, Tarso, ai tempi di Diocleziano e Massimiano, sotto nove prefetti (Acta Sanctorum, gennaio, II, pp. 459-60).
Se si tratta della vita di un confessore, lo schema importa: il presagio della futura grandezza, la sua infanzia e giovinezza mirabili, le sue azioni gloriose tutte scelte secondo la vocazione, le virtù, la morte e i miracoli che la seguono, tra cui non mancano mai la vista resa ai ciechi, il movimento ai paralitici, la liberazione degli ossessi, e infine lo stabilirsi del culto.
Classificazione dei testi agiografici. - Va fatta non secondo criterî esterni: atti di martiri (passionarî), vite di confessori (leggendarî), componimenti di prosa o di poesia, ma secondo il carattere di veridicità dei documenti, grazie al quale detti testi vanno, secondo H. Delehaye, così distribuiti: 1. I processi verbali ufficiali dei tribunali romani, ricopiati o stenografati. Di questi ve ne sono naturalmente assai pochi, ma la loro lettura dà subito il senso della realtà drammaticamente vissuta. Esempio ne sono la Passione dei martiri Scillitani e la Passione di S. Cipriano. 2. Relazioni di testimoni oculari e fededegni o di un contemporaneo che abbia da essi attinto le sue notizie; esempio ne sono la Lettera delle chiese di Vienna e Lione sul martirio di S. Fotino, e la Lettera della chiesa di Smirne sul martirio di S. Policarpo. 3. Relazioni dipendenti da un documento scritto, appartenente a una delle due categorie ora citate o che almeno dipenda da esse; queste relazioni si allontanano dall'originale per rimaneggiamenti, aggiunte, interpolazioni. 4. Relazioni che risultano dalla combinazione di taluni elementi reali (nome del santo, suo santuario, data della festa) e di molti elementi fantastici, veri romanzi storici, che rappresentano il tipo della leggenda agiografica. 5. Narrazioni del tutto immaginarie anche per la figura del santo; veri romanzi d'immaginazione, scritti a fine edificativo, come la Passione di San Niceforo, la storia dei santi Barlaam e Joasaf. 6. Narrazioni volutamente false. Il primo tentativo di classificazione degli atti dei martiri è stato quello del benedettino T. Ruinart (Acta primorum martyrum sincera, Parigi 1689), il quale ne dichiarò autentici 117. La sua opera è ora invecchiata, ma segnò la rotta da seguire e che va integrata con le pubblicazioni dei bollandisti (Catalogus Codicum hagiographicorum, Bibliotheca hagiographica latina, graeca, orientalis, Analecta Bollandiana, Acta Sanctorum) e con quelle di P. Franchi de' Cavalieri in Studi e Testi (nn. 3, 6, 9, 19, 22, 24, 27) della Biblioteca Vaticana. Non così utile invece è stata l'opera. che voleva essere integrativa, di Leblant (Les actes des martyrs. Supplément aux Acta sincera de Dom Ruinart, in Mem. Ac. inscr. et bel. lettr., XXX, Parigi 1882, p. 2), che ha voluto ridar valore ad elementi secondo lui originali, riscontrati negli atti scartati dal Ruinart, elementi che se hanno in realtà sapore antico, non si può dimostrare che dipendano da una fonte storica, ma possono benissimo essere un prestito letterario.
Oggi dopo gli studî condotti in proposito dai bollandisti, soprattutto dal p. H. Delehaye, dal Harnack, dal Preuschen, dal Krüger, dal van den Gheyn, dal Franchi de' Cavalieri si possono ritenere genuini, in tutto o in parte, secondo F. Grossi-Gondi gli Atti e le Passioni seguenti: Martyrium Ignatii; Passio Polycarpi (a. 155); Passio Carpi Papyli et Agathonicae (sotto M. Aurelio), Acta S. Iustini (a. 165); Epistola eccl. Viennensis et Lugdunensis (a. 177); Acta martyrum Scillitanorum (a. 180); Martyrium Apollonii (a. 183); Passio Ss. Perpetuae et Felicitatis (a. 203); Passio Pionii (a. 250); Acta disputatioms S. Achatii (sotto Decio); Acta S. Maximi (sotto Decio); Acta Ss. Luciani et Marciani (sotto Decio); Acta S. Cypriani (a. 258); Acta Ss. Fructuosi, Augurii et Eulogii (a. 259); Passio Ss. Iacobi, Mariani et soc. (sotto Valeriano); Passio Ss. Montani, Lucii et soc. (a. 259); Acta Ss. Claudii, Asterii et aliorum (a. 260); Passio Rogatiani et Donatiani (sotto Diocleziano); Acta Maximiliani (a. 295); Acta Marcelli (a. 298); Passio Cassiani (a. 298); Passio Procopii (a. 303); Passio Felicis ep. Tubzacensis (a. 303); Passio S. Savim (sotto Massimino); Acta Saturnini, Dativi et soc. (a. 304), Acta Ss. Agapes, Chiouiae et Irenes (a. 304); Passio S. Irenaei Sirmiensis (a. 304); Passio Pollionis et soc. (a. 304); Acta Eupli diac. et mart. (a. 304); Passio Philippi ep. Heracl. (a. 304); Acta Tarachi, Probi, Andronici et soc. (a. 304); Acta S. Crispinae (a. 304), Acta S. Sereni (a. 307); Acta Phileae et Philoromi (a. 306); Passio Quirini (a. 310); Acta Petri Balsami (a. 311), Passio Ss. Quirionis Candidî Domni (I quaranta martiri di Sebaste, a. 320); Passio S. Dioscori (inizio sec. IV); Acta S. Iulii veterani.
Leggende popolari.
Caratteristiche delle leggende popolari sono la trasmissione orale e l'elemento meraviglioso, preso per lo più in prestito da vecchi racconti. Passando di bocca in bocca, spiegano alle umili genti le forme, le forze e gli aspetti della natura, i rapporti dell'uomo col mondo fisico, la ragione dei riti, delle cerimonie, ecc., che vengono compiuti in determinate circostanze. Perciò anche per le leggende più propriamente popolari vale la classificazione in naturali, soprannaturali e storiche. Nella prima classe prendono posto i racconti relativi al cielo e agli astri, alla terra, al mare (animali, piante, acque, ecc.); nella seconda i racconti relativi agli dei, ai santi, ai demonî e ad altri esseri soprannaturali, come le fate, le sirene, gli orchi, i folletti, ecc.; nella terza i racconti relativi ad avvenimenti storici, specialmente fatti d'armi.
Innumerevoli sono, nella prima classe, le leggende genetiche o esplicative, le quali narrano in forma immaginosa l'origine degli esseri e delle cose, rappresentando il dualismo dello Spirito del bene e dello Spirito del male. Secondo una di tali leggende la Terra è l'opera di: Dio, il quale l'avrebbe creata con un granello di sabbia pescato dal diavolo nel fondo del mare (Romania); secondo un'altra, quando Dio creò la Terra, il diavolo formò il mare per sommergervi l'opera divina. Il Sole e la Luna sono maschio e femmina, anzi in alcuni racconti sono marito e moglie, in altri sono fratello e sorella; e si dice che il Sole è condannato a errare perpetuamente per le vie del cielo, per aver sedotto la sorella Luna, la quale, per l'onta patita, si mostra nella pienezza della sua forma soltanto una volta al mese e se s'incontra col fratello, s'azzuffa, provocando l'eclisse. Altre leggende spiegano l'origine delle macchie lunari, l'origine e la forma di alcune costellazioni, i particolari aspetti del cielo durante la notte e il giorno, le meteore, la conformazione esteriore della Terra (montagne, foreste, fiumi, ecc.), e altri fenomeni. Importante il ciclo relativo alle grotte, credute dimora di fate, di genî, di orchi, o porte di accesso al mondo infernale ovvero ai paesi o ai mari meravigliosi situati nell'interno della Terra.
Non meno numerosi i miti popolari intorno a dei o demoni, in molti dei quali rivivono o sopravvivono racconti noti già al mondo antico, ma riplasmati per adattarli al nuovo culto e alla nuova civiltà. Il mito di Prometeo rivive nella leggenda di S. Antonio, che fa dono agli uomini del fuoco; il mito di Edipo nella leggenda di S. Giuliano; l'avventura di Ulisse nell'antro di Polifemo è rispecchiata in quella del monaco che con l'astuzia prevale sulla forza bruta del mostro monocolo; il racconto di Mida dalle orecchie asinine, è attribuito a personaggi quali Diocleziano, Federico Barbarossa, ecc. Dall'antichità pagana e cristiana furono trasmessi alla letteratura medievale e quindi al popolino le descrizioni dell'aldilà e i viaggi di maghi, eroi, taumaturghi, ecc. ai paesi dell'oltretomba, che le tradizioni collocano ora in un'isola strana e remota ora nel centro del globo, ora oltre l'orizzonte, ora nel cielo. Al cristianesimo si deve una nuova fioritura di leggende, come quelle relative a Gesù Cristo, agli apostoli e ad altri personaggi reali o immaginarî, e più o meno noti, del Nuovo Testamento e specie della Passione: Giuda vagola a mezz'aria, sostando a ogni tamerice (ché a questa pianta, non a un fico, si sarebbe impiccato); Simon Mago rimane sospeso tra le nuvole; Buttadeo cammina, senza fermarsi mai; Pilato è sottoterra, seduto, con gli occhi fissi sulla sentenza contro Cristo; Malco, in più profondo loco, gira attorno a una colonna, picchiandosi il viso per la disperazione, con la mano che colpì il Redentore. Copioso è il ciclo dei viaggi di Gesù per il mondo, in compagnia di S. Pietro; come copioso è quello dei tesori tenuti in custodia da draghi, schiavi, mercanti, folletti e altri esseri.
Le leggende storiche sono rappresentate dai racconti di avvenimenti reali, ma alterati dalla fantasia del popolo, che vi aggiunse o intercalò reminiscenze di racconti antichi ed episodî meravigliosi. Siffatte tradizioni, di cui alcune sono locali, ubbidiscono alla tendenza a invecchiare o a ringiovanire i fatti, trasportandoli in epoca più remota o più vicina a noi di quella reale. Ruderi di castelli, avanzi di mura e di altre opere di fortificazione, che l'archeologo classifica come medievali, sono dalle leggende attribuiti ai Romani; paesi e villaggi, che la storia attesta esistenti dopo le incursioni degli Arabi, figurano nelle leggende locali come distrutti dai Saraceni. La tendenza contraria è rappresentata da quelle tradizioni che, nella Spagna, nella Germania, nella Russia e altrove, attribuiscono alle spedizioni napoleoniche armi e scheletri, opere militari e rovine che i documenti assegnano a secoli anteriori, quali il XV e il XVI.
Le leggende popolari ubbidiscono anche ad altre tendenze. Esse si possono staccare dai luoghi e dai personaggi originarî per aderire a nuove località e a nuove personalità. Si verifica allora il fenomeno della trasposizione, sotto l'aspetto locale e individuale.
La leggenda del re Antioco, che smarritosi nella foresta è accolto da un suo suddito, il quale senza conoscerlo gli offre della selvaggina, corre in Inghilterra per Goffredo Plantageneto e per il figlio Enrico II, in Francia per Francesco I e nella Guascogna per Enrico IV. Esempio tipico di assorbimento o di attrazione è la leggenda di Gargantua, che come l'Ercole classico prese il posto di quasi tutti i giganti leggendarî, ad eccezione di Orlando. Le ricerche del Bédier hanno fatto vedere di quali strane combinazioni siano il frutto personaggi ed attori delle leggende epiche popolari (Guglielmo d'Orange, Uggeri il Danese, Orlando, ecc.), per nulla corrispondenti ai loro prototipi storici.
Questi e altri fatti hanno messo in valore la ricerca delle varianti. Lo studio si può fare dal punto di vista del metodo "tematico" o delle "concordanze formali", che mira a ricostruire i cicli mediante la comparazione dei temi; o da quello del metodo "storico-geografico" che mira a scoprire la combinazione dei temi e a determinarne o circoscriverne l'area di diffusione. Guidato da tali criterî il Bédier ha potuto seguire le leggende epiche, lungo il cammino dei pellegrini che per varie strade e da varî centri si recano a S. Iacopo di Galizia. Allo studio della distribuzione tematica delle leggende epiche hanno contribuito altresì il Wesselowski, confrontando i temi slavi moderni con quelli del Medioevo francese e germanico; il Krohn e l'Aarne confrontando i temi scandinavi e russi con quelli finnici e nordici; il Crooke, tracciando il quadro dei temi popolari dell'India antica e moderna; il Polívka con l'esame di quelli slavi. Le principali aree tematiche finora determinate dagli studiosi non coincidono con quelle linguistiche, etniche e culturali, ma corrispondono approssimativamente alle regioni geografiche (bacino del Mediterraneo, Europa ed Asia settentrionali; Europa ed Asia centrale; Estremo Oriente, Tibet e Himālaya).
A dare basi più larghe e precise a siffatte comparazioni si è pensato ai nostri giorni di compendiare la trama dei racconti in semplici schemi e d'indicare gli argomenti mediante titoli brevi e sintetici. I folkloristi americani applicano largamente questo sistema, servendosi di un motto (catchword), per indicare o riassumere il tipo del racconto.
Il più importante repertorio, redatto da Antti Aarne (v. bibl.) per la Società finlandese dei Folklore Fellows (o Folkloristischer Forscherbund), contiene circa 3000 temi. Ma per quanto utile e prezioso, questo repertorio - continuato dal Hackmann - non risponde alle finalità scientifiche, in quanto registra solo i tipi dei racconti popolari, basandosi sopra i temi, ossia sulle idee fondamentali, senza tener l'occhio ai motivi, ossia agli episodî completi e individualizzati, che spesso rendono complessa la compagine delle narrazioni popolari, con le loro mescolanze e combinazioni. Prendendo come punto di partenza questa fondamentale distinzione, il Christensen ha preparato il Dizionario delle tradizioni popolari, di cui solo il piano generale è pubblicato, nell'idea di offrire agli studiosi della letteratura del popolo la bibliografia completa dei varî temi e motivi.
Bibl.: Sulla leggenda in generale: E. Marillier, Autour de la légende et de l'histoire, Parigi 1907; W. Wundt, Märchen, Sage und Legende als Entwickelungsform des Mythus, in Arch. f. Religionswiss., XI (1908), p. 200 segg.; A. van Gennep, La formation des légendes, Parigi 1910. - Sulle leggende storiche: A. Graf, Roma nella memoria e nelle immaginazioni del Medioevo, voll. 2, Torino 1882-83; id., Miti, leggende e superstizioni del Medioevo, voll. 2, Torino 1892-93; E. Musatti, La critica storica e le leggende nazionali, Padova 1902; id., Leggende nazionali, Milano 1904; U. Benigni, La deformazione popolare della realtà storica, in Miscellanea di storia e cultura eccl., IV (1905), nn. 1 e 4; H. A. Guerber, Myths and legends of the middle ages, Londra 1909; G. De Sanctis, La leggenda della lupa e dei gemelli, in Riv. di filologia, XXXVIII (1910), p. 1 segg.; L. Pareti, Per lo studio della leggenda e della pseudostoria greca e romana, in Atene e Roma, 1924, pp. 69-89 e 165-184; F. Lanzoni, Genesi, svolgimento e tramonto delle leggende storiche, Roma 1925. Sulle leggende epiche: P. Rajna, Le origini dell'epopea francese, Firenze 1884; G. Paris, Poèmes et légendes du moyen âge, Parigi 1891, 1ª ed.; 1900, 2ª ed., J. Bédier, Les légendes épiques, voll. 4, Parigi 1908-1913; A. J. Dickman, Le rôle du surnaturel dans les chansons de geste, Parigi 1926. - Sulle leggende agiografiche: P. Savi, Delle scoperte e dei progressi realizzati nell'antica letteratura cristiana, Siena 1892; H. Delehaye, Les légendes hagiographiques, Bruxelles 1905; trad. it., Firenze 1906, 1910; id., Les légendes grecques des saints militaires, Parigi 1909; id., Les origines du culte des martyrs, Bruxelles 1912; id., Les passions des martyrs et les genres littéraires, Bruxelles 1921; id., Les saints sytlites, Bruxelles 1923; F. Grossi-Gondi, Principi e problemi di critica agiografica, Roma 1919. - Sulle leggende popolari v. A. Lang, Custom and Myth, Londra 1910; M. R. Cox, An introduction to the study of tales, Londra 1887; E. Basset, Essai sur la littérature populaire des Berbères, Algeri 1920; P. Sébillot, Le folklore, littérature orale et ethnographie traditionelle, Parigi 1913; id., Le folklore de France, Parigi 1904-1907; J. Bédier, Le fabliaux, études de littérature populaire et d'histoire littéraire du moyen âge, Parigi 1893; R. Corso, Folklore, Roma 1923; Antti Aarne, The types of the folk-tales, tradotto e ampliato da S. Thompson, Helsinki 1928; A. Christensen, Motif et thème, Plan d'un dictionnaire, Helsinki 1925. V. inoltre: E. Hoffmann-Krayer, Volkskundliche Bibliographie, Strasburgo-Berlino 1919-31; per l'Italia, G. Pitrè, Bibliografia delle tradizioni popolari d'Italia, Torino 1894.